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Autore: _viola02_    16/08/2017    3 recensioni
Dal testo:
"Leo Valdez guardò con odio il suo nuovo liceo. Era il quarto, ed era solo al secondo anno.
Sperava ardentemente di andarsene il prima possibile, ma pur di sfuggire a LEI preferiva sorbirsene un altro.
*************
L'edificio era in fiamme.
Leo guardava la sua casa bruciarsi, senza poter fare niente.
Perché sapeva di essere stato lui la causa dell'incendio"
Genere: Azione, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso, Frank/Hazel, Jason/Piper, Leo Valdez, Nico di Angelo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3 - Segreti, nottate e il primo giorno di scuola

Nel capitolo precedente:

Leo fece un sorriso. Un sorriso forzato, senza energia. Perché Leo non ne poteva più, stava solo cercando di sopravvivere. Sopravvivere in un inferno.



«No... Te prego... Non farlo... No... Mamma!»
Jason si svegliò di colpo.
Intontito, guardò la sveglia sul suo comodino. 3:46.
Guardandosi intorno, cercò di capire che cosa lo aveva svegliato.
Jason si svegliava spesso di notte, era un ragazzo che non aveva bisogno di dormire più di tanto. Però, di solito, si svegliava verso le cinque, quando gli uccellini sugli alberi del cortile cominciavano a cantare.
Quindi, cosa lo aveva svegliato verso quell'ora?
Mettendosi seduto, assottigliò lo sguardo cercando nella penombra la causa del rumore. Così facendo, vide che Leo si stava agitando nel sonno. E che stava borbottando.
"Leo sta avendo un incubo!" dedusse un po' preoccupato.
Si alzò e si avvicinò al letto del ragazzo.
«No.. no... Mi madre...»
Leo continuava a parlare nel sonno, ma sempre con più agitazione.
«Mamma... Al fuoco... È dentro... MAMMA!!!»
Leo si alzò di scatto.
Jason, con uno scatto felino, si mise sotto il letto dell'amico, sperando che il ragazzo non lo avesse visto.
Poi, trattenne il respiro.
Leo non doveva accorgersi di lui, o non si sarebbe aperto con se stesso. E Jason voleva scoprirne di più.
«Calmati, calmati, calmati» sentì sussurrare dal ragazzo, come una specie di mantra per tranquillizzarsi.
Evidentemente non ci riuscì, però, perché il letto continuava a muoversi, segno che Leo fosse ancora turbato e che non riuscisse a riaddormentarsi.
Jason, che stava cercando di non farsi spiaccicare, rimase allibito quando improvvisamente tutti i movimenti si fermarono.
Leo non poteva essersi riaddormentato così di botto. Era semplicemente impossibile. Quindi, cosa stava facendo il ragazzo?
Tenendo le orecchie aperte, Jason cominciò a contare i minuti.
Dopo un po' di tempo (all'incirca una decina di minuti, secondo il suo conteggio) di letto completamente fermo, Jason decise che era arrivato il momento di uscire da lì sotto, sperando che Leo si fosse addormentato.
Era appena arrivato a metà stanza (strisciando sul pavimento) quando sentì dei singhiozzi soffocati.
Leo stava piangendo.
«Mama, perdoname! Perdoname... Te quiero» sussurrò con rimorso, non sapendo di non essere solo.
Jason si stupì. Leo parlava spagnolo? Certo, si era accorto dell'accento un po' strano, ma non avrebbe mai creduto non fosse statunitense: parlava in perfetto inglese... E poi, perché chiedeva perdono?
Cosa aveva combinato di così grave?
Qualche decina di minuti dopo (aveva ripreso a contare), durante i quali Jason si chiedeva chi fosse veramente Leo, il ragazzo sentì che il respiro dell'amico era diventato regolare: finalmente si era addormentato.
Senza fare alcun rumore, silenzioso come solo lui riusciva ad essere, tornò a letto.
Così, nel buio della notte, sorrise.
Gli era tornato utile l'allenamento, alla fine. Divertito, pensò che avrebbe dovuto ringraziare la sua maestra, una volta rivista.
In quella notte, ancora così giovane, aveva scoperto che Leo teneva più segreti di quanti si potesse immaginare.
E Jason non si sarebbe arreso fino a quando non li avrebbe scoperti tutti.
"Leo, capirò cosa nascondi, lo giuro sullo Stige".

