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Autore: Echocide    02/09/2017    7 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes e Miraculous Heroes 2]
La minaccia di Maus è stata sventata, ma non c'è pace per i nostri eroi: il mistero dell'uccisione degli uomini del loro nemico non è stato risolto e un nuovo nemico trama nell'ombra...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 4.558 (Fidipù)
Note: Dopo tanto e dopo tanta fatica, finalmente, ecco qua il nuovo capitolo di Miraculous Heroes 3: vi chiedo immensamente scusa per il ritardo nel postare questo capitolo, ma agosto è stato un mese abbastanza tosto per quanto riguarda il settore lavorativo e ho dovuto concentrare tempo ed energie in quello, rimettendoci così sul campo della scrittura.
Ma agosto è finito ed io sono tornata finalmente alla mia consueta routine, quindi eccomi di nuovo qua, con un nuovo capitolo di Miraculous Heroes 3.
Ma non voglio tediarvi ancora per molto, quindi passo subito a ricordarvi la pagina facebook dove essere sempre aggiornati su capitoli, anteprime e coming soon, senza contare i miei disagi.
Detto ciò, come sempre, voglio ringraziarvi tantissimo per il fatto che mi leggete, commentate (lo so, sono un mostro perché non rispondo mai, però se mi mandate mp o mi contattate su facebook lo faccio, eh!) e inserite le mie storie nelle vostre liste.
Grazie di tutto cuore!

 

Marinette si portò le mani alla gola, respirando a pieni polmoni l’aria e socchiudendo gli occhi, mentre con lunghi respiri cercava di calmarsi; attese un attimo prima di alzare la testa e osservare ciò che aveva avanti a sé: Chat Noir era fra lei e Taowu con gli artigli sfoderati e la voglia di uccidere sicuramente al massimo livello; inspirò, inspirò profondamente, assaporando ogni oncia di aria come se fosse la prima e sentendo il proprio cuore rallentare i battiti.
Era la prima volta, da quando aveva accettato il suo ruolo di eroina e difensore di Parigi, che aveva quasi toccato con mano la morte.
Inspirò, stringendo le dita a pugno e lasciò andare l’aria che aveva trattenuto, alzando la testa e fissando la schiena del proprio compagno: «Chat» mormorò, vedendo la testa del giovane eroe scattare al suono della sua voce: Chat Noir si voltò appena e lei poté osservare i lineamenti tesi del volto di lui, lo sguardo verde pieno di preoccupazione; un movimento alle spalle del felino l’attirò e Marinette rimase a bocca aperta, osservando il loro nemico avanzare con una spada fra le mani, iniziando a ingaggiare un duello con Chat, senza che lei sapesse cosa fare e adocchiando la borsa con Tikki, dall’altra parte della stanza.
Cosa doveva fare?
Poteva trasformarsi lì?
Spostò la sua attenzione su Chat Noir, osservandolo mentre parava gli affondi di Taowu con malcelata fatica, sapendo benissimo quanto gli costasse per via della ferita alla spalla, non ancora guarita completamente: «Tikki…» mormorò, socchiudendo gli occhi e prendendo la decisione dentro di sé.
Non le interessava se Taowu avesse scoperto chi lei era.
Non le interessava se qualcun altro fosse venuto a conoscenza del suo segreto.
Il suo interesse primario era salvare Chat Noir, salvare l’amore della sua vita.
«Madamoiselle, immagino che questa sia sua» dichiarò la voce familiare di Peacock la costrinse a riaprire le palpebre e rimase a osservare incantata il volto mascherato dell’amico, affiancato da Bee e Volpina: «Se vuole andare, adesso. Lasci fare a chi di dovere, madamoiselle.»
«Già, abbiamo un gattino da salvare»
«Volpina.»
«Che ho detto, Bee? E’ la verità.»
Peacock sorrise, prendendo la tracolla della borsa e sistemandola sulla spalla della ragazza, indicando poi con un cenno del capo la porta dell’aula: «I nostri colleghi la scorteranno fuori» dichiarò, e Marinette si voltò in modo da vedere Hawkmoth, Tortoise e Jian in attesa, lo sguardo di tutti puntati sul duello che si stava svolgendo a pochi passi.
