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Autore: edoardo811    27/08/2017    2 recensioni
Quello che sembrava un tranquillo viaggio di ritorno alla propria terra natale si trasformerà in un autentico inferno per i Titans e i loro nuovi acquisti.
Dopo la distruzione del Parco Marktar scopriranno ben presto che non a tutti le loro scorribande nello spazio sono andate giù.
Tra sorprese belle e brutte, litigi, soggiorni poco gradevoli su pianeti per loro inospitali e l’entrata in scena di un nuovo terribile nemico e la sua armata di sgherri, scopriranno presto che tutti i problemi incontrati precedentemente non sono altro che la punta dell’iceberg in un oceano di criminalità e violenza.
Caldamente consigliata la lettura di Hearts of Stars prima di questa.
[RobStar/RedFire/RaeTerra] YURI
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The Good Left Undone

XI

I PRIMI PROBLEMI

 

 

Stella forse era l’unica che alla fine dei conti non si sentiva malissimo su Quantus. Aveva tutto ciò che avrebbe potuto chiedere, la gente era gentile, il posto non era male ed era in ottima compagnia.

Tutto sommato era stato un mese tranquillo, privo di guai e caos, ciò che praticamente desiderava di più, dopo la sgradevole avventura sulla nave di Metalhead, la Skullcrusher, definita dal mercenario stesso meravigliosa ma mai quanto lui. Rabbrividì ripensando a quel mostro egoista e sociopatico, ed era sinceramente felice di esserselo tolto dalla propria vita per sempre. E anche la nuova minaccia Slag sembrava molto lontana, quasi inesistente.

Anche se le mancava comunque parecchio la Terra, Jump city soprattutto, anche perché dopo aver trascorso praticamente i momenti migliori della sua vita in quel posto dubitava di voler vivere in altri. Inoltre vedere tutti i suoi amici così angosciati e tesi non la aiutava di certo. Si sentiva quasi in pena per loro. Sapeva anche molto bene cosa dovessero provare nel non poter tornare sul loro pianeta natale. Lei stessa aveva nostalgia di Tamaran, a volte, ma dopotutto era sempre stata lei a dire che la Terra era diventata la sua nuova casa.

Guardò la folla di fongoid passare davanti a lei e sorrise. Da tempo non vedeva una razza di alieni così pacifica. Lei era cresciuta in una razza di guerrieri, ed era cresciuta conoscendone di sempre più spietate, come quella degli agoriani, c’erano stati momenti in cui aveva creduto che ogni specie fosse cattiva, gli stessi terrestri non erano l’esatta definizione di bontà, ma dopo aver conosciuto i fongoid si era ricreduta.

Una figura in mezzo alla folla si differenziò dalle altre, e a Stella non fu difficile riconoscerla. «Robin» disse con un sorriso, vedendo il ragazzo avvicinarsi a lei.

Lui ricambiò il cordiale sorriso e si sedette accanto a lei. «Tutto a posto?»

«Sì, grazie. Tu invece? Eri di nuovo andato a "riflettere"?» domandò lei, ovviamente riferendosi all’abitudine di Robin di sdraiarsi in quel prato.

Il ragazzo per tutta risposta scrollò le spalle. «Sai com’è, mi annoio qui...»

«Dai, qui non è poi così male.»

«Lo so, però... non è questa casa nostra. Insomma, noi viviamo sulla Terra, è quello il luogo a cui apparteniamo, Quantus invece...»

«Le cose si aggiusteranno, vedrai.» Stella cercò di essere di supporto al fidanzato. Non le piaceva vederlo preoccupato e corrucciato, preferiva di gran lunga Robin in modalità più rilassata, più da ragazzo qualsiasi e non da leader sempre e comunque dubbioso su tutto e tutti.

