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Autore: Luana89    19/09/2017    0 recensioni
Un piede ondeggiava annoiato fuori dal finestrino, l’altro poggiato con noncuranza sul cruscotto della berlina nera e costosa, portava la cravatta allentata, le spalle ricurve come se fosse concentrato a fissare qualcosa sul suo grembo, aveva un cipiglio attento. Nicholas si mosse nervoso sul sedile, solitamente non fissava così sfacciatamente i ragazzi sempre attento a non far sospettare nessuno delle sue ‘’preferenze’’, ma era impossibile non guardarlo. Gli zigomi appena pronunciati, l’arco delle sopracciglia nonostante fossero aggrottate era perfetto, e le labbra lievemente imbronciate; lo sconosciuto alzò lo sguardo, era come se fosse stato richiamato da quei pensieri troppo lontani, i suoi occhi si posarono su Nicholas e si accesero, non riuscì a distinguerne il colore ma non aveva poi molta importanza. Respirò a fatica mentre lo studente in divisa staccava la schiena dal sedile, le labbra si curvarono in un sorrisetto malizioso e crudele tutto per lui. La gola di Nicholas sembrò serrarsi, la gamba ingessata pulsò appena e gli venne spontaneo toccarla, non riusciva a staccare gli occhi dallo sconosciuto. Il semaforo divenne verde, tutto sfocato mentre la berlina nera diveniva un puntino lontano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Le pupille tremarono appena nello sforzo di memorizzare nozioni utili, ma l’espressione tormentata e rabbiosa di Christopher continuava ad insinuarsi nella propria mente impedendo il normale atto di memorizzazione. Era passata circa una settimana dalla notte in prigione, e l’altro sembrava averlo preso in parola non rivolgendogli più un solo cenno. Quel pensiero lo disturbò, una punta di disagio fece formicolare la sua pelle. Amanda lo aveva messo in punizione per qualche giorno, e alla fine aveva ricevuto uno sconto di ‘’pena’’ visto che si parlava di un primo reato. Nonostante fosse un’oncologa le piaceva parecchio usare termini giuridici per trattare col figlio che non mancava mai di uscirne esasperato.
«Credo che studiare con il libro capovolto non sia molto comodo.» La voce di Thomas adesso seduto accanto a se lo fece sobbalzare, fissò il libro notando in effetti le parole al contrario e sospirò stizzito.
«Sento che la mia media subirà un calo mondiale, mia madre mi arrostirà e mangerà per cena.» Rabbrividì raddrizzando il grosso tomo.
«Diciamo che in questo periodo tutti noi abbiamo lasciato vagamente da parte il problema ‘’college’’.» Si fissarono con serietà, sapevano bene cosa li avesse distratti. O meglio chi.
«Beh, pure se accantonato resta ugualmente il più grosso problema da affrontare.» Nicholas corrucciò la fronte sbuffando, la sua media era molto alta, puntava a grosse università ma in quel periodo sembrava aver accantonato ogni sogno trascinato in quel vortice morboso e pazzo di Christopher.
«Ci sarebbe un altro problema.» Thomas lo fissò in tralice. «Cinese o Italiano?»
«Nel senso.. quale preferisco?» Gli occhi verdi dell’altro si illuminarono di divertimento.
«Ti sto chiedendo di uscire.» Nicholas era certo di non aver sentito bene, ma a giudicare dall’espressione altrui non vi erano possibili segnali equivoci. Un appuntamento. Un vero appuntamento. Si leccò le labbra improvvisamente secche, le dita contratte accarezzarono la copertina del libro mentre una lieve punta di euforia lo portò a sorridere stupefatto.
«Fortuna che trovate ragioni per sorridere. Dopo che verremo spediti ad Alcatraz dai nostri vecchi per aver fallito l’esame, voglio proprio vedere quanto riderete.» Jeremy si sedette con un tonfo sordo rompendo quella bolla nella quale i due sembravano chiusi. Nicholas si schiarì la voce sentendosi vagamente in colpa, solitamente era lui ad aiutare loro nello studio, ma con tutto quel materiale arretrato dubitava stavolta di poterci riuscire.
«Beh, dovremmo rinunciare alla nostra vita per due settimane, studiando sodo.» Lo sguardo del migliore amico si riempì di pietà.
