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Autore: _Joanna_    10/09/2017    3 recensioni
Fan fiction ambientata durante la II guerra magica.
Una nuova minaccia si allunga su tutto il mondo magico, ancora più terribile di quella rappresentata da Lord Voldemort, che al momento regna quasi indisturbato, con l'unico intento di porre fine una volta per tutte alla vita del Ragazzo-che-è-Sopravvissuto.
Ma le cose stanno per cambiare: un nuovo personaggio entrerà in scena nella lotta per il potere e per la libertà.
Sarà forse uno dei nuovi servi del potente mago oscuro a rivoltarsi contro il suo padrone? E a cosa sarà disposto a rinunciare Voldemort pur di salvarsi?
*
Avvertimento: è tutto "lievemente" OOC
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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7.7
Angolo Autrice

Ohilà gente, mi scuso per il ritardo nell’aggiornamento, ma ho avuto un po’ di problemi con la mia Musa ispiratrice, con la mia vena creativa, insomma non sono riuscita a scrivere due righe, fino ad ora.
In verità ho riscritto questo capitolo almeno quattro volte, ma non riuscivo mai ad esserne soddisfatta. È stato particolarmente complicato, perché, come vedrete, qui vengono date molte spiegazioni e si entrerà davvero nel vivo nella storia (già, dopo tutti questi capitoli, sono leggermente prolissa)
Comunque ci tengo a rassicuravi: la storia non rimarrà incompleta, anche se adesso, con l’inizio delle lezioni in università, non so con quanta regolarità riuscirò a pubblicare... comunque, spero una volta alla settimana! Come ho detto, la storia avrà certamente un finale, l’ho già perfettamente in mente e alcuni capitoli sono già stati abbozzati, quindi spero davvero di riuscire a mantenere un ritmo di pubblicazione abbastanza costante d’ora in poi.
Bene, ora vi lascio alla lettura. Come sempre, grazie a chi segue la storia e a chi sceglie di dedicare un po’ del suo tempo per commentarla; i vostri pareri sono sempre uno stimolo per continuare e un’occasione per imparare.
 
Buona lettura :)
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Capitolo VI
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Planning



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Il cielo era plumbeo e violaceo.
Da qualche settimana, tuttavia, vi era stato un sostanziale mutamento nelle condizioni climatiche. La foschia, greve e opprimente, che per mesi aveva strangolato l’Inghilterra e i suoi abitanti, era diminuita, e il clima generale si era fatto più mite e felice.
I Babbani avevano creduto che ciò fosse dovuto alla bella stagione, che, finalmente, aveva preso il sopravvento su quel gelo innaturale e soffocante, ma i Maghi sapevano che quella nebbia era legata ai Dissennatori, e la sua improvvisa assenza poteva significare una cosa sola: quegli esseri mostruosi e rivoltanti erano stati cacciati.
La pendola batté cinque, secchi rintocchi.
Octavio si guardò intorno, percorrendo il locale con un’unica, vasta e rapida occhiata.
La grande sala dove si trovava era stata arredata con gusto sobrio, ma raffinato ed era decisamente più appropriata rispetto all’angusto tinello della sua vecchia dimora.
Aveva deciso di abbandonare il suo vecchio seminterrato e trasferirsi lì, in quella semplice villetta in stile vittoriano, per un motivo preciso: qui, infatti, avrebbe potuto ricevere i suoi nuovi seguaci, così abbagliati dal comune senso di potere e dagli status che da esso derivano. Loro non avrebbero mai accettato, lo sapeva, un capo che aveva una cantina come covo segreto.
Erano solo degli sciocchi, pensò. Tutti loro sarebbero stati pronti a farsi uccidere pur di poter vantare il privilegio di possedere un lussuoso maniero.
Per non parlare dei loro stupidi, inutili, pregiudizi sui Sanguemarcio e gli ibridi.
Non era il sangue a fare di un Mago un grande stregone, non erano le origini a determinare chi sarebbe diventato o che cosa avrebbe fatto.
Octavio questo lo sapeva molto bene.
Era stato un bel problema convincere i suoi nuovi seguaci ad abbandonare le idee che per tanto tempo li avevano accompagnati, cullandoli nel loro rassicurante significato, sostenendo le loro pretese di superiorità. Octavio, infatti, non aveva scelto i membri della sua cerchia ristretta in base al sangue: abilità, questa era l’unica cosa importante.