«So anche questo, so che prima o poi riusciremo a farci spiegare da Corvina cosa sta succedendo, e magari anche ad andarcene, però sono comunque preoccupato per Jump City. Sono due mesi ormai che manchiamo da casa, i criminali ormai devono aver cominciato ad approfittarne, ho paura che la polizia non riesca a tenerli a bada da sola. Per non parlare di tutti quei brutti ceffi che...» Robin si bloccò all’improvviso, accorgendosi dello sguardo interrogativo di Stella. Sembrò imbarazzarsi, poi si schiarì la voce. «Scusa, non dovrei asfissiarti con le mie paranoie...»

La tamaraniana ridacchiò, poi lo guardò dritto negli occhi. «Non preoccuparti, lo so che è più forte di te...»

Lui accennò un sorriso, senza distogliere lo sguardo, poi avvicinò una mano e prese quella della ragazza. Stella sentì le goti arrossarsi, poi intrecciò le dita con quelle del fidanzato. Lo osservò meglio. Era senza la maschera, quindi poteva vedere i suoi occhi, ed era anche con indosso abiti normali e non il suo costume, quindi sembrava al cento percento un ragazzo come tanti. Era naturale, ed era ciò che a lei piaceva. Poco prima nei suoi occhi aveva colto un bagliore di stanchezza, di preoccupazione, ma adesso che i loro sguardi erano incrociati quell’alone oscuro era sparito. Era quello l’effetto che lei aveva su di lui, riusciva sempre a rallegrargli la giornata, a restituirgli il buon umore. Quando era con lei, anche se per poco tempo, i suoi tormenti svanivano e non si preoccupava più di Quantus, della Terra ed eccetera. C’erano solo più loro due e basta.

Si avvicinarono. Non dissero nulla, non fecero nulla. Era bastato lo sguardo per permettere loro di intendersi. Socchiusero gli occhi, le labbra furono a pochi centimetri di distanza. E una voce rovinò tutto: «Ehi ragazzi!»

Stella sobbalzò e i due si allontanarono di colpo, poi si voltarono in contemporanea verso la strada, dove BB li osservava con un sorriso beffardo stampato sulla faccia. «Ho interrotto qualcosa?»

«BB...» Robin non sembrò molto felice di vederlo. «Che ci fai qui?»

«Interrompo le coppiette che vogliono limonare.»

Il leader lo fissò con sguardo glaciale, al che il mutaforma sollevò le mani in segno di resa. «Ehi, ehi, scherzavo. Facevo un giro e vi ho trovati qui. E visto che ormai si sta per fare sera, ho pensato che forse sarebbe stato meglio restare insieme un po’ prima di tornare al palazzo per la cena. Ma se volete me ne vado, per me non c’è nessun problema...»

«Resta pure, tranquillo» disse Stella sorridendo di nuovo, come se nulla fosse. Robin mugugnò qualcosa di incomprensibile e il mutaforma ebbe il permesso di restare. Il leader si accasciò contro lo schienale della panchina, il suo momento con Stella andato a farsi benedire. Vedendo la sua espressione dapprima serena a quasi imbronciata, alla tamaraniana per poco non scappò una risatina, ma non appena la folla per strada cominciò ad agitarsi, l’ilarità svanì da dentro di lei. Sentì alcuni schiamazzi provenire dal fondo della strada, si voltò e vide una grossa folla riunirsi fuori dalla locanda.

Robin e BB si accorsero a loro volta di tutto quel trambusto. «Che succede?» domandò il mutaforma, grattandosi la testa.

«Non lo so» rispose Robin, messosi a sedere composto. «Ma possiamo sempre scoprirlo.»

Si alzò dalla panchina e tese la mano a Stella. Lei la afferrò e il ragazzo la aiutò ad alzarsi. «Vuoi andare a vedere?» chiese lei.

Il leader annuì, diventato serio all’improvviso. «Se i fongoid sono così agitati deve essere successo qualcosa di grosso.»

Non faceva una piega. I tre si incamminarono verso la locanda.