«Peccato l’esame sia tra dieci giorni, genio.» Un silenzio imbarazzante calò nel tavolo, il sole sembrava essersi improvvisamente ghiacciato e Nicholas aveva come l’impressione che sopra di loro si fosse accesa una luce con su scritto: FOTTUTI.
«I bambini speciali hanno un gran bel problema.» La voce melodiosa di Rebecca spezzò quel tragico momento riempiendo l’aria di tensione, si accomodò al tavolo senza essere invitata afferrando il libro pesante e adesso chiuso. «Suppongo siamo tutti nella stessa tragica situazione.»
«Rebecca, che diavolo ci fai qui?» Thomas la fissò in cagnesco.
«Mi state simpatici, lo dico davvero. Dovremmo essere tutti amici.» Il suo tono infantile era impossibile da disprezzare, aveva dalla sua quel candore in netto contrasto con gli abiti succinti e la bellezza sensuale.
«Personalmente io diverrei un tuo amico ..intimo.» Jeremy la fissò adorante e Nicholas pensò che di lì a poco avrebbe sbavato. «Ma hai due pessimi amici, il tuo curriculum è orrendo.» L’ormone non aveva vinto quindi? Menomale.
«Con uno ho condiviso la pancia per nove mesi, sai liberarsene è un po’..» Rebecca arricciò con divertimento il naso, quindi lei e Evan erano gemelli? «Mentre con l’altro.. beh, lui vi salverebbe il culo in una situazione simile.» Sei paia d’occhi la fissarono increduli.
«Parlate come sempre alle mie spalle, è così fastidioso.» Nicholas trasalì al suono di quella voce, la cadenza annoiata non era cambiata di una virgola. Lo fissò sedersi accanto all’amica, accavallando le gambe con un sospiro. Rebecca gli avvolse le braccia attorno al collo e Nicholas provò una fitta allo stomaco a cui preferì non dare una definizione precisa.
«Nessuno ti ha chiamato a questo tavolo, lo dico a titolo informativo.» Jeremy lo fissò astioso.
«Sbagli come sempre Joshua, non che sia una novità.» I suoi occhi annoiati si soffermarono appena su di lui per poi spostarsi sull’amica d’infanzia.
«Qualcuno potrebbe farmi un cazzo di cartellino col mio nome inciso? Lo appendo alla maglia.» Rebecca rise guardando Jeremy che sembrò improvvisamente impappinarsi.
«L'ho pregato io di venire. Chris riuscirebbe a farvi passare l’esame, anzi è probabile che arriverà primo nella lista dei migliori studenti.» Il gruppo si ammutolì, Nicholas fissava il soggetto di quelle lodi incredulo.
«Lui arriva primo coi soldi, non penso pagherebbe tangenti anche per noi.» Thomas diede una gomitata a Jeremy che incassò con uno strillo non molto virile, era evidente la cosa non gli fosse nuova.
«Mio padre usa i suoi soldi solo quando mi espellono, il che succede molto spesso.» Christopher sporse appena le labbra e Nicholas si ritrovò a fissargliele con insistenza per poi riscuotersi.
«Nicholas è uno dei migliori studenti della scuola.» A quelle parole del migliore amico il ragazzo si schermì provando a minimizzare.
«Non sarà mai ai suoi livelli.» Rebecca lo disse con tono sicuro, per niente cattivo, come se fosse un dato di fatto. «Chris ha un QI pari a 180.» Stavolta il silenzio oltre che pesante trasudava sgomento da ogni parola non pronunciata.
«Adoro lasciare questi biscottini senza parole.» Un sorriso arcigno gli curvò le labbra, l’unico a non essere stupito sembrava Thomas.
«Pensate che alla St.Jules accetterebbero mazzette abbassando così la loro media? Da lì escono solo piccoli prodigi, ecco perché Rebecca è qui.» La ragazza lo fissò con malcelato disprezzo.
«Dovresti scopare un po’ di più Reed, è evidente la tua frustrazione.» Christopher rise compiaciuto come se fosse d’accordo.
«Magari qualcuno al tavolo provvederà presto.» I suoi occhi sprezzanti si poggiarono su Nicholas che sbiancò.
«Rebecca non dirmi che dopo Nicholas vuoi provarci con Thomas.» Fortuna che Jeremy non capiva mai un cazzo stemperando la tensione. La ragazza si sporse verso di lui.