Marinette si voltò, in tempo per osservare Chat Noir colpire alla spalla Taowu e fargli cadere così la spada dalle mani: il felino roteò il bastone, assestando un secondo colpo sul mento dell’avversario e facendogli così piegare la testa all’indietro, lasciandolo completamente scoperto e inerme all’affondo del bastone nell’addome.
«Vai» mormorò Peacock, facendole spostare lo sguardo verso di lui e notare che, come lei, stava osservando lo scontro: «Abbiamo bisogno del nostro boss per calmare il micetto. E prima arriva, prima evitiamo che uccida quel poveraccio.»
Marinette annuì, stringendo la cinghia della borsa e raggiungendo velocemente i tre compagni che stazionavano, in attesa, nei pressi della porta: «Ti accompagno al bagno» dichiarò Jian, piegando le labbra in un sorriso e osservandola da dietro la maschera: «Abbiamo bisogno del tuo potere» continuò, mentre Marinette si voltava e osservava Chat assestare un nuovo colpo, completamente dimentico di tutti loro e con lo sguardo rivolto verso Taowu: il nemico scosse il capo, alzando la testa e bloccando il nuovo colpo con il braccio destro, afferrando poi l’estremità del bastone di Chat Noir e strattonandolo, cercando in questo modo di disarmare l’altro.
«Sbrighiamoci.»


Chat Noir ringhiò, serrando maggiormente la presa sul proprio bastone e strattonandolo, liberandolo così dalla stretta di Taowu e, dopo averlo roteato, lo colpì con l’arma al fianco, quasi gioendo al gemito di dolore che uscì dalle labbra dell’altro: «Non avresti dovuto farlo» ringhiò, abbassando il bastone e poi rialzandolo, colpendo il nemico dall’altro lato e costringendolo a cadere all’indietro: «Non dovevi toccarla. Non lei.»
«Adesso basta, Chat Noir» la voce forte e decisa che tanto amava lo fermò: le braccia a mezz’aria, la presa di entrambi le mani stretta su un’estremità del bastone, pronto a essere calato su chi aveva davanti; inspirò profondamente, lasciando andare poi l’aria e si voltò, osservandola in tutta la sua bellezza: Ladybug era in piedi a pochi passi da lui, circondata dai loro compagni, una mano alzata e rivolta nella sua direzione, lo sguardo celeste che sembrava scandagliare il suo volto e trovare qualcosa che solo lei sapeva: «Sto bene, Chat.»
«Lo vedo, my lady» dichiarò, piegando le labbra in un sorriso che sapeva essere finto, mentre balzava di lato e si chinava con fare cavalleresco: «Stavo intrattenendo il nostro amico per te.»
«Da quando in qua, quasi ammazzare è sinonimo di intrattenere?» domandò Volpina, agitando le lunghe chiome e facendo un passo in avanti, la testa inclinata di lato e lo sguardo rivolto verso Taowu: «Chat, ti hanno mai detto che hai problemi di gestione della rabbia?»
«Volpe, vuoi essere la prossima?»
«Finitela tutti e due» mormorò Ladybug, voltandosi verso Taowu e ascoltando distratta il richiamo del Miraculous di Chat Noir: «Quanto tempo ti resta?» chiese, voltandosi verso il compagno e vederlo alzare la mano con l’anello, studiando assorto il simbolo che lampeggiava imperioso: «Chat?»
«Tre minuti, facciamo anche due.»
«Magari sarebbe meglio…»
«Io non mi muovo di qui finché non sconfiggiamo il signorino qua.»
Ladybug lasciò andare un sospiro, voltandosi verso Tortoise e osservando il mucchietto di sabbia, poco distante da tutti loro, nel punto esatto in cui si era trovato il cubo di plexiglass: «Tortoise, puoi gentilmente rinchiudere quella sabbia in una delle tue barriere? Penso sia esattamente come gli altri sottoposti di Nath…volevo dire, di Taowu.»
«Agli ordini, Ladybug» dichiarò il Portatore del Miraculous della Tartaruga, azionando il potere speciale del proprio Miraculous e creando una barriera, imprigionando così la sabbia e concentrando la propria energia in quel compito.
