I due giorni scarsi che mancavano
all’arrivo di Ryan a Los
Angeles passarono lentissimi per Victoria, vuoi perché aveva
discusso col padre
per vie delle foto sue alla Con di San Diego, vuoi perché
non era certo avvezza
a frequentare clandestinamente uomini sposati, per di più
famosi ed a rischio
paparazzate. Tuttavia, l’agitazione mista a nervosismo della
ragazza era
spazzata via dalle telefonate o dai messaggi che le inviava
puntualmente Ryan,
il quale sembrava invece tranquillo, tanto da spingerla a chiedersi se
quella
calma fosse dovuta ad un certo allenamento
all’infedeltà seriale o se era
proprio così caratterialmente.
Era impaziente, non vedeva
l’ora di rivederlo. Per quanto
razionalmente sapesse che questa storia era rischiosa, e che
c’erano più contro
che pro, non riusciva a fare a meno di sentirlo o anche solo pensare a
lui.
Nonostante il caos che regnava in quel momento nella sua vita, i dubbi
e le
incertezze, lui era in qualche modo l’unico suo punto fermo.
Ciò era
sicuramente dovuto dal fatto che era più grande di lei,
quindi sapeva bene come
gestire certe situazioni, ma c’era innegabilmente
un’intesa quasi naturale fra
loro, e spesso lui era riuscito a capire gli stati d’animo
della ragazza solo
sentendo la sua voce al telefono o interpretando l’uso della
punteggiatura o
delle emoticons sui messaggi che si scambiavano e per Victoria era una
manna
dal cielo avere qualcuno che si preoccupasse di come stava lei e di
cosa
voleva, dopo i 3 anni passati ad adattarsi a Josh e ad soddisfare le
sue aspettative.
Con suo padre non aveva
più toccato l’argomento, tanto
Andrew aveva già chiaramente detto come la pensava su Ryan,
e Victoria sapeva
bene che quando suo padre prendeva in antipatia qualcuno era quasi
impossibile
fargli cambiare idea. Se avesse immaginato che in realtà la
figlia lo stava
frequentando avrebbe fatto il diavolo a quattro. Non ne
parlò nemmeno con sua
zia Charlotte, perché aveva capito che l’idea
della storia clandestina la
impensieriva. Per fortuna aveva Skyler, sempre pronta a rassicurarla ed
a
minimizzare i suoi dubbi e sensi di colpa. Fu proprio la sua migliore
amica a
darle l’indirizzo di un piccolo hotel piuttosto anonimo ma
carino, situato
fuori mano, alla larga dai luoghi frequentati solitamente dalle
celebrità e, di
conseguenza, dai paparazzi. Certo, non era il Four Seasons, ma era
pulito e
soprattutto al riparo da occhi ed attenzioni indiscrete.
Ryan era arrivato prima di
mezzogiorno, l’aveva avvisata con
un messaggio, e lei gli aveva inviato l’indirizzo
dell’hotel, restando d’accordo
per vedersi direttamente lì quella sera stessa intorno alle
19. La ragazza
contò le ore che la separavano da quell’incontro,
eccitata ed impaziente di
rivederlo. Uscì un po' prima dall’ufficio, per
andare a prendere del sushi al
giapponese, una bottiglia di vino bianco, acqua e dei fiori per
abbellire la
stanza. L’hotel aveva anche il servizio in camera, ma voleva
essere certa di
dare nell’occhio il meno possibile. Fece il check in appena
prima delle 19, e
lasciò una generosa mancia alla receptionist, per essere
sicura che non facesse
troppe domande e poi salì subito in stanza. Era piuttosto
anonima, pulita ed in
ordine, ma senza troppi fronzoli. Si ingegnò subito per
renderla più carina
sistemando i fiori qua e là, sui comodini e sulla scrivania
accanto alla
finestra, sistemando anche delle tovagliette con sopra i vari
contenitori del
take away giapponese.
