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Autore: Ginnylbound    01/09/2017    1 recensioni
Edward e Bella si vedono per la prima volta al liceo. Non appena mette gli occhi su di lei, Edward rimane scioccato: è identica a Tasha, il suo grande amore dei lontani anni '30.
Da questo incontro, Edward dovrà ritornare a fare i conti col passato, col dolore famigliare e con ben due persone che cercano di uccidere Bella. Entrambe per lo stesso motivo.
Edward vuole starle lontano, sa che un'umana non deve avere a che fare con un vampiro, ma non ci riesce: come mai Tasha e Bella sono identiche?
Ispirata a The Vampire Diaries solamente per il concetto di "doppelganger" e del sacrificio di uno/a di essi. Per il resto, beh, è tutt'altra storia. Un altra leggenda misteriosa. Altri cattivi con cui fare i conti. L'intervento divino. Troverete vendette e tradimenti. Ma anche amore incondizionato e amore famigliare. E, ovviamente, vampiri.
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Bella/Jacob, Carlisle/Esme
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight, Breaking Dawn
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Forks, 2 Settembre 2008.

 

"Quell'anatra, comunque, non era ben cotta"

 

"Oh, Jackson, devi sempre trovare il pelo nell'uovo! E' stata la cena migliore che abbia mai avuto, quando mai ci capiterà di cenare in un ristorante così lussuoso?" Strillò Yvonne, dando una gomitata al suo ragazzo che, sorridendo, continuò a guardare la strada davanti a sè, concentrato.

 

"Cosa dice il navigatore? Con questa nebbia, non mi ricordo la strada dell'andata" Sbuffò Jackson, stringendo gli occhi a fessura.

 

"Tra due chilometri, devi girare a destra"

 

Yvonne si rannicchiò nel suo spolverino, facendo dei brevi commenti sul brutto tempo che stava facendo in quel periodo. Alla risposta monocorde di Jackson "E' Forks", si voltò a guardare fuori dal finestrino, stanca. Era stata una lunga giornata, ma la cena era davvero stata squisita, si sentiva molto soddisfatta. Il suo cellulare improvvisamente iniziò a vibrare.

 

"Pff, mia madre. Pronto, mamma? Ciao, sì, abbiamo cenato in un ristorantino meraviglioso, tu e papà dovete proprio andarci. Cosa? Eh sì, ti sento poco, siamo usciti adesso da una galleria. Ci vado domani. Sì, te l'ho già detto che puoi venire!" Si voltò verso Jackson, mettendo una mano sul telefono, per non farsi sentire, e sussurrò: "Vuole venire anche lei alla prova dell'abito, sarà un inferno, te lo assicuro". Jackson rise di gusto, poi tornò serio ad osservare la strada.

"Sì, stiamo andando a casa. No, penso di andare dal pasticciere di fiducia di Anna, mi ha assicurato che è bravissimo e ha già preparato torte nuziali. Sa il fatto suo, mamma! Zia Jo può dire quello che le pare, ma è il MIO matrimonio! Sì. Va bene, ok, buonanotte anche a te. Sì, Jackson ricambia il saluto. Saluta papà ed Emily. Ok, sì, un bacio!"

 

Jackson si voltò verso Yvonne, osservandone l'espressione crucciata. "Va tutto bene, amore?"

 

"Sì, zia Jo si sta intromettendo troppo, pretende di sapere solo lei come organizzare un matrimonio. Te lo giuro, amore, mi sta facendo impazzire" Replicò Yvonne, massaggiandosi le tempie. Jackson le accarezzò dolcemente una guancia, mormorandole di stare tranquilla.

 

Yvonne tutt'un tratto si irrigidì, poi urlò disperata: "Jackson, attento!"

 

Il ragazzo, riportato lo sguardo sulla strada, cercò di sterzare ma non riuscì ad evitare di investire la ragazza che si trovava immobile di fronte a loro, in mezzo alla strada. Il colpo fu tremendo e la ragazza fu scaraventata sul tetto della macchina e oltre. Avendo sterzato così violentemente, la macchina dei due giovani finì sulla banchina, in mezzo al prato, schivando fortunatamente un albero.

 

Non si fecero un graffio.

 

Yvonne, dopo essersi slacciata la cintura goffamente, si voltò verso Jackson che aveva gli occhi spalancati, fissi sul parabrezza e le mani incollate saldamente al volante.


"Jackie.." Le lacrime uscirono spontanee, mentre si portava entrambe le mani davanti agli occhi "Stai bene?" Jackson appoggiò la testa al volante, devastato. Yvonne, titubante, osservò dallo specchietto retrovisore, il corpo della ragazza sull'asfalto.

