Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: ___Darkrose___    19/08/2017    4 recensioni
Ci troviamo negli Stati Uniti, negli anni delle continue conquiste del territorio da parte degli americani a discapito dei nativi. Kagome è cresciuta in mezzo alla tribù Apache, mentre Inuyasha è un cowboy che condivide le idee espansionistiche dei suoi compatrioti. Nonostante le loro differenze i loro destini sono legati indissolubilmente.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Rin era furibonda; quel pazzo di suo fratello era andato a prendere Inuyasha insieme a Sango, lasciandole solo un biglietto per avvertirla.
Come se non bastasse, le era appena stato consegnato un telegramma da parte di Inuyasha, che diceva che si era rimesso in viaggio e che stava tornando.
Era una situazione comica e allo stesso tempo tragica e oltretutto non poteva neanche provare a raggiungere il fratello, dato che non ci sarebbe stato nessuno a prendersi cura dell’albergo e del bestiame.
Si passò le mani sul viso, cercando di riprendere la calma ormai quasi del tutto persa.
Era seduta all’esterno dell’albergo sulle scalette, dove qualche sera prima lei e Sesshomaru erano rimasti in silenzio fino a tarda notte, mentre le loro dita continuavano a cercarsi.
Al caldo della giornata si aggiunse la vampata di calore che la invase al solo pensiero. Si alzò in piedi e si sistemò la lunga gonna di lino, cercando di ricomporsi.
Non era il momento di farsi prendere dallo sconforto. Avrebbe mandato il giovane Shippo a badare alle bestie, mentre lei sarebbe rimasta a rassettare le stanze.
Andò di corsa verso la capanna dove il giovane viveva con i nonni e questo fu ben felice di aiutare e si mise subito in marcia per portare le mucche al pascolo.
Rin tornò dentro, gli anziani signori Myoga e Totosai si erano già diretti al Saloon e lei ne approfittò per cominciare a sistemare quelle due stanze.
Prese le coperte sporche e ne mise delle nuove, depositando le altre in una cesta di vimini. Subito dopo cominciò a spazzare in terra e levare la sabbia che gli stivali dei due uomini avevano portato.
- Ma gli costerebbe tanto sbatterli all’uscio? – sibilò tra sé e sé, mentre si dannava per levare la sabbia.
- Non tutti conoscono le buone maniere – esordì una voce familiare alle sue spalle.
Si girò talmente velocemente da far cadere la cesta a terra e rovesciandone il contenuto.  Si accucciò velocemente a terra per recuperare la biancheria e anche il giovane fece lo stesso per aiutarla.
Le loro mani si ritrovarono di nuovo unite in un contatto di fuoco, tanto che i due rimasero inebetiti per qualche secondo a fissarsi.
Rin fu la prima a riprendere il controllo e si tirò in piedi, cercando di ridarsi un contengo.
- Mi dispiace, ma come vedete sono molto indaffarata, devo rimettermi al lavoro – mormorò.
Sesshomaru rimase a fissarla da terra, con addosso una strana sensazione che solo poche volte aveva provato nella sua vita.
Rin lo lasciò nella stanza, ma prima che potesse andare via lui la fermò.
- Ripartiremo questo pomeriggio – le sussurrò. – Non dovrete più preoccuparvi di rassettare le nostre stanze -.
Quelle parole per Rin furono una pugnalata dritta al cuore. Lui sarebbe andato via e non lo avrebbe mai più rivisto. Sapeva bene che dopo il loro arrivo a Washington sarebbero sicuramente ripartiti da qualche porto più vicino di quello di Jamestown e quindi quegli occhi ambrati sarebbero diventati solo un pallido ricordo di quei giorni così strani.
Fu costretta ad abbassare lo sguardo, non riusciva a guardarlo negli occhi. 
Prese un profondo respiro e allungò la mano verso di lui.
- E’ stato un piacere conoscerla allora, Lord Taisho – mormorò.
Sesshomaru rimase interdetto, sapeva che avrebbe dovuto porgergli la mano e stringerla, ma il suo irrefrenabile istinto ebbe il sopravvento.
La prese e si strinse quella minuta mano tra la sua e si sporse per baciarla. Le sue labbra indugiarono più del necessario su quello schivo lembo di pelle e nel frattempo inalò il profumo fresco della giovane, nel disperato tentativo di imprimerlo per sempre nella sua mente.
- Arrivederci, Rin -.