Un sonoro crack lo distolse dai propri pensieri.
Qualcuno si era appena Materializzato davanti alla sua casa.
Si avvicinò alla finestra, scostò leggermente la tenda e riconobbe Roockwood, che usciva dall’anfratto scuro nel quale era appena comparso.
Dopo pochi secondi bussò alla porta.
«Mio signore» lo salutò Roockwood, prima di essere invitato a entrare «È fatta» annunciò, non senza un evidente tono di autocompiacimento.
Octavio non vi badò, doveva pensare a cose più importanti del bisogno di conferme del suo servitore.
«Molto bene, ora aspettiamo che arrivino anche gli altri» disse lui, riaccomodandosi sulla poltrona davanti al camino.

     Venti minuti dopo una mezza dozzina di maghi era riunita attorno a un lungo tavolo di legno scuro e lucido, molto simile a quello dove sedevano i Mangiamorte di Voldemort a Villa Malfoy.
I suoi nuovi seguaci stavano facendo il loro rapporto; in ordine avevano parlato Roockwood, Rowle, Selwyn e Travers, poi sarebbe toccato a Yaxley e Brown. Quest’ultimo non era stato un seguace di Voldemort, dal momento che era un Nato Babbano; tuttavia, ne condivideva alcune idee e, quando Octavio aveva sospeso le attività della Commissione per il Censimento dei Nati Babbani, si era unito a lui con molto entusiasmo. Gli altri avevano protestato e continuavano a guardarlo con disprezzo, ma Octavio aveva messo in chiaro le cose: il sangue magico era prezioso e i Nati Babbani erano la prova del suo enorme potere; aveva poi spiegato come maghi e streghe del calibro di Morgana, Paracelso e Flamel, la cui grandezza era oggi unanimemente rispettata, erano probabilmente nati da famiglie Babbane, a riprova di come il lignaggio non significasse nulla.
Ci sarebbe voluto del tempo, ma Octavio confidava che i loro risentimenti sarebbero presto svaniti.
«Così hanno trovato due intere famiglie Babbane trucidate» stava intanto dicendo Travers «Non ci vorrà molto ormai, la guerra inizierà presto» concluse trionfante.
Octavio si concesse un sorriso; tutto stava procedendo come lui aveva deciso.

     La tempestività era stata un elemento essenziale nel suo piano.
Dopo aver sconfitto Voldemort, Octavio si era recato immediatamente al Ministero; lì aveva radunato i seguaci del Signore Oscuro, comunicando loro la notizia e illustrando il suo glorioso progetto, che era stato accolto con entusiasmo. Quindi, aveva ordinato loro ritirarsi e di restare, per il momento, nell’ombra, mentre lui si presentava al resto della comunità magica come il loro liberatore.
Per accrescere la sua credibilità in tal senso, si era subito dato da fare, sospendendo tutti gli ordini di cattura per i Nati Babbani e allontanando i Dissennatori.
La notizia della fine di Voldemort e delle riforme attuate dal Ministro ad interim erano circolate in fretta tra i maghi e, in breve, Octavio si era conquistato il favore e la fiducia di molti dei vecchi oppositori del Signore Oscuro.
Tuttavia, non aveva potuto rendere noto il suo vero obiettivo, non subito almeno: il suo più ambizioso progetto, il controllo di tutto il Paese, e non solo, doveva aspettare; la guerra contro i Babbani, infatti, non poteva essere dichiarata senza motivo.
Per riuscirci, doveva occuparsi di due cose: eliminare Potter, o quanto meno la stima che molti nutrivano nei suoi confronti, e scatenare l’odio dei maghi contro i Babbani.

     Quest’ultimo intento sarebbe stato raggiunto molto presto: la sera prima, infatti, mentre Yaxley e Brown si introducevano nel Ministero Babbano e lanciavano una Maledizione Imperius sul Primo Ministro, il resto dei suoi seguaci si era diviso in tre gruppi: i primi due avevano attaccato alcuni villaggi Babbani, abitati anche da famiglie di maghi, curandosi di lasciare evidenti tracce di magia, l’altro si era diretto a Villa Malfoy.
Octavio si era premurato di scegliere i suoi bersagli in modo eterogeneo: aperti sostenitori di Potter, maghi comuni e Mangiamorte dichiarati. In questo modo, pensava, non ci sarebbe stato un colpevole evidente e confusione, paura e insicurezza si sarebbero insinuati facilmente nei cuori dei maghi.
