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Autore: lodoredelmare    16/08/2017    2 recensioni
“And I'll hold on to this moment you know, As I bleed my heart out to show, And I won't let go”
Avevo bisogno di vederlo, toccarlo, sentirlo e non mi importava se mi stavo umiliando. Sarei rimasta al suo fianco anche se mi aveva spezzato il cuore copiosamente, anche se era uno stronzo perché lo amavo troppo da lasciarlo andare e io non volevo. Mi sarei tenuta stretta questi piccoli momenti, gli unici che ci restavano perché le cose erano ormai troppo cambiate, avrei fatto di tutto per non lasciare che questi svanissero come fumo disperso nell’aria.
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kikyo, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“I found love where it wasn't supposed to be

Right in front of me”

Amber Run, I found

“Ho trovato l'amore dove non avrebbe dovuto essere

Proprio davanti a me”

 

Era ormai passata una settimana e mezzo dall’inizio delle lezioni dando vita ad una nuova routine per tutti i presenti del campus che ormai si mostrava gremito di persone, studenti indaffarati che reggevano libri di testo e insegnanti altrettanto indaffarati che correvano da un lato all’altro del campus per giungere in orario all’aula a loro assegnata.

Durante le lezioni cercavo di rimanere il più concentrata possibile senza tralasciare nemmeno un dettaglio di ciò che gli insegnanti ci riferivano, prendendo assiduamente appunti e studiando in camera.

La mia quotidianità fu piuttosto solitaria dedita unicamente allo studio o alla lettura di qualche libro per passatempo, ogni tre giorni chiamavo a casa desiderosa di sapere come stessero procedendo senza di me -Sota aveva cambiato improvvisamente la voce facendomi rendere conto di quanto effettivamente fosse cresciuto, la mamma continuava ad essere indaffarata tra il lavoro e le faccende domestiche e il nonno sembrava stesse bene seppur con i continui acciacchi che lo facevano maledire i presunti demoni che secondo lui infestavano la casa.

Con l’inizio delle lezioni io e Sango incominciammo a vederci sempre meno, terribilmente prese dai nostri impegni, avevamo modo di vederci unicamente durante le pause pranzo e cena -Sango la colazione non la faceva mai poiché si svegliava troppo tardi, di conseguenza ciò mi impedì anche di rivedere quei pochi ragazzi che avevo avuto modo di conoscere.

L’unico che rividi seppur da lontano fu Inuyasha.

Camminavo spedita in una via acciottolata del giardino del campus terribilmente in ritardo a causa di una sveglia che non aveva deciso di suonare puntualmente, reggevo i libri tra le braccia serrate cercando di non far disperdere lungo il cammino i fogli sparsi di appunti.

Fu quando svoltai a sinistra diretta alla mia accademia che vidi un luccichio lontano dovuto da un riflesso del sole, una chioma argentata talmente insolita da essermi tuttavia familiare accompagnata da due candide orecchie canine che si muovevano rapide.

Percepii il mio cuore perdere un battito al ricordo della serata di qualche giorno fa, al ricordo della sua ferrea presa, del suo profumo e dei suoi occhi -quei incredibili occhi che mi ritrovai a sognare anche nei giorni seguenti.

Inuyasha mi donò un unico, imbarazzante ma emozionante ballo. Mi accompagnò delicatamente senza mettermi fretta sotto le note di una canzone calzante e vivace tenendomi legata tra le sue braccia, il suo petto appoggiato alla mia schiena, le mani che si reggevano sui miei fianchi e il suo viso così vicino al mio. Ancora mi ricordavo il suo caldo respiro tra i miei capelli.

Mi sentivo terribilmente imbarazzata, ero sicura di essere rossa come un pomodoro maturo e sentii il mio cuore scalpitare veloce nella mia cassa toracica, incessantemente e instancabilmente. Inuyasha non se ne curò oppure non se ne accorse, continuammo a ballare per tutta la durata della canzone e io non sapevo cosa provare oltre all’imbarazzo o cosa fare. Mi lasciavo trascinare dai suoi movimenti lenti e delicati mentre sorgeva in me una strana contentezza, tuttavia molto piccola e quasi insignificante rispetto all’enorme disagio che provavo.

Al termine della canzone -che venne seguita da Somebody to Love dei Queen, una canzone che conoscevo benissimo poiché la cantavo sempre con mio padre, Inuyasha se ne andò in fretta come scottato senza rivolgermi la parola, senza farmi un cenno di saluto. 

Improvvisamente sentii freddo che mi portò a rabbrividire mentre un senso di solitudine mi immerse tra tutta quella folla di ragazzi gioiosi.

Vidi la figura particolare di Inuyasha da lontano, anche lui correva imprecando ad alta voce verso l’entrata del suo ateneo -scoprì fosse quello di fisica, mentre teneva per mano una ragazza che faticava a mantenere il suo passo. 

Non riuscii a riconoscere il suo viso, l’unica cosa che notai era quanto fosse alta e quanto fossero lunghi i suoi capelli.

Totalmente da sola, ero piegata sui libri ormai già da qualche ora mi doleva la schiena e sentivo gli occhi bruciare, avevo portato le lenti a contatto per troppo tempo era ormai giunta l’ora di toglierli e di indossare gli occhiali.

Mi diressi nel bagno e constatai dalla tenue luce del sole che filtrava attraverso la finestra che fosse ormai pomeriggio inoltrato, il sole calava lentamente dietro alle fronde degli alberi regalando una luce aranciata e rossastra che aveva un effetto calmante.

Erano quasi le sette di sera, Sango era al corso di arti marziali e ne avrebbe avuto ancora per una mezz’oretta appena in tempo per correre in mensa e cenare.

