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Autore: Hikari_Sengoku    16/08/2017    2 recensioni
Ehilá, mi chiamo Hikari_Sengoku, e questa é la mia prima fanfiction su questo fandom. Ringrazio chiunque vorrá leggere e a maggior ragione dare il suo giudizio. Sono a conoscenza dell'usura del tema, ma vedere le cose da un'altra prospettiva é sempre una buona cosa, invito perciò alle critiche costruttive. Per questioni di trama, la storia si baserá unicamente sull'anime.
Cori é una ragazza italiana alle soglie della maturitá, con una famiglia particolare, un fratello scomparso che adorava ed un nonno pieno di misteri... Cosa potrá accadere quando da uno dei suoi anime preferiti pioverá letteralmente uno dei personaggi?
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Roronoa Zoro, Un po' tutti, Z
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Il mio sogno… è scrivere il mio destino!”

Con una mano, afferrò il collo del vestito, alzando la testa della piccola naufraga. Era una bambina di non più di quattro anni, dai lunghi capelli biondi. Ebbe appena il tempo di prenderla in braccio, che tre giri di braccia le si avvolsero in vita e la strattonarono su con forza. Ricadde fortunatamente in piedi.
“Ma sei scemo? Potevi farle male!” lo sgridò Cori stringendo la bimba al petto. Tremava di freddo.
“Ahhh! Qualcuno chiami il medico!” urlò Chopper in preda al panico “Oh, ma sono io il medico. Portala in infermeria, Cori” le chiese Chopper correndo a tutta andata verso l’infermeria. La ragazza lo seguì. 
Pochi minuti dopo, Chopper finiva di visitare la piccola. “Ha solo un po’ stanca, ed ha preso freddo. Non stava in acqua da piú di due ore.” Disse Chopper, guardando la bimba stesa a pancia in giù sul lettino. “L’unica cosa che non capisco sono queste ali. Non sembra aver mangiato un frutto del diavolo, eppure…” La piccola aveva infatti due belle alucce iridescenti, come quelle delle libellule, ma che scendevano lungo la schiena. “Le articolazioni che ha non le permettono di stenderle orizzontalmente e volare, al massimo può farle vibrare. Quindi non capisco” disse la vocina sottile del medico, mentre Cori passava la mano tra i capelli salati della piccola. La bambina sbattè le palpebre, rivelando due enormi occhi smeraldini. L’iride occupava tutto l’occhio, senza lasciar spazio alla sclera. La pupilla era verticale, sottile, come quella dei rettili. 
“Mamma…” mugolò la bimba spingendo la testolina contro la grande mano di Cori. 
“Mi dispiace, piccola, non sono la tua mamma. Come ti chiami?” le chiese accarezzandole ancora la testa. La bambina si alzò a sedere, strofinandosi gli occhioni.
“Lurichiyo” sussurrò triste la bimba. “Tu chi sei?”
“Mi chiamo Cori. Senti Lurichiyo, ti va di andare a fare un bel bagnetto? Così mi racconti tutto con calma” le sorrise Cori parlandole con voce dolce. “Chopper, per favore dì agli altri che la nostra piccola ospite sta con me a fare il bagno, e che appena sará pronta la potranno vedere.” Si era innamorata della bimba, era così tenera! Voleva occuparsene lei.
Chopper accettò, così Cori prese Lurichiyo per mano e la portò nel bagno, dove la aiutò a spogliarsi e prendendola sotto le ascelle la immerse nell’acqua calda. “Posso chiamarti Chiyo?”
La bimba sembrò esitare. “Ok”
“Dove sono i tuoi genitori?” le domandò mentre le insaponava i capelli. Aveva schiuma bianca ovunque, e le mani in quel covo di serpi che erano i biondi capelli della ragazzina.
“A casa. Quei signori cattivi mi hanno preso due giorni fa” le rispose Lurichiyo sull'orlo delle lacrime.
“Di sicuro ti staranno cercando” 
“Oh, sì. I miei genitori sono i genitori più bravi del mondo. Ma non possono uscire dall’isola” sospirò la bambina, che si intristì.
“E dov'è il problema? Ti riporto io dai tuoi genitori” le sorrise Cori passandole la spugna morbida sulle spalle pallide. La piccola si girò di scatto, frustandole la faccia con i lunghi capelli. “Davvero?” le chiese con gli occhi lucidi. “Me lo prometti?”
“Certo che te lo prometto. Ti riporterò a casa” le scompigliò i capelli, prima di avvolgerla in un caldo asciugamano e stropicciarla tutta. “Ora mettiti questa, che andiamo dagli altri” Le disse porgendole una canottiera bianca, che alla bambina faceva da vestito.