Driiiin! Driiiin! Driiiiiiiiiiiiiiiiin!
Leo si svegliò di botto.
Guardandosi intorno (intontito) alla ricerca di quella che pareva un'orchestra (stonata, non sia mai che pensiate BENE), si tappò le orecchie, gridando: «Che cazzo è 'sto fracasso?!»
Nico rispose assonnato, ma senza essere shockato come Leo dal rumore assordante.
«La sveglia di Jason»
«Ma perché è così assordante?!» - urlò l'altro, cercando di sovrastare il casino - «E poi perché non la sente?!»
«Beh, Jason è abituato, come me: questa sveglia è rotta da sempre, che io sappia... Non l'ha mai portata dall'orologiaio, però, per paura che la rovini»
Vedendo come Leo lo stava guardando (alias un'occhiata alla "mi prendi in giro?"), continuò: «Lo so, è un'idea stupida, dato che gli orologiai le aggiustano, le sveglie, e non le rompono... D'altra parte, però, ci è affezionato e quindi non mi sono mai lamentato. Gliel'ha regalata la madre Beryl... Comunque ti ci abituerai, prima o poi»
Leo, pur non essendo una perla nel quadrare le persone (al contrario di Piper), capì istantaneamente perché Nico non avesse fatto "resistenza" al rumore assordante. Se Jason si era affezionato alla sveglia (molto comunemente chiamato l'aggeggio infernale) perché glielo aveva regalato LA MADRE, Nico doveva aver pensato che, se lui avesse avuto un regalo della sorella o di sua madre lo avrebbe conservato come oro, perciò non aveva detto niente.
E fu così che Leo si decise.
«Ci penso io!» esclamò, scendendo dal letto, ormai persa l'incazzatura per la sveglia brusca.
Con un Nico alquanto sorpreso che lo osservava, Leo prese la sua fidata cintura degli attrezzi (che aveva messo in valigia per paura di perdere), la cosiddetta sveglia e si sedette sul pavimento.
Attento a non perdere pezzi, il ragazzo smontò il tutto, lo oliò, cambiò i pezzi rotti con dei ricambi che aveva nella cintura e, in meno di cinque minuti, la sveglia rotta da anni era riparata.
«Co-come hai fatto?» chiese SBALORDITO Jason, che si era alzato non vedendo (e non sentendo) la sua "preziosissima" sveglia urlante.
Leo alzò le spalle.
«Non è niente... Te l'ho solo riparata...»
«SOLO riparata??»
«Beh, sì... È un mio piccolo hobby... Mi piace riparare oggetti o costruirne di nuovi»
A Jason, sentendo le parole "costruirne di nuovi", si illuminarono gli occhi.
«Ci fai vedere qualche tua creazione?» lo pregò curioso.
«Beh, se volete...» rispose Leo, vagamente imbarazzato.
«LO VOGLIAMO» esclamò Jason, perentorio.
Leo, anche se un pelo titubante, si alzò e rovistò nella valigia.
Poi, trovato l'oggetto, lo prese nella mano e lo mostrò ai suoi amici.
Era un piccolo drago di bronzo, con il muso sorridente e l'aria contenta.
Tuttavia, non era quello che lasciò basiti gli altri due, bensì fu che, quel minuscolo oggettino, era preciso in ogni dettaglio: aveva grandi zampe possenti e artigli affilati, delle ali a dir poco stupende e TUTTE le squame definite, neanche fosse stato vero.
Era bellissimo. Ma soprattutto perfetto.
Leo cominciò a parlare, raccontando la storia del piccolo draghetto: «È il mio portafortuna, non vado mai in giro senza di lui. L'ho costruito quando avevo circa sette anni con mia madre...»
La voce gli si incrinò un poco, ma proseguì sorridendo con dolcezza: «È stato il mio primo progetto serio. E si chiama Festus»
Jason scoppiò a ridere, nonostante avesse percepito che quel momento era speciale.
«Hai veramente chiamato il tuo drago "Festus"?? Il "drago felice"??»
Leo sorrise divertito.
«Certo! Lui è sempre allegro! Come potevo non chiamarlo così?»
In quel momento intervenne Nico, che seppur sorridendo appena, aveva alzato gli occhi al cielo.
«Okay, Leo ha chiamato il suo drago "Festus", Jason ha la sveglia riparata, ed è tutto quanto bello e carino, ma sono le 7.30 e nessuno a parte me si è ancora preparato. Ah, e vi faccio presente che abbiamo la colazione tra un quarto d'ora»
In effetti, si rese conto Leo, Nico era vestito. E, appena lo notò, ricordò che era vestito anche quando si era svegliato, come se fosse andato a letto di fretta. Che strano...
Poi gli venne in mente una cosa preoccupante.
Avevano solo un quarto d'ora prima di colazione. E UN SOLO BAGNO.
Sperando che Jason non se ne fosse reso conto, Leo scattò verso la porta del bagno.
Per sua sfortuna, tuttavia, anche all'amico era venuto in mente, quindi si trovarono a correre in sincrono verso la doccia, in una gara chi si sarebbe preparato prima.
Alla fine vinse Jason, per la gioia di Leo.