Erano quasi due giorni che non la vedevo nonostante condividessimo la medesima stanza a causa dei nostri impegni. Decisi di fare una pausa dallo studio e di andare a trovare la mia coinquilina, non l’avevo mai vista in azione in uno dei tanti corsi che seguiva.

I giardini del campus erano desolati, gli unici due studenti rimasti correvano trafelati con le loro cartelle appresso nei loro dormitori, l’aria era tiepida che segnava il termine della primavera e l’imminente arrivo dell’estate con la sua aria torrida ed afosa. Nagoya in particolare era terribilmente calda.

Nella palestra all’aperto un gruppo di ragazzi in divisa bianca si combattevano a vicenda a coppie sotto gli incitamenti urlati dal loro insegnante che si muoveva zigzagando tra quei giovani corpi che scalciavano e lanciavano raffiche di pugni.

Rimasi sugli spalti ad osservare incantata i loro agili movimenti così rapidi e scattanti. Riconobbi tra la folla Sango, la divisa bianca che risaltava l’intenso colore scuro dei suoi lunghi capelli legati in un’alta coda che si muoveva selvaggia ad ogni suo singolo gesto.

La ragazza combatteva contro un ragazzo poco più alto di lei ma incredibilmente più muscoloso che tuttavia riusciva facilmente a tenergli testa, quel corpo così minuto ma slanciato racchiudeva una forza incredibile.

Notai come il suo sfidante fosse in difficoltà, il fiatone che gli impediva di essere veloce come la ragazza che risultò essere indubbiamente più abile. In poco tempo la vidi gettare a terra il ragazzo, bloccandolo sul terreno polveroso della palestra con un piede sulla schiena tenendogli stretto un braccio.

Il maestro si avvicinò alla coppia e lo vidi complimentarsi con la ragazza che rispose con un profondo inchino.

La vidi voltarsi e posare lo sguardo sugli spalti, io mi alzai salutandola energicamente sperando che mi vedesse; Sango mi regalò un ampio sorriso e prese a correre verso di me con i piedi nudi.

    “Sei bravissima” mi complimentai una volta libera dallo stretto abbraccio che mi donò la mia coinquilina.

    “Oggi non ho dato del mio meglio, sto malissimo”.

    “Che hai?” domandai preoccupata.

    “Il ciclo! Quel maledetto”.

Ridacchiai divertita notando come Sango fosse disperata, il volto contratto da un’improvvisa fitta di dolore con le guance rosse e la fronte imperlata di sudore.

    “Non ho nessun medicinale con me da darti, mi dispiace”.

    “Non preoccuparti. Adesso vado da gli altri e mi rimetteranno in sesto loro”.

Vidi Sango raccogliere un paio di scarpe da ginnastica logore per poi cercare di infilarsele pur rimanendo in piedi in equilibrio.

    “Ma la cena?”.

    “Gli altri hanno ordinato una pizza. Io vado, vieni?”.

Sango si allontanò senza attendere una mia risposta, seppur incerta decisi ugualmente di seguirla.

La seguii imperterrita mentre ci dirigevamo sul retro degli edifici universitari, ci inoltrammo in meandri a me mai visti dove l’erba era piuttosto alta non tagliata da mesi e dove erano ammucchiati come abbandonati giganteschi sacchi della spazzatura.

Seguii la mia coinquilina fino all’interno di un cunicolo buoi e stretto, mi ritrovai a tapparmi il naso per il troppo puzzo che lo infestava. Mi domandai preoccupata dove Sango mi stesse portando.

    “Ci sei?” mi chiese voltandosi ad osservarmi. Ridacchiò vedendo la mia faccia schifata e preoccupata “Siamo quasi arrivate” mi rassicurò.

Giungemmo presso una scala in ferro che portava ad un piano superiore all’aperto da cui sentì distintamente diverse voci sia maschili che femminili che parlottavano tra loro.

All’improvviso una bestemmia.

    “Koga stai più attento!”.

    “Non l’ho fatto apposta”.

Vidi Sango sospirare e scuotere il capo lentamente, salì le scale sorreggendosi dal corrimano e io la seguì sistemandomi prima gli occhiali sul naso che erano scivolati a causa del sudore.

Ci ritrovammo presso uno spiazzale da cui si poteva godere il panorama meraviglioso dei giardini del nostro campus, gli alti cipressi che costeggiavano il perimetro mentre il rosa dei ciliegio chiazzava in modo casuale il verde scintillante dei giardini. Oltre il campus la più immensa e distesa campagna, rettangoli di terreno dai colori differenti.

Dopo aver distolto lo sguardo dal panorama e averlo concentrato nei soggetti più vicini a me mi resi conto di trovarmi tra un gruppo di ragazzi.

Sentii la voce squillante di Ayame salutarmi allegramente seguita poi dai saluti di Miroku e Koga. Affianco al ragazzo dai lunghi capelli, altri due ragazzi alquanto particolari dalle capigliature facili da notare.

    Miroku si alzò dal pavimento dando dei colpetti sui jeans cercando di togliere su di essi del probabile sporco. Mi salutò con un sorriso per poi abbracciarmi affettuosamente, ebbi modo di percepire il suo forte aroma maschile, per poi concentrasi sulla mia coinquilina.

Lo vidi circondare le sue spalle con un braccio in seguito le posò un piccolo bacio sulla guancia. Sango si scostò imbarazzata, le gote rosse e il sorriso teso. 

    “Inuyasha ho mal di pancia, ho bisogno che me lo fai passare” disse Sango facendomi distogliere lo sguardo da Miroku. Poco distante dal resto del gruppo c’era infatti Inuyasha seduto su una pila di mattoni abbandonati, gli occhi bassi rivolti a ciò che armeggiava tra le mani. Al suo fianco una ragazza che accovacciata teneva il mento appoggiato su una spalla di lui, mangiava placida un pezzo di pizza alla margherita.