Ladybug annuì, voltandosi poi nuovamente verso Chat e fissandolo, poggiando le mani all’altezza sui fianchi, mentre lui ricambiava il tutto con un sorriso in volto: «Abbiamo bisogno del tuo potere e non lo puoi usare, se prima non dai da mangiare al tuo kwami.»
«E dovrei lasciare il nostro amichetto?»
«E’ in buona compagnia, non temere» dichiarò Ladybug, voltandosi verso Taowu che, chinò verso il pavimento, si teneva una mano sulla pancia: «E non penso abbia voglia di andare da qualche parte.»
Chat Noir fissò anche lui il nemico, tenendo lo sguardo verde su Taowu e poi spostandolo sull’eroina al suo fianco, facendolo infine spaziare su tutti i suoi compagni: «Torno subito» dichiarò, appuntando poi le iridi feline su Tortoise: «Amico, ce la fai a tenere in gabbia quel mucchietto di polvere?»
«Nessun problema, Chat»
Chat Noir annuì, portandosi una mano al cuore e chinandosi davanti a Ladybug: «Non sentire troppo la mia mancanza, my lady» dichiarò, ghignando e andandosene velocemente, mentre l’eroina sorrideva appena, un sorriso che sparì non appena il suo sguardo tornò ad appuntarsi su Taowu.
Strinse lo yo-yo in mano, socchiudendo gli occhi e lasciando andare un lungo respiro: «Se prova a scappare, fermatelo» dichiarò con voce ferma e, senza aspettare un segno da parte degli altri, lanciò in aria la propria arma e attivare il proprio potere speciale, ritrovandosi fra le mani un blocco da disegno.
Lo stesso modello che Nathaniel era solito usare per i propri schizzi.
Ladybug lo strinse al petto, socchiudendo gli occhi per un breve secondo, prima di calamitare lo sguardo sull’amico: «Questo non sei tu, Nathaniel» bisbigliò, allungando il blocco da disegno e vedendo lo sguardo dell’altro sgranarsi davanti all’oggetto: «Ti prego, Nathaniel. Ricorda chi sei veramente, ricorda il tuo vero io.»
Taowu scosse il capo con forza, portandosi le mani alle tempie e tenendole, mentre il corpo veniva scosso da brividi e i muscoli s’irrigidivano: «No, no» bisbigliò, continuando a negare con il capo e stringendo ciocche cremisi fra le dita: «No, no.»
«Nathaniel…»
«Io non sono Nathaniel, io sono Taowu» ringhiò, alzando lo sguardo di smeraldo verso Ladybug e fissandola pieno d’odio: con una ritrovata forza si alzò, spintonando l’eroina da una parte ed evitando velocemente gli attacchi di Bee e Peacock, correndo deciso verso l’uscita dell’aula; Hawkmoth afferrò i propri boomerang, lanciandoli entrambi contro il nemico, ma questi non raggiunsero l’obiettivo, ritornando indietro e venendo ripresi dal ragazzino.
«Che facciamo?» domandò il giovane eroe, voltandosi verso gli altri e vedendo le loro facce scure, piene di risentimento e rabbia: «Non possiamo lasciarlo andare.»
«Purtroppo è quello che faremo, Hawkmoth» bisbigliò Ladybug, rialzandosi e prendendo il blocco che le era sfuggito di mano, quando Taowu l’aveva spinta: «La presa di Kwon è troppo forte, e lui non riesce a capire chi è veramente.»
«E quindi? Cosa facciamo? Aspettiamo che Chat ritorni, gli facciamo distruggere la creatura di Quantum e poi?»
«Poi torniamo a fare quello che facciamo sempre, farfallino» si intromise Volpina, poggiandogli una mano sulla testa e scompigliandogli affettuosamente i capelli: «Ci sarà un momento in cui riusciremo a vincere in maniera schiacciante, non temere.»
«Ma…»
«Ma oggi è andata così, farfallino. Non si può sempre vincere, ricordalo.»


Colpì il bracciolo con il pugno, stringendo le dita con forza mentre il suo intero essere veniva ghermito dalla rabbia: il suo piano, la sua missione di rendere Taotie una vittima sacrificale, era andato in fumo per colpa di quello stupido avventato di Taowu.