Non mancava molto
all’arrivo di Ryan, così nel mentre si
diede una controllata, si passò un po' di trucco,
ravvivò con una spazzola i
capelli, cercando di mettere a tacere quel suo grillo parlante
interiore che le
consigliava di troncare questa cosa, prima che fosse troppo tardi.
I minuti passavano, ormai erano
già le 19 da un po' ma di
Ryan nessuna traccia. Controllava il cellulare quasi ogni due minuti e
stava
quasi per inviargli un messaggio, quando sentì bussare alla
porta. Si alzò,
quasi di scatto, ed andò ad aprire, trovandosi di fronte
proprio Ryan.
“Ciao! Scusa, lo so, sono
in ritardo! C’era traffico!” le
disse vispo, e con quell’aria da paracarro, chiudendosi
velocemente alle spalle
la porta, nemmeno fosse inseguito da un serial killer.
“Ciao a te”
ripose lei. Ora che ce l’aveva davanti, non
sapeva bene cosa dire, cosa fare, né cosa lui potesse
aspettarsi da lei.
Tuttavia, lo trovava ancora più bello di quanto ricordasse,
nonostante l’aria
un po' stanca.
Lui fece qualche passo nella stanza,
guardandosi intorno.
“E’
carina” disse.
“Ma questi
fiori?” rimarcò, fra il curioso ed il divertito.
“Quelli li ho presi io.
Insieme al sushi. Ho pensato che potessi
avere fame. Io ne ho! E non volevo scomodare il servizio in camera.
Meno diamo
nell’occhio, meglio è, giusto?” rispose.
Lui annuì.
“Ho pensato che con qualche
fiore in giro, la stanza sarebbe
sembrata meno anonima” aggiunse.
“E’ carino,
davvero. “ la rassicurò lui, voltandosi verso di
lei e guardandola con uno sguardo davvero dolce ed intenso.
“E anche tu sei carina.
Molto più carina di quanto
ricordassi” aggiunse sorridendo, quel sorriso sghembo da
mascalzoncello.
“Grazie. Anche tu non sei
male” rispose divertita.
“Sei nervosa?” le
domandò di getto “Senti Victoria, non devi
per forza rimanere se non vuoi. E non dobbiamo per
forza….bè, hai capito, no?”
la rassicurò.
“Si, si, lo so”
disse lei “Non sono nervosa. Cioè si, in
realtà si. E’ che è tutto nuovo e non
so bene cosa fare o dire” ammise,
stringendo le spalle.
“Intanto direi di mangiare.
Ho una discreta fame anche io.
Hai avuto un’ottima idea a portare del sushi”
riprese a dire lui, facendole
segno di sedersi con lui a quella scrivania che sembrava restare in
piedi per
scommessa, ma che servì da tavolo in quel frangente.
“Com’è
andata oggi? Sembri stanco” gli domandò lei, fra
un
boccone di sushi e l’altro.
“E’ andata bene.
Una pallosa intervista e poi qualche foto,
ma non posso lamentarmi! Sono un po' stanco però. Stamattina
ho preso il primo
aereo, ma sto bene. Tanto non dormo mai troppo!” le disse
“Ho una specie di
sveglia interna, non importa a che ora vada a dormire, alle 5,30 mi
sveglio!”
le spiegò.
“Davvero?”
rimarcò sorpresa, ma anche divertita “Io non ce
la potrei fare. Quando posso, mi piace dormire!” ammise.
“A volte piacerebbe anche a
me dormire di più, ma alle 5,30
apro gli occhi, come un cretino. E non posso dare la colpa alle mie
figlie
perché ero così anche prima. Ma ha cosa ha i suoi
vantaggi! Riesco a fare un
sacco di cose prima che si svegli il mondo. Incluse due
colazioni” rise, per
poi mangiare il suo ultimo boccone di sushi.