Mi domandai chi fosse quella ragazza che aveva così tanta confidenza con Inuyasha.

    “Non sono un medico, Sango” rispose lui a monocorde senza distogliere lo sguardo “Quel deficiente di Koga me l’ha fatta cadere tutta per terra, l’ho dovuta rifare tutta”.

    “Non l’ho fatto apposta!” esclamò irritato il diretto interessato ricevendo un ringhio da parte del ragazzo.

    “Ho sentito la tua imprecazione, infatti” Sango si accovacciò alla sinistra di Inuyasha posando anche lei lo sguardo sulle mani del ragazzo.

Il ragazzo si portò alla bocca un piccolo oggetto cilindrico, gli diede una leccata e se lo rigirò tra le mani.

    “Ho finito” esclamò alzando lo sguardo, constatai come i suoi occhi si posarono sulla mia figura facendomi sussultare. Scoprii quanto mi fossero mancati quegli occhi dal colore così personale e caratteristico, quell’oro colato profondo e misterioso che racchiudeva in sé infinite storie.

Mi rivolse un sorriso facendo spuntare le sue tipiche fossette per poi sventolarmi piano la mano.

Gli risposi al medesimo modo per poi affiancarmi a Sango, curiosa anche di sapere che cosa Inuyasha avesse terminato.

Anche gli altri si raggrupparono attorniandoci, alcuni rimasero in piedi altri preferirono sedersi incuranti della piattaforma dal pavimento logoro.

Notai come sia Inuyasha che Koga tenevano appoggiate in bilico sulle labbra due sigarette -o almeno così mi apparvero a prima vista, fatte artigianalmente.

La ragazza affianco ad Inuyasha passò un’accendino al ragazzo che lo usò per accendersi la sigaretta per poi porgerlo a Koga.

Osservai meglio quella ragazza che ancora non aveva proferito nessuna parola, le labbra serrate e gli occhi attenti a ciò che il ragazzo al suo fianco faceva.

Fui attraversata da un rapido flash ricollegando poi la ragazza alla figura dai lunghi capelli che avevo visto tempo addietro con Inuyasha.

Come attratta dal mio sguardo insistente la ragazza spostò il suo sguardo su di me, i suoi occhi di ghiaccio mi fecero raggelare.

    “Kagome, lei è Kikyo la fidanzata di Inuyasha” mi riscossi dai miei pensieri grazie alla voce squillante di Ayame “Kikyo, lei è Kagome la nuova coinquilina di Sango”.

Kikyo mi porse la mano che io strinsi titubante mentre il suo sguardo freddo non osò scostarsi da me.

Tuttavia le parole di Ayame rimbombarono nella mia mente ininterrottamente, un loop continuo che mi isolò dal presente. La fidanzata di Inuyasha, era ovvio. Un ragazzo come Inuyasha doveva avercela per forza la ragazza oltretutto bella come Kikyo.

La analizzai attentamente rendendomi presto conto di quanto splendida quella fosse al contrario mio, così scialba ed anonima.

I lunghi capelli corvini le ricadevano sulla schiena e sulle spalle coprendola come una sorta di lucida mantella, il viso piccolo e delicato dai lineamenti raffinati e nobili. Gli occhi sottili ed allungati abbelliti da folti ciglia che contornavano l’iride nocciola. Occhi da cerbiatta così ammalianti nonostante così freddi.

Il naso piccolo e delicato seguito da un paio di labbra minute ma piene a forma di cuore così armoniose sul suo volto.

Mi sentii a disagio sotto il suo sguardo indagatore, cercai di scostarmi e nascondermi tra i corpi degli altri ragazzi mentre sviavo il mio sguardo posandolo in maniera totalmente causale su qualsiasi cosa attorno a me fino a quando qualcosa che bruciava e puzzolente non si posò sotto il mio naso.

Abbassai gli occhi e mi ritrovai davanti la sigaretta accesa sorretta da Sango.

    “Vuoi?” mi chiese. La guardai stranita non capendo cosa intendesse. Vidi Kikyo aspirare delicatamente per poi fare uscire una densa nuvola di fumo per poi passarla ad Inuyasha che la prese con l’indice ed il pollice.

    “La sigaretta?” chiesi titubante. Gli altri scoppiarono a ridere rumorosamente così come Kikyo che si trattenne in una risata più contenuta, sentii lo sguardo di Inuyasha fissarsi su di me.

Sango mi sorrise dolcemente mentre Miroku alla mia sinistra mi posò una mano sul capo scombinandomi tutti i capelli.

    “Piccola Kagome” disse piano con un sorriso intenerito.

    “Non sai cos’è questa?” continuò Sango indicando la sigaretta. Io scossi il capo sbuffando mentalmente, quella situazione mi stava irritando così come quelle risatine idiote da parte degli amici di Koga.

    “È una canna. Marijuana, ganja. Chiamala come ti pare” la voce roca dal fumo di Inuyasha fece cessare tutte le risatine tuttavia sentì lo sguardo di tutti su di me.

A quanto pare non sapevo riconoscerla ma sapevo cos’era una canna. Era droga e io la droga non la capivo, non la sopportavo. La ritenevo totalmente assurda ed inutile. Il drogarsi per me era un’azione da deboli, da coloro che non accettano la propria vita e cercano di trovare un rifugio in un qualcosa che li facesse sentire sballati, che li portasse in un mondo alternativo dove sentirsi felici. E non usatemi la scusa del “è per divertirsi un po’” poiché ci si può divertire benissimo senza, ne sono convinta!

    “So cos’è una canna e no grazie, non la voglio” mi complimentai con me stessa per essere riuscita finalmente a pronunciare una frase di senso compiuto ad Inuyasha senza balbettare o imbarazzarmi, anche se sono convinta di essere un po’ arrossita notando il suo sguardo intenso fisso su di me ora annebbiato dagli effetti della droga.

