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Autore: Yellow Daffodil    10/09/2017    8 recensioni
Lui, lei, loro.
Lui: guerriero per scelta, idiota per nascita. Un cuore dietro all'armatura? Magari, dato che la principessa lo sta aspettando da anni!
Lei: cioè io, sopracitata principessa, rinchiusa nel castello del disagio e sorvegliata dal drago del trauma. Aspetto che un guerriero valoroso sovverta la maledizione che mi ha fatto innamorare di un idiota. Ma mi sa che è un circolo vizioso, vero?
Loro: un branco di brutte persone, ex compagni di classe, ma ancor meglio di vita, tutti talmente incasinati che, se inizierete questa storia, di sicuro incasineranno anche voi.
Pensate che non sia possibile? Solo due capitoli, e poi ne riparliamo.
***
Dall'origine del male, "Io e te è grammaticalmente scorretto", giungiamo al termine dell'evoluzione darwiniana di questa allucinante storia. Dopo "Io e te non è completamente sbagliato", arriva il seguito, nonché gran finale della trilogia: "Io e te è semplicemente complicato"!
Nulla è meglio di un ossimoro per descrivere ciò che avrete letto e leggerete. Con affetto e sarcasmo,
Yellow Daffodil
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Io e te'
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ATTENZIONE: questa storia è il secondo sequel di "Io e te è grammaticalmente scorretto", romanzo edito il 16 marzo 2017 da Centauria, di cui potete leggere il primo capitolo QUI e di cui trovate anche il primo sequel, per intero, QUI.



"Io e te" è semplicemente complicato 

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Si sta, come d'autunno

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-Due mesi prima-

Diciannove giorni.

Scorro la settimana sul calendario e cerchio la data di oggi. Sì, avevo fatto i conti giusti... sono esattamente diciannove giorni che la mia vita è uno schifo. Mi auguro che al ventesimo si vinca Patrick Dempsey, altrimenti denuncio la Vodafone.

Ma vediamo nel dettaglio le tragedie che hanno segnato questa giornata, così anche voi potrete compatirmi: piove, c'è lo sciopero dei taxi, mi sono fatta fare le fototessere nuove per il curriculum e mi sono cadute tutte in una pozzanghera, ho bucato il trentesimo paio di collant del mese, ho subito una truffa.

No, non la cosa di Patrick Dempsey (anche se sono davvero tentata dalla denuncia), ma una truffa telefonica. Vedete, poco fa mi ha chiamato un tizio per un'intervista sulla mia lavatrice ideale e mentre io prendevo gusto a farmi psicanalizzare in termini di centrifuga e lavaggio a secco, mi ha fregato quindici euro di ricarica.

In seguito a questo, ho perso il mio ultimo elastico per capelli, ho erroneamente comprato un coniglio su Aliexpress e, sì, ho realizzato che non so usare il nuovo telefono. Stavo scorrendo sotto la voce di "soprammobile a coniglietto" e per sbaglio mi sono fatta mandare un coniglio impagliato. Maledette scritte cinesi tradotte con Google.

Ah, già, quasi dimenticavo, sono solo le due di pomeriggio, quindi ci sono almeno altre otto lunghissime ore perché accada l'apocalisse.

Ma ora passiamo brevemente in rassegna tutte le tragedie degli ultimi diciannove giorni, per capire quanto questa catena di sfiga si stia confermando nel tempo.

Dieci marzo, l'inizio di ogni dramma: licenziamento prima della scadenza del contratto. Sembrava ci fossero degli immediati tagli al personale da fare, ma poi ho scoperto che la tettona senza titolo di studio aveva la precedenza su di me, dato che sono più brutta e costosa.

Undici marzo: depressione post-licenziamento.

Dodici marzo: ulteriore depressione e sesso egoista senza raggiungimento dell'orgasmo causa stress.

Tredici marzo: ancora depressione e acquisto di due vasetti di Nutella.

Quattordici marzo: brufoli ed epifania sul fatto che non riuscirò mai a pagarmi la vita a New York senza lavoro. Evviva!

Quindici marzo: orale di Storia della cultura americana, voto 17, tonnellate di studio e crediti buttate al vento.

Sedici, diciassette e diciotto marzo: stalking intensivo al professore per far cambiare il 17 in 18, con tanto di pianto e scenata sul senso della vita.

Diciannove marzo: depressione post-insufficienza. La crema anti-brufoli non funziona.

Venti marzo: ulteriore depressione. La magistrale in America fa schifo, la magistrale fa schifo, l'America fa schifo, non è per niente vera la menata dell'American Dream.

Ventuno marzo: sesso egoista senza orgasmo (vedi dodici marzo) e conseguente 'dobbiamo parlare'.

Ventidue marzo: Sayid mi dice di aver bisogno di una pausa, io mi compro cinque vasetti di Nutella e rompo il libro di cultura americana.

Ventitré marzo: mi getto alle ginocchia di Mr. Davidson, ma lui non mi dà il 18 sperato.

Ventiquattro marzo: non ho soldi e non ho più tempo per concludere la magistrale entro giugno, ergo dovrò rimanere a New York fino a novembre, ergo diventerò una barbona di Downtown. Ancora più brufoli.

Venticinque marzo: la mia coinquilina libanese mi comunica che torna a casa e devo cercare un nuovo coinquilino, ma a me 1) piacevano i suoi amici libanesi (è tra loro che ho conosciuto Sayid) e 2) non sono rimasti soldi per pagare anche la sua parte di affitto. Quindi è chiaro che per non vendere un rene devo assolutamente trovare un nuovo coinquilino, tipo... adesso. Ha-ha-ha.

Ventisei marzo: tentativo di suicidio e invio del curriculum a tutte le gelaterie/pizzerie italiane della zona.

Ventisette marzo: gelaterie e pizzerie vogliono una foto in allegato al curriculum, quindi capisco che anche lì vale la regola figo è bello e piango per tre ore.