 

Tremante, fece per uscire dalla macchina per andare a soccorrerla ma Jackson le bloccò istintivamente il braccio.

 

"Lasciami, Jackson, devo andare a soccorrerla, devo chiamare la polizia!"

 

"Yvonne, non credo sia viva! L'ho..l'ho presa in pieno e..hai visto.. il volo..cazzo, ma cosa ci faceva in mezzo alla strada, immobile, a quest'ora?!"

 

Entrambi stavano urlando, spaventati. Jackson aveva gli occhi spenti e continuava a tremare. Yvonne non riusciva a fermare le lacrime e a dilaniarsi i vestiti con le unghie.

 

"Che importanza ha?! Jackson, dobbiamo aiutarla!"

 

"Mi metteranno in galera!" Yvonne, a quelle parole, trattenne il respiro, mozzato dai singhiozzi. Qualche minnuto prima parlavano della loro futura vita insieme e invece in quel momento non sapeva nemmeno dove sarebbe stata l'anno successivo. E, soprattutto, dove sarebbe stato il suo ragazzo. Ma decise di non dar retta al suo cervello: il suo cuore, così buono e gentile, voleva almeno provare a sperare che la ragazza fosse ancora viva, che la poteva aiutare. Senza pensarci due volte, aprì la porta della macchina e, con fatica, scese ed iniziò a camminare verso il corpo apparentemente senza vita della giovane.

 

"Yvonne!" Urlò sconcertato Jackson dal posto di guida, cercando di liberarsi dalla cintura.

 

Ma Yvonne era già in mezzo alla strada, accanto a quella che sembrava una ragazza uscita da qualche rivista di moda. Era di una bellezza sconcertante, quasi spaventosa. Aveva capelli rosso fuoco, ricci e voluminosi e una pelle diafana, di porcellana. Sembrava stesse solo dormendo. Un angelo addormentato. Indossava dei jeans attillati che le aderivano perfettamente, un paio di stivali col tacco, una maglia a maniche lunghe con una scollatura provocante a lasciar intravedere un seno perfetto e, sopra la maglia, portava un giubbottino di pelle nera primaverile.

 

"Starà congelando" Pensò ingenuamente Yvonne, per poi maledirsi per aver pensato a una cosa del genere.

 

"Signorina, mi sente?" Sussurrò Yvonne, sentendosi una stupida. Jackson la raggiunse poco dopo, inginocchiandosi inerme davanti al corpo della donna.

 

"Amore, io..Io non voglio.."

 

Prima che Jackson potesse concludere la frase, l'angelo rosso mosse impercettibilmente una gamba, sorprendendo la coppia. Jackson spalancò la bocca e guardò verso il cielo, mormorando un "grazie". Corse poi verso la macchina per recuperare il cellulare, così da chiamare il 911.

 

Quando Yvonne finalmente vide la donna aprire gli occhi, sorrise e pianse di nuovo, ma, questa volta, erano lacrime di gioia. Le mise una mano sotto la nuca per aiutarla ad alzare la testa.

 

"Come si sente?"

 

La misteriosa donna bellissima saettò i suoi occhi su quelli dell'altra che sobbalzò: erano rossi. Ma non come nei film, gli occhi degli assassini palesemente finti, grazie alle lenti a contatto. Le iridi erano di un rosso purpureo e dalla palpebra inferiore sembravano spuntare a poco a poco delle piccole venuzze. Era sempre bellissima, sì. Ma adesso a Yvonne sembrava solo spaventosa.

 

"Oh, mi sento incredibilmente viva"

 

Senza neanche lasciarle il tempo di respirare o di emettere alcun suono, la donna piombò alla sua giugulare e la prosciugò in qualche secondo, adagiandola poi dolcemente a terra, come per farla addormentare.

 

La scena era surreale. La rossa si alzò in piedi in maniera felina, pulendosi velocemente gli angoli della bocca e sistemandosi i capelli dietro l'orecchio.

 

"Sì, grazie, venite il prima possibile"

 

Jackson, dopo aver terminato la chiamata, mise il cellulare in tasca e si voltò per tornare dalla futura moglie e dall'altra donna. Si incupì nel non vedere nessuna delle due ed iniziò a chiamare la sua amata.

 

"Non c'è" Un metro e 75 di feroce bellezza si piazzò davanti a lui, bloccandogli la visuale. Jackson ammirò per una frazione di secondo la donna, le sue forme, i suoi seni seducenti e le sue labbra carnose, ma poi si ricompose subito, chiedendole dove fosse Yvonne. Si sentiva agitato, senza capirne il motivo. La donna stava bene, perchè aveva quella sensazione di morte addosso?

 

"Credo sia andata a cercare un telefono pubblico. Siamo soli. Mi desideri, vero?"