Mi sorrise per poi annuire piano, un senso di soddisfazione comparve sul suo volto.

    “Occhio che qui abbiamo una santarellina” a parlare questa volta fu Kikyo, sentì la sua voce per la prima volta. Si era alzata in piedi per prendersi la canna dalle mani di Sango che io avevo rifiutato per poi porsi di fronte a me. Mi soffiò il fumo in faccia facendomi tossire mentre occhiate preoccupate si scambiarono gli altri ragazzi. Inuyasha continuava a rimanere impassibile, gli occhi inchiodati su di noi.

Sango si portò al mio fianco sfidando con lo sguardo Kikyo “Smettila di fare la prepotente”.

    “La tua coinquilina è troppo piccola per difendersi da sola?”.

    “Falla finita, maledetta” Sango ringhiò letteralmente simulando un cane rabbioso perfettamente ma Kikyo rimase impassibile, un sorriso divertito disegnato sul suo volto mentre passava la canna a Koga.

    “Andiamo Kikyo non è il momento di litigare” si intromise Miroku mettendosi dietro a Sango, le poggiò le mani sulle spalle cercando di calmarla.

    “Ma io non voglio litigare, è la tua amichetta che si mette sempre in mezzo”.

    “Kikyo piantala e passami quella canna” la voce autoritaria di Inuyasha mi riscosse facendo anche sussultare l’algida ragazza di fronte a me. Si voltò verso Inuyasha che la guardava serio, le nocche serrate e lo sguardo che continuava a rimanere ancorato al mio.

Non potei fare a meno di sorridergli riconoscente e lui mi rispose con un’occhiolino. Le mani incominciarono a sudare terribilmente, il respiro divenne più affannoso mentre il cuore pompava senza freni sangue da mettere in circolo nel mio corpo, una presa ferrea bloccò il mio stomaco facendomi male.

Presto mi accorsi di essere rimasta profondamente ingannata, ingannata dal suo sguardo dal suo sorriso dal suo viso; mi accorsi presto di non sapere più nulla, di non ricordare più nulla, di non desiderare più nulla se non il suo amore. Ormai mi era necessario.

 

“I'm an atom in a sea of nothing

Looking for another to combine

Maybe we could be the start of something

Be together at the start of time”

Gabrielle Aplin, Start Of Time 

 

“Sono un atomo in un mare di niente

Cercando un altro da unire

Forse potremmo essere l'inizio di qualcosa

Essere insieme all'inizio del tempo”

 

Ero stanca morta, l’università mi stava prosciugando tutte le energie a causa dei continui imminenti esami che dovevo affrontare portandomi a studiare giorno e notte, ero costantemente sui libri e a mala pena avevo il tempo per mangiare o farmi una doccia.

Osservandomi allo specchio potevo notare come il mio volto fosse tremendamente pallido mettendo in risalto le profonde ombre violacee sotto gli occhi, andavo avanti di caffè arrivandone a prendere massimo dieci in un giorno solo facendomi sentire leggermente schizzata. Questa terribile situazione non riguardava soltanto me ma tutti quegli studenti che, a detta di Sango, ancora non avevano trovato un metodo di studio. Lo studio di un universitario è totalmente differente da quello di un liceale, era come ricominciare da capo. Ma anche Sango non se la passava bene, era rimasta costretta a mettere da parte i suoi corsi sportivi per continuare a studiare anche perché il suo esame di letteratura orientale antica non era andato affatto bene -meno male che era il ramo che aveva scelto.

Ci trovavamo entrambe rinchiuse in camera in totale silenzio a studiare, non ci rivolgevamo nemmeno una parola tanto eravamo immerse nei nostri libri di testo. 

Con in mano un evidenziatore ed una penna rossa, gli occhiali che scivolavano sul dorso del mio naso e i capelli raccolti confusionariamente da una molletta passavo il mio sguardo rapidamente dai kanji stampati sui libri a quelli scritti velocemente sui miei appunti disposti disordinatamente su un tavolo della mensa, mangiavo da sola ingozzandomi di polpette di riso tra una lettura e l’altra.

Presto avrei dovuto affrontare l’esame di filosofia dell’arte, interessante quanto difficile e ciò mi spaventava.

Corsi spedita verso i dormitori dove mi sarei rintanata nella mia stanza in silenzio per studiare ma quando mi ritrovai di fronte alla porta della stanza B75 notai come qualcosa non andasse.

Un foglio di carta appiccicato con del nastro adesivo sul legno liscio intimava chiunque di non disturbare, una scritta in inglese dalla grafia tremolante e rapida.

Please, do not disturb. Rimasi scandalizzata, gli occhi spalancati mentre il panico si impossessava di me. Io dovevo studiare! 

Alzai il braccio pronta a bussare ferocemente, non mi interessava affatto cosa stava combinando quella scellerata di Sango. 

Mi sentii un po’ isterica dovuto alla grande quantità di caffè che continuavo a digerire ultimamente, la gamba mi tremolava come impazzita mostrando la mia intensa agitazione mentre il cuore non cessava di battere. Il mio unico pensiero andava unicamente allo studio, alle numerose pagine che dovevo assolutamente memorizzare poiché l’esame lo avrei avuto l’indomani pomeriggio e non potevo assolutamente prendere un voto terribile.    

    “Fossi in te non lo farei” una profonda voce maschile un po’ divertita mi fece sobbalzare, totalmente immersa nel mio quasi attacco di panico non mi ero accorta della presenza di un altro individuo dietro di me.