“Ragazzi, vi presento Lurichiyo!” esordì spalancando la porta della cucina, dove le stavano aspettando.
“Ciao Luri-chan! Io sono Nami. Loro sono Usopp, Sanji, Franky e Rufy, il Capitano. Da che isola vieni?” le chiese la navigatrice piegandosi alla sua altezza. All’appello mancavano Robin, Zoro e Brook, in altre faccende affaccendati.
“Già, già!” la esortò Rufy, tenuto ‘al guinzaglio’ da Sanji perché non si avvicinasse al pranzo che stava cucinando.
“La mia isola si chiama Fukuzoo” rispose la piccola acchiappando una delle ciocche pel di carota di Nami, che si alzò di scatto. “Ahi!”, prima di stendere sul tavolo una mappa. “Eccola! Sta vicino alla fascia di bonaccia di destra, a poche decine di miglia da qui. Ha la forma di una zampa di gallina”
“Si, si, è proprio la mia isola” ridacchiò Lurichiyo.
“Ci vorrà perlomeno una giornata prima di arrivare alla distanza minore dalla nostra rotta” replicò Nami mordendosi il labbro. “Franky, perché non porti Luri-chan a fare un giro della nave?”
“Suuuuuper-Certo!” rispose il cyborg mettendosi in posa, per poi mettersi la piccola su una spalla.
“Può venire anche Cori con noi?” chiese la bambina, che si era spaventata.
“Cori verrà tra poco, non ti preoccupare” la consolò la navigatrice.
“Ok. Cosa sei tu, grande signore?” chiese la bimba uscendo.
“Chiamami Franky, piccoletta. Io sono il super-cyborg!” le voci del colosso e della nanerottola sulla sua spalla si persero nei meandri della nave, proprio mentre entravano gli assenti.
Appena i due furono usciti, la navigatrice si accasciò sul tavolo con la testa fra le mani. “Come faremo a riportarla a casa?” piagnucolò.
Rufy gridò: “Qual'é il problema, Nami? La riaccompagnamo noi!”
“Nami-san, se lo desideri la porterò io stesso a nuoto!” vorticò il cuoco.
“Non capite! Per portarcela, dovremmo passare vicinissimo a Marineford, e poi ad Impel Down! Questa isola è praticamente una succursale di Impel Down stessa! Se ci passassimo, avremmo tutta la Marina alle costole!” urlò la roscia, spaventando Usopp.
“Potremmo usare il Submerge Shark III!” propose Usopp.
“Ci localizzerebbero all’istante” scosse la testa Nami.
“A voi sicuro. A me no. Che gli può importare alla Marina di due normali civili che tornano a casa?” si intromise a quel punto Cori.
“Sei sicura? È un grosso rischio, per una bambina che conosci a mala pena” le disse il cecchino.
“Sono sicura. In fondo qui sono solo d’intralcio, per adesso. Ma vi assicuro che mi rivedrete, appena sarò diventata forte abbastanza. Non credo che il mio destino sia quello di marcire su un’isola per il resto della mia vita” annunciò la ragazza. Ci aveva pensato, ed era decisa ad annunciarlo già da un po’. Questa era l’occasione giusta per cercare la sua strada, ormai completamente sconvolta, dove non sarebbe stata tra i piedi di nessuno. Per quanto le sarebbe piaciuto (e solo Dio sapeva quanto le sarebbe piaciuto) stare con quella meravigliosa ciurma, che era l’unica che lei conosceva un po’ in quel vasto mondo vuoto. “Il mio sogno… è scrivere il mio destino!”

Dopo questa splendida uscita, il discorso si era sciolto in un chiacchiericcio piú o meno caotico. Cori si era andata a piazzare a gambe larghe dritta davanti ai fornelli, per sbirciare l’operato del cuoco. Doveva dirlo, sarebbe stato impossibile trovare un uomo più capace di Sanji ai fornelli. Peccato che la maggior parte dei piatti fosse giapponese o al massimo francese.  La cucina francese le faceva perlopiù schifo.
“Scommetto che l’amatriciana non la sai fare” lo sfidò infatti. Là nemmeno esisteva Amatrice.
“Cos'è lamatriciana?” chiese infatti il cuoco incuriosito.
“È una ricetta delle mie parti. È pasta, ma cucinata con il pomodoro e il guanciale. Un cucchiaio d’olio, si aggiunge il guanciale e poi il sugo e si cuoce a lungo. Poi si cuoce la pasta e si mescola. È facile, ma è buonissima, e solo pochi la sanno fare veramente bene.” Pensò ad alta voce. 
“Ed io sarò fra quei pochi. Ti stupirò Cori-san. Farò la più buona amaturiciana che tu abbia mai assaggiato!” le rispose convinto il biondo, immaginando che alla giovane ospite avrebbe fatto piacere avere indietro per un po’ la sua terra.
“Si dice amatriciana! Grazie Sanji” lo ringraziò allontanandosi.