Sentire pronunciare il suo nome, quel casto bacio, quegli occhi. No, non riusciva più a trattenere la tristezza e così scese di corsa le scale per andare al fiume.
Sesshomaru rimase immobile. Il suo cuore gli urlava di seguirla, ma ormai era fin troppo abituato a cercare di reprimere i suoi sentimenti e così decise di guardarla andare via.
- Sesshomaru -.
La voce di suo padre lo riportò alla realtà e cercò di nascondere l’espressione di rammarico che lo aveva attanagliato in quel momento.
Nonostante i suoi sforzi, Lord Taisho conosceva fin troppo bene suo figlio e si lasciò sfuggire un sorriso divertito.
- Il mio figlio maggiore, il Lord sempre così freddo, si è per caso lasciato turbare da una giovane locandiera? – mormorò sorridente.
Sesshomaru lo fulminò con lo sguardo. – Non voglio intraprendere questa conversazione con voi, gradirei solo partire il prima possibile -.
Lord Taisho sapeva fin troppo bene che il figlio non amava lasciarsi andare alle emozioni e per questo cercare di parlargli in modo diretto sarebbe stato inutile. Desiderava che Sesshomaru provasse la gioia di avere accanto una persona con la quale poter essere se stessi, senza dover sottostare alle etichette imposte dalla corte inglese. Nutriva poche speranze per quel suo figlio maggiore, ma da quando lo aveva visto insieme a Rin qualche notte prima, aveva capito che le sue preghiere erano state esaudite. Ora doveva solo trovare il modo per farlo restare con lei il tempo necessario da far cedere per sempre quella barriera che si era costruito intorno. Confidava che la giovane ci sarebbe riuscita.
L’uomo prese un profondo respiro e si sistemò la giacca sulle spalle.
- Come sai questo pomeriggio dobbiamo ripartire, abbiam già tardato troppo a causa della scomparsa di tuo fratello -.
Sesshomaru non riuscì a nascondere la smorfia che gli increspò le labbra rosee, sapeva perfettamente che suo padre aveva sperato che Inuyasha tornasse prima della loro partenza, in modo così da ricostruire il rapporto con quel figlio ingrato.
- So che non ami tuo fratello e di questo me ne rammarico. Era mio dovere cercare di costruire tra voi un rapporto di affetto, ma a causa dei miei errori passati non ci sono riuscito -.
- Non trattenetemi con questi discorsi inutili – lo tagliò di colpo il figlio. – Se non vi dispiace andrò a fare i bagagli -.
Lord Taisho fermò il figlio poggiandogli con forza una mano sulla spalla.
- Quello che ti stavo dicendo, è che desidero che tu rimanga. Voglio che almeno uno di noi sia presente al ritorno di tuo fratello. Come sai io non posso sottrarmi ai miei doveri burocratici, ma il consiglio capirà il motivo della vostra permanenza a Forest County -.
Per la prima volta in vita sua Sesshomaru non riuscì a controbattere. Non era felice di rimanere per suo fratello, ma solo perché in questo modo il momento dell’addio a Rin si sarebbe ritardato ancora. Odiava ammetterlo, ma rimanere lo riempiva di gioia.
Abbassò il capo in segno di saluto. – Allora, buon viaggio padre -.
 
Byakuya era rimasto appostato nei pressi del villaggio Apache che i due avevano raggiunto la notte prima. Sperava che gli indiani avrebbero fatto il lavoro al posto loro, ma questo non era accaduto. Il giovane Taisho era stato risparmiato a causa di quella piccola indiana e ora il piano di Naraku stava andando a monte per colpa sua.
In quel momento si trovava su un albero e sapeva perfettamente cosa avrebbe dovuto fare ora.
Chiamò il suo fedele falco addomesticato. In quel momento Naraku si stava sicuramente dirigendo a Washington per andare a presidiare a quei noiosi colloqui tra i vari governatori e Lord.
Scrisse velocemente un messaggio per avvertire il suo padrone del fallimento del loro piano. Sapeva che questo lo avrebbe mandato su tutte le furie, ma anche che il suo padrone non si sarebbe fatto prendere facilmente dallo sconforto e che presto o tardi avrebbe trovato il modo per portare a termine la sua vendetta.
Dopo aver lasciato volare via il suo amato falco e scese dall’albero per rimettersi in cammino verso il luogo dove aveva lasciato il cavallo.
Presto o tardi, Inuyasha Taisho sarebbe morto e lui e Naraku avrebbero sorriso sopra il suo cadavere.