Ventotto marzo: pulisco casa per invogliare un nuovo inquilino, trovo dieci euro sotto il tappeto, penso che la sfiga sia finita e decido di usarli per comprarmi un soprammobile allegro, dato che mi sento sola senza la coinquilina.

Ventinove marzo: sapete che è successo quando ho cercato di comprare lo stupido soprammobile e quando un video motivazionale di PaceDeiSensi Tube mi ha spinto a inviare comunque quelle foto. E non solo in digitale, pure in cartaceo, così da mostrare quanto ci tenga al lavoro! Miseriaccia ladra.

Entro nell'appartamento, sentendolo più freddo e umido che mai, getto le chiavi sul mobile in entrata e raccolgo la posta da terra. Ovviamente sono uscita senza ombrello, quindi i miei capelli sgocciolano sulle bollette, mentre una a una le faccio cadere sul pavimento e recito "Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie."

Mi manca tanto l'italiano; lo parlo poco, perché ormai ho messo a punto un anglo-franco-arabo che per sei mesi ho usato incessantemente con Fatima, la coinquilina libanese. Quindi ora che sono sola mi sto riscattando e tendo a recitare poesie ad alta voce o fingere dialoghi romantici tra me e lo spirito dell'uomo della mia vita, che è un bel manzo fiorentino immaginario. Ovviamente so di avere dei problemi, ma chi è stato per un lungo periodo all'estero mi capirà.

Tuttavia, presa come sono dal mio ripasso di antologia, quasi non mi accorgo della lettera che lascio automaticamente cadere per terra. Mi è balzata agli occhi perché reca un'intestazione in italiano e quasi non mi sembra vero.

Di solito ricevo bollette dallo Stato di New York, posta in francese per Fatima o cartoline che i miei si sforzano di scrivere in inglese perché ancora convinti che sia la mia lingua preferita. In realtà avrei voluto fare la magistrale in Francia e perfezionare il mio francese, ma alla fine non ce l'ho fatta e i sussidi da parte dell'università mi hanno permesso di seguire la magistrale nella seconda lingua. Alla triennale dell'università ho fatto francese e anglo-americano, anche se per il primo stravedevo, mentre per il secondo non del tutto. Mi piaceva molto di più al liceo.

In ogni caso, dopo tutte queste lingue, ho capito che la migliore è l'italiano con i suoi poetici vaffanculo ed è dicendone un paio che raccolgo da terra quella strana busta blu. È stampata in calligrafia elegante, argentata e di fattura ricercata. C'è scritto: Per Marinella Argenti. Che figo, sapevo che prima o poi avrei vinto quel concorso con i tagliandi Parmalat!

Oppure è davvero Patrick Dempsey che mi scrive?

All'aprire la busta ed estrarre il contenuto, scaccio i miei stupidi deragliamenti mentali. Anche perché smisi di tentare la fortuna con Parmalat nel 2013. Mi aveva davvero deluso.

Mi appoggio al mobile d'entrata con la schiena, il fiatone per aver fatto le scale di corsa e la tachicardia per ciò che i miei occhi scorrono alla velocità della luce. Non posso credere a quello che sto leggendo: non riesco a capire se sia uno scherzo o l'ennesimo evento apocalittico del giorno.

Abbasso la lettera e mi stropiccio gli occhi, mentre il telefono prende a suonare e io ho la malaugurata sensazione che sia strettamente collegato al tutto. Difatti, il mittente è proprio: Pidocchio brufoloso, ossia mio fratello Davide.

Il che è sinonimo di imminente catastrofe.

"Pronto?"

"Scemotta! Come butta nella Grande Mela?"

"Male, Davide, butta davvero molto male. Fra poco mi butto io dalla Grande Mela, per quanto sta andando male."

"Musica per le mie orecchie. Che canzone vuoi al funerale? Posso farti scegliere tra mamma sull'orlo delle lacrime per il tuo ultimo fallimento universitario oppure papà lanciato in un discorso razzista contro il venditore di cammelli che ti ha appena scaricato. È tutto in sol minore, quindi tranquilla, sarà ancora più tragico di come è in realtà."

"Oh mio Dio. Davide." sbuffo. "Stavo pensando a quanto mi mancasse l'italiano, ma poi ascolto la tua voce da mezzo uomo con esse moscia che nemmeno Jovanotti a quindici anni e sai cosa? L'italiano non mi manca poi così tanto."

"Sorellina, mi manchi così tanto." sospira.

"Non dire cazzate. E piantala di chiamare Sayid 'venditore di cammelli'."

"È papà che lo chiama così."

"Quindi ha il tempo di trovare soprannomi per i miei ragazzi tra una firma e l'altra sotto le tue note comportamentali?"

"Esatto. Tutti questi impieghi non gli permettono di farsi la mamma, quindi è sempre più vecchio e sempre più acido. Praticamente sta diventando come te."

"Davide. Ti stacco le palline. Che cosa vuoi da me?"

"Chiamavo per darti una notizia."

Prego tutta la volta celeste perché non si tratti di una brutta notizia, ma all'indugiare di Davide, intervengo.

"Che c'è? Ti hanno prolungato la sospensione di un'altra settimana? Mamma ti ha cacciato di casa per questo? Ti hanno finalmente relegato sotto i ponti?"

"Nah, stavolta riguarda te. E poi mamma non mi caccerebbe mai; sai che mi adora, anche se sono un figlio problematico."

"Oh, fantastico!" sospiro mentre schiaccio i piedi a terra per far spruzzare l'acqua dalle suole (quanto disagio). "Sapevo che chiamavi per rovinarmi la giornata. Vai, stupiscimi. E bada, non credere che sarà facile, perché è già successo il finimondo."

"L'invito è arrivato anche qui."

"Bene, ci sei andato molto vicino."