In mensa, Piper e Jason stavano aspettando l'amico (avevano deciso che Leo era, se non proprio amico, vicino a esserlo) guardando preoccupati l'orologio. 7:54.
Ormai erano una decina di minuti che lo aspettavano, si erano infatti dati appuntamento lì.
Jason, mentre ascoltava distrattamente Piper lamentarsi di quel ritardo, pensò che, sì aveva promesso a Leo di accompagnarlo per le classi, ma non avrebbe potuto aspettare troppo, dato che non voleva assolutamente beccarsi un richiamo il primo giorno di scuola.
Proprio mentre stavano per andarsene, videro arrivare qualcuno in gran fretta.
Quando questo si avvicinò, i due amici scoprirono che era un Leo molto bruciacchiato. Letteralmente.
«Non dite una parola» sibilò, vedendo gli amici trattenersi dal ridere.
«Che ti è successo?» chiese Piper che, anche se divertita, non poteva evitare di preoccuparsi. Certo, non erano ancora del tutto amici e voleva scoprire la verità sulla sera prima, ma lei era fatta così. Non poteva ignorare una persona né farle del male (solo se questa non le aveva fatto niente, però, perché se no ci andava giù anche MOLTO pesante).
«Corto circuito del computer. Avevo provato a collegarlo alle mie casse nuove, ma si vede che non vanno molto d'accordo» ammise, cominciando a trattenersi dal ridere anche lui per quella situazione assurda, ma sempre cercando di tenere un'espressione arrabbiata.
Come un fulmine a ciel sereno, a Jason venne un atroce dubbio.
Sperando che fosse solo una sensazione, chiese timoroso: «Quale computer hai usato? Il tuo?»
«Macchè, io non ho computer! Ho usato il primo che ho visto... Uno tutto nero, mi pare, quindi non si vede tanto il fatto sia rotto» rispose, rinunciando a tenere il broncio e facendo capire quanto in realtà lo divertisse quella situazione.
Jason, al sentire che i suoi dubbi erano confermati, ebbe paura di svenire.
Leo, vedendo l'espressione dell'amico, tornò serio e disse: «Lo so, non è molto carino distruggere computer, ma se non rido mi metto a piangere... Adoravo quelle casse!»
Piper cominciò a ridere per la sfrontatezza del ragazzo, coinvolgendo anche gli altri due.
Tuttavia, poche risate dopo, Jason scosse la testa, di nuovo la faccia allarmata.
«Leo, hai frainteso. Ti guardavo così perché quello era il computer DI NICO!!!»
L'espressione sorridente di Leo si spense.
«Co-cosa? Di Nico?»
Leo era molto intimorito dal ragazzo. Spesso non si vedeva, forse, ma quel ragazzo lo inquietava tantissimo: era troppo silenzioso!
E quando si arrabbiava, poi, (e lui ne aveva avuto solo un piccolo assaggio il pomeriggio prima) lanciava occhiate che parevano spedirti direttamente al Tartaro.
«Merda! Cosa mi farà appena lo saprà? Jason, dimmelo ti prego... Io lo conosco solo da ieri!»
«Meglio se non lo sai... E comunque sei salvo fino alla fine delle lezioni» rispose, partecipando silenzioso alla paura dell'altro. Nico arrabbiato era una BESTIA.
Fu in quel momento che tutti ricordarono.
«LE LEZIONI!!!»
E, senza mai fermarsi per riprendere fiato, corsero in più fretta possibile verso la prima aula: quella di matematica.

