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Autore: Alessia Krum    01/09/2017    1 recensioni
Acquamarina aveva continuato a vedere immagini, immagini brutte e spaventose, che non avrebbe mai voluto vedere. Acqua poteva pensare e vedere quelle figure, ma non stava né dormendo, né era svenuta, non era sveglia e non poteva svegliarsi. Voleva vedere e capire che cosa stava succedendo. Vide un villaggio, un piccolo villaggio sormontato da un castello. Il paesino sembrava tranquillo, ma fuori dalle mura si stava svolgendo una feroce battaglia. Persone con la pelle blu e le pinne combattevano con tutto quello che avevano e una grande speranza contro eserciti interi di mostri viscidi, squamosi e rivestiti da armature pesanti che mandavano bagliori sinistri. La battaglia infuriava. Per ogni mostro abbattuto, morivano almeno due uomini. Poi Acqua vide un uomo, protetto da un cerchio di mostri, che sembravano i più potenti e i più grossi. Quell’uomo aveva un qualcosa di sinistro e malvagio. Indossava un pesante mantello nero e continuava a dare ordini e a lanciare fiamme ovunque.- Avanti, Cavalieri, sopprimete Atlantis e l’oceano intero sarà mio! –
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 28
Preparativi

Alicarnasso finì di chiudere i bottoni della camicia e si guardò allo specchio, soddisfatto.
- Celeste, muoviti, tra mezz'ora dobbiamo essere là e non voglio arrivare in ritardo! - urlò alla sorella che se ne stava stranamente tranquilla nel suo letto-cuccetta scavato nel muro. Lo aveva costruito lei stessa all'età di cinque anni. Dalla parete si levò uno sbuffo contrariato e la ragazza uscì, raggiungendo il fratello. 
- Sì, scusa Nass, non voglio privarti dell'opportunità di pavoneggiarti in mezzo ad un gruppo di ragazze adulanti e impazienti di passare qualche istante tra le tue braccia. Perdono. - rispose lei. Le sue parole dovevano essere una battuta, ma senza nemmeno l'ombra di un sorriso sul suo volto e voce totalmente piatta e priva d'emozione, la frase risultò incredibilmente scontrosa. 
- Dai, Celeste! Non essere musona, il ballo é fatto apposta per divertirsi, e io ne approfitto. In fondo che male c'é se qualche bella ragazza vuole, diciamo, intrattenersi con me? D'altronde non é colpa mia se sono così irresistibilmente affascinante! - concluse il ragazzo, passandosi una mano fra i capelli, e contemplando l'immagine riflessa nello specchio.
- Sbruffone. - sibilò Celeste, e andò nell'altra stanza a cambiarsi.
In realtà Alicarnasso era veramente un bellissimo ragazzo, capelli neri accuratamente tenuti abbastanza lunghi, occhi azzurri come il ghiaccio della stessa tonalità di quelli della sorella, alto e muscoloso. Aveva la stessa incredibile bellezza fredda e ammaliante di Celeste, ma come carattere era esattamente il suo opposto. Tanto quanto lei era gelida, solitaria e chiusa in sé stessa, lui era amichevole, spiritoso e amava stare in compagnia. Così come Celeste era severa nelle sue relazioni con gli altri, non faceva spesso trapelare le sue emozioni in pubblico per paura del giudizio degli altri e poche persone potevano realmente dire di esserle amiche, Alicarnasso era fin troppo espansivo, si trovava bene con tutti, non aveva difficoltà a fare amicizia con gente nuova, e non si curava di quello che gli altri pensavano di lui a tal punto che non gli importava se tutta la città lo vedeva scambiarsi effusioni con ragazze diverse a distanza di breve tempo. Infatti una delle cose per cui Alicarnasso era famoso era la sua grandissima popolarità tra le ragazze, e lui se ne vantava. Spesso cambiava ragazza, e non lo considerava una mancanza di rispetto verso le sue “ammiratrici”. Per lui era un divertimento, e ai continui rimproveri di Celeste rispondeva che quando avesse trovato la ragazza della sua vita, l'avrebbe trattata bene. Forse l'unica cosa che avevano in comune i due fratelli era la testardaggine. 
Comunque il ragazzo era ben lontano dall'essere irrispettoso o insensibile, perché quando le circostanze lo richiedevano era attento, comprensivo, delicato. Lo dimostrava anche il profondissimo legame che aveva con la sorella, per la quale era un supporto, una spalla, e non mancava mai di aiutarla nei momenti di difficoltà o di sostenerla e incoraggiarla se si sentiva abbattuta. Da quel punto di vista, Alicarnasso era il miglior fratello che Celeste avesse mai potuto desiderare.

