Gilbert trascinò per un
braccio Ludwig fuori dal dormitorio
per qualche metro, poi lo lasciò andare guardandolo confuso.
“Fratellino, sei ancora tra
noi? Il mio spettacolare
discorso ti ha impressionato così tanto da
stordirti?”
Ludwig, che era sovrappensiero,
riportò la sua attenzione al
fratello con uno sguardo stupito.
“Scusami Gilbert, ero
sovrappensiero. No, il tuo discorso è
stato… buono. Ora andiamo nelle nostre stanze, sono
piuttosto stanco per il
viaggio e domani voglio essere in forma per poter svolgere il mio
lavoro al
meglio!”
“Sempre diligente come al
solito, vero fratello?” Ludwig
ricevette una forte pacca sulla schiena muscolosa “Va bene,
andiamo, i
dormitori per le guardie sono di là. Io mi fermo qualche
minuto per scrivere il
resoconto della giornata da inviare ai superiori e poi ti
raggiungo”
Con un cenno della testa Ludwig si
divise da suo fratello e
si avviò verso l’edificio che ospitava il
personale del campo di
concentramento. Quando non sentì più gli occhi
rossi del fratello forargli la
nuca girò improvvisamente un angolo e si appoggiò
di peso al muro
dell’edificio. Tremante si portò una mano alla
bocca mentre il suo sguardo era
sgranato e perso nel vuoto, il suo volto violentemente rosso.
Era totalmente sconvolto, confuso e
spaventato, e tutto
questo lo doveva solo a una persona: l’italiano.
Fin dal momento in cui lo aveva visto
semi svenuto a terra a
causa della violenza del fratello aveva sentito una sorta di affetto
per quel
ragazzo, un sentimento che non aveva provano mai nemmeno per i suoi
amatissimi
genitori. Inizialmente lo aveva attribuito a uno slancio di
pietà per la sua
condizione, ma in poco tempo si era reso conto che era qualcosa di
più. Nelle
docce soprattutto, quando ordinò a degli altri prigionieri
di spogliarlo e
lavarlo, Ludwig aveva provato dei sentimenti del tutto nuovi e
sconosciuti.
Aveva visto molte volte i corpi nudi maschili dei ragazzi e degli
uomini,
soprattutto quando aveva frequentato la gioventù hitleriana
e poi
l’addestramento dell’esercito dove le docce erano
comuni e tutti si lavavano
senza vergogna nudi l’uno di fronte all’altro, ma
non aveva mai avuto nessun
tipo di problema. Aveva guardato le altre persone nude, loro avevano
guardato
lui, tutti avevano fatto scherzi e battute varie e tutto finiva
lì. Ma dal
momento in cui Ludwig aveva visto quel prigioniero italiano privo di
vestiti
sotto la doccia qualcosa era cambiato, irrimediabilmente cambiato.
Il corpo di quel ragazzo era
perfetto, snello, la pelle di
una tonalità più scura della sua, morbida al
tatto, di una bellezza così
femminea che sembrava una musa uscita da qualche quadro di
un’artista italiano.
Ludwig avrebbe giurato di non aver mai visto qualcosa di più
bello in vita sua.
Questi nuovi e sconosciuti sentimenti
lo avevano sopraffatto
anche nell’infermeria quando aveva visto il ragazzo bruno
sofferente sul quel
letto malridotto. Non voleva lasciarlo per nessuna ragione, soprattutto
in
presenza di quel francese su cui aveva sentito tante storie strane e
poco
rassicuranti.
Poteva per caso essere un segno di… gelosia?
Ludwig scosse la testa con forza.
Assolutamente no! Perché mai doveva essere geloso di un
ragazzo appena
conosciuto, un prigioniero straniero, che era sicuramente destinato a
morire di
fatica o di stenti in quel posto dimenticato da Dio?
Eppure ora il ragazzo tedesco ne era
sicuro, provava qualche
sorta di sentimento per quell’italiano. La conferma
l’aveva avuta quando
qualche minuto prima lo aveva visto nel dormitorio con quella grossa
benda
sulla testa, visibilmente spaventato ma dall’aspetto migliore
di quando lo
aveva lasciato nell’infermeria. Nel vederlo Ludwig aveva
provato sollievo, e
quando Gilbert lo aveva spaventato costringendolo a rifugiarsi sotto le
coperte
tremante come un bambino lui aveva provato il forte desiderio di
andarlo a
consolare.