 
Quel mattino Inuyasha si svegliò sempre nella tenda dei prigionieri. Per quanto gli Apache si fossero dimostrati magnanimi nei suoi confronti, non erano ancora così tranquilli da costruire una tenda per lui.
Il capo villaggio aveva detto che potevano rimanere per tutto il tempo necessario a riprendersi dalla ferite e appena se la fossero sentita si sarebbero rimessi in viaggio. In realtà lui sarebbe voluto rimanere solo per poter godere ancora della compagnia di Kagome.
Non vedeva l’ora di potersi perdere di nuovo in quei suoi profondi occhi scuri. Si alzò in piedi e uscì dalla tenda.
Già al mattino le donne erano al lavoro per procurarsi la legna, coltivare e prendersi cura dei bambini. Alle prime luci dell’alba erano già tutti in fermento.
Nonostante il poco che avevano, tutti erano allegri e sorridenti. I bambini giocavano come non aveva mai visto nella sua città. Già da molto piccoli dalle sue parti si dovevano fare i conti con la fame e la necessità di procurarsi un lavoro. Lì invece i giovani erano coccolati dalla madri e dai padri, che sembravano estasiati alla vista di quei corpi minuti che saltavano e ridevano.
Forse se anche lui fosse cresciuto circondato da quegli affetti non avrebbe mai intrapreso strade così piene di sangue e rovina.
Passeggiò a lungo. Ormai era diventato parte del paesaggio e la curiosità degli sguardi del giorno prima aveva lasciato spazio all’abitudine. Nessuno si preoccupava più di osservare ogni sua mossa, dato che ormai si era sparsa la voce della sua impresa per salvare Kagome.
In realtà non era lui che dovevano ammirare. Kagome lo aveva salvato in un modo molto più profondo. Gli aveva mostrato con pazienza una realtà diversa, che per lui era stata così difficile da affrontare. Ora che però aveva accettato nel suo cuore la possibilità di una vita differente, si sentiva in pace con se stesso. Forse era vero che tutto era una grande armonia e che solo facendone parte si poteva vivere in pace.
Si mosse a lungo senza una meta, fino a quando in lontananza non la vide. Stava sitemando la legna in fasce insieme alle sue compagne.
Rimase immobile a fissarla a lungo, senza riuscire ad allontanare lo sguardo da lei. Gocce di sudore le imperlavano la fronte, facendola quasi risplendere.
Non ci volle molto perché Kagome lo notasse e lo accolse con un grandissimo sorriso.
- Inuyasha! – esclamò allegra, salutandolo con la mano.
Non appena la raggiunse si rese conto che molte donne lo stavano osservando e questo fece ingelosire la giovane indiana, che lo prese sotto braccio e lo portò verso il fiume.
Camminarono in silenzio, fino a quando Inuyasha parlò.
- Il tuo sposo sarà in pensiero -.
Non capì come mai gli fosse venuto in mente proprio in quel momento una frase del genere, ma era una domanda che lo aveva tormentato per tutta la notte. Il pensiero che prima o poi Kagome sarebbe dovuta tornare da lui lo mandava in bestia.
Il volto della ragazza si incupì e lui per l’ennesima volta si sentì uno sciocco. Proprio non era capace a tenere quella sua boccaccia chiusa una volta tanto!
Kagome, invece, abbandonò la gioia che l’aveva invasa fino a poco prima. Presto o tardi Koga l’avrebbe trovata e lei sarebbe stata costretta a tornare a casa per sposarsi. Non poteva sottrarsi alla promessa fatta e lo sapeva fin troppo bene; un capo del villaggio dei domatori di lupi non avrebbe mai accettato un rifiuto.
Era vero che provava affetto nei confronti di Koga, che si era dimostrato fin da subito gentile e premuroso con lei, però con Inuyasha era tutto diverso. Sentiva che quando erano insieme il suo spirito danzava in un modo completamente diverso e quando si sfioravano, il suo cuore cominciava a palpitare.
Avrebbe voluto poter fuggire, fingersi morta e andare lontano, ma sapeva che non avrebbe mai funzionato. Koga l’avrebbe trovata anche in capo al mondo e comunque, dove sarebbe potuta andare?
- Scusami, non volevo angustiarti – mormorò il giovane, cercando di guardare altrove.
Kagome cercò di tornare a sorridere, finché poteva voleva godersi quella gioia e goderne fino a quanto più possibile.
- Credo che lo sia – rispose frettolosamente. – E tu? Hai già una promessa sposa? -.