“Mi fa piacere
rivederti” riprese poi a dire, dopo qualche
istante di silenzio, forse cogliendo di sorpresa Victoria.
“Anche a me”
rispose, senza esitazione.
“Quindi, non hai cambiato
idea e non ti è venuta voglia di
tornare col broccolo, giusto?” aggiunse lui, per
sdrammatizzare forse,
strappandole una risata.
“No, direi di no, nemmeno
per sbaglio. Non so bene come
andrà a finire questa cosa con te e non saprei nemmeno
definirla, ma so con
certezza che chiudere con Josh è stata la cosa migliore,
anche se mio padre non
ha ancora metabolizzato la notizia” aggiunse, per poi
spiegargli dei tentativi
di Andrew di farla riappacificare col ragazzo.
“Chissà se
sapesse che ci vediamo!” osservò Ryan.
“Lasciamo stare. Ha visto
le foto, quelle della Con e mi ha
fatto una specie di ramanzina, nemmeno tu fossi l’anti
Cristo!” rispose
sbuffando.
“Immaginavo di non andargli
molto a genio! L’avevo
sospettato quando ci siamo incontrati per sondare il terreno per
Deadpool. Era
solo un’impressione, ma adesso ne ho la certezza. Non
è che mi senta di
biasimarlo, dopotutto. Se una delle mie figlie fosse fotografata con un
attore
più grande, sposato e con un divorzio alle spalle, con una
carriera traballante
per giunta, nemmeno io farei i salti” osservò.
“Non mi serve il suo
permesso. Decido da sola chi
frequentare o meno. Ormai ci ho preso gusto a fare quello che mi va e
basta,
senza troppi patemi. Hai creato un mostro” rise.
“Se tutti i mostri fossero
così, ci farei la firma” rimarcò
lui, fissandola così intensamente da farla quasi sentire
nuda.
Si fissarono senza dire nulla per
qualche istante, poi Ryan
allungò una mano e le accarezzò una guancia, per
poi avvicinarsi e baciarla.
Non si erano ancora nemmeno sfiorati da quando era arrivato. Fu un
bacio dolce,
lieve, come un voler tastare il terreno. A San Diego erano stati a
letto
insieme, ma era passato del tempo ed anche se si erano comunque sentiti
ed ora
erano in quella stanza d’albergo, Ryan non dava per scontato
che ci sarebbe
stato un bis, né voleva in alcun modo forzarla.
Victoria, dal canto suo, rispose a
quel bacio, senza
esitazione. Le era mancato, e quasi si era dimenticata di quanto
fossero
morbide ed invitanti le sue labbra sottili.
Incoraggiato dalla sua risposta, Ryan
intensificò il
contatto fra di loro, e quasi senza sapere come, la ragazza si
ritrovò seduta
sulle sue gambe. Lui continuava a baciarla, scendendo con una mano
dalla sua
guancia al suo collo, sfiorandolo quasi, e dandole i brividi, mentre
con
l’altra le accarezzava la schiena, stringendola appena a
sé, con fare
piacevolmente possessivo.
Andarono avanti a baciarsi per un
tempo che le parve
infinito, mentre l’atmosfera in quella stanza
iniziò decisamente a scaldarsi.
Ad un certo punto, lei si staccò dalle sue labbra, per
riprendere fiato. Lo
guardò, gli sorrise, accarezzandogli con le dita i capelli
sulla nuca, e poi si
alzò, ed iniziò a sbottonarsi la camicetta che
indossava, con studiata lentezza
e senza lasciare il suo sguardo. Lui sembrava gradire, e la fissava
come se
fosse un’enorme torta al cioccolato e panna, era incollato
alla sua figura, che
accarezzava con lo sguardo. Aspettò che la ragazza si
sfilasse anche la gonna,
e poi si alzò, con uno scatto veloce, quasi felino, per
riavvicinarsi a lei e
riprendere a baciarla, lasciando scorrere le mani lungo la sua schiena
e sulle
sue curve.
