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Autore: Restart    25/08/2017    1 recensioni
Zayn ha appena trentasei anni quando perde tutto: la fidanzata, il successo, i soldi. 
E la sua cosa più preziosa: la voce. 
Sarà compito di Emily rimetterlo in sesto e farlo sentire nuovamente amato. 
Perché loro si sono amati, si amano e continueranno a farlo per sempre.
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Maggio
«Mark, sei libero il 9?» gli occhioni verdi di Emily lo fissarono e lui la guardò curioso. Accanto a lei, Anne annuiva energicamente.
«Dì di sì» bisbigliava senza che l’altra se ne accorgesse.
Rifletté qualche secondo sui suoi impegni. Il 9 avrebbe dovuto passare la giornata coi suoi figli, ma a Sylvia non sarebbe sicuramente dispiaciuto passare qualche ora in più con loro.
«A regola sì» rispose lui e Anne alzò contenta i pollici. Lo sguardo di Emily invece s’illuminò di una luce brillante. Erano settimane che non la vedeva così felice e quindi così bella.
«Mi accompagneresti ad un matrimonio di un mio amico?» chiese candidamente, risvegliandolo dai suoi pensieri. Sbatté le palpebre un paio di volte cercando di comprendere meglio la situazione. Vide Anne annuire con un sorriso forzato sulle labbra e gli occhi sbarrati.
«Va… va bene» balbettò non proprio sicuro di quello che stava dicendo. Non metteva a fuoco la situazione, gli pareva parecchio paradossale. Emily lo ringraziò sorridente e se ne andò velocemente borbottando qualcosa su dei fogli da ritirare o dei consulti da fare. Anche Anne fece per andarsene, ma Mark la bloccò tenendola per un braccio.
«Mi puoi spiegare, per favore?» chiese a denti stretti e lei arrossì appena.
«Promettimi che non ti arrabbi» lui diventò sempre più confuso: che stava architettando? Non c’erano molte alternative e perciò dovette fidarsi e annuì piano
«Okay, prima di tutto mollami e andiamo in uno posto più sicuro» lo fece andare sulle scale di servizio. Si mise a sedere sugli scalini mentre lui stava in piedi davanti a lei con le sopracciglia aggrottate. La donna si schiarì la voce e prese parola.
«Emily ha già chiesto a tutti se potevamo accompagnarla a questo benedetto matrimonio del figlio di Ian. Noi ci siamo messi tutti d’accordo per tenerci occupati quel giorno. Jesse ti ha messo il giorno libero apposta» spiegò con calma, gesticolando appena com’era suo solito. Quando ebbe finito guardò l’altro mordicchiandosi il labbro, sperando che avesse colto le sue intenzioni, anzi, le intenzioni di tutto il gruppo di amici di Emily. Ma lui sembrava ancora perplesso
«Continuo a non capire. Che cosa…» poi gli occhi gli s’illuminarono e parve comprendere. «Oh»
Anne sorrise contenta. «Mark, tu sei quello di cui ha bisogno Emily» iniziò. «Lei non lo sa. O almeno non lo vuole ammettere perché crede ancora che Zayn sia l’amore della sua vita e continua a colpevolizzarsi per il fatto che l’abbia tradita. Mark, lei ha bisogno di ricominciare»
Il plastico voleva essere furioso con tutti quelli che si erano messi d’accordo per una farsa del genere. Perfino con Jesse e Niall che parevano gli unici sani. Ma non trovava un pretesto che reggesse. La sola idea di poter aiutare Emily ad uscire dalla relazione malata che aveva con quel cantante che le aveva spezzato il cuore, riempiva il suo.
Negli anni successivi si chiese parecchie volte come quella donna era riuscita ad entrare nel suo cuore e nella sua mente in maniera così prepotente, così assillante, così fastidiosamente piacevole. Si chiese come aveva fatto ad innamorarsi così velocemente – una sola notte era bastata – di lei.
Non si sa se trovò mai la risposta a queste domande.
«Okay, ho capito. Va bene, vado» concluse mestamente, ottenendo uno stretto abbraccio di ringraziamento da parte di quella che avrebbe potuto chiamare, negli anni a venire, un’ottima amica.