 

Jackson, dapprima sorpreso, la scostò poi in malomodo, biascicando un insulto. "Deve aver preso una bella botta in testa se una così desidera uno come me" Pensò frastornato Jackson. Sentendosi anche in colpa per il fatto che quella donna aveva mancato di rispetto alla sua futura moglie, cercò con lo sguardo Yvonne ma non vide nulla. C'era solo un silenzio assordante. Preoccupato, iniziò a digitare veloce ilsuo numero sulla tastiera, ma prima che potesse avviare la chiamata, la donna gli strappò di mano il telefono e lo gettò a terra. Con il tacco dello stivale, frantumò lo schermo.

 

"Ma che cazzo, ma sei pazza! Perchè l'hai fatto?"

 

"Mi hai rifiutata" Piagnucolò la donna, facendo il labbruccio. Poi fece splendere i canini appuntiti al chiaro di luna, esponendo tutte le vene intorno agli occhi. Jackson si ritrasse inorridito, inciampando e cadendo nel prato. La donna si leccò le labbra, famelica.

 

"Nessuno mi rifiuta"

 

Furono le ultime parole che Jackson sentì. La donna prese anche la sua vita, ritornando poi fiera sulla strada, camminando contro la luna. L'orecchio teso verso la prossima preda.

 

-

 

Come sempre, pioveva a dirotto a Forks. I giorni di sole erano talmente rari che Edward poteva contarli sulla punta delle dita. Certo, per lui era grandioso, dal momento che era un vampiro. Con il freddo, la pioggia e il buio ci andava a nozze. Ma era certo che per gli essere umani, quella sarebbe stata una di quelle giornate da dimenticare, durante le quali si preferirebbe stare seduti in casa a leggere un libro, fare un bagno o ascoltare della musica. E invece, quel giorno era il primo giorno di scuola dopo le vacanze estive. Un incubo per ogni studente. Per Edward era solo l'ennesimo ritorno a scuola, dopo essersi già diplomato innumerevoli volte in innumerevoli scuole. Quindi, non gli diede poi tanta importanza. Era solo l'ennesimo 3 Settembre.

 

"Emozionato per il primo giorno?" Gli chiese amorevolmente Carlisle, affacciandosi alla porta di camera sua. Si stava sistemando il camice, prima di andare in ospedale. Un ospedale dovrebbe essere l'ultimo luogo dove un vampiro dovrebbe trovarsi, se non vuole essere scoperto. Tutto quel sangue lo manderebbe in estasi e lo porterrebbe a una strage sicura.

 

Ma questo per Carlisle non era più un problema: era l'unico della famiglia ad essere riuscito a resistere al sangue umano completamente. E lo faceva da più di 300 anni.

 

"Simpatico" Edward si infilò la prima maglietta che gli capitò a tiro, dandosi un'occhiata veloce allo specchio.

 

"Ho sentito dire che c'è una studentessa nuova.." Ammiccò Carlisle, facendogli l'occhiolino. Senza chiedere permesso, entrò nella stanza di suo figlio, sfiorando i numerosi libri posti con cura sullo scaffale.

 

"E..hai paura che io la morda?" Chiese infastidito Edward, senza però nascondere la sua preoccupazione. Ogni anno era sempre più facile e difficile allo stesso tempo.

 

"Non hai morso nessuna studentessa finora, quindi.. Credo che posso stare tranquillo"

 

"Sì, la tua reputazione è salva....papà" Grugnì Edward, sorridendo in modo del tutto falso.

 

"So che non approvi il mio stile di vita" Edward aggrottò la fronte ed era pronto a replicare ma Carlisle lo precedette. "Comunque pensavo piuttosto che la nuova arrivata potesse diventare tua amica, chi lo sa. Non hai molti amici a Forks"

 

"Sono un vampiro. Non credo gli abitanti di Forks vogliano me come amico"

 

"Sei tu che non lo vuoi. Non loro"

 

Ancora un volta, prima che Edward potesse ribattere, Carlisle sparì dalla sua vista in un battito di ciglia. Mentre si stava infilando le scarpe, sentì discutere dal salotto. Riconobbe la voce furiosa della sorella e, trovando nei pensieri di Esme una profonda angoscia, decise di scendere a controllare.
 

"Carlisle non devi dirmi quello che devo fare!"

 

"Mi trovo bene a Forks, ho un lavoro, la gente mi rispetta, mi sento finalmente..umano! Non voglio trasferirmi solo per i tuoi capricci!"


"Tu non sei un essere umano, sei un vampiro, come me, come tutti noi! Fattene una ragione!"