Arrivarono con ADDIRITTURA cinque minuti di ritardo (per citare il prof), perciò si beccarono una punizione il primo giorno di scuola.
Anzi, LEO si beccò una punizione il primo giorno di scuola.
Infatti, lo stronzo in questione decise, dopo aver sentito la storia dei ragazzi (cioè che Leo aveva fatto saltare in aria un computer ed erano arrivati tardi per quello), che la colpa era di quest'ultimo e che quindi gli altri non meritavano la punizione.
Quindi, Leo era stato obbligato a iscriversi "di sua spontanea volontà" ad un corso di religione che teneva il professor Kowalsky (sì, esatto, come i pinguini del Madagascar) e che era a corto di iscritti (con Leo erano solo in otto).
Quindi, per la bontà del professore, il ragazzo aveva, a partire dalla settimana dopo, tutti i lunedì occupati.
"Perlomeno questo FANTASTICO corso non parte oggi" si disse sarcastico.
Poi, finita la ramanzina, il prof li mandò al posto: Piper (Leo aveva scoperto che era nella loro stessa classe) prese posto in prima fila, vicino ad un tipo biondo, mentre Jason si sedette nella seconda vicino ad un banco vuoto.
Leo, non sapendo dove sedersi, decise di seguire Jason e "posizionarsi" nel banco libero, ben felice di avere vicino qualcuno che conosceva.
Qualche minuto dopo, che Leo aveva passato tappeggiando sul banco senza preoccuparsi minimamente di prendere appunti, sentì distintamente qualcuno che lo chiamava.
«Valdez! Valdez!»
Leo, attento a non farsi vedere dal prof (ormai soprannominato lo Stronzo), si girò quel tanto che bastava a capire chi lo stesse chiamando.
Era una ragazza dai capelli marrone scuro, molto robusta, con degli occhi così piccoli e marroni che sembravano due gocce di fango.
Il suo sguardo, tuttavia, era così rabbioso che poteva benissimo fartela fare sotto sul momento.
Tuttavia, Leo non ci badò. In fondo, la ragazza poteva essere in un momento strano... Magari era UNO DI QUEI GIORNI...
«Ehi!» salutò lui con un sorriso.
«Sei nuovo pivellino?» domandò lei, diretta.
«Sì, sono arrivato ieri» rispose lui, senza capire dove volesse andare a parare la ragazza.
«Perché?»
«Niente... Curiosità» rispose lei, con la faccia da angioletto.
Mentre si stava rigirando, però, al ragazzo sembrò di vedere, sul volto della ragazza, un sorriso malefico. Cercando di non farsi sentire dal profe, chiese a Jason: « Ehi, chi è quella qua dietro?»
«Clarisse La Rue. Stacci lontano» sussurrò l'altro.
«Come mai?»
«È la bulla per eccellenza della Half-blood. I suoi amici sono Silena Beauregard, Charles Beckendorf, Ottaviano Augusto e Chris Rodriguez»
«Tutti bulli?»
«Oh, no! Silena e Beckendorf sono molto simpatici e anche Chris... L'unico forse è Ottaviano... Ma neanche tanto» borbottò Jason, pensando.
«E allora perché devo starci lontano?»
L'amico scosse la testa.
«Mi sono spiegato male. Devi stare attento solo a Clarisse, per gli altri l'importante è che non li insulti, perché se no ti ritrovi con un pugno in faccia dalla ragazza»
«È molto protettiva nei loro confronti» aggiunse, cercando di farsi capire meglio.
«Quindi, se Clarisse mi avesse chiesto se sono nuovo, sarebbe un problema?»
«Sarebbe decisamente pericoloso. All'ultimo arrivato a fatto mettere la testa nel gabinetto delle ragazze... So che si diverte a cambiare metodo per ogni vittima. Lei lo chiama il suo "benvenuto a scuola"» disse alzando le spalle.
Poi, guardandolo negli occhi, aggiunse: «Ma tanto era una supposizione... Giusto?»
«Ehm... no» ammise Leo «Me l'ha appena chiesto»
«Due parole: sei morto. Appena suona, ti conviene scap-»
«Valdez! Già ti sei guadagnato una punizione per il ritardo, non fammi aggiungere anche un richiamo scritto» lo richiamò il professore, stufo della parlantina continua.
«Sì sì, ci scusi prof»
E, dopo quel richiamo, i due stettero zitti per il resto della lezione.

