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Autore: __roje    18/09/2017    1 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Aki Nomura è solo un ragazzo di 16 anni che ha sempre sognato di poter condurre una vita scolastica del tutto normale, fatta di amicizia e nuovi amori. Tuttavia la realtà in cui si trova non è affatto così; a causa di diversi eventi il suo carattere è diventato molto più rude e introverso e i primi due anni di scuola non sono stati esattamente ciò che credeva ed una delle ragione è la continua presenza nella sua vita di quello che una volta era il suo migliore amico: Hayato Maeda. Un ragazzo di straordinaria bellezza che viene definito da tutti "Principe" per i suoi tratti e i suoi modi, ma la realtà è ben altra infatti Aki scoprirà presto i nuovi gusti sessuali della persona che credeva di conoscere bene e da quel momento tutta una serie di strani eventi cominceranno a susseguirsi nella vita di questo giovane ragazzo.
IKIGAI: è l'equivalente giapponese di espressioni italiane quali "qualcosa per cui vivere" o "una ragione per esistere" o "il motivo per cui ti svegli ogni mattina".
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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CAPITOLO 10


La situazione era leggermente diversa da come io o Hayato l’avevamo immaginata, e soprattutto quest’ultimo aveva intorno a se un alone di rabbia che cresceva sempre di più.
Era stata colpa mia, in classe prima dell’ultima ora mi ero fatto scappare che sarei andato alla sala giochi davanti a Yoshida e Iku, e ora entrambi si erano auto invitati. Che stupido ero stato. Conseguenza di tutto ciò era che adesso invece di essere in due davanti alla sala giochi, ne eravamo in cinque, visto che Iku aveva trascinato nella cosa anche Oija, molto felice di essere li.
“Ehmm che ne dite entriamo?” domandai in generale e mi rivolsi in particolar modo verso Hayato, e le rughe sulla fronte si fecero ancora più profonde, mi fissò con odio e non rispose.
“Non ci vengo da una vita!” esclamò Iku facendo selfie a caso, addirittura in uno trascinò tutti i presenti e Hayato in quella foto comparve di lato con lo sguardo di chi voleva uccidere qualcuno. Per quella situazione l’avrei pagata sicuramente.
Yoshida mi afferrò all’improvviso, “Mi spieghi perché Maeda è ancora una volta insieme a te?” sussurrò confuso.
Divenni rosso come un peperone, come gli spiegavo che ora uscivamo insieme, che avrebbe pensato di tutta quella storia così strana, con che occhi mi avrebbe guardato! “Ci stiamo frequentando...”
“Oh ma è fantastico! Siete tornati amici.”
“Ah-ah-ah si una cosa del genere...” Per fortuna era un completo idiota e non avrebbe mai nemmeno immaginato una cosa del genere, ero salvo. Ancora una volta fissai Hayato e con aria tenebrosa seguì Iku e Oija dentro la sala. Cercai allora di andargli vicino, volevo sistemare quel suo umore nero chiedendo almeno scusa. “Mi dispiace davvero!”
“Risparmiatelo. Non hai invitato anche il professore? Forse gli sarebbe piaciuto.”
Chiuse subito la conversazione con quell’ironia terrificante. Quella storia non si sarebbe risolta tanto presto, e dovevo trovare il modo di sbarazzarmi degli altri tre se non volevo problemi. Aaah, com’era difficile uscire con qualcuno, soprattutto se quel qualcuno era una persona così burbera. Improvvisamente cominciai a capire che quello sarebbe stato un pomeriggio molto lungo.
I ragazzi subito assaltarono i vari giochi offerti dal posto, Oija e Yoshida si sfidarono in un gioco di scii, poi un altro di macchine mentre Iku si diede a giochi solitari. Restammo fuori da tutto ciò io e Hayato, e più di una volta lo invitai a giocare con me a qualcosa ma rispose sempre con un sonoro: “Con te è come non giocare.”