Dieci minuti dopo, Alicarnasso stava ancora contemplando il suo riflesso, aggiustandosi di tanto in tanto qualche ciuffo di capelli. Non sentendo più i continui sbuffi di Celeste nel tentativo di sistemare un vestito che le stava decisamente troppo largo, decise di andare a chiederle se avesse bisogno di aiuto. Ma aveva appena messo un piede in corridoio, che la sorella gli sfrecciò davanti, con i bottoni del vestito ancora mezzi slacciati sulla schiena e una mano premuta sulla bocca, correndo verso il bagno. "Oh, no" pensò Alicarnasso "Non ancora!", e si affrettò a raggiungere Celeste, ma si trovò davanti ad una porta chiusa.
Afferrò la maniglia e cominciò a tirare, ma niente da fare, la serratura era stata chiusa dall'interno. - Celeste! Celeste, aprimi!! - le intimò da fuori, sbattendo il pugno libero sulla porta, le orecchie tese a sentir qualsiasi rumore. Ma l'unico suono proveniente dall'interno del bagno era quello dei continui conati di Celeste. Alicarnasso sferrò un altro pugno alla porta, arrabbiato e frustrato, ormai non sapeva più cosa fare. Restò per qualche minuto in ascolto, imprecando e continuando a chiamare la sorella, finché non sentì la debole voce della ragazza, in un sussurro, ordinargli: - Vai via! Non ho bisogno di aiu... - ma un nuovo conato le impedì di terminare la frase. Alicarnasso tentò nuovamente di scassinare la serratura, ma i suoi tentativi furono vani. Restò con le mani sulla porta, completamente impotente, aspettando che Celeste si sentisse un po' meglio e che aprisse. Sentendo il vestito frusciare, pensò che forse la sorella stesse per uscire e si scostò un pochino, ma siccome non succedeva nulla, provò a spingere la porta. Solo quando sentì che la pressione era aumentata moltissimo, Alicarnasso capì: Celeste si era seduta a terra con la schiena contro l'ingresso. Armeggiò ancora un po' con la maniglia, ma subito fu interrotto dalla voce della sorella.
- Ti prego, Nass, vai via... -  sussurrò la ragazza, singhiozzando con la testa appoggiata alla porta.
Alicarnasso rimase impietrito qualche istante, le braccia stranamente rigide lungo i fianchi. Celeste lo aveva implorato? Proprio lei, la ragazza di ghiaccio, che non si faceva mai mettere i piedi in testa da nessuno? Sfiorò con la punta delle dita il legno scheggiato, cercando di far capire alla sorella che, in caso avesse avuto bisogno, sarebbe sempre stato pronto per lei, anche se dubitava seriamente che lei gli avrebbe mai chiesto aiuto. Lei era una persona abituata a fare tutto da sola, e difficilmente riconosceva di essere debole in qualcosa. Come sempre quando si trovava nei guai, se la sarebbe cavata da sola, ce l'avrebbe fatta. Lei era forte. Alicarnasso restò fermo ancora per un poco, indeciso sul da farsi, i singhiozzi di Celeste che gli rimbombavano nel cervello. Alla fine se ne andò, stranito. Non aveva mai sentito la sorella piangere.

***

Acqua si guardò allo specchio e l’unica cosa che riuscì a pensare fu “Wow”.
Sulla terra era il primo di giugno, ad Atlantis era la notte che Acqua pensava sarebbe stata la più lunga della sua vita. Per la madre adottiva, la ragazza era in montagna per tre giorni, in vacanza; in realtà gli ultimi due giorni non erano stati per niente una passeggiata. 
Aveva aiutato la cugina per la preparazione e l’addobbo delle sale, aveva preso parte a lunghissime (e, doveva ammetterlo, divertenti) lezioni di ballo insieme a Max e, a volte, alla cugina, per poi passare un’intera giornata dedicandosi alla prova e al perfezionamento degli abiti che avrebbero indossato quella sera. 
All’inizio Acqua aveva pensato che avrebbe finito per odiare il proprio. Conosceva i gusti di Corallina, e sapeva che le piacevano i pizzi e i merletti in una misura un po’ troppo alta. 