Sul ponte, Chiyo rideva, lanciata tra le sartie e la rete dell’albero maestro da Franky. Cori li raggiunse, e chiese al grosso cyborg se potesse insegnarle ad usare il Submerge Shark III.
“Certo sorella!” le rispose il ragazzo dai capelli azzurro puffo, montandosi in spalla la ridacchiante bambina bionda.
Scesero giù nella stiva, dove ad attenderli c’era un’allegra massa di cianfrusaglie più o meno bizzarramente ordinate. Franky tirò una leva interna, e fece girare l’immensa ruota interna alla nave, fino a far arrivare il settore 3 a livello piedi. 
“Ecco qui il Submerge Shark III!” disse il cyborg presentando il piccolo sottomarino a forma di squalo.
“Che bello!” esclamò avvicinandosi, innamorandosi dei sistemi di aereazione e degli armamenti, nonostante la maggior parte non fossero a vista.
“E non hai ancora visto niente” rispose il carpentiere aprendo lo sportello ermetico.
All’interno, una splendida consolle piena di pulsanti, sensori e manopole le ricordava il Nautilus del Capitano Nemo. Adorabile! Dal soffitto scendeva il visore del telescopio sottomarino, proprio davanti al sedile di guida. Franky cominciò ad illustrarle le istruzioni base di guida. Funzionava più o meno come un’automobile, mancava solo la leva del cambio, sostituita da quella dell’ancora, lunga a fianco del guidatore. Un radar mostrava la linea retta che Franky aveva impostato sul momento sulla retta disegnata da Nami. Loro erano un piccolo puntino bianco a qualche miglio di distanza. “Così saprai sempre dove ti trovi. Se mai ci fosse scarsa visibilità, attiva il sonar, ti mostrerà gli ostacoli sul monitor più grande” le spiegò.
“Grazie, Franky. Io adoro questo genere di cose!” esultò Cori abbracciandolo. Preferiva le moto, ma non credeva che avrebbe avuto problemi a divertirsi guidando un sottomarino. “È proprio super!” gli urlò quasi nelle orecchie.


Dopo il lauto pranzo, Cori si sdraiò sull’erba, godendosi il sole caldo. Forse era stata un po' affrettata nel decidere di lasciare la ciurma. Non aveva idea di cosa sarebbe potuto succedere, era completamente sola, e di certo non avrebbe potuto contare a lungo sulla compagnia di una bambina di quattro anni. Forse la cosa migliore sarebbe stata tornare indietro da loro. Il problema sarebbe stato solo posticipato: Una volta tornata sulla nave, sarebbe stata di nuovo un peso, e quella era una cosa che proprio non le andava giù.
“Sei proprio sicura?” una voce dolce, femminile, si introdusse nei suoi pensieri. Ci mise qualche secondo a riconoscere Nami che le sedeva accanto.
Assonnata per via del sole, la fissò senza rispondere, osservandone quasi con invidia le prorompenti forme a malapena contenute dal miserrimo costume. Tanto valeva andare in giro nuda. Una sorta di piccolo telecomando le ricadde sulle gambe.
“L’ha progettato Usopp. Se mai volessi tornare indietro, ti basterà premere il bottone rosso” le spiegò la ragazza stendendosi di fianco a lei sul telone. “Non ti preoccupare troppo. Ti verranno le rughe sulla fronte per lo sforzo” la rassicurò per poi tacere e godersi un caldo pomeriggio estivo sul ponte.


Niente da fare, quell’amatriciana era semplicemente deliziosa. Chiyo era già andata a nanna da un po’, e lei come Rufy non poteva fare a meno di andare a pescare con le dita nella pentola. Era semplicemente troppo buona! I ragazzi di fuori stavano portando su la legna, lei si era offerta di accendere il fuoco quindi doveva correre. Mise il foglio di giornale accartocciato un po’ al centro, fece una capannella di legnetti e con un’unica scintilla il giornale prese, i legnetti bruciarono e si poté cominciare a caricare il fuoco con legna sempre più grossa. 
“Ragazzi! Ho due canzoni!” Urlò. Tutti si accodarono alla canzone, e alla seconda strofa anche Brook e Franky partirono con la chitarra.
Kamaludu, kamaludu in blues (x3) 
oh uandasii oh uandasii oh uandasii
kamaludu in blues kamaludu in blues.

