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Autore: LazySoul    02/09/2017    3 recensioni
Trama:
Diana ha 17 anni, è la secondogenita dell'Alpha ed è trattata da tutti come una bambina.
Nel tentativo di dimostrare di essere grande abbastanza per combattere e difendersi da sola, chiederà aiuto alla persona che più la confonde, suscitando in lei sentimenti contrastanti, Xavier O'Bryen.
Tra uno spasimante indesiderato, una migliore amica adorabilmente pazza e un assassino in circolazione, riuscirà Diana ad accettare i sentimenti che prova per Xavier?
Estratto:
«Sei giovane, ancora non hai imparato che spesso gli odori celano delle emozioni», spiegò, appoggiandosi al materasso con le mani e avvicinando il viso pericolosamente al mio: «E sai cosa mi sta urlando il tuo odore in questo preciso istante?», mi chiese, anche se era palese che non si aspettasse una risposta.
«Prendimi», sussurrò ad un soffio dalle mie labbra.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo IV: L di Looser
 
 

Il campo di atletica era un percorso ellittico color mattone che circondava il campo da football della scuola. Tutt'intorno c'erano gli spalti bianchi che, durante le partite, erano gremiti di tifosi, genitori e parenti degli studenti che sfoggiavano con orgoglio i colori della scuola.

Una volta arrivate, il 'prof' ci accolse con uno scocciato: «Pensavo vi foste perse», prima di indicarci la zona del prato in cui i nostri compagni stavano facendo stretching: «La prossima volta...», si voltò verso di me e rimase per qualche istante a fissarmi con uno sguardo che mi fece rabbrividire: «Non hai una felpa?», mi chiese, aggrottando le sopracciglia.

«Dimenticata», dissi, facendo spallucce, prima di superarlo e raggiungere i miei compagni, che si stavano toccando la punta dei piedi con la punta delle mani e alcuni per farlo sembrava che stessero facendo uno sforzo immane.

Ero sconvolta all'idea che per due secondi - due secondi di troppo in qualsiasi caso - i suoi occhi si fossero fermati all'altezza del mio seno. Per curiosità, mentre raggiungevo gli altri, guardai il mio petto e diventai rossa come un peperone, notando come mi si scorgessero lievemente i capezzoli, induriti a causa dell'aria fredda. Ora sì che avrei voluto con tutto il cuore avere una felpa. Non che il mio seno fosse particolarmente prosperoso, portavo a malapena una prima e Francine, quando ci urlavamo contro - ossia un giorno sì e l'altro pure - tirava sempre fuori le mie poche e quasi inesistenti forme, per farmi sentire al pari di una bambina.

«Ma non mi dire, sembra quasi che tu abbia delle tette, anche se probabilmente mi servirebbe un microscopio per poterle vedere appieno», infierì Francine, facendomi ringhiare di rabbia.

Ecco, appunto.

«Signorina Picard», la chiamò Xavier, facendola sussultare per la sorpresa: «Due giri del campo, ora», disse, con un tono di voce vellutato colmo di minaccia.

Aggrottai le sopracciglia per la sorpresa, mentre fissavo la bionda iniziare la punizione come se niente fosse.

Fissai i miei occhi colmi di disapprovazione e rabbia in quelli sorridenti e maliziosi di Xavier, cercando di fargli capire che non avevo bisogno del suo aiuto. Erano anni che me la cavavo benissimo da sola contro quella stupida smorfiosa dalle tette più grosse del cervello, non necessitavo di essere protetta o vendicata da lui. Anche se - dovevo ammetterlo almeno con me stessa - il suo gesto mi aveva scaldato un poco il cuore.

«Appena la signorina Picard finirà i suoi giri di punizione, vi dividerete in sei gruppi da cinque e organizzeremo una staffetta. Signorina Drake ho dimenticato di prendere i testimoni, le dispiacerebbe andarli a recuperare in palestra?»

