Il dormitorio che si trovava nel
blocco H3T4 era poco
distante al fabbricato metallurgico L14 a lui associato, e piuttosto
vicino al
perimetro recintato ed elettrificato del campo. Nell’entrare
nello stabile
Toris Laurinaitis rimase a bocca aperta per lo sgomento. Al suo interno
file
interminabili di cuccette di legno erano appoggiate sui due lati
dell’edificio,
riducendo lo spazio del già piccolo stabile ad un lungo
corridoio. Tutte le
cuccette erano riempite di paglia dall’odore ripugnante e dal
colore innaturale
e alcune erano occupate dai malcapitati che prima di lui erano arrivati
in quel
girone infernale mentre altre in quel momento stavano conoscendo i loro
nuovi
inquilini. Tutte le cuccette erano larghe in modo tale da farci entrare
comodamente una persona sdraiata, peccato che quei sadici dei suoi
secondini
avevano avuto la brillante idea di stiparne due per letto.
Toris era stato assegnato alla
cuccetta T3 e mentre la
cercava sperava con tutta la sua anime che fosse vuota, ma soprattutto
che
avesse della paglia meno marcia delle altre. Con sua grande delusione,
la
cuccetta era già occupata da un ragazzo dai capelli lunghi e
biondi e dall’aria
nervosa che sembrava avere all’incirca la sua stessa
età.
“Scusami, è
questa la cuccetta T3? Sono stato assegnato ad
essa poco fa”
Il ragazzo biondo gli
lanciò uno sguardo timido e annuì
velocemente facendogli spazio nel letto. Nel salire sulla cuccetta
Toris notò
con un certo disappunto che la paglia era esattamente uguale a quella
degli
altri letti, se non peggiore. Sospirando sconfitto si sedette vicino al
suo
nuovo coinquilino e dopo qualche istante di esitazione cercò
di avviare un
qualche tipo di discorso.
“Ehm… dunque io
sono Toris Laurinaitis, sono lituano e sono
arrivato qui soltanto da qualche ora, tu chi sei?”
“Mi chiamo Feliks
Lukasiewicz” Rispose timidamente.
“Hai un accento molto
forte, sei per caso russo?” Chiese
bonariamente il ragazzo bruno.
A quelle parole lo sguardo di Feliks
mutò in un cipiglio
arrabbiato mentre il suo atteggiamento divenne più sicuro di
sé e sfrontato.
“Cosa diavolo stai dicendo,
novellino? Io sono polacco, non
russo, non paragonarmi a quella gentaglia che cerca da secoli di
conquistare il
mio amatissimo paese. Non vedi che sono totalmente differente da loro?
Che cosa
ti ha fatto pensare a una cosa simile?”
Toris fu letteralmente investito da
una fiumana di parole,
esclamazioni, insulti e domande che velocemente si discostarono
dall’argomento
iniziale della discussione. In poco tempo Feliks raccontò in
modo dettagliato
la sua vita e le sue passioni a Toris che rimase basito ad ascoltare le
chiacchiere inutili del compagno. Così Toris
scoprì che Feliks era nato e
vissuto a Varsaviain una famiglia ricca, che con lo scoppio della
guerra e
l’invasione tedesca aveva cercato di aiutare le persone di
religione diversa da
quella cristiana a fuggire, per poi essere catturato e deportato in
quel campo
di concentramento circa un anno prima. Toris scoprì inoltre
che il suo colore
preferito era il rosa e che aveva un pony che adorava alla follia e che
lo
aspettava a nella sua villa a Varsavia.
Dopo ben cinque minuti di chiacchiere
varie, Feliks si fermò
e sorridendo al ragazzo lituano fece segno con la mano verso la
cuccetta.
“Tu mi piaci sai?
È dato che mi piaci ti permetto di avere
un quarto della mia cuccetta. Ovviamente il resto dello spazio
è il mio e lo
pretenderò quando andremo a dormire, ma proprio
perché mi sei simpatico ti
offro un po’ di spazio in più di quello che
generalmente concedo” E senza dire
altro (per fortuna) o domandare qualcosa a Toris, gli girò
le spalle
interessandosi alle persone che entravano nello stabile.
Toris voleva piangere.
Da quando nell’operazione congiunta con la Lettonia e
l’Estonia di qualche mese
prima era stato catturato e incriminato per dissidenza politica e
sostegno alla
politica filo-russa la sua vita era diventata un calvario. Era stato
prima
imprigionato con i suoi compagni di operazione Eduard e Raivis in una
prigione
lituana filo-tedesca, poi successivamente diviso dai suoi compagni e
deportato
nel campo di concentramento prussiano. Toris era seriamente preoccupato
per i
suoi compagni e soprattutto per l’esito
dell’operazione, che altro non era che
un sabotaggio ai danni del governo tedesco in Lituania e un possibile
appiglio
per una penetrazione russa nel territorio, e sperava con tutto
sé stesso che le
altre squadre impegnate nell’operazione avessero concluso con
successo il loro
compito.