Non c’era disagio, non
c’era imbarazzo, stava succedendo
tutto in modo molto naturale fra loro, di nuovo. Fra qualche risata ed
occhiatine maliziose, anche Ryan si spogliò velocemente,
visto che era ancora
vestito mentre la ragazza ormai era in biancheria. Victoria non se ne
rimase
certo ferma e buona. Lui le piaceva, la attirava come il miele fa con
le api, e
stava bene con lui. Lo aiutò a sfilarsi la felpa e poi la
t-shirt, ed appena si
fu liberato dei jeans, lo spinse giocosamente sul letto, sedendosi
nuovamente
sulle sue gambe, per riprendere a baciarlo con malcelato trasporto.
Ryan
sembrava piacevolmente sorpreso da questo suo modo di fare, e Victoria
stessa
era sorpresa di aver preso l’iniziativa in questo modo. Ma
Ryan sembrava
riuscire a far emergere questo suo lato più istintivo e
passionale, cosa che
Josh non era mai riuscito a fare e la cosa alla ragazza non dispiaceva
affatto.
Era giovane, e si sentiva bene con lui, quindi non c’era
niente di male nel
dimostrarglielo più concretamente né nel
lasciarsi andare.
Lui la baciava con altrettanta
passione e trasporto,
accarezzandola con attenzione quasi certosina, senza mai darle
l’idea di essere
per lui un oggetto, anzi, la faceva sentire come se fosse
l’unica donna al
mondo, desiderata come mai le era successo. E non sembrava avere fretta
di concludere,
anzi, si dedicò a lei con pazienza, facendola rosolare ben
bene ed anche lei
ricambiò il favore, finchè non riuscirono
più ad aspettare oltre e lasciarono
da parte i preliminari, le carezze ed i baci più o meno
audaci, per fare
l’amore. Fu ancora meglio di quanto Victoria ricordasse, lui
era come un fiume
in piena, passionale, ma anche attento e dolce. Le note alte li
lasciarono
piacevolmente esausti ed ancora illanguiditi, avvolti in un groviglio
di
lenzuola.
“Wow!”
esclamò Ryan, con l’aria accaldata ed i capelli
appena arruffati. “Non sapevo che il sushi fosse
afrodisiaco” aggiunse
sorridendo.
“Nemmeno io!”
rispose lei” Ma non credo sia stato quello”
precisò con aria vispa, stringendosi a lui e poggiando la
testa sul suo petto.
“Attenta a quello che dici,
ragazzina. Potrei montarmi la
testa!” le rispose.
“Di solito detesto chi mi
chiama ‘ragazzina’, ma detto da te
è diverso, quasi mi piace” disse ridendo lei.
“Bè, sei
giovane. Ovviamente non lo dico in senso
spregiativo, anzi. Sei sveglia, in gamba ed intelligente. Senza offesa,
ma a
volte per come ragioni mi sembri più grande della tua
età” osservò socchiudendo
appena gli occhi per godersi quel momento, stringendo appena di
più la presa su
di lei.
“Si sta bene qui”
aggiunse, quasi in un soffio.
“Pensavo sarebbe stato
squallido” riprese a dire lei,
tirandosi un po' su per guardarlo meglio.
“Non fraintendere, non per
te, o per noi. Solo che non mi
era mai successo e questo hotel non è proprio il massimo, ma
è fuori mano”
continuò.
Ryan riaprì gli occhi per
guardarla e sembrava davvero
rilassatissimo, non l’aveva mai visto così.
“Qui va benissimo. E poi
non poteva essere davvero squallido
perché noi due non siamo squallidi”
precisò più serio.
Poi sospirò e si tirò
a sua volta un po' su.