Quanto ai Malfoy, comunque, l’attacco contro di loro si era rivelato non solo funzionale ad avallare il suo piano di depistaggio, ma anche di vitale importanza per la sua personale lotta contro ciò che restava di Voldemort.
Gli ormai ex Mangiamorte, infatti, pur non avendo incontrato difficoltà a penetrare nel grande maniero di famiglia, erano stati accolti in maniera inaspettata: alcuni vecchi compagni, ancora fedeli al Signore Oscuro, si erano riuniti là e quella che avrebbe dovuto essere una semplice incursione, si era trasformata in una lotta furiosa. Purtroppo, Narcissa, il figlio Draco e Rodolphus Lestrange erano riusciti a fuggire, mentre Macnair e l’altro fratello Lestrange erano stati uccisi e Malfoy catturato.
Octavio non aveva ancora avuto il tempo di interrogarlo, ma l’avrebbe fatto molto presto: doveva assolutamente scoprire dove si era rifugiato il resto della famiglia Malfoy e, soprattutto, doveva trovare Bellatrix.

     Intanto la paura, come Octavio aveva previsto, aveva già preso il sopravvento: il Ministro Babbano, posto sotto il suo controllo, aveva lasciato alcune dichiarazioni: aveva promesso risposte ai suoi concittadini in merito agli eventi della notte precedente, accennando poi a “mostri che vivono tra noi”.
Molto presto, poi, Octavio avrebbe nuovamente inviato i suoi al Ministero: sotto l’influsso della Maledizione Imperius, il capo dei Babbani avrebbe rivelato l’esistenza del mondo magico, gettando così il suo popolo direttamente nelle fameliche fauci dei maghi.
Maghi, che, d’altro canto, non lo avevano deluso: messi al corrente dei terribili attacchi e delle dichiarazioni preoccupanti del Primo Ministro, tutti si erano sentiti inquieti e oppressi da una cupa ombra di minaccia: il loro tanto agognato muro di segretezza si stava sgretolando e, presto, sarebbe stato del tutto abbattuto.
E, quando ciò sarebbe avvenuto, indignazione e risentimento sarebbero esplosi all’improvviso, facendo leva su vecchi rancori e antichi timori.
Naturalmente qualcuno avrebbe protestato, levando alta e insistente la propria voce in difesa dei Babbani.
Non sarebbe stato per molto: ben presto, infatti, la vendetta e l’odio avrebbero soffocato ogni traccia di pietà.
Il Ministero sarebbe stato chiamato a prendere una posizione ferma e la risposta di Octavio sarebbe stata una sola: guerra.
Presto i Babbani, esseri deboli, sarebbero stati distrutti e schiacciati; l’Inghilterra sarebbe stato il primo Paese governato dai maghi, ma non l’ultimo. Entro l’anno, Octavio confidava che l’intera popolazione magica europea avrebbe seguito l’esempio Britannico, creando così il primo Continente controllato dai maghi.
Il Male che lui avrebbe portato sarebbe stato necessario: la sua specie avrebbe finalmente avuto il posto che le spettava di diritto: come i Sapiens avevano preso il sopravvento sui Neanderthal (*), così i maghi, uomini dalle abilità superiori, avrebbero dominato sui Babbani.
Niente più guerre, niente più stupide lotte di potere: Octavio avrebbe creato un mondo giusto e pacifico, dove i maghi non avrebbero più dovuto vivere nell’ombra, ma anzi, sarebbero stati venerati; dove un bambino Nato Babbano non avrebbe dovuto nascondersi agli altri, ma sarebbe stato l’orgoglio della famiglia, ammirato e rispettato.
Ibridi, Lupi Mannari e altre creature sarebbero venute subito sotto di loro, dal momento che erano dotate di poteri magici.
Per ultimi i Babbani, i quali sarebbero stati protetti dai maghi se avessero accettato di sottomettersi, trucidati se avessero osato disobbedire; premiati con aiuti e strumenti magici per la loro fedeltà, puniti e maledetti se si fossero rifiutati di sottostare alla legge.
La comunità magica, accecata dall’odio, avrebbe accolto con favore le sue proposte, ma prima avrebbe dovuto dimenticare il Bambino Sopravvissuto; Voldemort era ormai il passato e Octavio, meglio noto come Damon, era il futuro.