Isabel annuì e dopo avermi lanciato uno sguardo pieno di punti interrogativi - probabilmente si stava chiedendo, come la sottoscritta, perché Xavier mi avesse difesa dagli insulti poco velati di Francine - corse verso la palestra, abbandonandomi tra Jules Harrison e Frida Martinez, del mio stesso corso avanzato di spagnolo: «Com'è andato il weekend?», mi chiese Jules, mentre seguivamo le indicazioni di Xavier e facevamo esercizi per le braccia.

«Normale», dissi, forse con un tono un po' troppo brusco per essere considerato gentile: «Tu?»

«Sono andato a sciare in montagna con i miei ieri, è stata una bella esperienza. ¿Por qué el nuevo profe te mira come si te conociera?»

«¿Por qué hablas en español?», gli chiesi, aggrottando le sopracciglia.

«Así, creía que el no entendiera, pero ahora...»

«Mi dispiace interrompere la vostra conversazione, ma volevo ricordarvi che questa è la lezione di ginnastica, non di spagnolo. ¿Entendéis?», ci interruppe Xavier, fulminando Jules con uno sguardo che lo fece sbiancare in modo preoccupante, prima di punirci con due serie da venti di addominali.

Quanto odiavo non poter contestare ai suoi ordini.

Finii gli addominali in poco tempo, ringraziando le numerose corse nei boschi, le interminabili passeggiate che facevo solitamente con la nonna e il mio corpo elastico da 'eterna bambina', come soleva definirmi Kyle.

Jules invece ci mise un po' più tempo, aveva infatti una massa corporea piuttosto consistente e non amava particolarmente fare sport, probabilmente la domenica a sciare era stata una tortura impostagli dai genitori e mi aveva mentito quando l'aveva definita una 'bella esperienza'.

Frida lo aiutò poi ad alzarsi e gli diede una pacca sulla spalla: «Ce l'hai fatta», esultò con lui, prima di tornare a fare altri esercizi per riscaldare i muscoli della schiena e poi quelli della gambe, impostici dal nuovo - gentile, simpatico, amabile - professore.

Seguivamo passo a passo tutti i movimenti che ci faceva vedere Xavier e - mi doleva ammetterlo - faticavo a distogliere lo sguardo dal suo corpo ben allenato che ci mostrava gli esercizi con sicurezza e scioltezza.

Sab tornò con una scatola di cartone, dove all'interno c'erano i testimoni che tintinnavano colpendosi tra loro, proprio nel momento in cui Francine finiva i suoi due giri di punizione.

«Dividetevi in sei squadre da cinque», ci istruì Xavier, mentre prendeva sotto braccio dei coni in plastica rosa e iniziava a studiare con occhio critico il campo.

Sab, Jules, Frida ed io stavamo disperatamente cercando un quinto giocatore da aggiungere alla nostra squadra, quando ci rendemmo conto che Daniel, il miglior corridore (umano) della scuola, era già stato accalappiato da Francine e la sua amica Carol per far parte della loro squadra.

«Tu», dissi, indicando un ragazzo che si doveva chiamare Paul, o forse Carl, e che sapevo essere veloce a correre: «Nella nostra squadra».

Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e si unì al nostro gruppetto con sguardo basso.

Facevo davvero così tanta paura?

«Su, ragazzi, non abbiamo tempo da perdere!», esclamò Xavier, prima di sorridermi: «Voi, che avete già formato la squadra, venite con me».

Noi, da bravo branco di pecore, lo seguimmo fino al punto in cui c'erano, segnate in bianco, le linee di partenza, dove lasciammo Paul/Carl con in mano un testimone verde; sarebbe stato lui il primo a correre.

Percorremmo circa un quinto del campo e Xavier utilizzò i coni rosa per segnare i punti in cui sarebbero avvenuti i cambi per le diverse squadre. Lì decise di rimanere Frida, dopo aver dato una pacca d'incoraggiamento a Jules.