 

***

 

Amalia e Terra si precipitarono nel locale, vedendosi quasi costretti a procedere a gomitate per farsi strada fra la calca. E quando finalmente furono dentro, si ritrovarono davanti il triste spettacolo. Un gruppo di cinque fongoid stava venendo allontanato con la forza dal locandiere alcuni altri da niente popò di meno che Red X e Cyborg, entrambi piuttosto malconci. Il primo era pieno di tagli e contusioni, con un ringhio furibondo stampato sul volto. Cercava di dimenarsi dalla presa dei fongoid per poter saltare addosso agli altri cinque, mentre Cyborg sembrava più calmo, ma comunque pesto. Tutt’intorno a loro un brusio sommesso si sollevava, proveniente dalla folla di spettatori, ognuno dei quali probabilmente stava dicendo la sua.

A giudicare dai bicchieri rotti, i tavoli e le sedie spaccate e le ferite di entrambi i fronti, non era molto difficile intuire cosa fosse accaduto. Quando Amalia gridò, Terra sentì la pelle d’oca. «Cosa diavolo sta succedendo?!»

Tutte le attenzioni si spostarono su di lei, la bionda sembrava quasi non esistere veramente da come poco fu calcolata. Le espressioni di Red X e Cyborg mutarono radicalmente. Il primo smise di ringhiare e la fissò ad occhi sgranati, quasi spaventato, mentre il robot apparve più imbarazzato. Fu proprio lui a cercare di rispondere: «Beh... ecco...»

«Questi sette hanno pensato che il mio locale fosse un campo di battaglia, ecco cos’è successo!» esclamò il locandiere, figura di spicco fra tutti i fongoid, quello che più di tutti sembrava imbronciato dall’accaduto.

«Che cosa?!» esclamò Amalia ancora più imbufalita, spostando il suo sguardo incendiario su Red X. «Immagino sia opera tua!»

Il ragazzo trasalì e scosse la testa. «Cosa, no, no, è che... che... quei tizi la mi hanno... ti hanno...»

Era ubriaco come una spugna. Non sembrava in grado di riuscire a mettere due parole in fila e anche le botte che doveva aver preso alla testa non dovevano essere di molto aiuto.

La tamaraniana mai sembrò così infuriata con lui. «Ma cosa diavolo ti è saltato in mente?!»

X non rispose, forse non ne era in grado, forse non sapeva nemmeno cosa dire, fatto sta che si limitò ad abbassare la testa, segno evidente che neanche lui sapeva cos’aveva fatto con esattezza.

«Mi dispiace davvero per il comportamento immaturo del mio ragazzo, io sono costernata...» proseguì lei avvicinandosi al locandiere. «Se vuole posso aiutarla a sistemare questo disastro più tardi, potrei parlare con re Alpheus e...»

Il fongoid liquidò la faccenda con un gesto della mano. Sembrava ancora molto corrucciato, ma probabilmente il fatto che si stesse rivolgendo agli amici della Salvatrice gli imponeva di trattarli con un certo riguardo. «Non serve, davvero. Occupati di lui piuttosto, ha delle brutte ferite.»

Amalia annuì mortificata e afferrò il proprio fidanzato per un braccio, quello umano, poi cominciò a trascinarselo dietro. «Mi dispiace» disse un’ultima volta, mentre si dirigeva all’uscita.

«Sì, davvero, ci dispiace» rimarcò Cyborg, grattandosi dietro la testa. «Io... risarcirei i danni, ma purtroppo non...»

«Non ha importanza figliuolo, non è certo la prima volta che la mia bettola ha visto una rissa. Me la caverò» lo anticipò Bardock, sembrando molto più tranquillo di prima. «Piuttosto, meglio se te ne vai anche tu, prima che quell’idiota di Galvor causi altri problemi» aggiunse a bassa voce, per non farsi udire.

Cyborg annuì. «Sì, ha ragione.» Si voltò e si incamminò, sotto gli sguardi ancora corrucciati dello stesso Galvor e i suoi. Sembravano essersi calmati, ma dalle loro espressioni era ben evidente che un secondo round non sarebbe dispiaciuto a nessuno di loro.

«Stai bene Cyborg?» domandò Terra mentre lo affiancava, uscendo dal locale.