     «Dobbiamo annientare Potter e i suoi» stava appunto dicendo Rowle. La sua dichiarazione venne accolta con mormorii di assenso: l’argomento più spinoso di quel consesso era stato toccato.
«Voi siete stato nella loro base, dobbiamo attaccarli adesso, sfruttare l’elemento sorpresa» propose Selwyn, rivolgendosi a Octavio, che ribatté irritato «Per l’ultima volta, non sono il Custode Segreto, non posso condurvi là» e, dopo una pausa, aggiunse «Per ora, comunque, non rappresentano un pericolo. Quando apprenderanno la notizia di quanto accaduto saranno costretti ad agire, dobbiamo solo aspettare che facciano un passo falso»
«Ma se lasciassero il loro covo, forse l’hanno già fatt-» stava dicendo Rowle, ma qualcosa lo fece zittire.
«Non è possibile» mormorò Yaxley, incredulo «Il Marchio Nero, Lui … Lui ci sta chiamando»
Octavio sorrise soddisfatto: Potter aveva appena commesso il suo errore più grande.
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«Quindi tu e Bill eravate gli unici a sapere quando Gabrielle sarebbe dovuta tornare a casa?» stava chiedendo Harry. Accanto a lui c’era Piton, che ascoltava in silenzio.
«Oui» rispose Fleur «Nous ne l’avevomo detto a nessuno, era tropo pericoloso»
Harry non sapeva che cosa pensare. Silente gli aveva detto che quella della scomparsa di Gabrielle era una coincidenza troppo strana e che doveva fidarsi dell’intuito di Fleur. Tuttavia, almeno fino a quel momento, non erano riusciti a scoprire nulla di nuovo o di utile: se Fleur e Bill erano gli unici a sapere, ed era certo che i traditori non fossero loro, qualcuno doveva averli spiati di nascosto, il che portava a un altro vicolo cieco.
«Sei proprio sicura di non averne parlato con nessun altro, anche solo un accenno, senza entrare nei dettagli?» chiese Piton, parlando per la prima volta,
«No, no, sapevomo solo noi» ripetè lei «Billì e moi, nessuno …» aggiunse, interrompendosi all’improvviso «Mon Dieu, la nove!» esclamò.
Harry e Piton si scambiarono uno sguardo perplesso, prima di riportare l’attenzione su Fleur che continuò «Oh, Arrì sono stata così naïf ! Octavio! Una volta stavomo parlondo e mi ha detto che avevo fatto bien a usar la nove, nessun altro poteva saporlo, solo chi aveva letto il messoggio pour i mes paronti!»
«Ma, forse glielo hai detto tu» cominciò Harry calmo.
Octavio era stato uno dei loro migliori acquisti: compagno di scuola di Fleur, si era rivelato un eccellente combattente e aveva fornito loro molte informazioni utili; inoltre, aveva salvato la famiglia di un Nato Babbano dall’attacco di alcuni Mangiamorte e, nello stesso frangente, aveva salvato la vita anche a Tonks, che era andata con lui e Fred a prestare soccorso. Non poteva essere lui il traditore, Harry ne era certo.
«No, no sono sicura» ribatté subito Fleur, ormai in preda alle lacrime «Era mio companio a Beauxbatons, mais è stato lui» farfugliò, scuotendo la bella chioma argentata.
«Dobbiamo parlarne con lui» disse Harry a Piton «Non è una prova schiacciante, ma se Fleur pens-» stava aggiungendo, quando udì delle grida; provenivano da uno dei piani di sopra, la stanza di Fred e George o di … «Voldemort!» urlò Harry, scattando in piedi, proprio nell’attimo in cui la porta della stanza veniva aperta.
«È evaso!» gridò Remus «Dobbiamo andarcene, adesso!» aggiunse, prima di scomparire di nuovo nel corridoio.
Harry e Piton si scambiarono un altro sguardo, ma prima che uno dei due potesse dire qualcosa, una fitta lancinante perforò il cranio di Harry: la cicatrice aveva ricominciato a bruciare e il dolore era divampato improvviso e violento, accecandolo.
«Potter, andiamo» gli sembrò di udire, ma la cicatrice mandava stilettate  talmente acute e brutali da escludere qualunque suono, che quindi gli giungeva ovattato e remoto.