Sospirando cercò di
rilassarsi sistemando le poche cose che
gli avevano consegnato dopo essere passato nel lavaggio comune e aver
visto
tutti i suoi averi essere bruciati: una coperta rattoppata e leggera
come una
maglietta di cotone e una gavetta ammaccata di latta con due posate
storte.
Dalle storie che aveva sentito dire in giro doveva cercare di tenersi
stretto quelle
poche cose che aveva perché potevano essere facilmente
rubate e di certo le
guardie non glie ne avrebbero date altre.
Il ragazzo decise di avvolgere la coperta intorno alla gavetta e di
mettere il
sacco così formatosi sotto la paglia lercia, cercando di
occultarne l’esistenza
e sperando che il suo compagno di cuccetta non si appropriasse anche di
quello.
Mentre cercava di raggruppare la
paglia sopra il fagotto una
voce flebile cercò di richiamare la sua attenzione, fallendo
miseramente. Al
quarto tentativo la vocina riuscì a farsi sentire da Toris.
“Mi scusi! Potrebbe
gentilmente dirmi dove posso trovare la
cuccetta C2? Io non riesco a vedere bene i numeri”
Lo sguardo di Toris si
abbassò sulla figura alta, esile e
molto graziosa di un ragazzo biondo con grandi occhi violetti. La sua
voce
bassa e i suoi atteggiamenti timidi lo presentavano come un ragazzo
estremamente gentile, innocente e molto sensibile. Il suo sguardo
supplichevole
rimase fisso sul lituano finché quest’ultimo non
gli sorrise e scese dalla sua
cuccetta.
“Certo, con molto piacere.
Sono Toris Laurinaitis, tu come
ti chiami?”
“S-sono Matthew
Williams” Rispose arrossendo leggermente
“Purtroppo nel lavaggio mi hanno portato via tutto compreso
gli occhiali e non
riesco a vederci bene. Ho tentato di dirgli che erano essenziali per
me, ma non
mi hanno ascoltato!”
Toris non aveva dubbi a riguardo.
Matthew sembrava la tipica
persona che poteva passare inosservata anche in una stanza
completamente priva
di ostacoli visivi. La sensazione che lui fosse in realtà
una spia di qualche
esercito si insinuò in lui velocemente, spinta da
un’incredibile curiosità per
quel ragazzo così fuori luogo.
“Sei per caso una
spia?” Chiese improvvisamente mentre
arrivavano alla cuccetta C2.
“Si! C-come hai fatto a
capirlo? Ho operato nella divisione
canadese dell’esercito inglese, mio fratello invece opera
nell’esercito
americano come aviatore. Spero di rivederlo un giorno”
Lo sguardo del canadese si
oscurò al pensiero del fratello
ormai chissà dove e Toris provò una certa
pietà per lui. Si fermò davanti una
cuccetta vuota e la indicò con la mano.
“Questa è la tua
cuccetta. Sei stato molto fortunato, sembra
vuota al momento”
“Ti ringrazio
dell’aiuto che mi hai dato, Toris. Quardo
riusciremo ad uscire da qui ti inviterò senz’altro
a mangiare pancakes con
sciroppo d’acero a casa mia!”
Matthew sembrava davvero convinto di
quello che diceva come
se fosse certo che prima o poi sarebbero usciti tutti sani e salvi da
quel
luogo mostruoso. Toris lo osservò senza parole mentre saliva
con difficoltà le
scalette per arrivare alla sua cuccetta per poi lanciargli un sorriso e
salutarlo con la mano mentre sistemava i suoi averi sul letto.
Matthew era troppo gentile e ingenuo per quel luogo e Toris sapeva che
sarebbe
stato mangiato vivo, e che sicuramente non sarebbe sopravvissuto a
lungo.
“Su, un ultimo sforzo,
siamo quasi arrivati… così, da bravo…
oui, ci siamo! Eccoci al blocco H3T4. Ora dobbiamo cercare soltanto il
tuo
nuovo letto”
Feliciano annuì e sorrise
al gentile ragazzo francese che si
era preso cura di lui da quando era arrivato in infermeria e lo aveva
accompagnato fino al blocco dove si trovava il suo dormitorio. Era
molto grato
a quell’uomo che lo aveva aiutato così
premurosamente, anche se gli aveva
palpeggiato il fondoschiena varie volte.
Il treno che lo aveva deportato dall’Italia fino al campo era
arrivato nel
tardo pomeriggio e ormai era già sera inoltrata quando
Feliciano vide per la
prima volta lo squallido dormitorio che sarebbe diventato la sua nuova
casa per
chissà quanto tempo. Feliciano sperava per poco, ma vista la
situazione in cui
si trovava dubitava fortemente di quella speranza.