Ma, alla fine, la cugina aveva rispettato i suoi, di gusti, e le aveva fatto indossare un abito che corrispondeva perfettamente ai requisiti. Semplice, forse un po’ troppo scollato, ma non esageratamente appariscente. Ed era rosa pesca. Il corpetto era tutto arricciato, con le spalline di tulle, e morbide rose di stoffa erano adagiate sul suo fianco destro e scendevano leggere lungo la gonna, come una cascata.
Acqua continuò a guardarsi allo specchio mentre Corallina le sistemava i capelli in uno chignon arruffato e scomposto, che contrastava con la composta eleganza dell’abito. La principessa sedeva tranquilla, mangiandosi le unghie e fissandosi nel riflesso, perplessa.
- Non sembro nemmeno io. - sussurrò, piano. Non voleva urtare l’orgoglio di Corallina, che aveva fatto un bellissimo lavoro, solo che non si era mai vista così, e l’effetto era…strano.
- Certo che sembri tu, sei solo più elegante e carina del solito. – replicò la cugina, la cui felicità era in quel momento indistruttibile. Lei viveva per quella serata, e non riusciva a capire il nervosismo della cugina. 
- E così vieni con Max… - la buttò lì, cercando di tirarle su il morale, o almeno di distrarla.
- Già. - rispose Acqua, laconica.
- Scelta alquanto prevedibile. - commentò la rossa, scuotendo la testa. - Ci avrei scommesso. - rise.
- È già tanto che io venga, non sarei in grado di ballare con nessun altro. -
- Lo sai che poi dovrai cambiare partner, vero? - azzardò Corallina. Probabilmente, invece di distrarre Acqua, la stava facendo pentire della scelta. Ops. 
- Cerco solo di non pensarci. - sospirò Acqua. Seguì un momento di silenzio, in cui Corallina cercò di capire se poteva spingersi oltre con i commenti. 
Ma, d’altronde, era Corallina, e non riuscì a trattenersi.
- Comunque, sai che tu e Max siete proprio carini? - gongolò, assaporando l’espressione imbarazzata di Acqua, che era arrossita fino alle orecchie. La principessa provò a biascicare un rapido quando prevedibile “siamo-soltanto-amici”.
- Non contraddirmi, non  siete “soltanto amici”. Non sono stupida, cugina. Ho visto il modo in cui vi guardate, come vi sorridete, come vi tenete per mano. E, fidati, non è una cosa da amici. - Corallina smise per un attimo di pettinarla e la fissò negli occhi.
- Sul serio, perché non vi mettete insieme? - insistette. Acqua distolse lo sguardo, arrossendo ancora.
- Beh… in realtà… non sono molto sicura di… quello che provo. E per niente sicura di quello che prova lui. - sussurrò.
- Ma dai, Acqua… lui è cotto marcio di te! -  sbraitò Corallina.
- Dici sul serio? - 
- No, sto scherzando. - Corallina smise un’altra volta di pettinarla, irritata, un sopracciglio inarcato. - Ovvio, stupidona!!! A volte mi domando se tu ci veda bene. O hai delle cozze sugli occhi? -  Acqua non poté fare a meno di sorridere.
- Non lo so, Corallina. È tutto così strano… dovrei rifletterci per bene. – disse Acqua, poi rimase in silenzio. Il discorso era chiuso, ma nulla le impediva di divertirsi anche lei un po’ con la cugina.
- E tu con chi vieni? - le chiese, ammiccando.
- Con un tizio appiccicoso meglio noto come Mik Gilsh. - Sentendo il nome, Acqua soffocò le risate.
- Con quell’imbranato? Mi stupisco di te. - la punzecchiò.
- Ridi, ridi pure. Sappi che potrebbe capitarti chiunque dopo, e che ti riserverò lo stesso trattamento in caso finissi con qualcuno del genere. -
- Scusa. Perché non Henri? Pensavo che voi due foste a un passo dal matrimonio, ormai. - rise Acqua.
- Ahahah, divertente. Avrei voluto, ma lui non può venire, perché la sua famiglia non discende da quelle nobili dei tempi antichi. E poi, non si è fatto avanti in nessun modo. - sospirò Corallina.
- Cugina, ma hai presente di chi stiamo parlando? Pensi sul serio che Henri abbia il coraggio di farsi avanti, timido com’è? - 
- Lo so, hai ragione, ma non voglio forzarlo. Capisco che sia un po’ titubante e non voglio che si senta obbligato a stare con me. Non vorrei che stesse solo immaginando di sentire qualcosa che in realtà non sente, e che gli sto facendo credere io… - Corallina fece spallucce e continuò a pettinare Acqua per qualche minuto.