"Ho accettato."

"Hai-" momento di silenzio e implosione interiore. "Che cosa?"

"Ho accettato." ripete mio fratello, solfeggiando un'ingenuità davvero fuori luogo. "L'invito era per due, perché sapevano che stavi con un ragazzo, ma io ho spiegato la situazione e ho detto che ci andrai con me. Non c'è stato nessun tipo di obiezione, accetterebbero che venissi con il diavolo in persona, pur di averti con loro."

È un Argenti. È davvero un Argenti. Solo gli Argenti possono fare certe cacate.

"Ok, allora mi correggo: hai decisamente battuto la media della giornata." dico, inspirando per poi vomitargli addosso una serie di insulti, ma lui gioca una carta sempre vincente e mi interrompe con il tono da bambino supplichevole.

"Nelli, non essere arrabbiata..."

È fortunato perché nel suo passaggio all'adolescenza gli si è sviluppato tutto tranne un paio di cose: il cervello, anche se quello è confinato ai suoi standard di 1x1 millimetri, e la voce. Quest'ultima suona bene per un ragazzo della sua età, ma non so come e non so perché, riesce ancora a emulare quella di un marmocchio indifeso, se la modula con saggezza. Quindi non solo dispone di un'estensione vocale notevole, ma, come un supereroe ben allenato, riesce anche a piegarla al suo volere. Ed è perché ha davvero talento che non gli rivolgo una parolaccia grave e molto irrispettosa.

Certo, un'alternativa, però, posso ancora sfoderarla. La mia arma per eccellenza. Il sarcasmo.

"Arrabbiata? Arrabbiata? Come potrei mai essere arrabbiata? D'altra parte hai solo aperto una busta per me, deciso al mio posto, contattato gente che mi odia e, dopo aver rivelato che sono stata scaricata, accettato senza problemi un loro invito!"

"Io-"

"Oh, no, aspetta." insisto con tono mellifluo, ma cazzuto. "Non sono affatto arrabbiata perché mi hai spedito a un matrimonio senza prima chiedermi se lo volessi, non mi dà fastidio che tu abbia rotto il muro di scuse che ho faticosamente creato per proteggermi, non mi fa assolutamente incazzare che ora sappiano cose della mia vita che solo io dovrei sapere! Per giunta, Davide, no, non me la sono presa perché ti sei allegramente offerto di accompagnarmi, perché avrei dovuto? D'altra parte hai solo una sospensione che ti grava sulla testa, dopo la bocciatura dell'anno scorso e la denuncia da parte delle ferrovie dello Stato. Idea geniale, ma il consenso di mamma e papà l'hai trovato nei cereali oppure pensi che arrivi miracolosamente come Gesù?"

"Nelli, non si riceve un invito del genere ogni giorno." è la sua brillante risposta.

"Oh no, non si va ogni giorno a festeggiare un matrimonio a Cecina. Che poi, che dico? Quale matrimonio? Magari fosse solo un semplice matrimonio! Questa è una vera e propria rimpatriata, della serie: due piccioni con una fava! Due settimane tra i colli verdi della Toscana, con vitto e alloggio in una mansione di ricconi, dove, guarda caso, capiterà anche la persona per cui ho sofferto in tutti questi anni. Hai proprio ragione, Davide, sei – un piccolo – genio."

"Mi sono già informato su Mattia: non potrà esserci per via del lavoro."

"Ancora meglio! O ancora peggio! Non so proprio decidermi!"

"Scusami, Marinella. Se ho fatto una cazzata così grande, allora chiamali e inventati una cazzata più geniale per tirare pacco. Tanto sei bravissima."

"E con quale faccia pretendi che mi rivolga a due che si stanno per sposare?!" sbotto, sentendo un rovesciamento intestinale al pronunciare queste parole. "Li chiamo per dire 'Scusate, mio fratello ha sbagliato risposta, intendeva dirvi che io non ci sarò all'evento più importante della vostra vita, mi spiace. Però, ehi, su Sayid ci aveva preso, perché ormai la nostra pausa ha superato i dieci giorni e per il codice ufficiale delle pause, significa che presto mi pianterà in asso come hanno fatto tutti nella mia vita'!"

"Sei veramente una psicopatica." ribatte dopo un po' di silenzio. "Mi chiedo perché si siano dati la pena di invitarti, tanto è sempre la stessa storia."

Questa frase fa male, ma evito di lasciarlo trasparire, attaccando nuovamente: "E io mi chiedo perché tu non abbia mai smesso di farti i fatti miei. Hai diciassette anni, non hai già collezionato abbastanza dettagli sulla mia vita?"

"No. A quanto pare il destino mi ha fatto leggere anche quella lettera."

"Il destino? Oh mio Dio, sto per strozzare l'appendiabiti di fronte a me immaginando che sia il tuo collo!"

"E va bene. Stasera li chiamerò. Lo capiranno e non mi faranno troppe domande. Si sposeranno, si dimenticheranno della questione e magari sarà la volta in cui capiranno che i loro sforzi per farti recuperare il senno sono inutili. Ah, tra parentesi, posso anche dire che purtroppo hanno scelto il periodo sbagliato, perché, mio Dio, sei davvero sommersa di lavoro e la tua laurea magistrale è alle porte!"

Mi mordo il labbro così forte che lo sento sanguinare e stringo il telefono come se fosse davvero il collo di Davide. Credevo che parlare con Marco Ravasi, il mio amico d'infanzia, fosse un po' come discutere con la mia coscienza, ma ora che Davide è diventato abbastanza grande da articolare una ramanzina, ho sperimentato come sia litigare davvero con me stessa.

Stesso sarcasmo, stessa devozione per le cause perse, stesso impatto morale di un bue psicologo.

"Hello? Sto aspettando il suo consenso per procedere con la rettifica ai signori Magno, miss Argenti."