Il giovane generale aveva mandato a monte i suoi progetti, troppo interessato a fare sua la ragazza che aveva amato da giovane.
Avventatamente si era fatto avanti, perdendo così un’altra creatura.
Presto il loro signore se ne sarebbe accorto e anche Taowu sarebbe stato una vittima della sua rabbia…
Qionqgi si appoggiò contro lo schienale, la mente che lavorava celermente e sistemando ogni cosa nel suo mondo fatto di idee: forse poteva usare a proprio vantaggio l’avventatezza di Taowu.
Forse tutto quello non era successo per caso.


Lo sguardo celeste era fisso sul ragazzo seduto davanti a lei, studiandone i movimenti lenti e calibrati mentre si chinava in avanti per prendere la tazzina di caffè e la smorfia che gli aveva storto la bocca per un secondo: «La tua ferita» mormorò Marinette, continuando a tenere lo sguardo su Adrien e osservandolo sorseggiare la bevanda calda, posando poi nuovamente la tazzina e piegare nuovamente le labbra: «Dovevi stare più attento.»
«Pensi davvero che mi sia preoccupato della mia ferita? Soprattutto quanto tu eri in pericolo?»
«Potevo…»
«Farcela da sola? Devo ricordarti che, quando sono arrivato, eri sommersa di sabbia? Stavi soffocando, Marinette.»
La ragazza sospirò, voltandosi di lato e osservando la Senna che, placidamente, scorreva nel suo letto oltre la finestra: «Io…» iniziò, senza voltarsi e sentendo lo sguardo Adrien addosso a sé, ma le parole le morirono in gola, incapaci di uscire come quando era quattordicenne e il ragazzo davanti a lei non sembrava quasi nemmeno considerarla dal punto di vista romantico.
«Tu cosa?»
«Niente.»
Adrien sorrise, accomodandosi contro lo schienale della poltroncina e intrecciandosi le mani in grembo, allungando le gambe avanti a sé: «E’ scientificamente provato che quando una donna dice ‘niente’, in verità ha un miliardo di cose da dire» cantilenò, accentuando il sorriso quando lo sguardo celeste si calamità su di lui: «Legge di Rafael.»
«E sappiamo bene che Rafael è esperto in questo campo.»
«La sua esperienza lo sta salvando dagli sbalzi umorali di Sarah» decretò Adrien, inclinando appena la testa e studiandola: «Che cosa volevi dire, Marinette?»
«Io non voglio che tu sia in pericolo.»
«Oh. Fantastico. Anche io non voglio che tu sia in pericolo.»
«Adrien…»
«Sai, penso che molto spesso ce ne dimentichiamo, ma tu ed io abbiamo sempre lavorato in coppia: ci siamo sempre difesi le spalle a vicenda» il ragazzo si fermò, sorridendole appena e chinando lo sguardo, per poi rialzarlo leggermente: «Io proteggo te e tu proteggi me, my lady?»
Marinette sorrise, osservando il marito alzarsi e scivolare dalla sua parte di tavolino, costringendola a fargli posto: Adrien le regalò un breve sorriso, passandole un braccio attorno alle spalle e tirandola contro il proprio corpo: «Sei stato avventato» mormorò la ragazza, posandogli una mano sulla coscia e sistemandosi meglio nel suo abbraccio: «Testardo anche. Ti sei messo a combattere contro Taowu da solo, senza curarti di nessuno di noi e della tua ferita.»
«Chiedo perdono, my lady.»
«Se non ti dicevo di andartene, tu non l’avresti fatto e la tua trasformazione si sarebbe conclusa…»
«Ho sbagliato. Ho capito» dichiarò Adrien, posandole le labbra sulla tempia e sorridendo contro i capelli mori: «Ma eri in pericolo e non ho ragionato.»
«So cavarmela da sola.»
«Non lo metto in dubbio, ma ciò non toglie che io voglio proteggerti: l’ho sempre fatto e sempre lo farò.»
«Quando vuoi sai essere veramente testardo, lo sai?»