E, mentre si trovava ancora piegato in due, accasciato in avanti sullo schienale della sedia, vide un’ombra pallida stagliarsi sulla soglia.
Con uno sforzo terribile sollevò la testa, cercando a tentoni la bacchetta, la sua unica difesa.
Voldemort avanzò rapidamente, ma non si diresse verso di lui; puntava a Piton che, dall’altro angolo della stanza, scagliava incantesimi a raffica, che sembravano non riuscire neanche a sfiorare il Signore Oscuro.
In un attimo gli fu addosso; Voldemort era disarmato, ma sapeva praticare la magia senza bacchetta. Scagliò Piton dall’altro lato della stanza, oltre il letto di Harry, quindi si avventò di nuovo sul suo vecchio servitore, strappandogli via la bacchetta.
Harry riuscì finalmente a sollevarsi completamente, si aggrappò alla sua bacchetta, pronto a colpire, ma non fu abbastanza rapido.
Voldemort afferrò il braccio sinistro di Piton, gli sollevò la manica e premette il lungo dito pallido sopra il Marchio Nero.
Un fremito, come di un battito d’ali e poi un boato, subito seguito dagli inconfondibili schiocchi delle Materializzazioni.
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Doveva essere ormai pomeriggio inoltrato, calcolò Gabrielle (**).
Dopo mesi di prigionia, senza poter vedere la luce del sole, aveva imparato a fare affidamento su altri elementi per misurare il trascorrere del tempo. Era un esercizio, questo di tener conto dei giorni, che la faceva tranquillizzare, che le dava la certezza di essere ancora lucida e presente.
Ogni tanto lo sconforto e la disperazione prendevano il sopravvento: si chiedeva se e quando gli altri si sarebbero accorti della sua scomparsa e se sarebbero mai riusciti a trovarla.
Non che potesse biasimarli, dopotutto era stata tutta colpa sua.
Era stata così stupida!
Bill l’aveva accompagnata al porto di Dover con la Materializzazione Congiunta; da lì, Gabrielle avrebbe dovuto proseguire da sola su un traghetto Babbano e, dopo poco più di un’ora, sarebbe sbarcata in Francia, dove sarebbe stata finalmente al sicuro.
Già, al sicuro.
Forse, pensava, si era lasciata ingannare tanto facilmente perché, in cuor suo, non voleva davvero tornare a casa.
Dopo che i motori si erano accesi e la nave aveva cominciato a lasciare lentamente la fonda, Gabrielle aveva visto Bill Smaterializzarsi.
“Ormai è troppo tardi” si era detta, cominciando a camminare avanti e indietro sul ponte.
«Gabrielle!» si era sentita chiamare all’improvviso e, sollevando lo sguardo, aveva visto Octavio, una delle nuove reclute dell’Ordine, correrle incontro.
«Gabrielle,» aveva ripetuto dopo averla raggiunta «Hanno preso Fleur, sanno che sei qui, dobbiamo andarcene adesso!» aveva detto e Gabrielle non aveva trovato alcun motivo per non credergli.
Aveva afferrato il braccio che lui le aveva offerto e si erano Smaterializzati, per ricomparire in un vicolo umido e buio. Si era voltata per chiedere a Octavio dove fossero, ma qualcosa l’aveva colpita, stordendola.
Tutto quello che ricordava era di essersi risvegliata in quella cella. Aveva poi visto Octavio, seduto davanti a lei, ogni traccia di gentilezza sparita sul suo volto.
«Che cosa stai facendo, Octavio?» aveva chiesto, cercando di dominare il panico che cresceva ogni secondo, di pari passo con la consapevolezza di quello che era accaduto.
«Non è più il mio nome» aveva detto Octavio «Da oggi sono Damon, il dominatore, colui che sottomette» aveva spiegato.
«Che cosa dici, tu fai parte dell’Ordine, sei nostro amico!» aveva gridato, ma Octavio era scoppiato in una risata terribile e fredda.
«Amico vostro?» aveva ripetuto «No, non credo» aveva affermato, quindi, improvvisamente, aveva estratto la bacchetta e l’aveva puntata contro di lei: un dolore terribile le aveva perforato la testa, mentre immagini e sensazioni erano fluite liberamente nella sua mente. Il tutto era durato solo pochi istanti, ma Gabrielle si era sentita svuotata e debole come mai prima di allora.