"Oh, fanculizzati Davide, non te ne è mai fregato niente del mio consenso!" getto la borsa sul divano e poi mi ci fossilizzo sopra pure io, il collo talmente infossato che mi sento molto Maurizio Costanzo quando ringhio a mio fratello: "Ma per curiosità, mi puoi dire come hai fatto a ottenere quello di mamma e papà? Quale genitore degenere lascerebbe che il figlio se ne vada in Toscana durante le settimane di sospensione che si è beccato per aver incendiato mezza scuola?"

"Se mi conosci, saprai già risponderti."

Attimi di intense elucubrazioni.

"Non gliel'hai detto!" evinco, gloriosamente.

"Ritenta."

Ok, pensa come Davide. È facile, basta pensare come penserei io. Quindi pensa: cosa farei io, se fossi una diciassettenne iperattiva con problemi scolastico-comportamentali che vuole andarsene lontano dalle regole, approfittando dell'altrettanto disastrosa vita sociale della sorella maggiore?

"Ce l'ho! Ce l'ho!" strillo con entusiasmo.

"Vai."

"Hai detto loro che partiamo in missione di fratellanza per riscoprire i nostri punti di debolezza."

"Ha del potenziale. Elabora meglio."

"Hai detto che io ho finalmente preso coraggio e andrò al matrimonio dei miei amici per cercare di recuperare i legami e più in generale la me stessa che si è persa negli anni di sofferenza. Nel fare ciò ho deciso di portarti con me, per starti vicino in quanto sorella amorevole e aiutarti a uscire dalla spirale dei cattivi comportamenti."

"Bingo."

"Sei un coglione."

"Nelli!"

"Tu mi hai incastrato!" strillo, ancora incredula per quanto quel cervello 1x1 sia simile al mio. "Mi hai messo in trappola da qualsiasi punto di vista e ora sono praticamente costretta ad accettare. Sei uno stronzo! Mi spieghi che cosa ti viene in tasca? Una vacanzina fuori porta? L'evasione dalla noia mortale? La soddisfazione per aver raggirato la punizione dei genitori?"

"L'ho fatto anche per te! Se hai letto quella lettera-"

"Sì, l'ho letta!" grido, all'apice dello stress. "E non avrei mai avuto il coraggio di accettare."

"Bene, allora mi ringrazierai. Nelli, è solo un matrimonio." precede il mio sclero, abbassando i toni. "Il tuo grande trauma Mattia Zingaretti non sarà presente, Alessandro e Gloria sono al settimo cielo per la tua partecipazione e pure Federica mi ha detto che cercherà di convincerti fino alla nausea, se non andrai. Vuoi risparmiarti ore di telefonate e corrieri che ti portano bracciali dell'amicizia per raccomandata? E, ancora più importante, vuoi risparmiare a me una sfilza di messaggi quando tu la blocchi su Whatsapp perché ti ha stressato troppo, come l'ultima volta che ti ha stressato per parlare di Mattia?"

"Oddio, scrive pure a te?"

"Certo, abbiamo parlato di acne e del fatto che non dovrei mai provare una canna."

"Ma perché?"

"Non chiedermelo. Comunque, riguardo al matrimonio..."

"Dimmi perché tu vuoi venire con me."

"Perché ho davvero bisogno di staccare." sussurra, imbarazzato.

Il silenzio che segue mi fa capire che è sincero e a disagio, e a me non serve indagare oltre. Ci sono una serie di motivazioni che riesco automaticamente a mettere assieme, senza dovergli dare il peso di spiegarsi ulteriormente. Ci scherzo e lo prendo in giro, ma so quanto in realtà gli ultimi anni non siano stati facili per lui. Per la scuola, principalmente, e poi per tutte le litigate che ha avuto con papà, con i professori, con gli amici e via dicendo.

"Ti prometto che se qualcosa va male, ti difendo io." se ne esce, di punto in bianco. "A patto che tu mi faccia stare un po' da solo con le tue compagne fighe."

"Vola basso, pidocchio." lo ammonisco, lasciandomi a una risatina e sentendo il bip della batteria scarica. "Ora dovrei andare, comunque..."

"Per me sarà una figata."

"Davide, non ho ancora confermato che..."

"Devo andare anch'io! Ci vediamo tra un paio di settimane, allora, ok? Buonanotte, scema!"

"Qui è ancora giorno, pidocchio, quando capirai che-"

Ma il cellulare decede sotto le mie mani e la telefonata viene mozzata. Lo poso con aria sconfitta e ne approfitto per chiudere gli occhi e inspirare a fondo.

Bel casino.

In realtà, una parte di me è emozionata come una bambina per il matrimonio di Alessandro e Gloria. Non dico che non me lo aspettavo, dato che quei due non si sono mai persi di vista per cinque anni, però, ecco, è sempre una notizia scioccante. E incredibilmente bella.

Devo dire che ne hanno fatta di strada dopo l'ultimo anno di liceo, al contrario di me. Io sono rimasta ferma esattamente a quel punto. Ma immagino non ve ne importi nulla della mia auto-commiserazione, e che vogliate sapere invece i fatti. Specialmente quelli che riguardano gli ultimi cinque anni e che spiegano perché sono terrorizzata all'idea del matrimonio.

Ebbene, riprendiamo da dove ci eravamo lasciati: in stazione, a Venezia, dopo la partenza del treno su cui sono saliti Lorenzo e Mattia, alla fine della quinta.

La reazione a quel particolare momento della mia esistenza si svolse al limite della sanità mentale: mi eclissai nel nulla per qualche giorno, sparii completamente, mi dissolsi nell'aere peggio della buona volontà quando inizi una dieta. Così, tipo quando il cervello ti va in corto e l'unica cosa che riesci a fare è andartene.

In seguito, i miei amici vennero a stanarmi con la forza e mi reintrodussero al mondo, ma ormai il danno era fatto.

