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Autore: IsabelFlahertie    26/08/2017    1 recensioni
Come sarebbe Twilight di Stephenie Meyer se fosse ambientato in Transilvania? Questa è la mia riscrittura della storia, con qualche mistero un po' diverso da risolvere.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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2.

Dolce-salato

I personaggi di questa storia non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Stephenie Meyer.

 

Ieri sera ho dovuto mentire a mia madre. Le ho raccontato che ad accogliermi con calore non è stata solo la preside, ma anche i cinque ragazzi americani, aggiungendo di avere stretto amicizia con ognuno di loro.

La verità è che ho intravisto gli altri quattro mentre stavo rientrando con la cena da asporto, comprata a una tavola calda poco distante dalla scuola. Erano insieme alla signorina Dumitrescu che indicava loro le rispettive stanze. Ciò comporta il fatto che non abbiamo avuto modo di scambiarci neppure un saluto, ma dovevo tranquillizzare mia madre. Sarebbe stata capace di perderci il sonno, se le avessi parlato del ragazzo maleducato con cui mi toccherà seguire i corsi per l’intero trimestre. In questo modo non si darà pensiero.

Per quanto riguarda quel tipo, non ho nessuna intenzione di farmi rovinare il soggiorno in Romania da una persona che nemmeno conosco. Certo, volermene in quel modo solo perché il mio zaino era sul suo sedile in aereo, è da dementi. Ma non è compito mio occuparmi dei suoi problemi. Se ne sente il bisogno, fa sempre in tempo a consultare uno psicologo.

Percorro il grande viale ricoperto di sampietrini, quello vietato ai ciclomotori, quando intravedo una delle due ragazze americane poco più in là. Non fatico a riconoscerla, dal momento che ieri sera è stata l’unica a rivolgermi un cenno di cortesia mentre rientravo nella mia stanza. Rispetto all’altra studentessa è bassina, ma tanto graziosa e fluida nei movimenti, mi dà l’idea di un furetto.

Procede guardinga, quasi temesse di essere seguita. Nel momento in cui raggiungo il bar per fare colazione, si accorge di me. Non succede per caso, nel modo in cui gli occhi di una persona potrebbero incrociare quelli di un’altra. Lei avvertiva la mia presenza qui intorno, sapeva esattamente dove guardare per individuarmi. Mi rendo conto dell’assurdità del mio pensiero, eppure non posso fare a meno di crederlo.

Ha lo sguardo fisso su di me, come se mi avesse marcato per non perdermi di vista. Mi sforzo d’ignorarla concentrandomi sul mio covrigi, una ciambellina di pane dolce ricoperta di sale, ma mi riesce difficile con due pupille puntate addosso.

Decido allora che potrebbe essere una buona soluzione conoscerla, dovesse anche solo servirmi per attenuare l’imbarazzo che mi consuma.

Con un gesto della mano la invito a unirsi a me. Lei socchiude leggermente le palpebre premendosi i polpastrelli sulle tempie, come se per decidersi necessitasse di leggere nella sua mente. Una diffidenza che definirei esagerata. Dopo avere considerato la cosa, decreta per il no e si allontana in direzione del Liceu Eminescu.

Ho come la sensazione che non sarà facile andare d’accordo con i cinque ragazzi americani, visto che si tengono a debita distanza da me nemmeno fossi un’appestata.

In classe la situazione non migliora. Il mio compagno di banco è proprio il ragazzo dai capelli rossicci che, a guardarli bene, sotto i raggi del sole stamattina hanno dei riflessi bronzei.

Scopro che si chiama Edward Cullen e gli altri studenti americani giunti la sera del mio arrivo sono i suoi fratelli.

È lui stesso a prendere posto vicino a me. Durante l’intera lezione non fa che lanciarmi occhiate di continuo, ma non intende parlarmi in alcun modo o, per lo meno, non me lo fa capire.

Forse lui e i suoi amichetti hanno problemi a relazionarsi con chi non è come loro. Voglio dire, hanno lo stesso colorito perlaceo! Scommetto che provengono dalla medesima zona degli Stati Uniti, di quelle dove non si ha l’abitudine a interagire con i forestieri, perché magari ne arrivano pochi o per niente.

A fine lezione il professor Dragomir ci assegna un compito di letteratura da svolgere in coppia con il nostro attuale compagno di banco. Immagino gli sia costato molta fatica dirmi «Ciao!» prima di sparire.

Non è stato il massimo, ma tutto sommato posso considerarlo un inizio.

Sto per sistemare la mia roba in borsa e spostarmi nell’aula di scienze, quando mi accorgo di un foglio di carta ai miei piedi. Nel prenderlo mi rendo conto di quanto la carta sia consumata dal tempo, ho quasi paura di strapparla. Dispiego il foglio e, di primo acchito, mi pare una semplice piantina della Transilvania. I nomi dei luoghi sono scritti in una lingua che non conosco. Potrebbe somigliare al rumeno, forse è latino.

Sono certa che appartiene a quel ragazzo. Non c’era niente del genere quando sono arrivata. Me ne sarei accorta, visto che mi sono dovuta chinare per raccogliere la penna che mi era rotolata per terra.

Mi soffermo a osservare la piantina per un po’ e noto che in alcuni punti ci sono dei ghirigori fatti a matita, che io interpreto come delle fiammelle ma potrebbero rappresentare tutt’altro. Nell’angolo in alto a destra qualcuno ci ha disegnato un dragone alquanto particolareggiato. Ha le ali distese ed è sospeso da una croce, con la coda che arriva fino alla testa e il corpo diviso in due.

Il suono della campanella mi ricorda che sta per cominciare la lezione di scienze.

Ripiego con cura il foglietto e lo ripongo in una tasca della borsa. Glielo restituirò quando c’incontreremo per il compito del professor Dragomir.

 

 

 

NOTE

 

·       Se siete arrivati fino alla fine del capitolo, GRAZIE! Se ve la sentite di lasciare un commentino, una critica, un saluto, DOPPIAMENTE GRAZIE! Un ringraziamento speciale a dany60 e a trini Diaz per avere inserito la storia tra le preferite già al primo capitolo e a crystal777 per averla inserita tra le seguite.

·       Posterò il terzo capitolo giovedì 31 agosto.

 

   
 
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