«E tu mi ami anche per questo» cantilenò Adrien, ridacchiando e lasciando andare un sospiro, lo sguardo fisso sul posto che aveva lasciato vuoto: «Pensi che riusciremo a far rinsavire quello stupido pomodoro? Insomma, per quanto ho veramente gioito nel menarlo, mi dispiacerebbe lasciarlo nelle mani del nostro nemico…»
«Lo spero.»
«Lo speri?»
«Lo salveremo.»
«Mh. Bene. Questa decisione mi piace di più: è da te.»
«E’ da Ladybug.»
«Sbaglio o avevamo superato questa fase?» domandò Adrien, allontanandola un poco da sé e fissandolo sguardo celeste: «Mi era sembrato che avevi capito che non c’è nessuna Ladybug, perché sempre di te si tratta.»
«Ti stavo prendendo in giro, micetto» mormorò Marinette, sfiorandogli la punta del naso con l’indice e tornando a sistemarsi nell’abbraccio del marito, lasciando andare un sospiro: «Vorrei che tutto questo finisse…»
«Mh.»
«Cosa?»
«Stavo pensando…»
«Ho sempre paura quando inizi una frase in questo modo, sai?»
«Nulla di cui avere paura, my lady» mormorò Adrien, sorridendole e poggiando la testa contro la sua: «Stavo semplicemente pensando che, quando la battaglia contro Kwon sarà finita, potremmo andare in viaggio di nozze, non credi?»
«Tu dici?»
«Beh, ce lo meritiamo, no?» Adrien sogghignò divertito, intrecciando le dita della mano con quelle di Marinette e stringendola appena: «Hai in mente un luogo dove andare?»
«Cina.»
«Cina?»
La ragazza annuì, spostandosi appena e sorridendo all’espressione di curiosità che si era dipinta sul volto di Adrien: «Sono andata pochissime volte a trovare i parenti di mia madre a Shangai e mi piacerebbe tornarci; poi vorrei andare a Nanchino e vedere i luoghi dove hanno vissuto Bridgette e Felix…» si fermò, prendendosi il labbro inferiore fra i denti: «E poi Tikki mi ha parlato di una portatrice cinese, vorrei andare a vedere i luoghi dove lei è vissuta.»
«Una portatrice cinese?»
Marinette annuì, sistemandosi di nuovo contro Adrien: «I monaci di Nêdong hanno scritto il libro sugli eroi basandosi proprio su di lei e i portatori del suo tempo. Tikki ha detto che è stata la prima volta in cui tutti e sette i Miraculous furono donati contemporaneamente; la seconda fu a Nanchino e poi…»
«Fammi indovinare. Noi?»
«Esatto» assentì la ragazza, piegando un poco la testa all’indietro e osservando il profilo del marito: «Tu non hai mai fatto domande a Plagg? Su chi ti ha preceduto intendo.»
«Diciamo che non è mai stato un argomento che è saltato fuori nei nostri discorsi.»
«Mai?»
«Mai. Non sono mai stato curioso su chi c’era stato e Plagg non è un chiacchierone: mi ha detto qualcosa su Felix e qualcos’altro su un giovane vissuto qui in Francia. Fine.»
«Nient’altro?»
«Nient’altro» decretò Adrien, sorridendo e fissando lo sguardo celeste che lo guardava scettico: «Stasera lo costringerò a raccontarmi ogni cosa, a costo di minacciarlo di non dargli camembert.»
«Ehi, cosa sono queste minacce gratuite?»
«Silenzio, Plagg.»


Sarah si lasciò cadere sul divano, mentre un sospiro le uscì dalle labbra e si accomodò meglio, prendendo uno dei cuscini e posizionandolo contro il bracciolo, poggiando poi la testa su di esso e voltandosi verso la televisione spenta che rimandava il riflesso confuso di lei sdraiata: «Come stai?» al suono della voce di Rafael inclinò appena il capo, regalando un sorriso al giovane che era in piedi, accanto a lei: «Vuoi qualcosa?»
«Solo il mio pc con i miei drama» mormorò la ragazza, sistemandosi meglio contro il cuscino, sorridendo appena: «E qualcuno che mi coccoli, grazie. Ah, anche un po’ dei biscotti che abbiamo preso alla boulangerie dei genitori di Marinette.»