Percorremmo un'altra parte di campo e di nuovo Xavier posizionò i coni rosa a terra. Sab, Jules ed io ci guardammo per qualche secondo, incerti su chi fosse meglio che rimanesse. Alla fine fu Isabel a voler restare, così la salutai con un sorriso e tornai a seguire il 'prof'.

Nella penultima linea di cambio rimasi io, mentre nell'ultima si posizionò un incerto Jules, che non sembrava particolarmente contento di correre.

Ovviamente, da ragazza competitiva quale ero, avrei voluto vincere a tutti i costi, ma sapevo che Francine, avendo in squadra Daniel, aveva un bel vantaggio. Certo, anche io e Sab eravamo veloci, essendo entrambe ragazze lupo, ma una delle regole fondamentali del branco era 'Non farsi scoprire dagli umani', quindi non potevamo (allo stesso modo di Francine), usare la nostra super velocità, altrimenti sarebbero cominciate le domande, e noi non volevamo che ciò accadesse.

Xavier, dopo aver abbandonato Jules vicino al suo cono rosa, ripercorse il campo all'incontrario, per accertarsi di aver messo correttamente i coni.

Quando si trovò a pochi passi da me ne approfittai per porgergli alcune domande, dato che non c'era nessuno che avrebbe potuto sentirci.

«È stato mio padre a farti avere questo lavoro?», gli chiesi, incrociando le braccia al petto, senza distogliere il mio sguardo indagatore dal suo viso sorridente.

Quanto odiavo le sue irresistibili fossette.

«Indovinato», disse, semplicemente, mentre spostava appena un cono rosa.

«E perché mai hai accettato?», domandai, fulminandolo coi miei occhi, quando si inginocchiò ai miei piedi per spostare più indietro il mio cono di una decina di centimetri.

Alzò lo sguardo verso di me e mi fece l'occhiolino: «Per poterti comandare a bacchetta senza che tu possa fare nulla al riguardo».

Spalancai la bocca dalla sorpresa e l'indignazione: «Scusa?», dissi, certa di aver sentito male, o che lui avesse formulato in modo scorretto la frase, o...

«Mi dispiace per il livido», sussurrò, fissandomi lo zigomo destro con uno sguardo colmo di rammarico.

Mi portai una mano al viso e feci una smorfia nel constatare che faceva ancora male: «A me invece non dispiace averti tirato un pugno», risposi, fissandolo truce.

Lui si mise a ridere: «È così difficile per te essere gentile, lupetta?», mi chiese, ma dedussi dal tono di voce che fosse una domanda retorica e che quindi non avesse bisogno di risposta.

Lo guardai indignata mentre si allontanava, dirigendosi verso la postazione di Isabel, si voltò verso di me un'ultima volta - beccandomi mentre gli stavo fissando in modo, ahimè, esplicito il sedere - sussurrandomi poche ultime parole che mi fecero fremere: «La prossima volta, se non vuoi che ti salti addosso, ricordati la felpa».

Gli diedi le spalle, imbarazzata dal suo commento ed ostinata a non rivolgergli più la parola per il resto della mia vita. Beh, forse sarebbe già stato un ottimo risultato riuscire ad ignorarlo fino alla fine della lezione...

Anche le altre squadre, una volta formatesi, si divisero nelle diverse zone del campo segnate dai coni rosa. Fu una tale gioia ritrovarmi accanto Francine, che non potei fare a meno di farle una linguaccia, mostrando la mia maturità e facendo ridere a pochi passi di distanza Xavier. Possibile che quel lupo non si facesse mai i fatti suoi? Doveva per forza fissarmi ogni secondo?

«Lo sai che vinceremo noi, vero? Accettando Harrison in squadra ti sei praticamente scavata la fossa da sola», disse Francine, legandosi la sua lunga chioma tinta in una coda di cavallo.