9 maggio

Sento il clacson dell’auto di Mark arrivare forte e chiaro dalla finestra di camera mia. Mi affaccio e lo vedo in piedi, appoggiato allo sportello, gli occhiali scuri posati sul naso e penso che più bello non possa essere. Mi sembra di essere tornata indietro di vent’anni, di essere ritornata la diciassettenne che deve andare al Prom con il più fico della scuola. In realtà ci andai con mio cugino Laurence che di fico aveva ben poco. Gli faccio cenno di aspettare qualche minuto e mi sbrigo a infilare lo stretto necessario nella pochette che mi ha prestato Alicia. Scendo frettolosamente al piano terra, tenendo tra le mani lo scialle di seta, la borsa e i tacchi. Ad aspettarmi in fondo di scale c’è mia cognata con Emma in braccio. Lei e mio fratello abitano qui a Londra con me dalla nascita della piccola. James ha espresso il desiderio di trasferire il suo studio qui e io non potrei essere più felice di averli qui vicino a me.
Anche Zayn abita sempre qui, anche se al momento è a Madrid per il tour. Probabilmente si starà scopando Sam, ma ormai non sono più affari miei. Lui non è più mio e io non sono più sua. Basta crogiolarsi nel passato, nei rimorsi. L’ho già fatto fin troppe volte dalla nascita di nostra figlia. Troppe volte mi sono trovata a piangere per come la nostra storia è finita. Una parte di me lo ama ancora, lo devo ammettere, ma non posso perdonarlo per tutto il dolore che mi ha provocato. È la vita e bisogna farla scorrere. Noi siamo solo spettatori.
«Come sei bella mamma» mi dice Alicia imitando la voce di un’infante. Io sorrido a mo’ di ringraziamento e lascio un bacio sulla fronte rosea di Emma.
«Mi raccomando se dovessero esserci problemi, o mi chiami o…»
«O c’è James. Ci sa fare lui con i bambini» conclude frettolosa lei, facendomi l’occhiolino. Non posso negare che sia vero. James è il pediatra più competente che conosca.
«L’importante è che tu ti diverta» si raccomanda Alicia abbracciandomi sinceramente prima che io possa dire altro su come fare con la bambina.
Mi infilo di fretta la scarpe e prima di uscire di casa do un’occhiata alla mia immagine allo specchio.
I miei capelli, più corti del solito, sono mossi da tante onde. Ho concesso ad Alicia il privilegio di truccarmi e il risultato è meraviglioso: l’ombretto verde scuro mette in risalto il colore dei miei occhi, mentre sulle labbra ho un neutro rossetto rosa scuro. Ma la parte migliore del look è la tuta che ho comprato e per la quale provo un amore infinito: il corpetto è completamente rivestito da cristalli, mentre i pantaloni sotto sono semplicemente a sigaretta. In vita è legata una lunga striscia di stoffa color antracite che scende morbida lungo il mio fianco fino a terra, tanto da sembrare uno strascico.
Esco piano, cercando di non svegliare Emma e faccio con calma il vialetto fatto di pietre. Vedo Mark fissarmi con un meraviglioso sorriso dipinto sulle labbra carnose.
«Sei uno schianto» commenta prendendomi la mano e aiutandomi ad entrare in auto.
«Grazie, anche tu sei favoloso».        
Arriviamo alla piccola chiesetta appena fuori dalla città mezz’ora dopo. C’è Ian fuori dall’ingresso ed è il perfetto ritratto della felicità. Sta divinamente nel suo completo scuro: ha i capelli legati e la barba leggermente più corta del normale. Ha gli occhi luminosi che brillano alla luce del tiepido sole del tardo pomeriggio.
«Oh, Emily, finalmente» mi accoglie con un forte abbraccio. «Ciao, Mark» saluta anche il mio accompagnatore con una stretta di mano.
«Credevo dovesse venire Harry» sussurra al mio orecchio poi, quando siamo poco distanti dall’irlandese.
«Imprevisto dell’ultimo minuto. Lui era l’unico libero» spiego velocemente, con una leggera alzata di spalle.
«Dai, venite dentro, la cerimonia sta per iniziare» Ian mi prende per mano e mi conduce all’interno del piccolo edificio in mattoni.