Octavio aveva applicato la Legilimanzia su di lei molte altre volte.
Quando lei si rifiutava di collaborare o cercava di resistere con troppa ostinazione, lui le scagliava la Maledizione Imperius e una volta, anche la Cruciatus; quello era stato un momento orribile, non aveva mai provato una sofferenza simile.
«Ci sono moltissime cose che conosci, anche se non ne sei consapevole» le aveva detto Octavio un giorno, durante una di quelle sedute.
E aveva ragione: frasi, immagini, piccoli dettagli che Gabrielle aveva visto o sentito per caso e di cui non si era mai accorta, scorrevano rapide e nitide nella sua testa e, per quanto ci avesse provato, non era mai riuscita a bloccarle del tutto. Il dolore poi, era talmente intenso e le punizioni talmente dure, che aveva finito per rinunciarvi, desiderando soltanto che quell’incubo finisse.
C’era una cosa, però, che non riusciva a capire: Octavio aveva estratto molte informazioni utili sull’Ordine, sui turni di guardia e su tanto altro, ma, aveva riflettuto, quelli erano, tutto sommato, elementi di poco conto. Octavio, infatti, si era già guadagnato la fiducia di Fleur e le informazioni estorte dovevano certamente averla rafforzata, dandogli così la possibilità di assicurarsi anche la stima di Harry, ma la maggior parte dei ricordi che l’aveva costretta a rivivere erano legati alla sua famiglia, alla scuola e al Torneo Tremaghi.
Non conosceva il motivo di tanto interesse, ma sentiva che doveva essere importante e per questo pericoloso; se solo ne fosse stata capace, glielo avrebbe impedito.
Invece, tutto quello che Gabrielle era riuscita a fare era stato sopravvivere, per chi o per che cosa, però, stava cominciando a dimenticarlo.
Un rumore, simile a un grugnito, la distolse dai suoi pensieri. Si voltò verso l’angolo opposto, dove un uomo si stava rigirando in quello che sembrava essere un sonno inquieto e per nulla riposante.
Era stato rinchiuso in quella cella la notte prima.
Gabrielle non sapeva chi fosse e Damon (ormai aveva imparato a chiamarlo così) non aveva voluto fornirle informazioni; «Feccia» aveva detto, prima di chiudersi la pesante porta alle spalle.
Il suo nuovo compagno, tuttavia, non era stato più loquace.
Si era rannicchiato in quell’angolo buio e sudicio, ostinandosi a rimanere silenzioso e cupo quanto quel luogo.
Alla fine si era addormentato, ma neanche nel sonno aveva trovato pace: era scosso da continui e violenti brividi e, ogni tanto, qualche parola sfuggiva da qualunque incubo stesse vivendo.
Gabrielle non aveva osato avvicinarsi, né tentare di riscuoterlo.
Lo guardò agitarsi ancora per qualche minuto, poi, improvvisamente, l’uomo rimase immobile, come paralizzato.
Che fosse morto? Pensò Gabrielle, allarmata non tanto per la tragica eventualità, quanto più per il sollievo che quel pensiero sembrava suscitare in lei: quell’uomo, chiunque fosse, le faceva paura.
Si alzò, decisa a fare qualche passo verso di lui, quando questi urlò. Un grido terribile, agghiacciante, che rimbombò in modo spaventoso in quella cella cavernosa.
I freddi occhi grigi dell’uomo si spalancarono all’istante mentre, con mano tremante, si artigliava il braccio sinistro, dove un orrendo tatuaggio pulsava disgustoso.
«È vivo» bisbigliò, ma l’ombra di gioia folle che era comparsa sul suo viso scemò presto in un’espressione di acuto terrore.
«È vivo» ripetè, prima di girarsi di nuovo sul fianco «Non andare, Draco» mormorò in un soffio appena udibile, per ripiombare poi in quel suo torbido e inquieto torpore.
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Note:


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(*) Probabilmente vi sarete accorti che ho preso il discorso Neanderthal/Sapiens dai film degli X-Men: credo che possa essere adatto anche a questo contesto, dove i maghi si sentono superiori ai Babbani, così come i mutanti si reputano migliori degli uomini “normali”.
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(**) Tecnicamente, nel 1998 Gabrielle dovrebbe avere undici anni. Nella mia storia è più grande e ha sedici anni, quindi ha solo due anni in meno di Harry e cinque meno della sorella.
  
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