Mi volta con fare sospetto notando poi di fronte a me la slanciata figura di Inuyasha. Quei particolari capelli dal colore della luna erano legati in un alta coda di cavallo dovuto al caldo afoso che stava imperversando in quei ultimi giorni, indossava una sgualcita camicia bianca dai primi bottoni slacciati mostrando una bella porzione di pelle e le maniche arrotolate fino ai gomiti -le braccia toniche e abbronzate da cui erano ben visibili alcune striature venose, era stata lasciata libera al di fuori dei pantaloni neri che gli fasciavano perfettamente le lunghe gambe. Mi ritrovai a deglutire conscia di cosa quel ragazzo mi facesse tutte le volte che lo vedevo.

Da quel giorno in cui ebbi modo di conoscere la sua ragazza non lo vidi più, solamente di sfuggita alle volte nella mensa o per il campus ma non c’eravamo mai fermati a parlare, lui non mi aveva mai salutata e io potei continuare a vivere la mia vita tranquillamente senza avere le palpitazioni tutte le volte.

    “Ma io devo studiare” mi lagnai disperata. Non sapevo cosa fare, ero totalmente nel panico.

Lo vidi ridere piano divertito. Le mie disgrazie lo divertivano? Bene.

    “Colpa mia. Non ne potevo più di sentire tutto quel casino che facevano quei due, avevo un disperato bisogno di dormire” effettivamente era da un po’ che Sango non rimaneva a dormire in stanza e se lo faceva rientrava davvero molto tardi.

Lanciai uno sguardo imbarazzato alla porta mentre sentivo il sangue affluire sul mio viso. Sospirai affranta accettando passivamente la mia condanna, avrei dovuto aspettare che quei due finissero di fare le loro cose e poi avrei potuto studiare in pace.

    “Se vuoi puoi venire da me” di nuovo la voce di Inuyasha mi fece sussultare. Mi osservava placido attraverso la frangia argentata, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni di cotone mentre un piccolo sorriso si disegnò sulle labbra. Eccola, una fossettina comparve sulla sua guancia sinistra.

Davvero, ancora non so cosa mi ha portato ad accettare senza morire di vergogna o sprofondare in un cumulo enorme di imbarazzo.

Inuyasha condivideva la stanza di Miroku e per essere due ragazzi giovani e menefreghisti la loro stanza era decente. Non era ordinata come poteva essere la mia -che tiravo a lucido un giorno sì e l’altro pure, ma non era nemmeno così disordinata. I letti potevano pure prendersi la briga di sistemarli ma non trovai nulla di sconcertate sul pavimento o sui mobili. Qualche jeans lanciato su una sedia e delle scarpe abbandonate ai piedi del letto.

La camera era interamente tappezzata da poster di cantanti che io non conoscevo, da loghi di band e da biglietti di concerti affissi con delle puntine colorate ad una bacheca di sughero.

Vi era una grande scrivania totalmente disordinata su cui erano appoggiati vari libri della facoltà -leggere su di essi le parole matematica, fisica e chimica mi portò a rabbrividire dal terrore, ed un portatile foderato da numerosi adesivi plastificati che citavano frasi persuasive o volgari.

La finestra della loro camera dava direttamente sulla campagna che circondava il nostro campus al contrario della mia che aveva la visuale dell’intero edificio universitario della facoltà di lettere.

Non ero mai entrata nella camera di un ragazzo, Inuyasha si muoveva tranquillo nella stanza cercando di riordinare velocemente meglio che poteva il proprio letto mentre io rimasi rigida ferma ed imbarazza sulla soglia della stanza, non osavo muovere un passo mentre continuavo a guardarmi intorno, le braccia conserte che reggevano il tomo di filosofia.

    “Scusami il disordine” mi disse lui per poi sedersi sul suo letto. Io feci cenno con la mano come a dire di non preoccuparsi mentre un tiepido rossore si posò sulle mie guance.

Inuyasha mi sorrideva divertito facendo comparire quelle adorabili fossette.

Si alzò dal letto per poi lanciare sull’altro scombinato -quello di Miroku, tutti i tomi che erano appoggiati precedentemente sulla scrivania, tolse anche il computer per poi farmi un cenno elegante con la mano che mi fece sorridere alleviando leggermente quel senso di disagio che imperversava in me.

    “Ti puoi mettere qui” disse spostandomi la sedia di stoffa riempita di gomma piuma rendendola incredibilmente comoda.

Mi sedetti come da lui richiesto ringraziandolo chinando leggermente il capo.

    “Te non devi studiare?” gli domandai.

    “Purtroppo sì” la scrivania era abbastanza grande per starci in due con tutti i nostri libri tuttavia sentirlo così vicino a me mi portò agitazione domandandomi se sarei riuscita a studiare.

Effettivamente mi accorsi ben presto che non ci sarei mai riuscita, il cuore che mi batteva forte nonostante Inuyasha fosse concentrato nei suoi studi. Leggeva le pagine fitte di kanji stampati mentre in un angolino libero faceva dei rapidi calcoli che a me parvero incredibilmente difficili.

Cercai di concentrarmi, dovevo assolutamente studiare altrimenti non avrei mai passato quell’esame.

    “Perché l’accademia di belle arti?” mi domandò lui improvvisamente facendomi perdere il filo del discorso che avevo provato nella mia mente cercando di ricordarmi ogni singolo passaggio del capitolo che avevo appena memorizzato.

Posai i miei occhi su di lui, aveva il volto sorretto dalla mano di cui il braccio era appoggiato sulla superficie della scrivania. Mi guardava dritta negli occhi per nulla intimorito con il suo sguardo d’oro colato così intenso e meraviglioso. Avrei guardato quegli occhi per l’eternità.

    “Perché la fisica?” gli domandai di rimando. Lui ridacchiò distogliendo lo sguardo dal mio portandolo sulle pagine del suo libro.

    “Amo l’universo. Vorrei esplorarlo un giorno”.