«Hai finito?»
«Ho finito.»
Rafael la fissò per una buona manciata di secondi, tenendo le mani sui fianchi e i piedi ben piantati per terra, lasciando poi andare un sospiro: «Vado a prendere tutto» dichiarò, scuotendo il capo e dirigendosi verso la cucina con i due kwami appresso; Sarah rimase a fissare lo schermo, ascoltando i rumori che le giungevano dal resto della casa e alzando poi lo sguardo quando un paio di gambe, coperte da jeans entrarono nella sua visuale: alzò leggermente la testa, osservando il proprio laptop fra le mani del giovane e i due kwami che  tenevano la busta con i biscotti.
Rafael le fece segno di spostarsi con la testa e, con lentezza e fatica, lei eseguì il comando, osservandolo mentre posava sul tavolinetto il portatile e poi le si sedette accanto, recuperando poi il computer e allungando le gambe, poggiando i piedi sul tavolino basso e sistemandosi meglio il laptop sulle gambe: «Cosa vuoi vedere?» domandò, mentre Sarah si accoccolava al suo fianco e gli passava un braccio attorno alla vita, usando la sua spalla come cuscino.
La ragazza storse la bocca, osservando le cartelle ordinatamente in linea nella finestra del pc e leggendo i titoli con cui le aveva nominate, prendendosi tutto il tempo per decidere e indicando alla fine una cartella: «Quello non è un drama» commentò Rafael, muovendo l’indice sul mouse ottico del portatile e picchiettandolo poi appena per aprire ciò che gli era stato indicato: «E mi sembra di ricordare che non ti piaceva…»
«Ehi, quei due erano destinati a stare insieme, ma mi uccidono lui e fanno mettere lei con il primo che passa.»
Rafael sorrise, selezionando il primo episodio della serie Tv scelta da Sarah e sistemandosi meglio sul divano, stringendola un poco di più per le spalle, mentre sullo schermo del pc il filmato partiva con una Londra futura distrutta: «Possiamo vedere qualcos’altro…» commentò, alzando la mano destra e catturando quella che Sarah aveva poggiato sul suo cuore, portandosela alle labbra e sfiorandole le nocche.
Sarah rimase in silenzio, osservando dei militari uccidere senza pietà civili, mentre il fumo della distruzione ammantava ogni cosa e le urla disperate le giungevano alle orecchie: «Pensi che sarà simile il futuro in cui ci saranno i nostri eredi?» domandò, mentre il capo dei cattivi si faceva strada fra i morti con il passo deciso del conquistatore: «Insomma, se i Miraculous verranno nuovamente donati come ha predetto Kang…»
«So che è brutto dirlo, ma non è un problema nostro. Minimo saremo morti quando succederà.»
Sarah piegò la testa all’indietro, osservandolo per un attimo e annuendo poi con la testa: «Pensiamo a Kwon» mormorò, osservando il cattivo della storia uccidere senza pietà un ragazzino, prima che la scena cambiasse: «Pensiamo al nostro presente.»
«Brava, apetta» mormorò Rafael, posandole le labbra sulla tempia e sfiorandole i capelli biondi, poggiando poi il capo contro quello di lei e dedicandosi completamente alla visione del film.


Hawkmoth balzò all’interno della camera da letto, atterrando e piegando le ginocchia per attutire il carico sulle caviglie, poggiando la mano destra a terra: «Nooroo, trasformarmi» mormorò, socchiudendo gli occhi e avvertendo la forza del Quantum lasciarlo, renderlo più debole e mostrando al mondo la propria identità.
«Devi farlo per forza in camera mia?» squittì la voce femminile, subito accompagnata dal rumore sordo di una porta che si chiudeva: Thomas aprì le palpebre, sorridendo alla ragazzina in piedi, ferma con le mani ben piantate sui fianchi, e lo sguardo che esigeva una risposta: «Non hai nemmeno controllato se la stanza fosse stata chiusa o meno.»