Se n'erano andati i miei ultimi bagliori di speranza e ragione. Puff! Andati. Muerti. Per sempre.

I primi contatti che riuscii a ristabilire furono quelli con Marco e Federica. Non perché gli altri non ci avessero disperatamente provato, ma perché nella mia mente era scattato qualcosa di malsano. Qualsiasi fatto coinvolgesse i miei compagni di classe innescava in me la vera e propria conseguenza di un trauma; ero diventata una gran paranoica (e lo sono tuttora), ma una di quelle che addirittura non poteva ascoltare una voce o vedere un volto, senza subire un ribaltamento intestinale e ammirare i momenti felici della propria vita scorrerle davanti agli occhi.

Ve l'ho detto: non avevo più né speranza né ragione. Mi ero persa nel nulla, lasciando sulla Terra l'involucro di Nelli. E il tutto con le mie stesse mani, secondo il manuale della Perfetta Cogliona.

Dopo un paio di mesi, grazie al Cielo, i rapporti tra e me la società ritornarono decenti e ricominciai a tollerare la luce del sole, anche se ciò non risolse la mia crisi. Certo, piano piano, ripresi a sentire i miei amici, a scrivere loro dei messaggi e ricevere qualche telefonata, ma... non potevo ancora vederli.

Volevo bene a tutti, questo è ovvio, eppure, da allora in poi, ogni volta che ero sul punto di presentarmi davanti a loro e scusarmi per l'assenza, mi bloccavo. Mi saliva un'ansia incredibile, un flusso sempre più travolgente di ricordi e finivo per lasciar perdere. Puntualmente, come la più cretina dei cretini.

Io stessa valutai l'ipotesi di andare da uno psicologo, ma poi capii che mi serviva solo del tempo. Be' tanto tempo, ma proseguiamo con il racconto noioso.

Ho passato i tre anni dell'università nelle biblioteche e aule studio, cercando di uscire il meno possibile per non vedere nessuno. I miei mi chiamavano Suor Marinella, pensate a com'ero ridotta. Il vero problema è giunto quando, spazientiti, i miei compagni si misero a invertarne di ogni, pur di organizzare un'uscita assieme. E allora cominciarono le scuse.

Scuse, scuse, scuse, un oceano di scuse.

Tre lunghissimi anni di scuse. Certo, in un paio di occasioni cedetti, ma il trauma era ed è ancora in corso, quindi furono esperienze al limite del ricovero. Una volta partecipai a un apericena con le mie amiche e la seconda volta andai a trovare Diego e Cris. I miei compagni mi ritenevano una malata mentale (cosa che sono), ma almeno capirono che non mi comportavo da eremita a causa loro.

Era colpa di Mattia.

... è sempre colpa di Mattia.

Con il tempo mi resi conto che non potevo affrontarli perché c'era il rischio che a quelle rimpatriate ci fosse anche lui, che qualcuno mi parlasse di lui, mi domandasse di lui, che mi facesse, anche solo tramite uno sguardo, ripensare a lui.

Qualsiasi cosa potesse rimandare a quello stronzo e alla stupida decisione che aveva preso, quella di andarsene a Modena per diventare un militare, rappresentava per me un dolore e un ostacolo insormontabili.

Così ne parlai a Fede e Marco e, con il loro aiuto, riuscii a ovviare il problema.

Be'... parzialmente, s'intende, perché tutto ciò che feci fu chiedere espressamente di vedere i miei amici in assenza di Mattia. Con questa garanzia, promisi che sarei andata ovunque e avrei partecipato a ogni loro iniziativa. Ma la mia trovata, naturalmente, rappresentò un problema, perché tutti erano rimasti suoi amici.

Tuttavia, per i primi tempi mi accontentarono: uscii con Magno e Gloria, con Diego e Cris, con Ile, Pier e alcune volte pure con Marianna e Shaimée. Organizzammo anche una pizzata di Natale con alcuni di noi e un giorno andammo a trovare Ai, che era in visita alla sua palestra veneziana.

Per i primi tempi, dicevo, filò tutto liscio. Dopodiché, i ragazzi iniziarono a farsi troppe aspettative sul fatto che avrei vinto le mie paure. Da una parte, si erano un po' stancati di dover sempre usare mille accortezze e dall'altra anche loro avevano cominciato a vivere i primi eventi importanti della vita e quindi desideravano organizzare festeggiamenti collettivi, in grande, più o meno come Magno e Gloria per il loro matrimonio.

Grazie a Dio, loro sono i primi a sposarsi all'interno della classe, ma il succo è che da un certo momento in poi, le condizioni che io avevo posto diventarono troppo strette per il gruppo.

Così presi la laurea breve e afferrai al volo la prima occasione di andarmene. Mi sentivo un peso e sapevo di non poter dare loro quello che volevano... non sarei uscita da quei limiti, non ne ero capace, né tanto meno pronta.

Ho passato il mio quarto anno universitario a Trieste e quello successivo a organizzare la partenza per New York. E ora eccomi qui, paradossalmente più tranquilla, anche se odio questo posto e questo tipo di vita. Ma almeno sono lontana e mi sento come protetta, intoccabile da tutto ciò che li riguarda.

Ho creato una specie di circolo vizioso, tutto con le mie mani e tutto attorno alla mia stupidità. Però ormai non riesco ad uscirne. Rimango fuori a guardare, contenta e orgogliosa di loro, ma troppo impaurita per rimettermi in gioco e affrontare tutto quello che ripropone il passato.

Sono stata così brava a costruire muri attorno a me che ora non so più neppure io come scalarli. Inizialmente era per proteggermi, poi sono diventati abitudine e infine rifugio. E so che sono tutte fisse immotivate, però mi sento al sicuro in questo limbo malinconico, anche se non sono felice.

Quale positività.