«E io che pensavo di essere in vantaggio non avendo Carol, la-cheerleader-senza-cervello, in squadra. Conoscendola inizierà a correre dalla parte opposta rispetto a dove dovrebbe andare», ribattei, sorridendo alla mia vicina di corsia.

Xavier si parò davanti a noi, facendoci sussultare. Possibile che non l'avessi sentito arrivare? Ero così distratta?

«Giusto per sapere, è normale che vi punzecchiate così o è solo in mio onore?», chiese, incrociando le braccia al petto, sorridendomi maliziosamente.

Io gli lanciai uno sguardo annoiato - ostinata a non rivolgergli la parola per il resto della lezione -mentre Francine diceva, con un tono da gatta morta che mi fece venire voglia di vomitare: «Sfortunatamente il mondo non gira intorno a te, bel fusto».

'Bel fusto? Ma stiamo scherzando? Nemmeno mia nonna parlava così'.

«Va bene, che ne dite di cucirvi le labbra e non dire nient'altro l'una all'altra per il resto della lezione? Pensate di potercela fare?», ci chiese, scrutandoci in viso per qualche secondo.

Non ottenendo risposta da nessuna delle due - io, ancora giocavo al gioco del silenzio, mentre Francine probabilmente era rimasta delusa dal fatto che lui non avesse apprezzato il suo complimento - annuì e sorrise ancora una volta: «Brave, continuate così.»

Xavier tornò alla linea di partenza, controllando che tutti stessero accanto al proprio cono rosa poi, dopo aver preso fiato nei polmoni, soffiò nel fischietto che aveva al collo, dando il via alla gara.

Paul/Carl era davvero veloce e mi complimentai con me stessa per aver avuto la brillante idea di costringerlo a far parte della nostra squadra. Fu il primo a raggiungere il cono rosa dove si trovava un'ansiosa Frida, che per poco non fece cadere a terra il testimone da quanto era agitata. Per fortuna riuscì a non inciampare o perdere il testimone durante il breve tragitto che la separava da Sab, mentre Carol, in squadra con Francine, inciampò nei suoi stessi piedi un paio di volte, facendo ringhiare di rabbia la ragazza accanto a me.

Mi misi in posizione e incitai Isabel, che rispetto agli altri aveva un leggero vantaggio.

Quando mi passò il testimone mi resi conto che eravamo state raggiunte dalle altre squadre e capii che le nostre probabilità di vincere erano praticamente pari a zero.

Malgrado ciò non mi persi d'animo e corsi il più in fretta possibile, facendo attenzione però a rimanere nei parametri umani e, consegnato a Jules il testimone gli dissi: «Vai a vincere, Harrison».

Ero fiera di me stessa per esser stata più veloce di Francine nel correre il nostro tratto di pista e, senza rendermene conto, dopo aver esultato brevemente con Isabel, cercai con lo sguardo gli occhi verdi di Xavier, che, pieni di calore e ammirazione mi stavano scrutando.

Un sorriso idiota mi comparve involontariamente sulle labbra.

Jules alla fine tagliò il traguardo per secondo, mentre Tim - della squadra di Francine - per terzo, facendo esultare Isabel e me ancora di più. Appena raggiungemmo Harrison lo abbracciammo, facendolo sorridere pieno di orgoglio.

«Bravi ragazzi», disse Xavier, mentre segnava qualcosa sul registro di classe: «Ora, che ne dite di giocare a 'palla avvelenata'?»

Tutti i presenti di sesso maschile iniziarono a lamentarsi, come da copione, perché avrebbero preferito qualcosa di più competitivo come calcio o basket, ma dopo aver ricevuto un'occhiata ammonitrice da parte di Xavier si zittirono di colpo e con sospiri rassegnati tornammo tutti in palestra, dove ci dividemmo in due squadre.