«Pensavo che…»
«Sai, se continui a trasformarti così tranquillamente, presto qualcun altro scoprirà la tua identità» bofonchiò Manon, scuotendo il capo e avvicinandosi alla scrivania, poggiando una mano sul ripiano e carezzando lo schermo del cellulare, senza voltarsi verso il giovane eroe e il kwami che, in silenzio, rimanevano fermi al centro della camera: «Non penso che qualcun altro terrà la bocca chiusa, sai?» riprese, alzando la testa e fissando lo sguardo in quello scuro di Thomas: «Potresti…»
«Ho sbagliato. Ho capito» sospirò il ragazzo, alzando le mani e tenendo i palmi rivolti verso l’amica, un sorriso indolente sulle labbra e lo sguardo che iniziò a vagare per la camera, lasciando andare un sospiro: «Non ho voglia di andare a casa.»
«Io voglio leggere il nuovo aggiornamento della storia.»
«Quale?» domandò Thomas, mettendosi a sedere sul letto e poggiando i palmi sulla coperta rosa, concentrando il peso del tronco all’indietro e tenendo lo sguardo sulla ragazzina che, scostata la sedia dalla scrivania, si era accomodata su questa e giocherellava distratta con lo schermo del cellulare. Manon rimase in silenzio e un sospiro uscì dalle labbra del ragazzino, mentre gettava la testa all’indietro, vagliando nella sua mente tutte le possibili opzioni di dialogo.
Se prima era sempre stato facile parlare con Manon, nelle ultime volte che si erano incontrati era diventato maledettamente complicato.
Tutta colpa di Jérèmie e dei suoi sproloqui senza senso.
Eppure, sebbene fosse ben a conoscenza del disagio che lo metteva quella situazione, era stato impossibile per lui non andare a trovarla e rimanere un po’ di tempo lì; Nooroo entrò nel suo campo visivo, studiandolo con gli occhioni violetti e Thomas gli regalò un sorriso, prima di tornare in una posizione consona e fissare nuovamente Manon: «Per caso è quella che ti era piaciuta su Ladybug e Chat Noir?»
«Quale? Quella dove pensano che lui sia una specie di cattivo ragazzo e lei una signorina di buona famiglia?»
«Devo farla leggere ad Adrien» commentò Thomas, storcendo le labbra in un sorrisetto e scuotendo poi la testa: «Sono certo che non farebbe altro che ridere leggendola.»
«Tu dici? Secondo me si monterebbe la testa per come lo hanno dotato…»
«Dotato di cosa?»
Manon scosse il capo velocemente, abbassando lo sguardo e tamburellando le dita sulla scrivania, le guance che si imporporavano appena; Thomas inclinò la testa, non capendo il perché di quel cambio di atteggiamento così veloce e scambiandosi una breve occhiata con Nooroo, vedendo il kwami scuotere la testa e alzare le piccole spalle: «Aspetta…» mormorò il ragazzo, sgranando un poco gli occhi e fissando l’amica, come se comprendesse il tutto: «Tu leggi storie porn…»
«Io non leggo proprio nulla! Le salto quelle scene. Di solito» sbottò Manon, alzandosi in piedi e fissandolo, tenendo le braccia lungo i fianchi e i pugni stretti, il viso sempre più rosso per l’imbarazzo: «Solo che alle volte non me ne accorgo subito e ho letto di Chat Noir che è parecchio…»
«Dotato» concluse per lei Thomas, rimanendo con la bocca aperta e notando la sorpresa nel suo stesso tono di voce, prima che un piano malsano non iniziasse a formarsi nella sua mente e un sorrisetto gli piegasse le labbra: «Facciamola leggere a Lila.»
«Cosa? Perché Lila?»
«Prenderebbe in giro Adrien a vita.»
«Che ti ha fatto di male Adrien?»
«Niente. Voglio solo divertirmi un po’.»
«Hai un senso del divertimento al quanto discutibile, sai?» commentò Nooroo, volando davanti al viso del suo portatore e sospirando lugubre, abbassando la punta delle ali verso il basso e sentendo il peso dei millenni che aveva: «Prima Gabriel, adesso te. Che cosa ho fatto di male per meritarmi due portatori come voi?»
«Ehi, io non vado in giro ad akumatizzare gente. Per ora.»
«Veramente lo stai già facendo.»
«Silenzio, Chamack. Questo è un discorso fra Portatore e kwami, i civili non sono ammessi.»