Il mio non è nemmeno un trauma: sono io che dico che è un trauma per motivare le mie scelte da povera inetta. Anche se in realtà una ferita di fondo c'è, e tutti loro, seppur innocenti, ci sono direttamente legati, dal primo all'ultimo.

Se fosse bastato adottare certe misure per proseguire la vita normalmente, non sarei arrivata a questo punto. Se fosse bastato bloccare Mattia su qualsiasi dispositivo, cambiare numero, ignorare i suoi mille e uno tentativi di parlarmi, avrei continuato su quella strada. Ma la 5^A – ormai 10^ A – è qualcosa che Mattia e io abbiamo in comune... e direi fin troppo in comune, perché non possa rappresentare un ostacolo.

Quindi ho agito di conseguenza e i miei compagni sono arrivati a farci l'abitudine. Ovvio, il mio atteggiamento è come un'opinione: libera di essere espressa, rispettata, ma non condivisa, e sono certa che loro non mi capiranno mai pienamente.

Non mi capisco nemmeno io, vedete voi.

In ogni caso, la lontananza di questi ultimi due anni è stata inizialmente solo fisica e poi, pian piano, anche un po' morale. Io con le mie scuse e loro con i mille impegni, abbiamo finito per sentirci sempre di meno e pure i loro tentativi si sono fatti meno disperati.

Certo, sono sempre presenti (vedi matrimonio), ma non più assillanti come un tempo, fatta accezione per Marco e Federica, che – mio Dio – credo siano stati creati con lo scopo di molestare la sottoscritta. Sempre. Perennemente.

Ma perché in tutto questo non ho ancora nominato Lorenzo? Immagino che ve lo stiate chiedendo ed è più che comprensibile, ma quella di Lori è una storia lunga, quindi ve ne parlerò a tempo debito.

Ora potete odiarmi al cento per cento. Non c'è di che.

Mentre quest'enorme marasma di disagi si verificava, la vita dei miei compagni è andata avanti. Cris e Diego sono diventati genitori (prendetevi qualche minuto per assimilare lo shock), Eva fa la giornalista e Rachele ha cominciato le elementari. Mi sono congratulata con tutti per i loro successi, ma non vi ho partecipato come avrebbero voluto. Non c'ero al battesimo, né alla cena sponsorizzata da Diva e Donna, né agli otto anni di Rachele. Ci sono sempre stata o prima o dopo, in sordina, privatamente, quando ormai tutti gli altri se n'erano andati e non c'erano più rischi da correre.

È stato bellissimo vedere i frutti del futuro dei miei amici, ma allo stesso tempo è stato un colpo al cuore ogni volta: le loro facce dipinte di delusione nei miei confronti e il senso di colpa e inadeguatezza in me.

Con questi pensieri, mi faccio prendere dal panico riguardo al matrimonio. Come penso di cavarmela a contatto diretto con tutti per due settimane? Come penso di sopravvivere ai loro rimproveri, alle diverse reazioni, a ciò che diranno e penseranno di me?

Certo, il nemico numero uno sarà assente, ma è una magra consolazione. Infatti, questo non impedirà all'argomento di venire a galla, anzi, sono sicura che alcuni di loro (Eva per citarne una a caso) sia già in fermento per l'occasione. E in secondo luogo, non sarà sufficiente a dissolvere il mio malessere... li ho delusi tutti troppo per sperare che questi anni siano passati come se niente fosse.

Mi alzo in piedi per asciugare il disastro che ho lasciato sul pavimento e, passando davanti allo specchio, mi soffermo per qualche istante. Eccomi qua: sempre io, sempre in disordine e sempre confusa.

C'era stato un periodo in cui avevo perso parecchi chili, subito dopo la mia ultima estate da liceale. Avevo guadagnato un fisichino niente male, ma il mio viso aveva perso vita e colore. Ve lo dicevo che mi trovavo ai limiti della sanità: oltre a non uscire mai, saltavo addirittura dei pasti e andavo a dormire tardissimo, dopo aver fatto dei pianti epici soffocati da mille cuscini. No, non dirò che c'era un buon motivo o che rifiutare l'aiuto dei miei amici fosse giusto, ma ero davvero ferita e quella litigata con Mattia aveva cambiato il mio mondo.

Sapete la teoria della farfalla che batte le ali e causa un uragano? Ecco. Quel cambio di direzione è stato per tutti apparentemente sormontabile... ma non per me. Mattia ha battuto le ali e a me è arrivato addosso un uragano, solo che nessuno sembra capirlo davvero. Forse perché è davvero esagerato da parte mia, eppure l'ho sentito tutto in quei secondi, in quei giorni e in quei mesi. E gli effetti della catastrofe stanno durando ancora, a distanza di anni. È stato un uragano piuttosto devastante e la mia città non è affatto ricostruita. Troppe scelte sbagliate, sia mie che sue.

In ogni caso, in seguito ai numerosi rimproveri da parte dei miei cari (nonna in prima linea), piano piano ho ricominciato a essere la Nelli di sempre, almeno fisicamente. Ho ripreso tutto il peso perso, ho sistemato la mia frangia e fatto un terzo buco alle orecchie. Che trasgressiva.

Mi sono ripigliata un po' e ora non dico che sono una strafiga, ma almeno mi sento in equilibrio con il mio corpo. E sì, anche se ho i soliti fianchi larghi, i soliti centimetri in meno in altezza e la solita faccia trasognata.

Ho avuto la conferma di essere apprezzata da una pluralità di uomini e quindi, prima o poi (più poi che prima) ho ricominciato ad avere qualche relazione. Non fraintendetemi, sono state tutte di natura sessuale e senza intenzioni serie: solo Sayid aveva fatto vacillare un po' i miei principi, ma non credo sarebbe mai potuta essere un bocciolo di relazione.