- Finito! – disse e, allontanandosi un pochino, ammirò il suo lavoro.
- Sei perfetta, cugina! Adesso possiamo passare al trucco! –

***

Mancava poco più di mezz’ora all’inizio del ballo, quando Max entrò nella stanza di Corallina, dove le ragazze stavano finendo di prepararsi.
- Buonasera, incantevoli fanciulle. - disse. - Mi permettete di trascorrere qualche incantevole momento nella vostra incantevole compagnia? – domandò, con voce esageratamente ridicola. Le due ragazze si misero a ridere. 
- I miei complimenti, Corallina, ogni anno superi te stessa. Siete bellissime tutte e due, da mozzare il fiato, veramente. - 
- Grazie, ma lo sapevamo già! - cinguettò allegra Corallina, saltellando da una parte all'altra della stanza, e provandosi diversi fiori colorati sui capelli. 
- Sono elettrizzata, non sto più nella pelle! - 
- Non si capisce, sai? Dissimuli molto bene la tua euforia. - commentò Max, che non poteva fare a meno di ridere, a fianco di Acqua. 
- Fai pure tutti i commenti che vuoi, sappi che non distruggerai mai la mia felicità! – sussurrò Corallina, rivolta a Max, con un finto sguardo truce. Meno di tre secondi dopo, aveva ripreso a canticchiare e ballare per la stanza.
- Oh, allora presumo che non ti farà nessun effetto sapere che il tuo accompagnatore è già arrivato. - ribatté Max. Acqua vide la cugina sbiancare e spalancare gli occhi. - Sei sicuro? - chiese, voltandosi di scatto verso di lui. Il ragazzo annuì, ridendo. 
- Oh, mio dio. - sussurrò Corallina. - Oh, mio Dio!!! - strillò ancora una volta, saltellando da un piede all’altro. - Come sto, cugina? I capelli? Il trucco? - chiese rivolta ad Acqua. 
- Non ti preoccupare, sei bellissima. - rispose.
- Dici davvero? - domandò di nuovo Corallina.
- Ovvio, stupidona! A volte mi domando se tu ci veda bene. O hai delle cozze sugli occhi? - rispose Acqua, facendole l’occhiolino. Le due ragazze cominciarono a ridacchiare insieme nello stesso istante.
- Ok, non so che cosa abbiate voi due contro le cozze e mi dispiace interrompere il vostro divertimento, ma Corallina farebbe meglio ad andare. - disse Max. 
- Sì, hai ragione. - rispose lei, senza smettere di ridere.  - Divertitevi, buona serata! - disse, e li congedò con un gesto della mano come per dire: - Vi tengo d’occhio. - 
Max e Acqua rimasero soli nella stanza di Corallina. 
- Allora, come va, Acqua? - le chiese il ragazzo, vedendola un po’ corrucciata.
- Tutto bene, sono solamente un po’ nervosa. -  rispose lei. Anche se “solo un po’” le sembrava un bugia, la verità era quella: era tremendamente nervosa per quella che Max aveva chiamato “la loro entrata trionfale davanti a tutti gli invitati”, e che sarebbe stata seguita dal “primo vero ballo di primavera degli ultimi sei anni”. Max le aveva raccontato che la madre non aveva più preso parte ad un evento del genere dopo la morte del re, e che quindi tutti avevano grandi aspettative in lei. Ancora meglio. Acqua ricominciò a mangiarsi le unghie, fissando il pavimento.
- Non c’è bisogno di agitarsi così, Acqua. - le sussurrò Max, mettendole una mano sulla spalla e accarezzandola lievemente. 
- Già, non c’è bisogno! Tanto c’è solo mezza città là sotto che non vede l’ora che io arrivi! - strillò Acqua, in preda all’isterismo. Max la abbracciò, sollevandola da terra.