«E se volessi provarci con te?»
«Per l’amor di Dio.» Christopher e il suo tono sprezzante fecero ridere gli altri, tranne il rosso che sedeva imbarazzato.
«Quindi? Accettate l’aiuto? Un po’ come un Calumet della pace.»
«Non abbiamo comunque niente da perdere.» Nicholas sembrò titubante mentre cercava l’approvazione degli altri. «Ammesso non voglia qualcosa in cambio, sapete Christopher ha un futuro come strozzino.» Lo fissò sprezzante ricevendo in cambio un sorriso di pura innocenza.
«Potrebbe non interessarmi più ciò che mi daresti.» Quelle parole furono peggio di uno schiaffo mentre lo fissava alzarsi e andar via, silenzioso e austero con quell’assurda camminata così singolare e solo sua. Cos’aveva voluto dire? Le parole in cella erano quindi andate a segno? Doveva esserne felice, eppure la sensazione di disagio non fece che aumentare mentre lo vedeva sparire all’interno di una limo nera.
 
 
‘’Cake by the ocean’’ riempiva di allegria il grande negozio, Scott fissò il figlio intento a provare una giacca dalla strana fantasia floreale a suo dire ‘’eccessiva’’.
«La comprerai seriamente?» I loro occhi si incrociarono allo specchio e il più piccolo tra i due sorrise divertito.
«Sai che amo l’eccentricità.»
«Fa comunque schifo, e inoltre siamo qui per me.» Si indicò sottolineando le ultime parole, il figlio tendeva spesso a dimenticare i motivi salienti delle situazioni. Christopher roteò gli occhi con fare annoiato annuendo appena, afferrando una giacca blu scuro che passò al padre.
«Provala.» Si sedette su una delle comode poltrone ignorando lo sguardo adorante di una commessa troppo in là con gli anni, e col peso, per poter essere presa in considerazione da un diciassettenne con l’ormone troppo vivo.
«Beh? Come mi sta?» Scott aveva dalla sua un fisico slanciato e delle spalle larghe, il figlio aveva preso da lui ecco perché non avevano grossissimi problemi nel vestire.
«Farai un figurone, d’altra parte la mia consulenza è stata decisiva.» Christopher e la modestia, due rette parallele destinate a non incrociarsi mai.
«Dovresti fare anche tu un figurone, sei mio figlio sai e come tale non puoi esimerti.» Sembrava lievemente nervoso, come se temesse chissà quale disgrazia.
«Sarò impeccabile paparino, te lo prometto. Hai già deciso quando?» Si fissò le unghie con la fronte aggrottata.
«Domenica, quindi tieniti libero.» Un bagliore arcigno sfrecciò lungo le iridi chiare mentre un lento sorriso curvava un solo angolo delle labbra.
«Credimi, non mi perderei questa cena per nulla al mondo.»
 
 
Decisero di iniziare quella sorta di ‘’doposcuola’’ a casa di Rebecca, si ritrovarono tutti lì il pomeriggio successivo con un Evan che li fissava perplesso sulla soglia dell’appartamento.
«Perché gli sfigati sono qui?» Richiamò l’attenzione della sorella che lo spinse senza troppe cerimonie facendo passare l’allegro gruppetto, che inutile da dire si sperticò in occhiate torve al ragazzo.
«Abbiamo indetto una sessione studio, e tu parteciperai.» La ragazza fissò il gemello con fare trionfante.
«Perché dovrei?»
«Perché lo dico io.» La voce di Christopher si frappose alla scaramuccia familiare, uscì da una stanza lungo il corridoio, i capelli lievemente scompigliati e l’aria assonnata. Nicholas si chiese con chi dei due gemelli avesse dormito, magari con entrambi? Eppure Rebecca era stata chiara quella notte giurando di non aver mai fatto sesso con lui. Scacciò quei pensieri dandosi dell’idiota, perché doveva rimuginare su cose simili? Aveva in vista un sensazionale appuntamento con Thomas, era a quello che doveva pensare.
Evan fissò Thomas con occhi severi e l’altro schivò lo sguardo superandolo con un borbottio sommesso che somigliava ad un saluto, probabilmente era ancora scioccato dalla rivelazione di Christopher su quel famoso ‘’bacio’’.