Io, da ragazza matura, continuavo a guardare Francine con un sorriso vittorioso stampato sulle labbra e, ogni volta che si girava dalla mia parte, mi portavo la mano sulla fronte, formando con il pollice e l'indice la lettera 'L'.

«Signorina Wood», mi riprese Xavier, guardandomi con un finto sguardo severo, mentre provava a trattenere le risate: «Le dispiacerebbe smettere di istigare la signorina Picard?»

Abbassai lo sguardo, fingendomi dispiaciuta dell'accaduto e, appena lo vidi voltarsi per mandare un mio compagno a prendere un pallone, feci un'ultima volta la 'L' di 'Loser' a Francine, facendo ridere accanto a me Frida e Sab.

«È oggi che la professoressa Perez ci assegna la ricerca su un poeta de la Generación del '27?», mi chiese Frida, mentre ci disponevamo il più lontano possibile dalla linea che divideva il campo, in modo che fosse più difficile per la squadra avversaria colpirci, dato che avevano loro il pallone.

«Mi sembra di sì», annuii, spostandomi a destra per evitare che la palla mi colpisse il polpaccio.

«Ti va se la facciamo insieme? Ovviamente se ci permetterà di scegliere il partner», mi propose, sorridendomi.

Frida ed io non eravamo amiche del cuore, anche perché lei, essendo umana, non avrebbe mai potuto capirmi appieno. Andavamo però molto d'accordo, eravamo entrambe le studentesse preferite della Perez e amavamo passare l'ora di spagnolo a giocare a tris, quindi non avrei potuto sperare in una compagna di banco migliore.

«Certo», le dissi, prima di afferrare al volo il pollone che Francine mi aveva lanciato contro, facendola finire automaticamente in prigione. Non riuscii a trattenermi e le feci un'altra volta la 'L' col pollice e l'indice, beccandomi un'occhiataccia da Xavier, che rabbonii con un sorriso di scuse.

Il resto della lezione volò via in un battibaleno e la partita a palla avvelenata finì in un pareggio.

Una volta nello spogliatoio mi cambiai d'abiti il più velocemente possibile, dato che non volevo arrivare in ritardo per la lezione di biologia, durante la quale avremmo parlato di genetica; la professoressa Tyler doveva ancora finire di spiegare il quadrato di Punnet.

«I fiori», mi ricordò Sab, passandomi il bouquet che mi aveva regalato Michel quella mattina, evento di cui mi ero totalmente dimenticata.

«Ah, già», dissi, distrattamente, mentre li prendevo sotto braccio e mi avviavo verso l'uscita dello spogliatoio, che venne però bloccata da una Francine semi nuda e in vena di litigare, soprattutto dopo esser stata battuta in campo poco prima; voleva riscattare il suo orgoglio ferito.

«Chi è lo stupido che ti regalerebbe mai dei fiori?», chiese la Barbie, guardandomi con aria di sufficienza: «Te li sei portata da casa per fingere che qualcuno sia interessato a te, scherzo della natura?»

Odiavo quando Francine faceva riferimenti, non tanto velati tra l'altro, alla mia eterocromia, facendomi sentire ancora più strana di quanto già non mi sentissi.

Ma il fatto che mi facesse stare male con poche semplici e crudeli parole non voleva dire che gliel'avrei lasciato capire.

«Tuo fratello», dissi sorridendo, prima di superarla e di uscire dagli spogliatoi femminili per prima.

Avrei voluto ricevere una medaglia per la velocità con cui ero riuscita a liberarmi di lei con due semplici parole.

«Diana», mi salutò Xavier con un veloce gesto del capo, mentre, appoggiato alla porta della palestra, scorreva il pollice sullo schermo touch del suo cellulare.

«Straniero», lo apostrofai, prima di provare a superarlo così da potermene andare, ma lui mi bloccò il passaggio.

Non sapevo chi, tra lui e Francine, fosse più irritante.

«Fiori?», constatò Xavier, fissando il mazzo che avevo sottobraccio.