Stavamo sempre e comunque a contare il tempo, ci vedevamo per noia più che per voglia ed eravamo i reciproci sbollitori di urgenze. Ma era un ragazzo carino e gentile; mi regalava le rose per i mesiversari (ne abbiamo fatti cinque) e alla festa della donna mi ha pure pagato il ristorante.

Però che mi aspettavo? Che lui restasse?

Sullo specchio c'è la mia faccia da bambina, con le orecchie leggermente a sventola e gli occhi grandi. Al contrario di qualche anno fa, ora sembro veramente un po' più grande.

Ho festeggiato i miei ventiquattro anni con Fatima e i suoi amici libanesi. Alla sera è arrivata anche Fede e ha passato qui a New York quattro giorni. Sono sicura che allora sapesse già del matrimonio, ma hanno giocato le loro carte con furbizia e hanno puntato tutto sull'effetto sorpresa.

In più Davide non è che mi abbia molto aiutato.

Da quando sono in America, sono diventata molto più riservata con tutti. Da una parte perché non mi piace sbandierare la mia collezione di insuccessi, dall'altra perché, come dicevo prima, questa lontananza è un po' come un guscio protettivo e funziona bene quando nulla entra e nulla esce. Di conseguenza, credo che Gloria sia stata informata sul mio conto da terzi.

Devono averle riferito anche del mio licenziamento, per questo ha inviato l'invito a entrambi gli indirizzi. Avrà pensato alla possibilità che avessi lasciato l'appartamento a New York per tornare a Venezia, e quindi voleva essere sicura al cento per cento che ricevessi la posta, o in un luogo o nell'altro. Già; tutto studiato alla perfezione. Molto probabilmente questo cavallo di Troia ha la faccia di Eva Cantarella.

Mi tiro le guance sconsolata: dopotutto è il matrimonio di Gloria e Magno, c'è da essere seriamente felici. Insomma, loro sono i miei bambini, sono nati e cresciuti come coppia grazie a me! Le cose buone che ho fatto nella vita sono poche, ma sono ben ferme nella memoria.

E ora sono così orgogliosa di loro che quasi mi metto a frignare, mentre inserisco la playlist araba che Fatima usava durante le crisi con il suo ragazzo. Insomma, anche io sono in crisi: con la vita, con mio fratello e con il mio quasi ex ragazzo.

E come faccio con il fastidio dell'essere stata incastrata? Ho più coraggio di annullare la mia partecipazione, deludendo così mamma, papà, Gloria, Magno e un'intera classe, oppure di andare e affrontare a testa alta i miei disagi? Ma soprattutto, con tutto quello che mi sono persa, ho davvero il coraggio di perdermi il matrimonio di due dei miei migliori amici?

Tutto sommato, mi sono anche risparmiata l'imbarazzo di parlare direttamente con loro e sparare una scusa strutturata che manco alle superiori quando avevi terminato le giustificazioni in storia. Ovvio, mi sarei sentita sollevata nel rinunciare, ma ogni volta che mi invento una cavolata c'è sempre un rinculo pazzesco e le mie scuse devono risultare perfette per stare al passo con la credibilità. Forse non avrei nemmeno saputo che diavolo mettere a punto stavolta, o avrei dovuto pianificarlo su carta e dopo giorni di elucubrazione. Senza contare il senso di colpa successivo.

Finora, grazie a questo studio, ho partecipato marginalmente agli eventi con ottime scuse: tutte evidentemente patetiche, ma tutte a prova di Eva. Eppure, mi sono sentita uno schifo in ognuna di queste occasioni. Così tanto che forse l'unico vero modo per rimediare sarebbe davvero questo matrimonio. Sarebbe la via perfetta per colmare tante assenze e silenzi. Per esserci finalmente, senza limitazioni o stronzate o complessi mentali.

Ma ancora una volta non so se sia saggio.

È vero, tutto sembra propizio: il tempismo che mi salverebbe dal declino qui a New York, l'assenza garantita di Mattia, la prospettiva di quindici giorni di pace, spesati e anche comprensivi di possibilità di uscire dalla chiusura mentale.

Gloria e Magno mi pagano addirittura il viaggio da Venezia a Firenze e giusto in quel periodo, verso metà aprile, avevo già mezzo organizzato una visita a casa, fiduciosa che avrei avuto in mano una laurea. Ora la laurea non ce l'ho (e nemmeno la dignità), ma una prenotazione del volo sì.

Eppure... ne sarei davvero capace?

Presa dalla coesistenza ossimorica di speranza e puro sconforto, assicuro il telefono al carica batterie e poi afferro di nuovo la busta raffinatissima, rigirandola tra le mani ed estraendo l'invito come se potesse darmi una soluzione mediatica per tutte le prospettive descritte.

Ed è solo allora che noto un particolare di cui non mi ero accorta prima.

Davide deve averlo dato per scontato, ma io nella fretta l'avevo completamente tralasciato.

Così leggo e rileggo avidamente quelle frasi, incredula di come siano potute sfuggirmi. Sicuramente ho gli occhi spalancati e le sopracciglia rasenti l'attaccatura dei capelli.

Oh mio Dio!

Ora si spiega tutto!

Il perché della premura nel mandare due lettere, l'urgenza da parte di Davide di agire per il mio buonsenso, il viaggio e l'alloggio spesati...

Rileggo l'ennesima volta per essere sicura e non posso fare a meno di lasciarmi fuggire un sorriso accompagnato da gridolino. Prendo a saltellare da pazza, con conseguente spruzzata dalle suole delle scarpe. Che visione grottesca.

Ma non posso non dare di matto per questi pochi secondi: Gloria mi ha chiesto di essere la sua testimone di nozze!

Oh mio Dio! È scritto proprio qui, nell'intestazione dell'invito!

È il mio sogno proibito da tipo... secoli! Praticamente da embrione io sognavo di essere una testimone di nozze, figuriamoci poi la loro testimone di nozze!