“Senti Victoria, non so
bene nemmeno io come gestire questa
cosa fra di noi. In parte ne abbiamo parlato a San Diego, ma so che non
è
facile per te e nemmeno per me, te lo assicuro. Sei libera di non
credermi, ma
non passo il tempo a tradire mia moglie, quindi anche io non so bene
cosa dire,
ma so che mi piaci. Mi piaci tu e mi piace stare con te, anche se
sarà
complicato cercare di portare avanti questa relazione”
continuò “Forse la cosa
migliore da fare è viverla giorno per giorno, e vedere che
succede, senza fare
troppi programmi e senza per forza dover etichettare tutto, che ne
pensi?”
rimarcò, inclinando appena la testa.
Lei sospirò, mordendosi
appena un labbro, come era solita
fare quando era pensierosa.
Di nuovo quella vocina dentro di lei
le suggeriva di darsela
a gambe e di chiudere subito, prima di scottarsi davvero, ma quello che
lui
sentiva per lei era ricambiato. Anche a lei piaceva stare con lui, e
non voleva
più farne a meno, anche se sapeva bene che sarebbe stato
tutto complicato di lì
in avanti.
Alla fine annuì.
“Penso che sia una buona
idea. Vediamo come va, senza troppe
paturnie” rispose, accennando un sorriso.
“Intanto siamo qui insieme
adesso. E possiamo vederci anche
domani, se vuoi, prima che riparta, tanto ho il volo in
serata” disse ancora.
Inutile dire che rimasero
praticamente barricati in quella
stanza fino all’indomani, concedendosi altri momenti di
passione, decisi a
godersi appieno ogni istante insieme ed addormentandosi solo a notte
fonda.
L’indomani, il primo a
svegliarsi, e piuttosto presto anche,
fu Ryan. La osservò dormire per un po', prima di alzarsi e
di uscire per
recuperare del caffè e qualcosa da mangiare al bar
dell’hotel.
Quando rientrò in camera,
Victoria si stava pigramente
stiracchiando.
“Buongiorno
pigrona” le disse divertito lui, richiudendosi
la porta alle spalle.
“Buongiorno! Sei
uscito?” gli domandò, con l’aria ancora
assonnata ed i capelli scompigliati.
“Sono andato a prendere due
caffè e qualcosa da mangiare.
Non c’era molta scelta, ma ho preso dei muffins” le
disse, raggiungendola e
sedendosi sul bordo del letto.
“Sei in piedi da
molto?” gli domandò, prendendo subito il
suo bicchierone di caffè.
Lui rise “5,30, il mio
solito orario” rispose “Tu dormivi
ancora così bene, ti ho guardata per un po', non volevo
alzarmi e rischiare di
svegliarti, ma avevo bisogno di caffè, così sono
sceso” aggiunse, bevendone un
sorso.
“Ti avrei comunque
svegliata fra un po'. Immagino dovrai
andare in ufficio” le disse.
“Si, anzi, devo sbrigarmi.
Non posso andare al lavoro
vestita come ieri. Devo passare da casa e cambiarmi” rispose
sospirando.
“Hai dormito fuori, pensi
che tuo padre ti farà il terzo
grado?” le domandò.
“Non credo. Al massimo gli
dirò che sono rimasta da Skyler o
da mia zia Charlotte. Non penso sospetterà nulla”
rispose, stringendo le
spalle.
“Hai paura che venga a
cercarti con una pistola vero?” rise,
rifilandogli un pizzico.
“Un po'!” rise a
sua volta “No, solo non vorrei avessi
problemi, tutto qui” aggiunse.
“Non preoccuparti, me la so
cavare e, soprattutto, so come prendere
mio padre” lo rassicurò.
Poi si sporse per baciarlo.
“Non ti avevo ancora dato
per bene il buongiorno!” si
giustificò, rubandogli un sorriso.
Finirono di bere il caffè
e di fare colazione con quei
muffins, e poi si prepararono per uscire dall’hotel,
d’accordo di rivedersi più
tardi, prima che lui ripartisse.