Inuyasha si fece improvvisamente rosso in viso. Aveva avuto modo di godere della compagnia femminile in passato, ma mai per lunghi periodi. Ora che ci rifletteva, non aveva mai pensato a lui come marito o padre, si era sempre visto solo come un semplice uomo dedito all’avventura.
- Ehm, no – biascicò. – Da noi non funziona esattamente come da voi -.
- E come funziona? – domandò curiosa, mentre continuavano a passeggiare lungo il fiume.
Inuyasha si fece paonazzo, non poteva certo raccontarle del fatto che aveva avuto alcune avventurare con le donne dei Saloon e che non aveva mai avuto una vera e propria relazione con una donna, lo avrebbe preso per un maniaco.
- Beh sai, da noi ci si conosce e poi le cose…si evolvono – rispose frettolosamente. – E’ vero che molte donne sono promesse spose come da voi, ma per esempio mia sorella potrà scegliere il proprio compagno -.
- Hai una sorella? – esclamò estasiata. – E da voi le donne come vivono? Come fanno a conoscere i loro uomini? E come fanno a sapere quando sposarsi? E la famiglia accetta tutto questo? -.
- Ehi! Quante domande! – borbottò. – Non me ne ricordo già la metà -.
Kagome si fece paonazza. – Ti chiedo scusa, mia nonna mi diceva sempre che riverso addosso a tutti parole come fa l’acqua nei torrenti -.
In realtà a Inuyasha quella curiosità piaceva molto. Avrebbe voluto farle conoscere Rin, sarebbero sicuramente andate d’accordo. Il pensiero che non sarebbe mai riuscito a mostrargli la parte migliore del suo mondo lo faceva stare male, lei non sarebbe mai stata accolta nello stesso modo in cui i suoi compatrioti avevano fatto con lui. L’avrebbero evitata o peggio, cacciata in malo modo. Non avrebbe mai permesso che qualcuno la trattasse in quel modo e per questo motivo non avrebbe mai potuto fargli vedere i luoghi in cui era nato e dove aveva giocato.
Per molto tempo camminarono fianco a fianco in silenzio, forse perché entrambi ormai si erano talmente tanto abituati alla presenza l’uno dell’altro che non erano più necessarie le parole.
Kagome era estremamente felice di averlo accanto e di potergli mostrare come viveva e ora voleva anche fargli vedere che la loro civiltà non era basata solo sul lavoro, ma anche sugli svaghi che aveva quando era al suo villaggio.
Lo trascinò per una strada impervia fino in cima ad una delle colline verdi che circondavano la zona. Da quel punto non si poteva minimamente udire il vociare del villaggio, ma solo i rumori della natura in fiore. Il verde degli alberi era quasi accecante, mentre gli uccelli pigolavano allegri volando tra le fronde. Qualche lieve fruscio tra gli arbusti rivelava la presenza di una fauna ricca e florida.
Inuyasha si lasciò trasportare dai profumi e dagli odori che lo inebriavano e lo circondavano come un caldo abbraccio. I suoi occhi si perdevano in quella vastità di colori e forme che raramente si era soffermato ad osservare nella sua vita. Non riusciva a smettere di guardare il cielo, che non gli era mai sembrato così azzurro.
Kagome lo guardava contenta. Era felice che finalmente Inuyasha concedesse al suo spirito di liberarsi e di ricongiungersi con il mondo intorno a lui. Desiderava che sperimentasse la gioia che invadeva ogni uomo quando trovava il suo posto nel mondo e nel cerchio di quell’immensa esistenza che non si poteva fermare.
- E’ un posto bellissimo – mormorò il giovane, senza riuscire a staccare gli occhi dal cielo.
Kagome gli sorrise. – Mia nonna mi raccontava che una volta quasi ogni luogo aveva questo aspetto, però poi… -, si fermò di colpo.
La giovane ricordava fin troppo bene la reazione che aveva avuto Inuyasha quando aveva insultato il suo popolo e non voleva certo ripetere l’esperienza.
- Sono arrivati gli americani, e le cose sono cambiate -, il cowboy finì la frase al posto dell’indiana.
Il suo sguardo si incupì e Kagome cercò immediatamente di cambiare argomento.
Lo prese per mano e lo condusse sempre più al centro della boscaglia, dato che da lontano poteva sentire il rumore dell’acqua e sapeva bene cosa significasse quel suono.
Inuyasha la seguiva rapito, scoprendosi molto più agile di un tempo. Dopo tutti quei giorni di cammino si era abituato a camminare in mezzo alle sterpaglie e tra i folti rami.