*

«Sono proprio belli, eh?» Mark si siede accanto a me e mi porge un bicchiere di Martini. Io bevo un lungo sorso prima di rispondergli. Dio com’è buono. Quanto mi era mancato in questi mesi.
«Lei è un incanto» commento, ammirando Molly. Ha un vestito così semplice e delicato che le calza in modo delizioso, valorizzando le sue forme. I capelli castano scuro sono stati lasciati liberi di scendere morbidamente sulla schiena nuda. Se ne sta stretta nelle braccia forti del suo sposo e i loro sguardi sembrano incatenati. Aveva ragione Ian a dire che fossero perfetti l’uno per l’altro. Molly fissa Ryan così intensamente… Per lei c’è solo lui e per lui c’è solo lei. Sono avvolti nel loro bozzolo d’amore e io spero per loro che possa durare per sempre.
«Andiamo a fare una passeggiata?» chiedo improvvisamente al mio accompagnatore e, senza dargli il tempo di replicare, gli stringo la mano e lo conduco fuori dal tendone.
C’è una fresca e piacevole brezza qui fuori. Il lago brilla sotto la luce pallida della luna già alta nel cielo pece. Si vede anche qualche stella splendere timidamente. Il vento fa strusciare tra di loro le foglie creando una sinfonia stupenda. Il leggero sciabordio dell’acqua che bagna la riva si unisce all’orchestra naturale a creare un complesso unico. È proprio una serata fantastica.
«Perché siamo venuti qui fuori?» domanda Mark guardandosi attorno curioso. Io non rispondo e lo conduco alla panchina proprio davanti al lago. Quando ci sediamo lo guardo fisso negli occhi.
«Avevo bisogno di parlare con te senza il vociare delle persone in sottofondo» mi giustifico così, accompagnando le parole da un’innocente alzata di spalle. Lui sembra gradire, così si siede meglio e sostiene il mio sguardo.
«Okay, parliamo. Ma di cosa?»
«Com’era Sylvia al vostro matrimonio?» attacco subito così, a bruciapelo. Lo vedo attutire malamente il colpo, boccheggiando appena. Poi sembra riprendersi e si schiarisce la voce.
«Era un incanto» comincia a parlare e nei suoi occhi vedo una luce diversa. La stessa luce che gli ho visto brillare tutte le volte che parlava di lei, del suo passato. Il sentimento per la sua ex moglie dev’essere ancora così puro, così vivo. «Aveva questo abito di un bianco così candido che splendeva di luce propria. Era semplice come lei. Aveva i capelli intrecciati e dei fiori tra le ciocche. Non c’era nessun altro. Solo noi due. È stato un il simbolo del nostro nuovo inizio dopo quello che era successo con Jade» abbozza un debole sorriso, cercando di evitare i miei occhi. Lo vedo giocherellare con di bastoncini che erano caduti dagli alberi. Allungo la mano e sfioro la sua: a questo contatto sussulta, come se avesse toccato la corrente.
«Non dovresti farmi questo» sussurra come ferito. «Emily non dovresti»
«Perché?»
«Perché io non ho più voglia di giocare» risponde amaramente, riuscendo finalmente a trovare il coraggio per alzare lo sguardo e scontrarsi col mio. Riesco a riconoscere il colore delle sue iridi anche con la tiepida illuminazione che la luna offre. Mi osserva a lungo, senza dirmi nemmeno una parola. E poi ad un certo punto si alza e se ne va, lasciandomi sola su quella vecchia panchina di legno, a pensare come abbia potuto perdere una persona come Mark.

*

«Emily cosa fai qui da sola?» la voce di Ian la fece sobbalzare; era concentrata sulla luna che rifletteva sulle lievi increspature dell’acqua. Lui si sedette accanto a lei, ma non disse niente.
«Mi sono appena lasciata scappare la felicità» disse ad un certo punto, senza scostare lo sguardo da quel punto indefinito di fronte a sé. L’uomo non capì quello che lei voleva dire. O almeno non subito. Tutto gli parve più chiaro quando l’immagine di Mark che tornava da solo sotto il tendone, con uno scuro cipiglio, gli balenò la mente.
«Mark è proprio un bravo ragazzo, eh?»
«Uno dei migliori che conosca» ammise lei con un sospiro. Era vero, era ciò che pensava. Ma se n’era accorta troppo tardi. E lui le era sfuggito dalle mani.
«Posso darti un consiglio da uomo, amico e tuo ex?» Ian interruppe i suoi pensieri. Lo guardò per la prima volta da quando si era seduto accanto a lei. Annuì piano. «Non te lo lasciar scappare» si alzò e se ne andò, dopo aver studiato brevemente il suo viso.
Emily rimase quindi sola, ancora una volta. Si chiese se forse sarebbe stato meglio così. Non avrebbe avuto problemi con Zayn. E per un attimo prese quella decisione.
Ma poi l’immagine di Sam che dormiva seminuda sul suo divano le venne come sbattuta davanti. Lui aveva aperto un nuovo libro. Perché non farlo anche lei?