«Thomas, non è un modo di comportarsi con una signorina.»
«Ma Manon…»
«Prova a dire che non sono una signorina» iniziò Manon, sorridendo come un angelo quando il ragazzino si voltò verso di lei, sbattendo civettuola le palpebre e inclinando appena la testa: «Ed io faccio leggere ad Adrien quella fanfiction su Hawkmoth. Quella dove conquista quella signora di una certa età, e viene condotto nella stanza…»
«Non volevo dire quello. Tu sei una signorina, Manon.»


Sophie si tolse il soprabito, regalando un sorriso al Gorilla che l’assistette nell’esecuzione del tutto e spostò l’attenzione sulla donna che, ferma vicino al grande scalone che portava al piano superiore, sembrava avere lo sguardo perso nel vuoto; il dipendente al suo fianco grugnì appena, attirando la sua attenzione quasi a chiederle in questo modo il suo congedo e Sophie piegò appena la testa, muovendola in un cenno di assenso e osservando l’uomo dalle fattezze quasi animalesche allontanarsi a grandi passi.
Si voltò, notando che Nathalie era ancora ferma vicina alle scale, la mano destra poggiata delicatamente sulla balaustra e lo sguardo rivolto verso l’alto: «Sta aspettando mio marito?» domandò, notando come l’altra era saltata su al suono della sua voce: Nathalie si voltò, portandosi la mano sinistra agli occhiali e sistemandoli con un movimento frenetico delle dita, quasi come se quel gesto servisse a calmarla.
«Io stavo…» Nathalie iniziò, deglutendo e tossendo appena per schiarirsi la voce: «Io stavo andando a casa, madame» decretò, portandosi le mani dietro la schiena e intrecciandole, muovendo un poco la testa in un gesto di ossequio e superandola, raggiungendo velocemente la porta del suo studio e sparendo all’interno.
Sophie rimase immobile, lo sguardo rivolto verso l’uscio ove Nathalie si era arroccata e sentendo qualcosa dentro di lei: una sensazione di disagio, quasi come se stesse per succedere qualcosa e questo era collegato allo strano comportamento dell’assistente del marito.
C’era stato qualcosa di differente in Nathalie, qualcosa che le aveva dato da pensare: un comportamento ben diverso a quello a cui lei era abituata.
A cui tutti loro erano abituati.
Nathalie era stata diversa, strana.
E non ne comprendeva il perché.


Vicini.
Maledettamente vicini.
Avvertiva la loro energia, la sentiva addosso alle persone come se si trattasse di un profumo: flebile, che abbracciava chiunque avesse avuto a che fare con gli eroi parigini.
Poteva percepire il picco del Quantum che precedeva di poco l’arrivo degli eroi.
Poteva avvertire l’energia che tanto voleva, ma che ancora non era nelle sue mani.
Poteva sentire la rabbia che montava nel suo corpo, ogni giorno di più, ogni fallimento di più: non era tanto più vicino ai Miraculous di quanto lo era stato quando aveva ucciso Kang a Shangri-la, nessun passo era stato fatto nella direzione che aveva intrapreso, nulla lo portava più vicino all’essere simile alla sua antenata.
Non aveva il controllo del Quantum.
Non aveva i sette gioielli che gli avrebbero permesso ciò, assieme alla collana che, con le sue spire, gli cingeva il collo.
Il conduttore era niente, senza gli altri sette gioielli: un serpente, il cui unico ruolo, era mostrare le zanne nello stesso modo in cui Routo si era relazionata con Daitya millenni prima.
Alzò una mano, carezzando la testa metallica e continuando a far scivolare il polpastrello sulle maglie che formavano la pelle dell’animale, mentre lo sguardo si posava sulla città, al di là del finestrino dell’automobile che lo riportava al ruolo che doveva chiamare casa.
Una casa fasulla, finta.
Una casa che aveva cercato per tanti anni, vagando sulla terra e rammentando sempre quella che, oramai, giaceva dimenticata sul fondale dell’Oceano Atlantico.
La casa che avrebbe riportato agli antichi sfarzi, nel momento esatto in cui avesse messo mano sui Miraculous.

 

 

   
 
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