La corsa della giovane si arrestò di colpo e Inuyasha si ritrovò in un enorme spiazzo che dava su uno strapiombo. Accanto a loro una cascata si riversava nel fiume sotto di loro.
L’acqua rifletteva i colori del sole e degli alberi ed era talmente tanto limpida che anche da quell’altezza si potevano distinguere le sagome dei sassi che ricoprivano il fondale. In lontananza si riuscivano anche a scorgere i fumi che provenivano dal villaggio da cui erano partiti.
Per tutto quel tragitto era stato così bene che non si era reso conto di quanto effettivamente si fossero allontanati. Il sole si stava lentamente abbassando e stava quasi per toccare le montagne lontane.
Il cuore di Inuyasha fece un balzo al pensiero che proprio dietro quelle montagne a ovest, aveva conosciuto Kagome.
- Dovremmo tornare – esordì Kagome. – Stasera si festeggia il passaggio da ragazzi a cacciatori di molti giovani -.
Inuyasha guardò la strada che scendeva non molto lontano dalla cascata. Era ripida e dissestata e anche le radici degli alberi sembravano rischiare di staccarsi dal suolo dove erano ancorate. Era impensabile scendere da quella parte.
- Non so se faremo in tempo – disse. – Se ci abbiamo messo così tanto ad arrivare, la strada del ritorno richiederà più o meno lo stesso tempo -.
Sul viso della giovane comparve un sorriso strano, che in qualche modo inquietò non poco il giovane americano.
- Chi dice di tornare a piedi? – domandò, guardando nella direzione del fiume.
Inuyasha spalancò gli occhi e cercò di trattenere la mascelle che improvvisamente sembrava essersi fatta sempre più pesante.
- Ma vuoi scherzare? – sbottò. – Se gli uomini fossero stati fatti per volare, a quest’ora avrei delle penne sulle braccia! -.
Kagome cominciò a ridere. – Oh avanti! Così grande e grosso e così spaventato? -.
- Smettila di ridere! – borbottò il giovane, incrociando le braccia. – Sta di fatto che io non salto! -.
Fu a quel punto che Kagome gli prese la mano, in un modo così dolce che la paura di saltare svanì completamente.
- Fidati di me, come io mi sono fidata di te – mormorò.
Una lieve brezza cominciò a soffiare e i capelli della giovane cominciarono ad essere mossi dal vento. Inuyasha improvvisamente non riusciva più a pensare alla paura di saltare, ma solo a quanto stesse bene insieme a lei. Aveva già capito quanto Kagome lo avesse profondamente cambiato in meglio, ma solo ora si rendeva conto di quanto la sua presenza fosse indispensabile nella sua vita. Quei sorrisi sinceri, che mai aveva trovato in vita sua in altre persone, gli riempivano il cuore di gioia che raramente aveva provato. Avrebbe potuto perdersi a guardarla per ore e non si sarebbe mai stancato di guardare ogni lineamento. Ogni piega del sorriso, il rosa di quelle labbra, la profondità di quegli occhi.
Era così concentrato a guardarla che non si era neanche accorto di essersi avvicinato al bordo del precipizio. Lo scrosciare cruento dell’acqua era solo un flebile sussurro nella sua mente, che ormai era pervasa solo dall’immagine della giovane indiana.
Kagome non disse nulla, non poteva dire qualcosa perché ora lui sembrava in pace e riconciliato con tutto e se avesse provato anche solo a dire una sillaba forse lui avrebbe cambiato idea e non si sarebbe tuffato.
Strinse forte la sua mano e con un forte strattone lo fece saltare. Sentì la terra mancarle da sotto i piedi e il cuore finirle in gola. Già da quando era piccola era abituata a quei tuffi e la sensazione dell’aria che le sferzava il viso la riportò indietro di tantissimi anni, a quando ancora i suoi genitori erano vivi. L’unica cosa che interruppe quel momento idilliaco furono gli improperi di Inuyasha.
Il povero ragazzo aveva sentito la nausea montargli fin da quando si erano appena lanciati. Aveva chiuso gli occhi e imprecato con tutta la sua anima.
Il salto gli sembrò durare un’eternità, ma neanche quando il suo corpo aveva impattato con l’acqua gelida la mano di Kagome aveva lasciato la sua e questo lo aveva reso in qualche modo più forte e sicuro.
Quando riemersero entrambi i loro cuori battevano fortissimo e l’adrenalina era a mille.