Aggrottai le sopracciglia, confusa.

Si erano messi d'accordo, lui e Francine? O semplicemente mancavano entrambi di originalità?

«Michel non capisce quando si trova davanti ad una causa persa», ammisi, sollevando le spalle indifferente.

Tutto quello che volevo era correre nell'aula di biologia; possibile che fosse diventato all'improvviso così difficile essere una diligente liceale di diciassette anni?

«Ha una cotta per te?», chiese, posando il cellulare in tasca e sollevando i suoi occhi verde chiaro su di me.

Il modo in cui mi stava scrutando mi metteva a disagio, come se stesse analizzando nei minimi dettagli il mio corpo nudo, tanto che sentii la necessità di controllare di essere vestita.

«Forse», risposi, tentando ancora una volta di conquistare la libertà, ma lui mi sbarrò nuovamente la strada col suo corpo: «Dovrei andare a...»

«E tu hai una cotta per lui?», domandò, senza lasciarmi finire la frase e facendomi sbarrare gli occhi dalla sorpresa.

«No», dissi, come se stessi constatando qualcosa di assolutamente ovvio.

«E per chi hai una cotta allora?», mi chiese, piegandosi leggermente in avanti, in modo da avvicinare il suo viso al mio.

Il suo profumo mi invase le narici all'istante, facendomi sentire un caldo languore in tutto il corpo.

'Se continui a farmi sentire in questo modo potresti essere il candidato numero uno', pensai, prima di ritrovare un minimo di razionalità e fare una smorfia di scherno: «Perché dovrebbe interessarti?»

Ero convinta di averlo messo con le spalle al muro con le mie parole così, con passo sicuro feci per passargli accanto, in modo da uscire dalla palestra, ma un suo braccio mi bloccò il passaggio, facendomi sussultare dalla sorpresa.

Sentii il suo caldo respiro contro il mio orecchio, mentre sussurrava: «Perché questa sera ti porto fuori a cena, quindi mi sembrava corretto informarmi su possibili rivali».

La mia bocca si aprì, mentre sbattevo un paio di volte di troppo le ciglia e sentivo un suono forte ed assordante nelle orecchie. Ci impiegai due minuti buoni prima di rendermi conto che quello che udivo era il battito impazzito del mio povero cuore.

«Pensaci, ti aspetto qua quando finiscono le lezioni», sussurrò, prima di spostare il braccio e allontanarsi dalle porte della palestra.

Senza pensare a quello che mi aveva appena detto, perché sapevo che altrimenti avrei sinceramente rischiato di fare qualcosa di davvero stupido; come per esempio saltargli addosso e baciarlo, o saltargli addosso e sbranarlo, mi allontanai a passo di marcia, diretta all'edificio principale del liceo, dove si trovava l'aula di biologia.

Ero piacevolmente sorpresa e allo stesso tempo altamente infastidita dal modo arrogante con cui aveva dato quasi per scontato che sarei voluta andare a cena fuori con lui quella sera.

Davvero si credeva così irresistibile? Beh, non lo era.

Arrivata all'aula di biologia mi sedetti in prima fila proprio mentre suonava la seconda campanella, evitando per un soffio le occhiate infastidite che solitamente la professoressa Tyler lanciava a tutti i ritardatari.

Tirai fuori il quaderno e cominciai a prendere appunti, seguendo il più attentamente possibile la lezione, anche se ogni tanto il mio pensiero si perdeva nel ricordo del sorriso malizioso di Xavier e di come il suo odore sembrasse in qualche modo penetrare attraverso i pori della mia pelle, inebriandomi.

In quel momento mi resi conto di sentire qualcosa di non ben definito infestare in modo fastidioso il mio stomaco. E no, non erano sicuramente farfalle, probabilmente era semplicemente il mio corpo che si lamentava di non aver fatto colazione, nulla di preoccupante.