Era una di quele canzoni da urlare, per assordare i pensieri.

Behbel ina behbel ina in blues (x3)
oh uandasii oh uandasii oh uandasii
Behbel ina in blues behbel ina in blues.

Natoureja, natoureja in blues (x3)
oh uandasii oh uandasii oh uandasii
Natoureja in blues natoureja in blues.

“Un’altra, un’altra!” gridò Rufy, mentre gli altri brindavano ed esultavano per me.
“Ok, prendiamoci tutti per mano!” urlai a mia volta, e feci cominciare la Danza del Fuoco. Da un lato avevo Franky, dall’altro Usopp.

Splende il fuoco nel cerchio degli esplorator, (al cambio di verso cambiammo anche il verso della marcia)
ascoltate la voce della fiamma d'or.
(picchiammo velocemente i piedi per terra)
Sali al ciel, fiamma leggera,
del gran fuoco caldo e buon. (e cambiammo verso)
Sotto i pini o alla brughiera 
sali in alto e sali ancor. (tendemmo le braccia al massimo)
Sali in alto e sali ancor, (ci avvicinammo al fuoco, bruciando la punta delle scarpe)
fuoco dell'esplorator.

Ero un principe un giorno perfido e sleal
e spargevo d'intorno il dolore e il mal.
(partì un giro di birra)

Sali al ciel, ...

D'un gran mago l'incanto tosto mi punì
e nei tronchi di un bosco mi rinchiuse un dì. 
(Brook partì con la sua risata acuta, i denti sbatterono con un fastidioso rumore)

Sali al ciel, ...

Da quel giorno nei tronchi prigioniero io son
e costretto a soffrire freddo e solleon.
(Nami quasi si strozzò con la birra fra una risata e l’altra, gettando all'indietro la testa ramata, con gli occhi scuri brillanti di ebbrezza e felicità)

Sali al ciel, ...

Nell'ardor della fiamma mi consumo qui
e col ceppo che arde brucio anch'io ogni dì.

Sali al ciel, ...

Dal tremendo supplizio convertito son
e per l'uomo divengo fuoco caldo e buon.

Sali al ciel, ...

Sia che arda al bivacco o nel focolar
la mia anima brucia luce e caldo a dar.

Sali al ciel, ...

Nelle veglie di campo t'offro il mio calor
scaccia freddo e paura questo mio splendor
(Robin come suo solito si era messa da parte, le ammiccò mostrandole il titolo del libro che leggeva “Antologia degli alberi genealogici”, stava appuntando qualcosa a piè di pagina)

Sali al ciel, ...

Nella tua cucina l'acqua fo cantar (Sanji mi sorrise)
entro nell'officina e so lavorar (Usopp e Franky esultarono abbracciandomi ai lati)

Sali al ciel, ...

Ogni lieve favilla della fiamma d'or
Con sé porta un sogno verso il cielo a vol
(Zoro la fulminò malissimo col suo sguardo truce, e lei ne approfittò per fregargli il boccale di birra da sotto il naso. Provò a bere ma sputò, faceva schifo. Zoro rise sguaiatamente)

Sali al ciel, ...

La mia grande speranza è che un dì verrà
In cui Dio sì buono mi perdonerà
(Chopper si era beatamente addormentato con uno stecco nel naso)

Sali al ciel, ...

Oh potere salire al divin splendor
ritornare alla vita e bruciar d'amor

Sali al ciel, ...

Ma già sento che spiro state ad ascoltar
quel che ancor la mia voce vi può mormorar
(Rufy sorrise come suo solito, a trentadue denti. Un foglietto bianco bruciava nella tesa del suo cappello, mentre zampettava da una parte all’altra del fuoco, stonando)

Sali al ciel, ...

La mia grande lezione amici miei quest'è:
non si fa nulla in terra se l'ardor non c'è 

Sali al ciel, ...








Ero convinta che in qualunque isola sperduta fossi finita, finché sarei stata viva, mi avrebbero aspettato.







Lo so, sono tipo in mega ritardo e ho fatto un capitolo che dire striminzito è poco. Spero che comunque le novitá siano abbastanza da distogliere dal mio stile. Per me, la felicità è piccole cose poco descritte, il resto lo facciamo da noi. È per il dolore che ci vogliono tante parole. Per chi volesse saperlo le canzoni sono il Kamaludu in blues e la Danza del Fuoco, e sono entrambe delle canzoni/ban per iniziare il fuoco serale. Niente da fare, sono tornata da due giorni, ma sono sempre lì col cuore! Sperando che il capitolo sia gradito,
Hikari_Sengoku


http://www.grandeblu.it/index.php?url=saccheggio&id=53936
   
 
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