“Non avrò molto
tempo” le anticipò Ryan dispiaciuto
“Verrò
via direttamente dal set di un altro servizio fotografico, quindi
avremo tempo
per un saluto. Possiamo vederci da un mio amico. Sai quello di cui ti
parlavo,
che mi tiene le moto?” rimarcò
“E’ fuori per lavoro, ma sapeva che sarei volato
qui e so dove tiene le chiavi di scorta. Ti mando l’indirizzo
via whatsapp, ok?
Non dovrebbe essere a rischio sgamo e così sarò
più vicino al LAX.” Aggiunse.
“Ok, va bene! Se dici che
è sicuro, ti raggiungo lì” rispose
lei.
Le dispiaceva doversi già
staccare da lui, ma non voleva
sembrargli troppo appiccicosa.
“Allora, ci vediamo
più tardi!” disse ancora, rubandogli un
bacio che Ryan approfondì, stringendola a sé.
Lasciò che fosse lei ad
uscire per prima, e poi anche lui
lasciò l’hotel.
Ovviamente fu molto difficile per
Victoria concentrarsi sul
lavoro quella mattina. Continuava a ripensare a Ryan, e a quella notte
di
passione trascorsa insieme. Era riuscita a passare per casa senza
problemi, suo
padre non c’era, era sicuramente già uscito, si
era fatta una doccia e
cambiata, prima di raggiungere l’ufficio. Incrociò
Andrew solo più tardi, prima
della pausa pranzo, quando lui la raggiunse per chiederle se erano
pronti dei
budget preventivi dei prossimi film in produzione.
“Sbaglio o non sei
rientrata a dormire stanotte?” le domandò
con aria fintamente distratta, mentre dava un’occhiata ai
documenti che lei gli
aveva passato.
“No, non sbagli”
rispose tranquillamente “Sono stata a cena
da Skyler, è tornata da un viaggio di lavoro e dovevamo
aggiornarci, Abbiamo
mangiato del sushi e bevuto un po' di prosecco e alla fine era tardi,
così ho
preferito restare a dormire là” rispose ed il
padre sembrava convinto dalla sua
risposta e non indagò oltre, lasciando perdere
l’interrogatorio e
concentrandosi sul lavoro.
“Avrei bisogno che mi
sostituissi ad alcune riunioni
sull’altra cosa” riprese poi a dire “La
settimana prossima devo essere di nuovo
a Londra, ma mi attendono anche a New York e vorrei che andassi tu al
mio
posto. Ho inteso che ti sia trovata bene a San Diego e so che hai fatto
un
ottimo lavoro, quindi credo sia ora che tu faccia le mie veci anche
alle
riunioni” le spiegò.
Solitamente la ragazza non era troppo
entusiasta di
sostituire il padre in quei frangenti, ma le era bastato sentir
nominare New
York per trovare la voglia di partire. Ryan viveva appena fuori la
Grande Mela,
avrebbero potuto vedersi presto, senza aspettare settimane o mesi per
trovare
il modo di organizzare un incontro.
“Si, va bene!
Andrò io, non è un problema” rispose,
abbozzando un sorriso.
“Ottimo! Ti
lascerò alcune istruzioni ed il calendario degli
incontri con gli argomenti all’ordine del giorno per le varie
riunioni” rispose
suo padre, forse sorpreso dalla velocità con cui la figlia
aveva acconsentito a
partire.
La ragazza era quasi tentata di
inviare subito un messaggio
a Ryan, ma si sarebbero visti di lì a poche ore,
così decise di dirglielo di
persona. Nel frattempo lui le aveva girato l’indirizzo del
suo amico e lei non
vedeva l’ora di raggiungerlo. Per fortuna, il resto della
giornata passò
piuttosto velocemente, ed intorno alle 18, Victoria uscì
dall’ufficio per
raggiungere il luogo dell’incontro. Era una villetta nascosta
da alberi, in una
zona residenziale di Beverly Hills, dove non ricordava di essere mai
stata.