- Sei pazza?!? Potevi dirmi di che volevi già saltare! – sbraitò il ragazzo.
I capelli zuppi gli ricadevano davanti alla faccia  e a Kagome ricordò tantissimo un cucciolo di lupo zuppo che aveva visto qualche anno prima. Si avvicinò e gli spostò i capelli, ma quel contatto e quella vicinanza le procurò una scossa elettrica ormai familiare quando stava con lui, ma che comunque le procuravano una sensazione di tremore.
Inuyasha non riusciva a guardare altrove se non verso quelle labbra. Il desiderio di baciarle era così intenso che non si rese neanche conto che si stava avvicinando sempre di più.
Kagome sapeva che presto le loro labbra si sarebbero incrociate e che niente al mondo le sarebbe piaciuto di più che sentirne il calore, ma il suo buonsenso glielo impediva. Koga non avrebbe risparmiato un tradimento di quel tipo. Era una brava persona, ma era pur sempre un capo tribù.
Appoggiò una mano sul petto di Inuyasha per fermarlo, anche se quel gesto la riempiva di dolore.
- Dovremmo andare, il sole tra poco sparirà – mormorò, cercando di nascondere la tristezza.
Inuyasha avrebbe voluto prenderla e baciarla lo stesso e poter godere della sensazione di quel corpo attaccato al suo, ma lei era troppo. Lei era qualcosa di delicato che non andava preso con la forza, ma conquistato con dolcezza e se avesse fatto quello che voleva avrebbe potuto perderla per sempre.
Tornarono al villaggio in silenzio, mentre nell’aria aleggiavano le parole che non riuscivano a dirsi.
 
 
Miroku e Sango avevano viaggiato ininterrottamente per molte notti, Sango non si voleva fermare per nessun motivo al mondo e per fortuna il suo compagno di viaggio conosceva parecchie scorciatoie. Avevano evitato di passare per i boschi e avevano tirato dritto nella zona delle monorotaie e il loro viaggio era durato solo pochi giorni.
Sango si stringeva alla schiena del giovane e si beava della sensazione di averlo accanto. Si erano fermati per pochissimo tempo e praticamente le loro conversazioni si erano ridotte al minimo.
Quella sera quel bacio aveva parlato per entrambi e non c’era più nulla da dirsi. L’unica paura della giovane era il come avrebbero vissuto dopo quell’avventura, ma ora lei voleva solo godersi quello sprazzo di gioia che gli era stato donato, perché le faceva troppo male pensare al futuro.
Miroku, invece, era sicuro della sua scelta. Non avrebbe permesso che gli portassero via la sua Sango e sarebbe anche andato a vivere in mezzo agli indiani se lei lo avesse desiderato, anche se in cuor suo sperava di rimanere a Forest County. Non poteva lasciare sola la sua amata sorellina Rin, lei aveva ancora così bisogno di protezione e senza un uomo che le stessa accanto la sua vita sarebbe diventata un inferno.
Si fermarono, ormai erano molto vicini al forte e Miroku sapeva bene di non poter portare Sango con lui, chissà cosa avrebbero potuto farle. Sperava che anche Kagome stesse bene, Sango non avrebbe sopportato di vederla sofferente.
Scese da cavallo e intimò a Sango di rimanere ferma e nascosta.
- Io voglio venire – esclamò lei.
Miroku la fermò afferrandola per le spalle. – Ti ho spiegato che non puoi entrare, non voglio che ti facciano del male! -.
Prima che potesse allontanarsi una figura lo attaccò e lo fece cadere a terra. Sopra di lui c’era una giovane indiana dai lunghi capelli rossi e gli verdi risplendevano per la rabbia. Le sue mani stringevano sul suo collo e per quanto fosse minuti la sua rabbia la rendeva ancora peggio di qualsiasi uomo.
Sango fu svelta e si catapultò in soccorso del suo Miroku. Scaraventò a terra la donna che li aveva attaccati e la trascinò via.
Quando stava per colpirla in pieno viso, però, la riconobbe.
- Ayame -.




Eccomi qua!
Sì, dopo secoli sono tornata a pubblicare e avete ragione ad odiarmi, ma ho avuto veramente troppi problemi e anche gli esami mi hanno dato un bel da fare.

Insomma, spero che seguirete ancora questa avventura!
Ringrazio tutti quanti per la vostra pazienza e spero che abbiate passato una buona vacanza!

Un bacione enorme a tutti!
Silvia :*
   
 
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