«Me la caverò...» borbottò lui, per poi rendersi effettivamente conto della presenza della bionda. «Tu e Amalia come avete fatto a trovarci?»

«Eravamo al lago, non è stato difficile vedere la ressa che si è formata qua intorno...»

Il robot sospirò e scosse la testa, quasi vergognato. «Che figura...»

Quando uscirono, scoprirono ben presto che per Red X i guai non erano ancora finiti. Era uscito da una rissa con cinque guardie reali per poi affrontare una sfida ben maggiore: la sua fidanzata incavolata nera per le sue azioni.

«Questo succede quando passi tutto il giorno a bere come un alcolista!» stava gridandogli addosso, costringendolo ad incassare la testa fra le spalle. Sembrava trovare molto più interessante il pavimento di lei, visto che non staccava gli occhi dal ciottolato. Una madre che sgrida il proprio figlio, ecco cosa quella scena ricordò a Terra e Cyborg.

«E guarda come ti sei ridotto!» disse ancora, afferrandogli il mento quasi con rabbia, costringendolo ad avvicinare il suo volto al proprio ed esaminando meglio i lividi e i tagli. «Solo perché non vuoi stare su questo pianeta ti sembra il caso di iniziare una rissa in un bar?!»

«Ha cominciato lui...» biascicò il ragazzo continuando a non guardarla.

«Ha cominciato lui? Ha cominciato lui?! Ma dico, ti senti quando parli?! HA COMINCIATO LUI?! Ma cosa sei, un bambino?!» Amalia gli sollevò la testa, costringendolo a guardarla negli occhi. Il ragazzo sembrò voler sprofondare. «Perché ti comporti così? Non vuoi restare qui, ok, ma purtroppo devi farlo! Devi farti andare bene questa cosa, volente o nolente! Che poi, a te che differenza fa vivere qui o sulla Terra? Cos’hai sulla Terra di tanto importante per cui tornare? A te non bastava solo che ci fossi io, insieme a te? Beh io ci sono, sono qui! Maledizione, come pensi che...»

Si interruppe di colpo, rendendosi conto di avere puntati su di sé non pochi sguardi, primi tra tutti quelli sbigottiti di Cyborg e Terra. Le sue guancie si tinsero di un vivace color rosso e ammutolì, lasciando andare il volto di X e facendoglielo di nuovo cadere verso il basso. Sospirò, poi andò verso i due ragazzi, massaggiandosi un braccio imbarazzata, parlando con un tono totalmente opposto a quello di prima. «Meglio che lo riporti al palazzo. Devo... occuparmi di quelle ferite.»

«Non arrabbiarti così con lui, non era in sé, se fosse stato lucido non avrebbe mai fatto quello che ha fatto» disse Cyborg in difesa di Red X.

Quelle parole forse dovevano calmare Amalia, ma la ragazza scosse la testa. «Non... non è così semplice...» Si interruppe di nuovo, il labbro inferiore questa volta le tremò vistosamente, poi mandò giù il nodo alla gola e proseguì: «Le cose tra noi non vanno molto bene, ultimamente, anche se ai vostri occhi può sembrare il contrario...» Guardò Terra ormai prossima a mettersi a piangere. «Non sai cosa darei per essere nella tua situazione anziché nella mia...» E senza dire altro, si voltò e tornò dal ragazzo, per poi cominciare a trascinarselo dietro, diretta al palazzo. Sparirono pochi istanti dopo, mescolandosi nella folla di fongoid che, terminato il caos generato alla locanda, avevano ripreso con le loro mansioni.

Terra e Cyborg la guardarono sorpresi mentre svanivano alle loro visuali, poi il robot si rivolse a Terra: «Scusa, ma cosa intendeva con "essere nella tua situazione"?»

La bionda trasalì. «Ehm... credo... single e spensierata...» sparò la prima cavolata che le passò per la mente. Fu quasi un miracolo che fosse riuscita a trovare qualcosa di sensato, in preda ai propri pensieri com’era.