Ma se pensava che fossi una schiappa allora perché aveva accettato di venire, perché cambiava idea così facilmente, non riuscivo proprio a capirlo.
“Aki dai vieni a giocare con me!” fui catturato da Yoshida, e fregandomene delle occhiatacce di Hayato mi diedi al divertimento, anche se avrei perso quasi ad ogni cosa, e infatti fu così. Yoshida esultò come un bambinone.
“Wow sei una schiappa” commentò Oija divertito.
“Taci..” che speravo. Ad un certo punto vidi Iku guardare altrove e mi domandavo cosa stesse guardando in maniera così seria. Gli andai vicino “Allora ci facciamo una partita?” sorrisi.
“Sai credo che Hayato-san si stia annoiando molto” osservò e con l’indice indicò davanti se. Ciò che mi si presentò davanti non fu affatto l’immagine di un ragazzo annoiato, bensì del solito farfallone circondato da ragazze. Da dove diamine era sbucate tutte quelle tipe eh?
Era un qualcosa di incredibile. Hayato se ne stava seduto sulla sua poltroncina e c’erano quattro o più ragazze a parlargli, alcune delle quali gli si erano anche sedute accanto. Una di queste si era aggrappata al suo braccio, e la cosa mi urtò non poco, odiavo con tutto me stesso quando si comportavano in quel modo e quell’idiota non faceva neppure nulla per cacciarle via, anzi, con loro sfoderò il suo sorriso migliore dimostrandosi il solito falso.
“Non credi che dovremmo aiutarlo?” domandò ancora Iku preoccupato.
“Tsk, non credo affatto che abbia bisogno di aiuto. Coraggio andiamo” e lo trascinai via di li.
Ero arrabbiato, non aveva fatto altro che trattarmi male, solo perché erano venuti anche loro e mi dicevo meno male che erano venuti o avrei dovuto sopportare tutto ciò da solo. Era così innamorato che non si faceva alcuno scrupolo a fare il playboy a manca e destra. Che irritazione!
Costrinsi Iku a giocare con me ad un gioco con le pistole, e nel farlo non mi resi nemmeno conto che con estrema precisione riuscii ad abbattere tutti i mostri del gioco uccidendo per sbaglio anche il personaggio di Iku.
“Aki-chan stai bene? Sembri furioso.”
Osservai lo schermo seccato che la partita fosse già finita così tirai fuori un altra moneta, “Non essere codardo e gioca!” e cominciai a sparare di nuovo ignorando completamente che Iku stesse giocando con me.
Quello fu però il modo giusto per sfogare la rabbia che provavo. Ognuno di quei mostri per me aveva la faccia di Hayato, ognuno con una sua diversa espressione, ed era così bello abbatterle tutte.
Senza che me ne rendessi conto ero arrivato a tipo livello 50, battendo ogni record già registrato nel gioco, e nei casi di pericolo ero riuscito persino a salvare il personaggio di Iku mandandolo avanti insieme a me.
“Ehmm Aki-chan..” cercò di dire il poverello, ma ero troppo preso per rendermi conto del gruppo di persone che si era fatto intorno a noi, colpiti che qualcuno fosse riuscito a raggiungere un simile record.
Io continuai a sparare ovunque, senza mai sprecare colpi e centrando sempre ogni mostro con estrema maestria e man mano che la rabbia scemava mi resi conto che sotto gli stimoli giusto potevo anch’io essere perfetto come Hayato, anche se io non volevo affatto esserlo!
Arrivai ad un certo punto al livello 87, stupendo sempre di più i presenti e la gente aumentava facendomi commenti del tipo: “Questo ragazzo fa paura!”, “Deve essere un tiratore o qualcosa del genere”.
Non ero nulla del genere ma solo un ragazzo molto incazzato.
“Ehi ma state ancora giocando a questo gioco?” domandò Yoshida raggiungendoci, e restando di sasso davanti al risultato riportato sullo schermo, “Livello 87?! Come?”
Iku lo fissò con disperazione “Ti prego aiutami.. non ne posso più!” si lamentò.