Le ore di lezione si susseguirono una dopo l'altra, fino a quando non arrivò l'ora di pranzo, che passai seduta ad un tavolo con Sab, Frida, Jules e Ann, la cugina mezza lupo di Isabel. Ancora faticavo a spiegarmi il motivo per cui la mamma di Ann si fosse accontentata di stare con un umano, soprattutto se si teneva conto del fatto che lui sarebbe morto molto prima di lei, lasciandola sola per buona parte della sua vecchiaia. Certo, l'amore non ha età, regole e quant'altro, ma l'idea di sopravvivere inevitabilmente a suo marito non disturbava la signora Jackson neanche un po'? I pochi decenni che avrebbero passato insieme sarebbero bastati a compensare il vuoto che lui avrebbe lasciato una volta morto?

Ann aveva compiuto da pochi mesi quattordici anni, età in cui di solito si è già in grado di trasformarsi in lupi con l'aiuto della luna piena o in caso di emozioni forti e improvvise, eppure lei non sembrava mostrare alcun segno di essere in grado di mutare forma come il resto del branco.

Ogni tanto i miei genitori, dopo cena, quando stavano accoccolati sul divano davanti alla tv spenta, parlavano di quanto dovesse essere difficile per Ann, ma soprattutto di quanto fosse abbattuta la signora Jackson all'idea di non poter condividere con la sua unica figlia i segreti del branco.

«Che bei fiori», disse Ann, sfiorando i petali di una delle margherite che componevano il bouquet.

Avevo pensato di portarli a casa e regalarli a Edith, ma mentre guardavo lo sguardo sognante della quattordicenne che avevo davanti, decisi che lei ne aveva più bisogno.

«Te li regalo se vuoi», dissi, sorridendole, odorando l'odore familiare e floreale di Ann; lei non aveva un odore forte, come succedeva alla maggior parte dei lupi, ma un aroma delicato che la faceva somigliare molto più ad una semplice umana.

La ragazzina sorrise: «Davvero?», mi chiese la conferma e, quando annuii, la osservai - con un sorriso sulle labbra - portarsi il bouquet al naso e aspirarne a fondo l'odore.

Non avevo idea di come ci si potesse sentire ad essere e non essere parte del branco; certo, io avevo la mia parte di disgrazie: l'eterocromia, Michel sempre tra i piedi, un fratello rompiscatole e un papà testardo, ma in confronto sapevo che la vita di Ann doveva essere molto più complicata.

«Dovevi vedere la faccia di Francine quando sei uscita di scena dopo averle detto: 'Tuo fratello'. È stata una scena epica», disse Sab, mentre masticava una forchettata di spaghetti al ragù.

«Non si parla con la bocca piena», la ripresi scherzosamente, mentre Frida rideva di gusto.

«Francine è proprio insopportabile! L'altra settimana al corso di chimica si credeva la regina del mondo solo perché ha risposto correttamente a una domanda, che tra l'altro non era neanche così difficile...», disse Jules, con un'espressione imbronciata.

Gli diedi una pacca sulla spalla, per cercare di mostrarmi compassionevole: «Già», annuii semplicemente.

La tavola cadde in un breve e momentaneo silenzio, prima che Frida introducesse un nuovo argomento: «Vogliamo parlare di quanto è sexy il nuovo professore di ginnastica? Xavier O'Bryne è diventato nel giro di due secondi il mio sogno proibito, appena i suoi stupendi occhi si sono posati su di me ho capito di essere irrimediabilmente innamorata», disse, guardando dall'altra parte della sala con occhi sognanti, portandosi una mano al cuore.

Seguii il suo sguardo, notando come Xavier fosse seduto al tavolo degli insegnanti e stesse chiacchierando pacificamente con la professoressa di pittura.

Aggrottai le sopracciglia e mi impedii di controbattere, trattenendo dentro di me il mio scetticismo e la mia acidità, che cercavo in tutti i modi di non classificare come gelosia, ma semplice realismo.