E Cyborg se la bevve, perché annuì. «Mh... può darsi...»

La ragazza non lo sentì nemmeno, era troppo impegnata a darsi dell’idiota. Fino a pochi minuti prima aveva caricato Amalia di tutti i suoi problemi, aveva piagnucolato come una mocciosa per il fatto che non riusciva più a parlare con Corvina, quando la tamaraniana stessa aveva problemi ben più grossi con il suo ragazzo. Stavano attraversando un brutto momento. In effetti era da quando avevano cominciato a vivere in quel villaggio che X sembrava diverso, più irritante ed intrattabile. Unendo quel suo comportamento al fatto che spesso e volentieri alzava il gomito alla locanda, beh, la sua relazione con Amalia doveva essere scesa davvero a livelli infimi. Considerando poi la gravidanza della tamaraniana... sì, Terra era un’idiota. Avrebbe dovuto parlare di meno e ascoltare di più. Lei non era l’unica con i problemi in quell’universo, doveva metterselo in testa. E i suoi problemi, come se non bastasse, non sembravano niente in confronto a quelli della tamaraniana. Il fatto che le avesse perfino detto che avrebbe voluto trovarsi nella sua situazione anziché nella propria attuale era un segno piuttosto inequivocabile. Doveva parlare con Amalia più tardi, doveva scusarsi con lei per averle vomitato addosso tutte le sue litanie sulla tristezza per la separazione da Corvina, che entrambe sapevano non era niente di grave alla fine dei conti.

Sì, doveva farlo. Ma forse non in quel momento, visto che la sorella di Stella e Red X sarebbero stati piuttosto impegnati, nelle ore successive. Sperò con tutto il cuore che quei due parlassero e riuscissero a fare pace. Vedere una coppia di futuri genitori ridotta così... era una pugnalata al cuore. Com’era possibile, sembravano così affiatati giusto un mese prima! A quanto pare nessun diamante è destinato a brillare per sempre... 

«Ragazzi!» gridò qualcuno alle loro spalle, facendoli voltare. BB, Robin e Stella li raggiunsero di corsa, fermandosi poco lontano da loro. «Cos’è successo qui?» domandò Robin. «Ho visto un mucchio di gente che...»

«Cyborg, ma sei ferito!» esclamò Stella sorpresa, facendo sgranare gli occhi sia a Robin che BB, i quali ancora non se n’erano accorti.

«Red X e Galvor ubriachi si sono picchiati alla locanda, io mi sono ritrovato nel fuoco incrociato...» sospirò Cyborg, scuotendo la testa in parte afflitto e in parte infastidito.

«Red X?! Cosa?!» domandò Robin incredulo.

Cyborg annuì affranto. «Sì. Lo sapete com’è, no? Non gli piace restare qui e oggi lo ha dimostrato apertamente. Aveva alzato un po’ il gomito, perciò non credo che aveva davvero intenzione di picchiarsi con Galvor, ma purtroppo è accaduto.»

«E com’è successo?»

«Si sono stuzzicati a vicenda, poi Galvor ha insultato Amalia, o almeno credo che la sua intenzione fosse quella, ed X ha perso la pazienza.»

BB grugnì di disappunto. «L’ho sempre detto che Galvor era uno stronzo...»

Stella aveva taciuto per tutto il tempo, fissando preoccupata Cyborg, poi unì le mani all’altezza del petto e mormorò: «E adesso lui dov’è?»

«Ci ha pensato Amalia a lui» rispose Terra, con un alone di tristezza nella voce. «Io e lei stavamo parlando in riva al lago, poi abbiamo sentito il trambusto provenire dalla locanda e ci siamo precipitate. Il locandiere aveva appena riportato l’ordine e Amalia ha deciso di portare via X per medicargli le ferite e probabilmente fargli una bella lavata di testa...»

«Non vorrei essere nei suoi panni...» borbottò BB.

«Nessuno lo vorrebbe» convenne Cyborg.

«Tu stai bene almeno?» domandò ancora Robin, incrociando le braccia.