Si sentiva tutto indolenzito a causa
delle bastonate che
aveva ricevuto diverse ore prima e che gli avevano lasciato sulla pelle
enormi
lividi scuri, mentre sul volto Francis aveva coperto le varie
escoriazioni con
delle bende di cotone. Ma nonostante ciò, Feliciano provava
una specie di calore
nel petto nell’aver saputo dall’infermiere francese
che uno delle guardie del
campo si era preoccupato di assisterlo nel lavaggio e di accompagnarlo
nell’infermeria assicurandosi che ricevesse le cure adatte.
Certo, questo non
significava nulla, magari quell’uomo aveva agito solamente
per non perdere un
paio di braccia destinate al lavoro in fabbrica, ma il pensiero che
anche tra
le guardie disumane che lo avevano ridotto così ci fosse
qualcuno dotato di
bontà gli riempiva il cuore di felicità.
Entrando nello stabile Francis si
guardò in giro sforzando
la vista nella penombra e sorrise ai nuovi arrivati che avevano
occupato le
cuccette.
“O là
là, il dormitorio si è ripopolato! Non
è una bella
cosa, Feliks?” Chiese sorridendo a un ragazzo biondo che
intanto chiacchierava
con il suo coinquilino dall’aspetto piuttosto stanco.
Feliks guardò Francis con
sospetto ma non rispose,
preferendo tornare a tormentare il povero ragazzo bruno con le sue
chiacchiere.
Francis rise e cominciò a camminare nel corridoio tra le
cuccette presentandosi
a tutto, lanciando occhiolini e bacetti dappertutto e sorridendo
finché non si
fermò davanti una cuccetta coperta di paglia putrida.
“Ecco la cuccetta numero
P4, la tua cuccetta. Inoltre è
anche vicino alla mia, non sei contento?”
Feliciano in effetti era contento di
avere qualcuno vicino
durante la notte. Era stato abituato fin da piccolo a dormire nello
stesso
letto abbracciato a suo fratello e le prime notti passate senza stare
al suo
fianco erano state quelle dentro il vagone, per questo
l’avere qualcuno a
fianco, anche sconosciuto, lo avrebbe certamente tranquillizzato.
Salito sulla sua cuccetta,
l’italiano iniziò a sistemare la
coperta e la sua gavetta in modo tale da non dargli fastidio durante il
sonno,
quando nel dormitorio entrarono all’improvviso due uomini
vestiti di pelle
nera. Uno di loro aveva in mano una grossa torcia con cui illuminava
direttamente i volti dei prigionieri, accecandoli.
“Bene bene, signori, vedo
che vi siete accomodati nei vostri
bei lettini!” Esclamò una voce urlando con il suo
forte accento tedesco.
Feliciano riconobbe subito quella
voce attribuendola
all’albino che diverse ore prima lo aveva picchiato senza
pietà. D’istinto si
ritirò nella cuccetta cercando di non farsi vedere, ma il
fascio di luce lo
individuò e puntò dritto sul suo volto
costringendolo a chiudere gli occhi e
chinare la testa.
“Ah ma tu sei
l’italiano sordo di prima! Vedo che sei
riuscito a cavartela, allora gli italiani hanno anche la pelle dura,
non solo
la testa! Dovresti ringraziare il mio fratellino se hai ancora tutti i
denti
per poter masticare il pane, sporco maccherone, altrimenti ti avrei
davvero
ridotto in una purea di patate, kesesese!”
Il fascio di luce si
allontanò dal volto dell’italiano che
si nascose sotto la coperta tremante dalla paura.
“Tornando a noi, io e mio
fratello Ludwig siamo qui per
informarvi che saremo i vostri nuovi responsabili. Vi controlleremo per
tutto e
qualsiasi cosa voi vogliate fare, anche andare a pisciare, dovrete
chiedere il
permesso a noi, sia chiaro? Ogni atto di disobbedienza sarà
severamente punito”
Il fascio di luce illuminò un cumolo tremante nascosto sotto
una coperta logora
“Bene, detto questo, buonanotte stronzetti. Cercate di
riposare bene perché
domani inizierà l’inferno per voi”
Una risata isterica
riecheggiò nello stabile mentre i due
soldati si allontanavano a grandi passi lasciando i prigionieri al buio
in un
silenzio tombale.
Ed ecco un altro capitolo finalmente!! La stesura sta andando bene quindi spero di pubblicare spesso in breve tempo :D
Come al solito perdonate errori di vario tipo ><
Bene, cosa dire? Innanzitutto povero Lituania nelle mani di Polonia x'D In effetti io non amo molto Polonia perciò scusatemi se l'ho caratterizzato un po' male!
I personaggi usati in questa ff non sono presi a caso, ho cercato di prendere tutti i paesi che bene o male sono stati invasi dalla Germania nell WW2. Certo ne mancano alcuni ma non volevo usare troppi personaggi per non appesantire la storia.
Canada fatti valere che qui ti mangeranno vivo DX
Al prossimo capitolo ;) Se avete qualche consiglio da darmi o per commentare la storia sono a vostra completa disposizione!!