«Andiamo in camera di Evan, è la più spaziosa.» Il diretto interessato fissò la ragazza con espressione confusa.
«Anche la tua è spaziosa, più della mia.» Rebecca sospirò.
«Si ma io odio il caos.» Scrollò le spalle con indolenza e per un secondo Nicholas rivide in lei Christopher. Era proprio vero il detto: chi va con lo zoppo, impara a zoppicare.  O giù di lì. Camera di Evan era grande, parecchio spaziosa e sui toni dell’arancio e dell’ocra in un mix quasi perfetto. I ragazzi fissarono l’ambiente con interesse, possedeva una grande libreria piena di tomi, per lo più medici. Jeremy ne prese uno sollevandolo.
«Vuoi diventare medico?»
«No, cuoco.» La voce di Christopher suonò ironica mentre sottolineava un’ovvietà.
«Potresti mollarmi?» Jeremy lo fissò stizzito riponendo il grosso tomo al proprio posto.
«Jason dovresti mitigare il tuo pessimo carattere.»
«Ma uno con un QI da 180 è normale che sbagli i nomi?» La domanda appariva più sensata di quanto sembrasse a primo impatto.
«Incamero solo informazioni utili, i nomi della plebaglia non lo sono.» Il suo candore in netto contrasto con la maleducazione delle parole fecero pensare a Jeremy di aver capito male. Nicholas sospirò prendendo posto sul tappeto seguito a ruota da Thomas che gli si mise accanto come a voler scongiurare un possibile avvicinamento molesto. Christopher li fissò in maniera scocciata.
«Tu, vieni qui.» Indicò Nicholas e poi una sedia accanto a Evan già seduto.
«Perché deve star lì?»
«Perché sa molte più cose di voi, quindi aiuterà me e Chris a spiegarvele, e studierà anche per conto suo non possiamo rallentarci per aiutare gli inetti.» Nicholas non aveva mai prestato molta attenzione a Evan, ma adesso che lo aveva accanto non fissarlo era impossibile. I capelli talmente neri da avere riflessi quasi blu. La voce sempre bassa e pacata e gli occhi nocciola magnetici persino attraverso le lenti, somigliava molto alla sorella e aveva fascino da vendere.
«Ti ricordo che sono bravo anch’io.» Thomas gli scoccò un’occhiata risentita.
«Hai ragione, ma Chris non ti vuole accanto dice che il suo insegnante di yoga gli ha consigliato di evitare energie negative.» Gli occhi verdi incontrarono quelli azzurri dell’ex fidanzato che sorrise seraficamente.
«Dovresti trasferirti in Cambogia quindi, a NYC sei braccato.» La voce di Jeremy suonò squillante, Rebecca gli si sedette accanto ridendo divertita.
«Iniziamo?» Evan fissò il gruppo annoiato e infine Christopher che acconsentì.
Nicholas ebbe modo di vedere un lato nascosto del ragazzo, quella che pensava sarebbe stata una lezione inutile si rivelò invece più proficua del normale. Aveva un modo chiaro e limpido di spiegare le cose, arrivando a far comprendere nozioni che persino i professori rendevano complesse. Tre ore dopo il sole era ormai calato, il tempo aveva corso senza che nessuno se ne rendesse conto. Rebecca sbadigliò.
«Direi che altre tre lezioni simili e avremo la vittoria in tasca.» Persino Thomas si ritrovò ad annuire controvoglia.
«Allora ci rivediamo sabato, a casa mia.» Stavolta fu Christopher a parlare alzandosi dalla sedia, Nicholas lo seguì con lo sguardo osservandolo , indossava il sotto di una tuta rosso scuro e un maglione nero a collo alto, un mix che su di lui dava un effetto impeccabile, come ogni cosa del resto.
«Adesso miei adorabili baccelli, io andrei.» Sorrise sterile ai presenti facendo un cenno a Evan che annuì appena, per poi uscire dalla camera. I piedi di Nicholas si mossero da soli, sentì su di se lo sguardo di Thomas che ignorò mentre seguiva il ragazzo bloccandolo appena prima che aprisse la porta d’ingresso.
«Aspetta.» Sentiva il fiato uscire a fatica nonostante non avesse corso. Christopher fissò la mano sul proprio braccio che si ritrasse di scatto.