Il robot annuì. «Solo qualche livido, ma non è niente di che. Quello conciato male era X. Non mi stupirei se se ne uscisse con qualche altra cicatrice...»

Robin sospirò esasperato, gettando la testa all’indietro. «Questa situazione sta diventando insostenibile...»

«Spero che Amalia ed X non litighino...» mormorò di nuovo Stella, abbassando la testa preoccupata.

«Non succederà, tranquilla» la rassicurò Terra, che proprio come lei aveva quel tremendo presentimento. Cercò di sorridere ed apparire certa delle proprie parole, ma il suo tono risultò ugualmente titubante. «Insomma, con Amalia incinta non credo che litigheranno per così poco...»

Stella sospirò, annuendo. «Sì... hai ragione.»

Robin le avvolse un braccio intorno alle spalle, per infonderle ulteriore coraggio. «Non preoccuparti Stella, se la caveranno.» Guardò poi Cyborg e Terra. «Galvor dov’è andato adesso?»

Cyborg alzò le spalle. «Non ne ho idea. Era ancora alla locanda quando ce ne siamo andati, ma adesso potrebbe essere ovunque.»

«Mh... ok. Speriamo di non avere più a che fare con lui. Tra l’altro presto o tardi anche Alpheus scoprirà cos’è successo... dovremo spiegarlo anche a lui.»

«Che casino...» brontolò BB puntellando il ciottolato con un piede, per poi guardare Cyborg speranzoso. «Quando ce ne andremo da qui?»

Il robot scosse la testa. «Temo di non saperlo. Finché Corvina non vorrà andarsene, suppongo. Ma purtroppo lei non è l’unico motivo per cui siamo ancora qui. La nave è danneggiata e senza carburante. Con Slag in circolazione, poi, rischiamo ancora di farci trovare da lui. A questo punto, non so se sia più sicuro restare qui o andarcene...»

«Magnifico!» Questa volta BB pestò frustrato la strada. «Di bene in meglio!»

Nessuno ebbe nient’altro da commentare. Le sue parole avevano rispecchiato perfettamente la situazione. Calò il silenzio, ognuno dei presenti rimase a rimuginare, su cose totalmente diverse le une dalle altre. Alla fine, Robin interruppe la pausa meditativa sospirando. «Beh, ora come ora non ci resta che continuare a vivere come se nulla fosse. È quasi sera, torniamo al palazzo. Con Alpheus... sarà quel che sarà.»

I presenti annuirono, come al solito concordando con Robin.

«D’accordo, torniamo al palazzo... muoio di fame...» borbottò BB cominciando ad incamminarsi. Perlomeno qualcuno che cercava di sdrammatizzare c’era.

Terra osservò il ragazzo sorridendo tenuamente, poi spostò lo sguardo quasi automaticamente alla collina del palazzo. Nel giro di poco avrebbe rivisto Corvina, in una delle poche circostanze che glielo permettevano, i pasti. Sospirò afflitta, ripesando al suo discorso idiota con Amalia e ripensando anche al periodo difficile in cui la tamaraniana aveva detto di trovarsi. Sentì una fitta al torace. Le dispiacque molto per lei. Si sentiva ancora molto in colpa per ciò che si erano dette. Doveva scusarsi con lei, doveva farlo eccome. Si ripromise che dopo cena lo avrebbe fatto.

Il gruppo procedette in silenzio. Ma mentre camminavano, si accorsero che qualcosa nell’aria stava cambiando. Alcuni fongoid rimasti fuori dalla locanda li osservarono, ma non come facevano di solito. I loro sguardi erano diventati più freddi, più diffidenti. I ragazzi fecero finta di niente, ma nulla poté impedire loro di sentire quegli occhi gialli puntati su di loro come dei riflettori.

Di una cosa erano certi: Red X l’aveva combinata grossa.

Sperarono che l’accaduto non avesse ripercussioni, o perlomeno non troppe e non troppo gravi. Anche se c’erano davvero molti dubbi a riguardo.

 

 

 

 

   
 
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