*

Era appoggiato ad un tronco d’albero e fumava una sigaretta. O almeno era quella l’impressione. In realtà l’aveva accesa e dopo aver fatto un tiro l’aveva lasciata consumarsi tra le sue dita magre. Con l’indice si torturava le pellicine del pollice e teneva gli occhi fissi su qualcosa davanti a sé. Non si riusciva a intendere a cosa stesse pensando così intensamente. Per l’agitazione fece passare per l’ennesima volta la mano sinistra tra le ciocche corvine che aveva sistemato con tanta cura quel pomeriggio. Si stavano allungando fin troppo, avevano bisogno di una scorciata, pensò improvvisamente, distraendosi dai pensieri più profondi che lo consumavano da qualche minuto ormai. Guardò la lunga sigaretta bianca ridotta ad un misero mozzicone e la gettò a terra con disprezzo. Avrebbe voluto essere al suo posto, avrebbe voluto essere buttato via. Non c’era giorno che passasse senza che lui pensasse a lei. Ai suoi profondi occhi smeraldo e alle lentiggini che macchiavano in modo confuso il suo naso e i suoi zigomi sempre pallidi.
Ormai se n’era andata. Non sarebbe mai più tornata indietro. Lo vedeva negli sguardi che gli rivolgeva ogni santissimo giorno. Vedeva il disgusto, la rabbia, tutte quelle emozioni che gli aveva scaraventato addosso quella notte d’aprile.
Sam gli apparse improvvisamente davanti, o forse lui non si era accorto prima della sua presenza. Era particolarmente elegante quella sera. Aveva raccolto i capelli in una coda ordinata e indossava una discreta tuta blu notte. Il trucco era scuro come al suo solito, ma aveva un che di raffinato. «Andiamo?» chiese con un tono leggermente scocciato. Aveva incrociato le braccia sul petto e lo guardava con i suoi meravigliosi occhi nocciola.
«Arrivo, aspettami in macchina» la ragazza si allontanò con passo svelto. Guardò ancora una volta davanti a sé, a quella casa che era stata sua per così poco tempo e poi anche lui entrò nell’abitacolo dell’auto.
Prima di andarsene, forse per sempre, pensò al tenero viso di Emma e di quando gli aveva sorriso per la prima volta e una lacrima piena di rimorso sgorgò, strisciando sul suo viso. Cercò di rassicurarsi che aveva fatto la cosa migliore per lei. Non si meritava un padre così.

*

Mark la vide camminare barcollante. Il ghiaino non era l’ideale per un paio di tacchi a spillo di dodici centimetri. Soprattutto per una che è abituata a portare scarpe da ginnastica dieci, dodici ore al giorno per sei giorni su sette. Cercò di trattenere un sorriso, ma era più forte di lui. Era così bella.
Teneva le mani dietro la schiena e lo guardava sorridente, sicuramente nascondendogli qualcosa. Quando fu a dieci centimetri da lui, svelò il segreto. Tra le dita chiare teneva un cupcake alla vaniglia, il preferito dell’uomo da quanto aveva potuto comprendere dopo quel pomeriggio passato insieme da Pâtisserie Valerie. Infilata nella glassa bianca c’era una candelina azzurra.
«Buon compleanno» sussurrò, mostrando due file di denti bianchissimi.
«Non credevo te ne ricordassi»
«Beh, effettivamente ti rimangono solo venti minuti di compleanno, però siamo ancora in tempo per il regalo» constatò lei guardando l’orologio con il cinturino in pelle nera che le aveva comprato suo padre quando si era diplomata.
«E che sarebbe il regalo?» domandò curioso, ma con una punta di scherno nella voce.
Emily gli si avvicinò. «Questo» e così dicendo posò le labbra sulle sue. Dopo più di un anno riassaporarono il sapore dell’altro. E lo sentirono più familiare che mai. Si baciarono a lungo, come se sentissero il bisogno di colmare quel grande vuoto che c’era stato tra l’ultimo bacio che si dettero un anno e tre mesi prima al JFK di New York. Si erano baciati una volta in ospedale, era vero, ma quello era solo l’anticamera del sesso: un bacio rabbioso e passionale, che non lasciava spazio ai sentimenti. Quello che si dettero sotto quel grande abete no. Quello era diverso.
«Oh, aspetta» si staccò bruscamente e lo fissò nelle iridi celesti. «Devi esprimere il desiderio». Gli mostrò di nuovo il dolcetto: la candela si stava consumando quasi del tutto e la fiammella stava diventando sempre più debole. Mark chiuse gli occhi e dopo qualche secondo soffiò spegnendola.
«Che cosa hai espresso?» chiese lei, curiosa. L’altro scosse la testa.
«Te lo dirò quando si sarà realizzato» e la baciò di nuovo.
   
 
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