“Wow figo, vai Aki!” mi fomentò invece Oija.
Yoshida allora cercò di avvicinarsi a me, cautamente notando l’espressione famelica che avevo stampato in faccia. “Ehmm Aki che stai facendo?” domandò.
“Non lo vedi? Distruggo gli zombie.”
“Si lo vedo, ma vedi.. stai giocando da un pò a questo gioco e Iku sembra stanco.”
Sparai l’ennesimo colpo “Si lo so, ecco perché gli sto parando il culo.” Yoshida rimase spiazzato di avere davanti a se una simile versione di me e non sapeva proprio come comportarsi così molto cautamente cercò di togliermi la pistola di mano e ci riuscì facendomi morire nel gioco. “Ehi!” tuonai.
“Grazie al cielo!” esultò Iku.
“Che ti è preso eh? E dov’è finito il principe, è da un pò che non lo vedo in giro.”
Non riuscii a nascondere il mio disgusto e con un tono basso gli spiegai: “Probabilmente con qualche ragazza.”
“Eh? Ragazza? E dove diavolo l’ha beccata qui dentro se in maggioranza ci sono solo ragazzi”. Il solo pensarci mi faceva di nuovo ribollire il sangue nelle vene. Mi ero messo a giocare per non pensarci ma era servito a ben poco, poi inaspettatamente Yoshida mi afferrò per un braccio “Andiamo a cercarlo su. Iku, voi aspettare fuori vi raggiungiamo subito.”
Iku annuì e spinse fuori Oija, che aveva ancora voglia di giocare ma gli fu impedito.
Yoshida nel frattempo mi trascinò in giro per sala guardandosi intorno e non mi lasciò andare, forse temeva che potessi incollarmi di nuovo vicino a qualche gioco. Quanto doveva essere strana la visione di due ragazzi in quello stato, e improvvisamente mi tornò in mente Hayato, al fatto che avrebbe tanto voluto un appuntamento con me e io gli avevo detto di no, non proprio letteralmente ma avevo rimpiazzato quella sua richiesta con la sala giochi e vi avevo buttato dentro altre persone. Forse l’unico che avrebbe dovuto arrabbiarsi non ero io, ma lui.
Una mano afferrò la mia spalla, e dalla presa sicura e forte capii perfettamente chi fosse.
“Mi spiegate dove ve ne andate mano nella mano eh?” voltandomi a guardarlo mi trovai davanti un ragazzo minaccioso, mai vista un espressione così spaventosa.
Yoshida allora mi lasciò andare “Oh ti abbiamo trovato! Dov’eri finito? Ho dovuto tirare via Aki da un gioco.”
Hayato inarcò un sopracciglio, molto confuso per ciò che stava dicendo, “Un gioco?” Ero davvero imbarazzato di essermi così lasciato andare, che vergogna!
Una volta fuori dalla sala Iku raccontò tutto ad Hayato, della mezz’ora passata a giocare e degli 87 livelli raggiunti battendo ogni record precedente, e del fatto che fossi stato spaventoso per tutto il tempo.
Non seppi che dire per giustificare la cosa. “Mi dispiace Iku!” e mi inchinai davvero dispiaciuto. Avevo perso il controllo, non sapevo nemmeno io spiegare cosa diavolo fosse successo dentro di me.
“Non preoccuparti Aki-chan, in fondo è stato divertente.”
Hayato mi fissò senza più dire una parola e incrociò le braccia davanti al petto, cercai di non incrociare i suoi occhi o avrebbe capito qualcosa che non volevo. La verità è che mi ero irritato ancora una volta senza un apparente motivo, solo perché l’avevo visto circondato come al solito da oche.
“Sono già le sette, che dite torniamo a casa?” propose Yoshida guardandolo l’orario.
Tutti acconsentimmo, in fondo andarsene in giro dopo la scuola era davvero stancante e anch’io non vedevo l’ora di tornare a casa mia per potermi riposare. Da un po' di tempo sentivo che tutte le mie forze venivano portare via da qualcosa, poi pensandoci capii che non era un qualcosa ma qualcuno.