«Dimmi?» Sembrava incuriosito, gli occhi calmi, la rabbia di quella notte un ricordo lontano e nebuloso.
«Credo di aver detto qualcosa di totalmente sbagliato, e fuori luogo, quella notte in cella. Non so nulla della tua famiglia.» Nicholas si bloccò come se cercasse le parole adatte. «Ecco, credo che avrei dovuto mantenere fuori dalla nostra discussione tua madre.» Christopher lo fisso intensamente.
«Non credo a mia madre sarebbe dispiaciuto poi molto.» ‘’Sarebbe’’? Era come se parlasse di qualcuno che non c’era più e Nicholas si sentì ancora più mortificato.
«Non lo sapevo, sul serio. Posso capirti..» Gli occhi azzurri di Christopher ebbero un bagliore sinistro.
«Puoi capirmi sul serio?» Si avvicinò appena e l’altro retrocedette quasi automaticamente.
«Certo..» Poteva? In fondo aveva perso suo padre, supponeva che non fosse così differente.
«Frequentare Thomas è un grosso sbaglio, non gli interessi davvero.» Quel brusco cambio d’argomento lasciò interdetto il biondino.
«E tu che diavolo ne sai?» La rabbia tornò a prendere possesso del suo corpo.
«Raramente sbaglio, ma non credo tu voglia saperlo davvero. Sei troppo occupato a cercare qualcuno che rimpiazzi me.» Sorrise sicuro di se, era così fastidioso.
«Rimpiazzare te? Perché mai? Dovresti smussare il tuo egocentrismo.» Si pentì delle scuse fatte poco prima, come aveva potuto pensare che qualcuno riuscisse a cambiare dall’oggi al domani?
«Ci vediamo Venerdì.» Christopher lo fissò un’ultima volta mollandolo infine sulla soglia, sparendo oltre le porte dell’ascensore. Mentre queste si chiudevano i loro occhi si cercarono incatenandosi per pochi secondi che bastarono a scombussolare Nicholas.
 
 
Maria aprì la porta osservando il gruppetto che la fissava. Riconobbe Nicholas che però chinò lo sguardo terrorizzato dall’idea che dicesse qualcosa di fronte agli altri. Evan e Rebecca la salutarono con confidenza, era evidente si recassero spesso lì.
«Il signorino è nella sua camera.» La donna sorrise indicando loro una porta in fondo.
«Signorino?» Jeremy sillabò quella parola fissando Thomas e Nicholas che abbozzarono un sorriso divertito. La camera immensa era piena di scatoloni.
«Stai emigrando in Cambogia come ti ho consigliato?» Jeremy fissò Christopher sorridente.
«Oh salve Juan, a dirla tutta emigro al piano di sopra.» La smorfia del rosso stavolta non sparì neppure quando Rebecca lo fissò divertita.
«Perché?» Fu Evan stavolta a prendere parola mentre sedeva sul grande letto come se fosse il proprio. Christopher fissò Nicholas di sfuggita tornando poi con gli occhi sul proprio libro.
«Lo sai che mi piace cambiare, è da un po’ che penso alla camera al piano di sopra. Molto più grande, questa inizia a soffocarmi.» I ragazzi fissarono l’ambiente immenso attorno a loro, quella era già eccessivamente grande. La camera era arredata mischiando parecchi stili, dal vintage all’etnico fusi insieme. Eccentrica come il suo proprietario.
La lezione iniziò pochi minuti dopo, tra gli spuntini di Maria-Miriana-Berta che entrava ogni ora per rifocillare gli ospiti. Alla fine si levò un grosso sospiro da parte di quasi tutti i ragazzi.
«Avete dubbi?» Christopher fissò uno per uno le facce di quelli che volente o nolente sembravano diventati la cosa più simile a degli ‘’amici’’, anche se conoscenti era decisamente un appellativo migliore.
«Francamente si, io ne ho uno.» Jeremy prese parola fissando gli altri.
«Dimmi pure Rosso Malpelo.» Christopher mosse con eleganza la mano invogliandolo a parlare.
«La tizia che lavora per te.. Come cazzo si chiama quindi?» Nicholas proruppe in una risata disperata che non riuscì a contenere seguito a ruota da Rebecca e Thomas e persino da Evan che si voltò verso il terrazzo. Christopher sospirò con una smorfia.