Rimasi sorpresa, non mi aspettavo affatto un’ambizione così grande da parte di Inuyasha. Arrivare ad esplorare l’universo significava procedere per un sentiero lungo e tortuoso che non ti assicurava affatto la raggiunta dell’obiettivo.

    “Non credo che io ne sarei capace” dissi io in un sussurro.

    “Perché?”.

    “Vorrebbe dire volare per non so quanti milioni di chilometri di altezza e ciò non fa per me; sono terrorizzata dal volare”.

Inuyasha scoppiò a ridere facendomi vergognare per avergli svelato una delle mie più grande paura “Scusa non volevo offenderti, non c’è nulla di male nell’aver paura di volare anzi è una fobia piuttosto diffusa”.

    “Quando sono andata a Londra per poco non ho avuto un attacco di panico, sono scoppiata a piangere e le hostess non riuscivano a farmi smettere”.

Inuyasha scoppiò di nuovo a ridere e sta volta io non me la presi, la sua risata così limpida e cristallina portò anche a me a ridere. 

Nonostante l’imbarazzo tuttavia mi trovavo così bene al suo fianco, mi sembrava di essere destinata a stargli accanto sentivo il mio corpo essere attratto al suo come due calamite di due poli opposti.

Era bello quando rideva, le labbra piene si stendevano in un ampio sorriso accompagnate dalle sue eterne fossette, gli occhi venivano strizzati e per poco non scomparivano solo un piccolo luccichio dorato veniva mostrato.

    “Io ho paura dei palloncini, fidati che lil mio è un terrore molto più imbarazzante del tuo” dichiarò lui senza la minima vergogna.

    “Come fai ad avere paura dei palloncini?” gli domandai sconcertata.

    “Quando ero piccolo mi era esploso uno enorme in faccia. Tutte le volte che vedo un palloncino scappo via urlando”.

Riprendemmo a ridere cercando di immaginarmi un Inuyasha bambino piangente dopo aver visto il proprio palloncino scoppiare.

Cercammo entrambi di riprendere fiato fermando le nostre risa, mi faceva male la pancia per la troppa ridarella.

Riuscimmo a fermarci e Inuyasha ormai serio continuava a fissarmi facendo ritornare in me quella sensazione di disagio.

Distolsi lo sguardo dal suo volto per posarlo sul mio libro di testo che attendeva ancora di essere studiato alla perfezione.

Quasi non me ne resi conto talmente veloce ed inaspettato fu quello che accadde dopo. Due dita strinsero piano il mio mento facendomi ruotare il capo, i miei occhi si posarono nuovamente su Inuyasha, e un attimo dopo un paio di labbra morbide ma leggermente screpolate si posarono su di me. Un accenno di barba mi solleticò il viso.

Mi scostai di scatto, allontanandolo con uno spintone, gli occhi dilatati dalla sorpresa. Lui mi guardò perplesso e forse anche un po’ ferito.

Raccolsi velocemente le mie cose alzandomi poi dalla sedia facendola strisciare sul pavimento provocando un rumore acuto e fastidioso.

Cercai di dirigermi verso la porta di uscita ma la presenza di Inuyasha mi bloccò.

    “Devo andare a studiare” tenevo gli occhi bassi rivolti verso il pavimento, non sarei riuscita a guardarlo mai più in faccia mentre ero certa che il mio volto aveva assunto una sfumatura di un rosso accesso. Mi sentivo terribilmente accaldata e il mio unico desiderio era quella di mettere più distanza possibile tra me ed Inuyasha, scappare lontana da lui e non rivederlo mai più.

Inuyasha si accorse del mio disagio, abbassò le orecchie canine assumendo un espressione dispiaciuta.

    “Non era mia intenzione farti spaventare. Se ti ho offesa in qualche modo mi dispiace” sussurrò. Percepii del reale dispiacere nella sua voce ma non mi importava, non volevo stare un minuto di più in quella stanza.

    “Devo andare a studiare” ripetei decisa alzando sta volta lo sguardo e posandolo nei suoi occhi.

Inuyasha sospirò profondamente abbassando le spalle, mentre sul suo volto si disegnava della tristezza e della confusione. Mi lasciò libero accesso all’uscita aprendomi la porta.

    “Ripeto: non volevo spaventarti. Perdonami”.

Gli rivolsi un sorriso tirato e con ancora i libri stretti al petto mi allontanai da lui.

    “Kagome!” mi richiamò urlando il mio nome. Mi voltai osservandolo sull’uscio della porta.

    “Non mi arrenderò, sappilo”.

E così effettivamente fu.

 

Sembra che Inuyasha abbia deciso di lasciarmi stare per qualche giorno per farmi calmare ma dopo quattro giorni iniziai a ritrovarmelo ovunque.

Ero fredda in sua presenza, cercavo di non parlargli e di non avere nessun tipo di contatto con lui. Se mi rivolgeva la parola rispondevo a monosillabi e cercavo di guardarlo il meno possibile.

Inuyasha mi piaceva davvero e la prova era la reazione del mio corpo tutte le volte che lo vedevo, il mio cuore desiderava ardentemente stargli accanto dandomi dell’incredibilmente stupida per il mio folle comportamento. Per una volta che un ragazzo mi veniva dietro -un ragazzo che mi piaceva e che fosse bello come Inuyasha, mi allontanavo innalzando un muro che pareva invalicabile. Se il mio cuore diceva una parte di me diceva no, una parte timorosa ed insicura. Non ce la facevo, era più forte di me. Si muoveva in me un’agitazione tale da rendermi scostante nonostante Inuyasha cercasse in tutti i modi di starmi accanto.