Ripongo il foglio, emozionata e per la prima volta totalmente eccitata al pensiero del matrimonio.

La portata di tutto ciò mi gasa troppo e, proprio come capita quando sei a tre quarti del drink, spazza via tutta l'insicurezza. Così, di botto, senza che nemmeno tu te ne accorga.

D'altronde è un po' quello che il mio cervello tende a fare di fronte alle situazioni importanti: andare in cortocircuito, scegliere esattamente l'alternativa peggiore e produrre cazzate.

Quindi, pur sapendo che è una gioia temporanea, e che domani me ne pentirò amaramente, e che non sto che prolungando la catena della sfiga per tutto il mese prossimo, d'istinto afferro il telefono e compongo il numero di cellulare riportato sotto la firma di Gloria.

Ovviamente mica sono scema, non ho il coraggio di chiamare, però le scrivo un messaggio.

Ehi, Gloria, sono Nelli.

Sarò onorata di essere la tua testimone di nozze. Grazie e congratulazioni... ci si vede tra qualche giorno ;)

Ecco fatto, sono ufficialmente una deficiente.

Sospiro, piego l'invito e lo richiudo nella sua busta. Non so quale pazzia ho appena compiuto, ma sono piuttosto sicura che le mie mani che tremano e il cuore che galoppa siano segno che presto morirò per questo.

Brava, Nelli, rovinati la vita!

Applausi, applausi.

Però ormai l'ho fatto, non si torna più indietro.

Sarà forse il mio riscatto o la mia disfatta completa, non posso prevederlo – anche se propendo fortemente sul fronte disfatta.

Almeno mi consola che finalmente sarò di nuovo con loro, che li vedrò, che saremo tutti insieme... senza stupide paure. Certo, sarà una scossa per il mio fragile cervellino complessato e probabilmente la mia figura sociale perirà nel mare dell'imbarazzo, ma c'è del giusto nella mia scelta.

Loro hanno bisogno che io lo faccia e io, d'altra parte, ho bisogno di loro.

Sarà la volta buona in cui riuscirò finalmente a premere di nuovo play? Sarà il modo per sbloccare la mia vita dalla pausa di quel giorno alla stazione?

Non lo so. Lo spero.

E spero, soprattutto, che non capiti come l'ultima volta che ho accettato di fare qualcosa, sapendo che avrei mandato definitivamente affanculo la mia stabilità mentale e sentimentale per i mesi successivi.

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***

Lo annuncio: "Io e te 3" è ufficialmente cominciato.

*For the sweet love of Jesus!*

Dopo ben 3 mesi e 10 giorni d'attesa, ora ricomincia la tortura (guarda caso a pochi giorni dall'inizio delle scuole... coincidenza?). Questa storia vi terrà compagnia durante i periodi di studio e di lavoro, sperando che possa rivelarsi una più che degna chiusura della storia d'ammmmore più grammaticalmente scorretta di sempre.

I miei buoni propositi per "Io e te 3" sono: parlare poco e agire tanto. Farò il possibile per non annoiarvi alla fine dei capitoli, ma ci sarò per qualsiasi cazzata vogliate condividere sui social (anche riguardo a tutt'altro rispetto a "Io e te") e, in più, mi impegnerò per essere più regolare possibile nella stesura e pubblicazione dei capitoli, ispirazione e università permettendo. Giusto per iniziare bene, infatti, vi devo mettere in guardia su una cosa: per il prossimo mese sarò impegnatissima a scrivere la tesi, ma non dovrebbe rappresentare un problema dato che ho già i capitoli successivi pronti. Solo... non prendetevela se magari vi rispondo dopo qualche giorno!

Ma passando al vero disagio: il capitolo... il capitolo.

Come avrete notato, esso si colloca 2 MESI PRIMA del prologo che avete letto. Ci presenta una Nelli più grande, ma ugualmente scoppiata... anzi, forse anche molto più del normale. Questa volta conoscerete un lato inedito della nostra protagonista: quello un po' negativo e rovinato da scelte ed esperienze sbagliate. In ogni caso, però, state tranquilli: "Io e te" non perde la sua (presunta) comicità né i suoi classici e dementi protagonisti, che rivedremo, naturalmente al... matrimonio di Gloria e Magno. Dai, in quanti se l'aspettavano?

Prima di salutarvi, una menzione speciale va fatta agli aiutanti di Babbo Natale per questo capitolo.
La beta Ellie, che ormai conoscete e che spoilera tutto lo spoilerabile nel gruppo di FB, ma che va premiata per aver letto tutto da sola senza poter sclerare con nessuno.
Le illustratrici Nicole e Angelica, che ci delizieranno con disegni originali in ogni dove. Cito il meraviglioso disegno della lettera, creato da Angelica, nonché parte della copertina (quella porno) sempre sua, e il disegno di Nicole rappresentante Nelli e Davide che invece trovate nel banner.
Il poeta che ha aperto le danze della storia, Christian, con una poesia che ho semplicemente adorato e che mi sembra rappresentativa di tutto ciò che abbiamo letto finora e che leggeremo sui nostri personaggi.
Quindi grazie a tutte queste persone e ovviamente alla componente più importante che sta esattamente di fronte allo schermo in questo momento :) (abituatevi, vi leccherò il culo costantemente)

Se voi siete d'accordo, io fisserei la pubblicazione del prossimo capitolo fra 10 giorni, quindi il 20 settembre, in modo da dare a tutti la possibilità di leggere e stare al passo con calma. 

P.S. Prima che me lo chiediate; sì... ci saranno ancora i momenti social, solo che in questo cap non ne ho messi perché non mi sembravano necessari.

Alla prossima e nel frattempo, fate due cose:
1) commentate e recensite oppure sguinzaglio Davide Argenti per perseguitarvi;
2) Venite a trovarmi su:

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