 
 
 
Amanda si muoveva nervosa dal bagno alla propria camera, l’anello con il diamante incastonato spiccava al suo anulare rendendole la mano persino più affusolata di quanto già non fosse. Nicholas riusciva a sentire l’ansia e l’aspettativa della madre persino dalla sua camera, indossò dei pantaloni blu dal taglio casual e una camicia bianca che chiuse quasi del tutto, fissandosi allo specchio. Era incredibile quante cose fossero cambiate in quegli ultimi mesi, da quando aveva parlato alla madre di fronte la tomba del padre le cose sembravano essere scivolate via precipitosamente. E adesso Amanda era una futura sposa radiosa mentre si preparava per la primissima cena che avrebbe fatto finalmente conoscere il figlio col futuro marito, nonché fidanzato da tempo.
«Sei pronto?» La donna fece capolino dalla porta mettendo fretta al ragazzo che già di suo aveva ereditato le nevrosi della propria genitrice.
«Mamma smettila di mettermi pressione.» La gratificò con un’occhiata truce mentre sistemava i polsini della camicia.
«Beh farai meglio a muoverti perché l’auto è già qui sotto.» Ecco, una cosa positiva di quell’unione era che a quanto sembrava la madre aveva trovato un uomo facoltoso, niente meno che il proprietario del Lennox Hospital, da non credere. Nicholas respirò profondamente per poi raggiungere Amanda all’ingresso uscendo finalmente incontro alla berlina nera che li aspettava da dieci minuti abbondanti.
Le strade di Manhattan erano caotiche come sempre, Nicholas fissava fuori il finestrino passando in rassegna i giorni appena finiti di quella pazza settimana, le lezioni si stavano rivelando utili e Christopher aveva mostrato un lato di se che nessuno pensava possedesse. Eppure lui vedeva il fuoco che covava e ribolliva sotto quello strato di pelle, dietro quelle iridi azzurro ghiaccio. Restava ugualmente il solito manipolatore senza sentimenti.
«Come hai detto che si chiama? Sai com’è non vorrei esordire con un ‘’Ehilà Richard’’, dovrei optare per un classico ‘’ehilà vecchio mio?’’.» Amanda lo incenerì con un’occhiataccia che non riuscì però a camuffare il divertimento.
«Te l’ho già detto, si chiama Scott. Scott Uderwood per la precisione.» Nicholas sbiancò iniziando a tremare vistosamente mentre l’auto si fermava nei pressi di un famoso albergo.
«Non credo di aver capito. Il tuo capo si chiama Underwood?» La madre scese dall’auto e lui restò immobile sotto lo sguardo scocciato dell’autista.
«Ma ti muovi?» La voce della donna lo riscosse dal torpore, scese sentendo le gambe anchilosate e la testa improvvisamente pensante. Gli sovvenne un ricordo, era in ospedale a togliersi il gesso e Christopher era sbucato dal piano di sopra senza apparente ragione. Aveva chiesto alla madre che reparti ci fossero: «All’ultimo ci sono gli uffici dei dirigenti, del direttore e di alcuni azionisti.»
«Nicholas ti senti bene?» A dirla tutta no, e avrebbe anche voluto dirglielo se ormai non fosse stato troppo tardi. Il tavolo riservato a loro oscillò sotto i suoi occhi, stava per perdere i sensi lì? «Oh, ecco Scott e suo figlio Chrisopher.» Quel nome fu una coltellata in pieno petto mentre sollevava gli occhi in tempo per vedere un uomo affascinante venirgli incontro, indossava una giacca blu che non celava le spalle larghe e la sua somiglianza col ragazzo dietro era quasi nauseante.
«Fratellino.» La voce suadente e appena udibile del ragazzo lo costrinse ad aggrapparsi allo schienale della sedia. 
«Scott lui è mio figlio Nicholas. Nicholas lui è Scott.» L’uomo sorrise porgendogli la mano, il suo corpo sembrava quello di un automa fuori controllo. Si vide stringergliela ma non ne sentì il tocco troppo preso a fissare Christopher, vestito con un completo bianco d’alta sartoria che per contrasto lo faceva apparire ancora più dannato del solito.
«Credo voi due vi conosciate già, andate nello stesso liceo.» Amanda emise un gemito di sorpresa.