Iku e Oija presero un altra strada per tornare, e Yoshida ci accompagnò per metà tragitto continuando a parlare di cose a caso riempendoci la testa di parole, e l’umore di Hayato peggiorava sempre di più.
Nel salutare Yoshida ne fummo entrambi sollevati, e al tempo stesso stremati. “Quanto parla quel tipo” osservò Hayato basito che qualcuno potesse non sputare mai a terra.
“Già, per fortuna a scuola è sempre mezzo addormentato...”
“Te li scegli tutti tu gli amici strani” proseguì.
Già, ora che ci pensavo avevo sempre attirato gente molto stramba e lui era uno di questi, tuttavia lo guardai attentamente e mi resi conto che non era più il bambino di un tempo. Prima parlava molto poco, ora invece se doveva dire la sua lo faceva eccome anche se il più delle volte sputava solo veleno.
“Non era in programma che si auto invitassero anche loro, giuro” volli chiarire.
Hayato mi camminava accanto, “Si, me l’hai già detto.” Non c’era alcun modo per cambiare le cose, una volta che si sbagliava con lui era per sempre, dannazione. “Mi devi un appuntamento, lo sai vero?”
“Eh?”
“Non fare quella faccia da ebete. Ho sopportato per tutto il pomeriggio quel Yoshida e tutte quelle ragazze che continuavano a chiedermi una foto, il minimo che adesso puoi fare è uscire davvero con me.”
Mi sorprese sentire che aveva dovuto sopportare anche tutte quelle ragazze, quindi non si stava affatto divertendo come credevo. “Hayato.. per sfizio ma dov’eri quando siamo venuti a cercarti?”
“Nel bagno a nascondermi.” Quella risposta così schietta e con quel tono così apatico mi fece ridere. Io mi ero fatto un film per tutto il pomeriggio, avevo visto solo quello che era in apparenza senza capirci nulla.
Hayato mi guardò male, “Che cazzo ti ridi.”
“D’accordo, ti devo un appuntamento per davvero.” La risposta di Hayato fu del tutto inaspettata, si avvicinò senza che me ne accorgessi e agguantò la mia mano stringendola forte. La cosa mi fece sobbalzare, lo fissai spaventato “Che fai?!”
“Che lagna che sei.. che cosa ti sembra che sia?” e mi mostrò le nostre mani unite.
“Ma siamo per strada!”
Hayato sorrise divertito per il mio disagio, “E allora?”
Se anche l’avessi spinto via l’avrebbe fatto di nuovo giusto? Eppure, per qualche strana ragione quel contatto, il solo fatto di stringergli la mano non mi ripugnò affatto anzi mi rese stranamente felice. Era ciò che significava stare con qualcuno? Per me era tutto così nuovo, tanto da averne paura, mentre Hayato sembrava così calmo e composto, e qualsiasi cosa facesse sembrava perfettamente come muoversi. Chissà a quante ragazze prima di me aveva già stretto la mano per essere così disinvolto, e quel mio dubbio mi rese stranamente triste.
Dovevo sentirmi un stupido per pensieri di quel tipo. Eravamo entrambi ragazzi, e lui era il principe! Era ovvio che avesse avuto altre ragazze, e che ci fosse uscito insieme o che magari ci avesse fatto... non riuscii nemmeno a finire di formulare quel pensiero. Non potevo credere che lui avesse già..
Lo guardai, lo scrutai con attenzione cercando una risposta che in realtà non volevo. Non avevo mai nemmeno immaginato cose del genere sul suo conto e ora, da un giorno all’altro mi frullavano per la testa solo pensieri strani, dovuti forse a quella curiosa situazione in cui mi ero gettato senza pensarci due volte.  Eppure, nonostante il profondo imbarazzo sentivo che quel contatto non mi dispiaceva affatto, anzi...
  
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