«Sì, è molto affascinante», aggiunse Sab, lanciandomi una veloce occhiata maliziosa.

Pure lei ci si metteva? Non bastava il mio corpo in continuo conflitto con la mia mente?

«Troppo arrogante per i miei gusti», ribattei, tornando a concentrarmi su quella che la cuoca mi aveva assicurato essere pizza, ma che le mie papille gustative classificavano in modo differente.

«Anche tu sei arrogante», s'intromise Jules, beccandosi una mia occhiataccia.

«Assolutamente vero», gli diede corda, Isabel, che colpii - accidentalmente - col piede all'altezza dello stinco.

«Sei così orgogliosa che non riesci neanche ad ammettere che è un bel pezzo d'uomo?», rincarò la dose Sab, dopo aver risposto al mio calcio con un altro calcio, che mi fece stringere i denti dal dolore.

«L'aspetto fisico non è tutto, bisogna tenere conto anche del suo pessimo carattere», ribattei, assottigliando lo sguardo.

«Il tuo carattere è pessimo, eppure ti vogliamo bene lo stesso», disse Frida, facendomi l'occhiolino.

Non ero ferita dalle loro parole, sapevo che avevano ragione, eppure non volevo dargliela vinta.

Inoltre non avevo intenzione di ammettere il mio piccolo - quasi inesistente, in effetti - debole per il professore O'Bryen, soprattutto se lui si trovava nella stessa stanza e aveva la possibilità di sentirlo.

Grazie, ma no grazie.

«Pensatela come volete, secondo me è solo uno sbruffone», dissi, addentando un pezzo della mia 'pizza', che aveva la consistenza della gomma da masticare e un disgustoso retrogusto di plastica. Avrei preferito abbandonare nel piatto il mio pranzo, ma avevo troppa fame per fare la schizzinosa, così continuai a masticare, mentre Sab alzava gli occhi al cielo sconsolata e gli altri sorridevano divertiti.

«Avete sentito che Paul questo weekend darà una festa a casa sua?», chiese Jules, con gli occhi che gli brillavano dall'eccitazione.

«Paul chi?», chiesi, aggrottando le sopracciglia.

«Ah, sì, Paul Ling», rispose Frida, mangiando con gusto la sua pasta.

Rimasi perplessa a fissare prima uno poi l'altro, chiedendomi di chi diavolo stessero parlando, prima di voltarmi verso Isabel con un sopracciglio sollevato ed un espressione smarrita: «Questo Paul Ling sarebbe... ?»

Sab sbuffò: «Tu e la tua memoria selettiva. Paul Ling è il riccone con la macchina rossa che odi tanto perché sei convinta che in una realtà parallela quella sia la tua Maserati».

Una lampadina mi si accese in testa: «Aaah», esclamai, annuendo convinta: «Che dite, ci imbuchiamo?», chiesi, ricordandomi come, oltre alla macchina, invidiassi anche la super villa di lusso di quel ragazzo.

Quattro paia di occhi mi fissarono con un misto di stupore e compiacimento.

«Così ti voglio, D», mi disse Sab, colpendomi scherzosamente col suo gomito e facendomi l'occhiolino, prima di lanciare una veloce occhiata a sua cugina: «Tu però non puoi, sei troppo piccola, Ann».

Inutile dire che la piccola mezzo lupo ci rimase male, ma provò comunque a mascherare il suo dispiacere con un affrettato: «Tanto non ci volevo comunque venire», che fece sorridere sotto i baffi l'intera tavolata.




***********

Ciao a tutti!
Il capitolo vi è piaciuto? Spero tanto di sì e che abbiate tempo di lasciarmi una recensione, per farmi sapere che ne pensate di Diana, Xavier, Sab, Francine e i nuovi personaggi che sono stati introdotti; Frida, Jules e Ann.
Un bacio,
LazySoul



 

  
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