Inuyasha non demordeva e mi stava accanto in maniera tranquilla e pacata, non faceva nulla di irruento o brusco che poteva spaventarmi ulteriormente, iniziò a non starmi troppo vicino ma continuava a sorridermi teneramente facendo palpitare il mio cuore. Anche se non gli rivolgevo la parola continuava ugualmente a parlarmi raccontandomi la sua giornata o aneddoti divertenti di alcuni suoi compagni di corso, mi seguiva in biblioteca quando avevo bisogno di fare delle ricerche più approfondite, al termine delle lezioni me lo ritrovavo sempre all’uscita dell’accademia ad attendermi con la cartella a tracolla appesa mollemente su un fianco, talvolta pranzava al tavolo mio e di Sango portandosi dietro Miroku, Koga ed Ayame oppure si infiltrava nella camera B75 con Miroku a tenerci compagnia.

In seguito all’episodio di quel bacio rubato, Inuyasha notò quanto mi fossi irrigidita e cercò di farmi sciogliere e di fidarmi nuovamente di lui.

Amavo la sua presenza nella mia quotidianità e pian piano incominciai a sciogliermi leggermente, sempre mantenendo il mio imbarazzo a causa della sua presenza che tuttavia lo faceva ridere, ma incominciai a parlargli e a ridacchiare delle sue battute.

Inuyasha non aveva fretta e del bacio non se ne parlò più come se non fosse mai esistito.

Inuyasha divenne presto una routine piacevole, quel tenero affetto che avevo iniziato a provare per lui divenne sempre più forte ed intenso, il suo pensiero divenne assiduo in qualunque momento della mia giornata, costante in tutte le ore e in tutti gli attimi. Il pensiero di lui mi riempiva la mente prima di coricarmi e nel sonno, gravava dolcemente sul mio cuore che scalciava irrequieto nell’attesa di rivederlo.

Il culmine di quel tenero amore che provai per la prima volta giunse in un assolato pomeriggio di primavera che costrinse tutti gli studenti ad indossare abiti leggeri, smanicati e freschi. Talvolta ci si ritrovava costretti ad attivare il ventilatore tirando dei sospiri di sollievo beandosi di quella frescura piacevole a contatto con la pelle.

Mancavano gli ultimi esami prima di giungere all’inizio delle vacanze estive che avrebbero portato molti studenti a tirare una boccata d’aria che sapeva di libertà e leggerezza.

Il mio ultimo esame consisteva in un test di algebra che avevo deciso di lasciare per ultimo data la mia tremenda incapacità di risolvere qualsiasi cosa che contenesse numeri affiancate da lettere dell’alfabeto occidentale totalmente casuale. Odiavo l’algebra.

Inuyasha si offrì di aiutarmi per l’imminente arrivo dell’esame, essendo uno studente della facoltà di fisica con l’ambizione di diventare un astronauta -o peggio un fisico che però lavora per la NASA, sicuramente aveva capacità migliori rispetto alle mie. Seppur titubante, ancora ricordavo cos’era avvenuto tempo prima nella sua camera da sola con lui, accettai.

Fuori faceva troppo caldo per poter studiare nei giardini del campus, ci rintanammo quindi nella mia camera con il ventilatore posato sul comodino affianco alla scrivania che soffiava una gradevole brezza.

Mentre io sistemavo la scrivania appoggiando tutto ciò che occorreva per affrontare una noiosa lunga ed estenuante lezione di algebra, Inuyasha spulciava curiosamente tra le cose riposte nel mio lato della camera. Lesse tutti i titoli di tutti i miei libri talvolta prendendone uno e sfogliandolo, leggendo la trama per poi rimetterlo a posto, osservò le varie fotografie della mia famiglia che tenevo per quando ne sentivo troppo la mancanza. Con la coda dell’occhio lo vidi sorridere teneramente mentre sorreggeva una cornice in legno che circondava una foto di me e di mio fratello quando eravamo molto piccoli, quando papà era ancora con noi.

Inuyasha era un ottimo insegnante, cercava di spiegarmi come risolvere le equazioni in modo semplice ed efficace senza utilizzare paroloni troppo difficili che potevano confondermi ma facendo degli esempi pratici. Rimanevo ad ascoltarlo attentamente, le sopracciglia corrucciate, mentre talvolta prendevo appunti scrivendo con una matita affianco ad un passaggio il perché bisognava svolgerlo in quel modo. Mi segnai varie formule che potevano essermi utili durante l’esame  per poi cerchiarle più volte con una biro rossa.

    “Prova a svolgere un esercizio da sola” si inventò di sana pianta un’equazione non troppo complicata ma che tuttavia mi apparve incredibilmente difficile tuttavia decisi di mettermi di impegno cercando di mettere in pratica tutto quello che Inuyasha mi aveva insegnato.

Mordicchiando il tappo della biro nera iniziai a svolgere l’esercizio lentamente, Inuyasha aspettò pazientemente i miei tempi senza mettermi fretta. Osservava ciò che scrivevo, passaggio dopo passaggio senza mai interrompermi.

    “Ho finito” affermai decisa guardandolo negli occhi. Gli porsi il quaderno aperto nella pagina dove avevo risolto l’esercizio e Inuyasha si sporse per analizzarlo al meglio, attento ad ogni singolo eventuale errore.

    “Bravissima! Il risultato è corretto, avresti potuto risparmiarti qualche passaggio ma va bene così. Un passo alla volta”.

Guardai soddisfatta il risultato dell’equazione evidenziandolo con del colore giallo acceso, scrissi affianco con una matita primo esercizio risolto da sola! con una faccina super sorridente.

Stava andando tutto bene, davvero, quando Inuyasha non decise di stravolgere le cose come solo sapeva fare. Improvvisamente senza darmi il tempo di realizzare.