Ludwig era confuso e non capiva cosa
fare, ma di una cosa
era sicuro: non riusciva a togliersi dalla testa quel ragazzo, il suo
corpo
nudo, il suo volto dai lineamenti dolci, la sua voce melodica con quel
particolare accento italiano che sembrava un canto continuo.
Aveva letto qualcosa a proposito di questi sentimenti strani durante i
suoi
studi, e i libri di testo li attribuiva all’essere innamorato
di qualcuno.
Che Ludwig fosse…?
No, no, NO! Lui non poteva essere
innamorato di un
prigioniero, soprattutto di un uomo, giusto? Eppure il ricordo del suo
corpo
nudo lo destabilizzava e causava scompiglio anche sotto la cintura dei
suoi
pantaloni.
Ancora piuttosto confuso e rosso in volto, Ludwig attribuì
questo strano
comportamento alla stanchezza del viaggio e al disgusto che aveva
provato nel
vedere il campo e cosa succedeva al suo interno. Si
allontanò a grandi passi
dall’edificio su cui era stato appoggiato e si
avviò verso la sua stanza il più
velocemente possibile sperando di non incrociare nessun’altra
guardia.
Aveva un problema fisico da risolvere urgentemente.
Feliks fu svegliato bruscamente da
delle urla dal forte
accento tedesco che riecheggiarono per tutto il dormitorio. Si
alzò di scatto
come ormai si era abituato a fare e si tolse la coperta di dosso pronto
a
mettersi le scarpe semi distrutte che aveva e correre fuori in nemmeno
due
minuti come volevano le guardie, quando si ricordò di
condividere la cuccetta
con un altro prigioniero.
Toris, così si chiamava il
simpatico ragazzo lituano con cui
condivideva il letto, stava rannicchiato su un fianco al bordo della
cuccetta e
ancora dormiva profondamente. Feliks sapeva di doverlo svegliare
altrimenti
avrebbe sicuramente preso una punizione per il suo ritardo dai loro
secondini.
Feliks, insieme a Francis e pochi
altri prigionieri, era uno
dei pochi superstiti del terribile blocco HETALIA, un acronimo
derivante dalla
fusione in lettere delle numerazioni del dormitorio H3T4 e della
fabbrica L14.
HETALIA era il luogo peggiore in cui i prigionieri che arrivavano nel
campo di
concentramento prussiano potevano finire: supervisionato dal feroce
Gilbert in
persona, i prigionieri di quel blocco erano costretti a lavorare senza
sosta
nella fabbrica metallurgica che vantava il primato in tutto il campo di
morti
sul lavoro.
Ogni anno Gilbert mieteva vittime con
il suo regime crudele,
che si dipanavano tra morti sul lavoro, morti di fame e stenti,
suicidi. Feliks
e Francis avevano visto i loro compagni di sventura morire come mosche
in
pochissimo tempo e avevano deciso insieme di occuparsi di tutti quelli
che sarebbero
arrivati dopo di loro per poterli proteggere e cercare di farli
sopravvivere.
Finora l’idea non aveva funzionato molto bene e se Feliks
ormai stava perdendo
le speranze, Francis sembrava sicuro di sé più
che mai.
Scosse violentemente il ragazzo da
una spalla, che si
svegliò di soprassalto.
“Svegliati
pigrone!” Cantilenò “Dobbiamo muoverci
se non
vuoi ritrovarti con qualche osso rotto!”
Toris rimase a guardarlo per qualche
istante con uno sguardo
confuso sicuramente non ricordando dove si trovava, poi si
alzò di scatto e iniziò
a sistemare le sue cose ringraziando il suo compagno.
Feliks osservò il resto del dormitorio mentre si allacciava
le scarpe ormai a
brandelli.
La maggior parte delle persone si era alzata e stava uscendo dal
dormitorio
sfilando timidamente davanti i due tedeschi che controllavano la
situazione,
mentre il ragazzo canadese e Francis cercavano inutilmente di svegliare
l’italiano.
Feliks scosse la testa mentre si avviava verso l’uscita.
Quell’italiano era
spacciato.
Nota dell'Autore
Felicianooooooo, cosa combini?? Sei sempre fonte di guai T-T
Speriamo che vada tutto bene e che soprattutto Gilbert non si accorga della sua pigrizia!
E così Ludwig ha scoperto cosa vuol dire avere dei sentimenti per qualcuno dimostrando che non è un automa! E bravo il potato bastard x'D
Il prossimo capitolo arriverà presto!!