 

Edward si interpose tra il padre e la sorella, chiedendo cosa fosse successo. Mise un braccio attorno alla vita della sorella, comprensivo, e la fece voltare verso di lui: "Non è successo nulla, Ed, davvero"

 

"Tua sorella ha ucciso un'altra coppia stanotte" Sentenziò aspro Carlisce, incrociando le braccia in modo autoritario. 

 

Edward si voltò verso di lei, in cerca di conferma. Lei per tutta risposta rimase in silenzio, sorridendo al pensiero che quel dannato matrimonio tra Jackson e Yvonne non si sarebbe mai tenuto.

 

"Rosalie" Edward pronunciò il suo nome in modo dolce e accusatorio allo stesso tempo "So che lo fai per lui, ma non è giusto. Anche se tu non l'hai avuta, tutti hanno diritto ad avere una vita amorosa felice"

 

Rosalie fissava la parete bianca davanti a sè, persa nei ricordi lontani. Carlisle scosse mesto la testa, trovando conforto negli occhi di Esme, che aveva da poco abbracciato il suo stile di vita.

 

"Io, Alice, Jasper cerchiamo di uccidere solo quelle persone che se lo meritano. E anche se Carlisle non è d'accordo, perchè per lui tutti meritano una seconda chance, io credo sia sempre meglio che uccidere innocenti. Tu non credi?"

 

Edward le accarezzò la guancia, fraternamente. Carlisle sospirò: eccetto Rosalie, gli altri suoi figli uccidevano assassini, stupratori, pedofili, persone che non meritavano di esistere, dati i loro crimini. Ma per lui erano comunque esseri umani. Avrebbe davvero voluto che tutta la sua famiglia avesse abbracciato il suo stile di vita. Avrebbero vissuto serenamente, in armonia con gli altri cittadini, finchè sarebbe giunto il momento di andarsene, una volta che la gente si sarebbe insospettita del loro aspetto eternamente giovane.

 

Rosalie digrignò i denti e, scansando bruscamente il fratello, si avviò verso la porta e, prima di uscire, si voltò in modo teatrale, fissando intensamente Edward negli occhi: "No, fratellino, non credo"

 

Sbattè la porta. Qualche minuto dopo, anche Alice e Jasper fecero il loro ingresso in salotto, entrambi sorridenti. Avevano sentito la conversazione dal piano di sopra, ma non volevano essere troppo coinvolti nei litigi. Vivevano nella loro piccola bolla di felicità. Jasper si sedette sul divano accanto ad Edward e Alice si mise sulle ginocchia del fidanzato.

Seconda la recita messa in piedi dal dottor Carlisle, lui e la moglie Esme avevano adottato tutti i loro figli: Edward e Alice erano stati i primi ad essere adottati e avevano preso il cognome del padre, Cullen, mentre Jasper e Rosalie Hale, anche loro fratelli, erano stati adottati successivamente. Jasper e Alice, sempre secondo la recita, si erano poi innamorati.

 

Nella realtà, non vi era alcun legame di parentela tra nessuno di loro. Ma amavano considerarsi una grande famiglia di vampiri legati da profondi legami affettivi.

 

Quel 3 Settembre non era uno di quei giorni.

 

"Che aveva Rosalie?" Chiese Alice, in tono cristallino, dondolandosi sulle gambe di Jasper.

 

"Nulla, Alice, andiamo o faremo tardi"

 

"Non aspettiamo Rose, quindi?" Domandò Jasper, voltandosi verso Edward. Alice scese aggraziatamente dalle sue gambe e andò a recuperare il cappotto dall'appendiabiti, fischiettando un motivetto.

 

"Ha preso la Ferrari" Rispose Edward, facendo spallucce. Jasper rise e, prendendo Alice per mano, uscirono di casa, dopo aver salutato i genitori.

 

"Edward?" Chiamò Carlisle, vedendo il figlio uscire senza salutarlo. Edward si fermò, senza girarsi. "Tieni d'occhio Rose, oggi, d'accordo? Per quanto non approvi le sue scelte, le voglio bene e non voglio le succeda nulla"

 

"Non credo farà una strage di studenti, Carlisle" Replicò acido Edward, finalmente guardandolo negli occhi. Vedendo però con la coda nell'occhio lo sguardo preoccupato della madre, cercò di calmarsi e capire anche il punto di vista di Carlisle.

"Starò sempre con lei" Farfugliò, sospirando.

 

"Grazie, figliolo" Mormorò Esme, stringendo la mano al compagno. Carlisle la guardò con dolcezza e poi saluto Edward, che uscì dalla porta, seguendo i suoi fratelli.

 

"Un altro 3 Settembre. Forse questo.. sarà diverso" Pensò Edward, distratto. Abbassò il finestrino per respirare il vento e chiuse gli occhi, lasciando cavalcare la sua immaginazione.

 

   
 
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