    “Baciami” sussultai sulla sedia e lo fissai ad occhi strabuzzanti sperando di non avere capito bene. Il dorato di Inuyasha era fisso su di me incatenandomi a lui, ero impossibilitata a fare qualsiasi gesto. Mi parve di essere in trappola, un’innocente preda sottomessa dal terribile lupo affamato.

    “Ti prego Kagome” mi supplicò, nessun ragazzo mi aveva supplicato. Aveva gli occhi languidi appannati di una strana emozione che non riuscì a riconoscere e che non avevo mai visto addosso a nessuno “Ne ho bisogno”.

Balbettai cercando di allontanarmi da lui spingendo la sedia un po’ più in là ma lui tenne stretto lo schienale in legno impedendomi di scappare.

Inuyasha mi piaceva, allora perché reagivo così? Una reazione automatica dettata dal mio subconscio che non riuscivo a controllare. Avrei tanto voluto essere come le altre ragazze che erano più spigliate e non si facevano problemi a relazionarsi anche intimamente con un ragazzo. Ma io non ero come le altre ragazze e avevo il terrore di approcciarmi a qualcuno. Non ero abituata a tutte quelle attenzioni, a quegli sguardi, a quei gesti. Mi pareva strano che uno come Inuyasha potesse essere in qualche modo interessato a me e poi, diamine!, lui era di Kikyo. Quale sano di mente lascerebbe scappare una come lei per andare dietro ad una come me?

    “Non voglio spaventarti Kagome, non voglio essere rude o troppo diretto con te. Non farò nulla che ti possa irritare o fare del male. Un solo bacio, un minuscolo ed innocuo bacio. Non mi spingerò oltre” e mentre diceva quelle cose lo vidi avvicinarsi lentamente a me e al mio viso, portò una sua mano artigliata sul mio volto accarezzandomi la guancia. Mi scostò delicatamente una ciocca di capelli che ribelle si era liberata dalla mia crocchia scombinata.

    “Sei così bella” il suo era un sussurro che mi fece rabbrividire mentre un’infinita felicità nacque in me. Ecco cosa si provava a sapere di essere belli per qualcuno.

Quello fu un bacio delicato molto più di quello precedente. Le sue labbra si posarono piano sulle mie, leggere come delle ali di farfalla, lo vidi chiudere gli occhi mentre io non potei fare altro che tenerli aperti beandomi di quel momento così magico, mi parve di sognare come sospesa in una bolla tra realtà e finzione.

Chiusi gli occhi anch’io decidendo di lasciarmi trasportare da quella strana magia, un languore alla base dello stomaco che riconobbi non fosse affatto fame. Socchiusi le labbra che quasi non me ne accorsi, sentii Inuyasha quasi sorridermi sulle labbra e sospirò nella mia bocca approfondendo poi quel bacio.

Non so bene quanto tempo fu trascorso, a me parve incredibilmente lungo e desiderai che durasse in eterno. Mi baciò piano dolcemente, non sapevo come muovermi ma non mi importava cercai di seguirlo rispettando i tempi da lui dettati mentre le nostre lingue danzavano insieme con una dolce sensualità. Quell’infinità felicità mi avvolse da capo a piedi facendo rabbrividire e ridacchiare. 

Fu quello e l’assenza di ossigeno a portarmi a malincuore a staccarmi da Inuyasha, la sua mano ancora appoggiata sulla mia guancia.

Mi sorrise apertamente ed enormemente e io non potei che imitarlo. Non sapevo che fare, cosa si diceva in quei momenti? Bravo, ottimo, cento punti a Grifondoro?

    “Sei nervosa” fu lui a spezzare quel silenzio surreale che ci aveva avvolto fino a quel momento.

Negai col capo cercando di apparire il più sicura di me possibile fallendo miseramente.

    “È che non ho molta esperienza con queste cose” il mio fu un sussurro talmente flebile che non mi sentii nemmeno io ma ero a conoscenza delle grandi capacità di Inuyasha.

    “Non hai mai baciato?” la sua domanda mi spiazzò un poco, in particolare modo per il tono sorpreso che utilizzò.

    “Non ho mai avuto un ragazzo” gli risposi cercando di non mostrarmi ferita dal suo sguardo parecchio stupito “È un problema?”.

    “Assolutamente no! Anzi, è meglio” mi mostrò un ghigno malizioso “Almeno ho l’onore di essere il primo ad aver toccato queste labbra” distolsi lo sguardo ritrovandomi ad arrossire, mi sentivo così tremendamente in soggezione in quel momento.

Inuyasha mi regalò un altro piccolo bacio da cui ne seguirono tanti altri.

Dammi baci cento baci mille baci e ancora baci cento baci mille baci!

 

 

 

BUONSALVE A TE LETTORE!

Ho cercato di postare un nuovo capitolo prima della mia partenza, mi sono impegnata tutto il pomeriggio per cercare di finirlo in tempo ed eccolo qui, finalmente!

Che dire? Inuyasha e Kagome si sono finalmente avvicinati ma la storia non è di certo qui perché non tutte le storie d’amore finiscono con un happy ending e lo sappiamo benissimo tutti quanti.

Ringrazio chi ha recensito e chi ha inserito la mia storia tra i preferiti/seguiti/da ricordare e tutti i lettori silenziosi che spero sia piaciuta almeno un pochino.

Molto probabilmente non avrò modo di aggiornare per un mesetto intero poiché sarò in vacanza ma prometto che mi impegnerò per pensare a come farla proseguire. In teoria mancherebbe un solo capitolo, in teoria

Mi scuso per gli eventuali errori ma i miei occhi pigri, nonostante lo rileggo più volte, non riescono a cogliere nulla, uff…
(scoltate le canzoni vi prego, sono tipo troppo meravigliose e chi ama TW come me le conosce già)

Un bacione a tutti voi,

 

LODOREDELMARE

   
 
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