- Non stai andando al patibolo, testarda di una principessa, è una festa! - le disse Max - Nessuno si aspetta niente, solo che tu ti diverta e che passi una serata allegra diversa dal solito! Capito? - Acqua si rilassò, sospirando e sperò che fosse realmente così. I due ragazzi rimasero abbracciati, immersi nel loro mondo, cullandosi al ritmo dell’allegro chiacchiericcio che proveniva da sotto. Acqua chiuse gli occhi e abbandonò la testa sul petto di Max. Si concentrò sull’eco di conversazioni e risate sparse, inframmezzate qua e là da qualche sporadica nota - i musicisti che si stavano preparando per la serata. Acqua immaginava la colorata moltitudine di giovani agghindati per l’occasione che vagavano per la sala in cerca di nuove conoscenze, il profumo de fiori che lei e la cugina avevano aiutato a sistemare in allegre ghirlande, gli innumerevoli specchi che riflettevano tutto quel trionfo di luci e colori. La ragazza sorrise, pensando che i genitori si erano conosciuti proprio così. Come nei ricordi di Acquarius durante il cambio del partner, rivedeva la madre volteggiare in un magnifico abito celeste tra la folla, bellissima ma semplice, e finire tra le braccia del principe. Ricordava le prime parole imbarazzate, il rossore istintivo che si era sparso sulle guance di quella splendida ragazza, e la gioia che aveva percepito nei ricordi del padre a fine serata.
Malgrado tutte quelle immagini le facessero sentire la voglia di piangere, piegò le labbra in un debole sorriso irrazionale. Certo, la tristezza era inevitabile, ma da qualche parte dentro di lei sentiva una tenerezza profonda. I suoi genitori erano l’emblema di un amore forte, sincero e vero, che non l’avrebbe mai abbandonata, qualsiasi cosa fosse accaduta.
- E ora cosa faremo? - chiese a Max, sciogliendosi leggermente dall’abbraccio. Lui aggrottò le sopracciglia, disorientato.
- Cosa faremo ora che abbiamo recuperato la spada, ma è stato tutto inutile? - ripetè la ragazza.
- Non lo so, Acqua. - rispose lui - Ma non devi preoccuparti troppo per questo. Forse ci siamo sbagliati e i poteri sono semplicemente tornati al Dragone. Non sempre una spedizione porta successo, ma non devi abbatterti così. - Acqua lo guardò negli occhi, avvilita e delusa.
- Era l’ultima cosa che mi legava a loro. - sussurrò, spostando lo sguardo verso il basso. Si strinse le braccia intorno allo stomaco, come se avesse avuto improvvisamente freddo. 
- Era l’unica cosa che forse mi avrebbe reso più forte, che mi avrebbe permesso di renderli fieri di me. - continuò, lo sguardo a terra. Max sorrise.
- Loro sono già fieri di te, Acqua. - sussurrò il ragazzo. Le appoggiò una mano sulla spalla e si avvicinò, accarezzandole il braccio. Quando Acqua sollevò lo sguardo, i loro visi erano a pochi centimetri di distanza.
- Grazie. - sorrise lei, con una nuova luce negli occhi. Una luce fiera, risoluta. 
- Non c’è di che. - bisbigliò Max. 
Il ragazzo ebbe un piccolo tentennamento, come un attimo di indecisione, poi posò una mano sulla guancia di Acqua e, con una carezza, la attirò dolcemente verso di sé. Acqua non sapeva più cosa pensare. Con il battito del cuore così accelerato da non riuscire più a distinguerne i battiti, sperò solamente che lui non stesse solo giocando, e che non si ritirasse come era successo in precedenza. Ma questa volta Max sembrava intenzionato a continuare. Acqua lasciò che le sollevasse il viso con due dita sotto il mento e chiuse gli occhi, mentre appoggiava le labbra sulle sue. Il cuore di Acqua aumentò il ritmo. Quel momento era così perfetto: le labbra di Max, così ruvide e allo stesso tempo così dolci, sapevano di sale, forza e coraggio; i loro respiri, uniti, si fondevano come parti della stessa anima.
La ragazza sentì un brivido correrle giù per la schiena, quando Max fece scivolare una mano sul suo collo e la spostò sulla sua nuca. Acqua gli mise un braccio intorno alle spalle e cercò di avvicinarsi e stringersi ancora di più a lui. 
Ora Acqua era incapace di fermarsi, era così felice che mai avrebbe deciso spontaneamente di lasciarlo andare. Fu l’orologio a cucù della camera di Corallina a interromperli, segnalando a gran voce che erano le otto. I due ragazzi si separarono, gli sguardi incatenati.
- Penso che sia ora di scendere. – constatò Max, senza degnare l’orologio di uno sguardo.
- Dobbiamo proprio? – chiese Acqua, il respiro affannoso.
- Non vorrai deludere mezza città. – scherzò Max, meritandosi un amorevole pugno sulla spalla da parte della principessa. Poi la prese per mano e la condusse verso la sala da ballo.
   
 
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