«Sul serio? Non ne avevo idea, ma è fantastico!» Fantastico? Nicholas avrebbe voluto dire alla madre che non lo era per niente, invece sorrise senza troppa enfasi prendendo posto accanto ad Amanda e di fronte a Christopher che dal canto suo sembrava a proprio agio. Lo aveva sempre saputo? Era per questo che si era avvicinato? Ma quale mente malata poteva pensare di sedurre il proprio fratellastro? Dio santissimo, quel matrimonio non poteva avvenire, doveva salvare sua madre. Sollevò il capo di scatto.
«Io..» non riuscì a finire, la voce di Christopher prevaricò la sua.
«Io e Nicholas dovremmo discutere di qualcosa, abbiamo un gruppo studio della quale ci occupiamo.» Nicholas lo fissò rabbioso mentre Amanda e Scott sembravano entusiasti della fantastica coincidenza. I loro occhi azzurri così diversi si soppesarono, Christopher fu il primo ad alzarsi seguito a ruota da Nicholas che si preparò alla guerra. Non ci sarebbe stato alcun matrimonio. Né adesso né mai.
 
«Ti consiglio di cenare e sorridere amabilmente, ‘’fratellino’’.» L’aria fredda della sera sferzò i capelli chiari di Nicholas.
«Io andrò lì dentro e dirò tutto a mia madre. Le dirò ciò che hai fatto, le dirò come mi tormenti e quanto tu sia folle.» La voce rabbiosa non sembrò scuotere Christopher immobile contro un pilastro in marmo del terrazzino. Le mani in tasca, gli occhi sereni.
«Non credo lo farai.» Sembrava sicuro di se. Forse troppo e questo avrebbe dovuto allarmare l’altro che però era soffocato da ansia e rabbia.
«Quale padre può crescere un mostro simile? Volevi sedurmi sapendo..» non riuscì a finire, Christopher si mosse appena.
«Non parlare di mio padre come se lo conoscessi. O mi toccherà ricambiare la cortesia.» Si soppesarono adesso nervosi. «Quale madre opprime così tanto il figlio da non lasciargli possibilità di scelta su ciò che ama e vuole?» Nicholas si irrigidì, sua madre non era così. Si rese conto che l’altro lo stava battendo al suo stesso gioco, probabilmente aveva commesso ancora una volta l’errore di mettere in mezzo i genitori nei loro scontri. Ma in quel momento erano proprio loro il fulcro principale.
«Da quanto lo sai?» Parlò a denti stretti, il viso livido.
«Non molto, che tu ci creda o no. Ho iniziato a sospettare da quando mio padre mi ha costretto a frequentare il tuo liceo rifiutandosi di pagare per farmi riammettere alla St.Jules. Ho fatto due più due, a differenza tua io osservo, chiedo e vedo.» Quella fu una frecciatina che Nicholas dovette incassare con profonda vergogna, se solo si fosse interessato un po’ di più alla relazione di sua madre questa gli avrebbe detto con chi si vedeva, e invece aveva pensato solo a se stesso e alla memoria del padre.
«Adesso io andrò dentro, anzi andremo entrambi, e diremo che non siamo d’accordo.» La risata dell’altro accolse quelle parole.
«Perché dovrei?»
«Perché dirò altrimenti a tuo padre del modo in cui ti diverti a giocare con le vite altrui.» Christopher lo soppesò con un sorrisino, la mano uscì dalla tasca tenendo il cellulare che iniziò a maneggiare.
«Vedi mia piccola stella, stasera ti insegnerò una lezione importante.» Fermò le dita sollevando gli occhi su Nicholas. «Stai per entrare in un mondo oscuro, la gente potente non fa mai nulla senza avere spalle coperte. Considerala una lezione gratuita da parte del tuo nuovo fratello.» Sembrava godere nel dire quella parola. Girò il cellulare azionando un video e Nicholas osservò con orrore le riprese all’Insomnia la notte dell’appuntamento con Rebecca. Si vide baciare Christopher, non si era neppure reso conto che qualcuno li riprendesse. Quando fissò il viso bello e dannato dell’altro, capì di essere stato sconfitto.
Un giorno Scott avrebbe dovuto ringraziare il proprio figlio: gli aveva appena salvato il matrimonio.
 
 
 
 
 
  
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