Driiiin​!
La seconda ora era appena finita.
Al rumore della campanella, Leo fece un sospiro preoccupato.
Durante il cambio delle lezioni (dalla prima alla seconda ora) era riuscito a seminare Clarisse cominciando a correre per i corridoi, fino a trovare la classe di fisica, ma adesso che doveva andare a quella di inglese sarebbe stato improbabile sfuggirle di nuovo. Probabilmente si era appostata davanti alla porta...
Ma non era questo quello che lo preoccupava, al momento. Era Piper.
La ragazza, infatti, appena entrata aveva notato il posto libero e, fatto l'occhiolino a Jason (maledetto traditore), si era seduta vicino a lui, con l'evidente intenzione di parlargli. O di estorcergli informazioni, per come la vedeva il ragazzo.
Durante la lezione, comunque, non era riuscita a dirgli niente, ma adesso Leo non aveva vie di scampo.
E lui non voleva parlare con Piper. Non poteva scoprire il suo segreto.
"Non l'avrà vinta" pensò con il broncio.
«Ehi, guarda che non ti mangio mica» lo riprese Piper, guardandolo divertita.
Leo arrossì. Come aveva fatto a capire cosa stesse pensando?
«Facile. Mi stavi guardando in cagnesco»
Ancora?? Ma leggeva nel pensiero??
«Non leggo nel pensiero, ma capisco il linguaggio del corpo... Prima avevi una faccia è una postura confusa» spiegò.
«Okay, ho capito. Leggi nel pensiero e basta» decise Leo. Piper rise.
Poi, senza tanti contenevoli, il ragazzo andò dritto al punto.
«Che vuoi?»
Piper sospirò, tornando seria.
«Voglio solo capire perché hai mentito... Ma non te lo avrei chiesto così, ci sarei andata piano e avrei aspettato che parlassi da solo... Ora però io ho risposto alla tua domanda e perciò esigo una tua risposta» ordinò.
Leo stette zitto. Non poteva dirglielo.
«Okay, ripeto. LEO VALDEZ, DIMMELO IMMEDIATAMENTE»
«Non ho avuto una infanzia felice»
Leo si tappò la bocca con la mano. Le erano veramente uscite quelle parole dalla bocca? Le aveva veramente detto la verità?
Doveva rimediare al danno, perciò sorrise, cercando di dare una luce vispa ai suoi occhi.
«Ma sai una cosa, Miss Mondo? Adesso va più che bene, non litigo più con mia madre... Neppure con mio padre!»
«Beh, ne sono veramente felice!»
«Ora scusa, ma è meglio che vada... Ho la lezione di inglese e, avendo già preso una punizione, non devo assolutamente arrivare in ritardo» le disse sbrigativo.
Piper (che non era stupida) capì istantaneamente che il ragazzo aveva bisogno del suo spazio, e perciò lo lasciò andare, salutandolo con la mano.
Quando ormai Leo era uscito e stava camminando in corridoio, le venne in mente una cosa. Come l'aveva chiamata???
«MISS MONDO?!» gli urlò dietro.
Leo si girò ghignando.
«PREFERIVI REGINETTA DI BELLEZZA?!» le urlò ironico di rimando, per poi andarsene fischiettando.
Appena girato l'angolo, quando ormai Piper non poteva più vederlo, Leo si fece serio.
Mezze verità... Ci viveva da sempre. Mentire lo faceva sentire male, dire la verità era impensabile.
"Non litigo più con i miei genitori... Buona questa" si disse con un sorriso amaro.
Piper non aveva capito. Alla fine, per quanto fosse intuitiva, non aveva capito nemmeno lei.
Ma gli andava bene così. Se avessero saputo quello che era, in realtà, non l'avrebbero neppure più guardato. Anzi, l'avrebbero evitato come la peste. E avrebbero fatto bene.



NOTE DELL'AUTRICE:
Ciaoooooooooo
Sono tornata 😀😀
Innanzitutto, dedico questo capitolo alle mie amiche e compagne di avventure, che mi hanno sostenuto e convinto a postare questa storia.
Poi, lo dedico a fenris e a Day_Dreamer05 che hanno recensito, e avalec04 per averla messa tra le seguite.
Anyway, mi dispiace stra tanto, perché avrei voluto postare prima, ma ho avuto problemi con il HTML (avete visto le frasi in spagnolo, no? Volevo metterle in corsivo, però veniva un disastro perciò ho rinunciato) e poi, mentre stavo postando su Efp, MI SI È CANCELLATO TUTTO!!
C'è, praticamente mi sono messa a sclerare per tutta la casa...
Va beh, l'importante è esserci riuscita, dopotutto.
Spero di non avervi annoiata (né col capitolo né con i miei scleri) e premetto che tutte le recensioni (positive e negative che siano) sono bene accette.
Baci,
_viola02_
   
 
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