Suonò il videocitofono,
come da accordi, e subito vide il
grande cancello aprirsi. Percorse il viale con l’auto e si
fermò davanti
all’ingresso.
Ryan uscì subito per
andarle incontro, accogliendola con un
bel sorriso.
“Ciao” le disse
vispo, rubandole un bacio.
“Dai, vieni. Ti faccio fare
un giro della casa” continuò,
prendendola per mano “Hai avuto problemi ad
arrivare?” le chiese, mentre
entravano.
“No, nessuno! Stranamente
non mi sono persa!” rise.
“Questa casa è
stupenda!” rimarcò, guardandosi intorno. Era
davvero grande, magari non come la villa di famiglia, ma lo era, ed
accogliente.
Dopo un veloce giro si fermarono in
giardino, sotto ad un
gazebo a pochi passi dalla piscina. Ryan aveva preparato un aperitivo,
qualcosa
da bere e da spiluccare.
“Non è
granchè, ma mi sono arrangiato con quello che
c’era
in frigo!” le disse.
“Tranquillo, va benissimo!
E poi ho una bella notizia!”
iniziò a dire.
Lui sgranò gli occhi.
“Davvero? E di che si
tratta? Dai non tenermi sulle spine!”
la incalzò.
“La settimana prossima devo
venire a New York per sostituire
mio padre ad alcune riunioni!” gli disse vispa
“Così ho pensato che magari
potremmo rivederci!” aggiunse, scrutando la sua reazione.
“Sostituisci il grande
vecchio? Però! Che colpaccio!”
esclamò lui.
“Già! Lui deve
andare a Londra e ha deciso di mandare me
allo sbaraglio!” rimarcò.
“Dovrò trovare
un modo e un posto, ma si può fare!” le
disse, con aria leggermente pensierosa, forse perché
già stava pensando a che
scuse rifilare alla moglie.
“Si, ecco, se vuoi,
ovviamente. So che hai delle
responsabilità e che non puoi prendere ed andare via da casa
senza una
ragione.” Aggiunse subito, anche per evitare di sembrargli
appiccicosa.
Lui sorrise.
“E’ tutto
ok!” la rassicurò “Troverò un
modo, e ci vedremo,
promesso!” aggiunse, strizzandole un occhio.
Lei sorrise di rimando,
tranquillizzata dalle sue parole.
“E’ davvero un
bel posto qui. Il tuo amico ha gusto!”
riprese a dire “Solo la piscina è la fine del
mondo!” aggiunse.
“Disse la ragazza che
viveva in una reggia!” rise Ryan “E’
carino, si! E soprattutto è al riparo da occhi indiscreti.
Insomma, è una zona
residenziale, ma non la classica zona vip” disse ancora
“E poi il lato positivo
è che anche il mio amico è spesso fuori per
lavoro, così a volte posso
approfittarne!” ammise sorridendo.
Restarono lì fuori a
chiacchierare, finchè non arrivò per
Ryan l’ora di andare.
Riportò vassoi e bicchieri
in cucina, aiutato da Victoria,
recuperò il suo zaino, da quale sembrava inseparabile, ed un
borsone a mano, e
si avviò fuori, dopo aver chiuso tutto e riposto la copia
delle chiavi.
“Allora ci siamo”
riprese a dire, una volta nel vialetto, di
fronte all’auto di lei.
“Già!
E’ ora di salutarsi. Ma ci rivediamo presto!”
rispose
lei “E’ stato bello rivederti. Fai buon volo e
avvisami quando atterri. So che
non ti piace volare”
Lui sorrise e si chinò
quanto bastava per baciarla
morbidamente.
“Promesso! E tu fai la
brava e pensami ogni tanto” le disse,
guardandola in quel suo tipico modo, un misto fra la paraculaggine e la
dolcezza.
Aspettò che la ragazza se
ne andasse e poi chiamò un taxi e
si fece accompagnare in aeroporto.