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Autore: Lhea    19/06/2009    3 recensioni
ATTENZIONE: POSTATA "SORPRESA"
Los Angeles: nella città più grande della California, dalle spiagge assolate e l’odore del mare nell’aria, la vita della gente trascorre tranquilla tra gli alti e i bassi di tutti i giorni. Per tutti, tranne che per lei.
Irina, 20 anni, pilota prodigio invischiata in qualcosa di molto più grosso di lei, i cui soprannomi sono tanti quante le maschere che porta, vive cercando disperatamente di riguadagnare la libertà che le è stata rubata. Perché lei non è una ragazza qualunque, nonostante cerchi di esserlo. Lei è Fenice, l’unica donna ad essere arrivata così in alto nella Lista Nera, l’elenco dei più famosi piloti clandestini dello Stato. L’unica a essere entrata nelle grazie del capo, lo Scorpione…
E mentre la sregolata vita della criminalità si svolge senza intrusioni di alcun genere, Alexander Went si prepara a entrare in azione per portare a termine la missione più importante che gli sia stata affidata: arrestare lo Scorpione e smontare tutta la sua organizzazione.
Tra auto truccate, notti brave e affari di droga, Alexander capirà che certe volte le cose non si fanno per piacere, ma per necessità. E che ci sono cose che non vanno toccate. Una di quelle cose è proprio Irina… L’unica che potrà mandare in fumo i suoi piani, e l’unica cosa a cui lui terrà veramente…
RIPOSTATO CAP. VI e VII
Genere: Drammatico, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo III

Capitolo III

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Casa

 

Irina aprì la porta di casa sua e gettò le chiavi sulla mensola dell’entrata. Il silenzio che regnava le diceva che non doveva esserci nessuno, e che suo padre e i suo fratelli erano usciti.

 

Posò la borsa a terra ed entrò in soggiorno: il tavolino davanti al televisore era invaso da cartacce e bottiglie vuote. Molto probabilmente i resti della colazione di suo padre.

 

Si sedette sul divano, il volto tra le mani. Era esausta, e aveva un cerchio alla testa. Per fortuna Sandra, la signora che le faceva da baby-sitter, le aveva tenuto Tommy per la notte e poi lo aveva portato all’asilo, perché lei era davvero troppo stanca per occuparsi di lui. Erano due giorni che non riusciva a dormire nemmeno il minimo indispensabile.

 

Intanto, un’altra lezione era andata. Non le piaceva fare assenze all’università, più che altro perché le scombinava tutta la giornata… Non che i suoi giorni fossero normali, ma almeno riusciva ad avere una sorta routine.

 

Con un sospiro si alzò e raggiunse il bagno al piano di sopra. Accese la luce della specchiera e si guardò.

 

I capelli castani, leggermente mossi, le ricadevano spettinati sulle spalle, e il viso era palesemente affaticato. Sotto gli occhi scuri c’erano ombre nere, a testimoniare il fatto che nelle ultime notti non avesse dormito molto.

 

Scostò una ciocca di capelli, e con fastidio notò un segno rosso sul collo sottile, un segno che le aveva lasciato William. Passò una mano sopra, come sperando di poterlo cancellare, e aprì il rubinetto del lavandino.

 

Un’altra notte se n’era andata, l’ennesima notte a fare la parte della ragazza dello Scorpione, a indossare la maschera che in quanto numero 3 della Black List doveva portare. Nella lista delle regole che doveva rispettare c’era anche quella: fare esattamente tutto quello che lo Scorpione voleva, e lui voleva che lei fosse la sua ragazza. Gli apparteneva, lo sapeva, e non poteva tirarsi indietro. In gioco non c’era solo la sua vita…

 

Il cellulare squillò, rompendo il silenzio e i pensieri di Irina. Per un momento pensò di non rispondere, poi andò in camera sua e lo afferrò senza nemmeno guardare chi fosse.

 

<< Cosa c’è? >> disse, seccata.

 

<< Ma dove cazzo sei finita, Irina?! >> gridò Max dall’altra parte del telefono, << Perché non rispondevi?! >>.

 

<< Stavo dormendo >> mentì lei, << Non ho sentito il telefono. E comunque ti avevo detto di non aspettarmi, dopo la gara >>.

 

Max sembrava furioso e preoccupato al tempo stesso. La ragazza si accorse che si tratteneva a stento.

 

<< Dove eri? >>.

 

<< Sono rimasta al Gold Bunny fino alle cinque, poi sono tornata a casa >> mentì Irina, << Mi sono addormentata e mi sono svegliata poco fa >>.

 

Era solo una piccola parte della verità. Erano rimasti al Gold Bunny fino alle quattro, poi erano andati a casa di William…

 

<< Mi hai fatto preoccupare da morire >> disse Max, << Stai bene? >>.

 

<< Si, sto bene… Ma smettila di chiedermi se sto bene, non ho due anni >> rispose Irina, cercando di apparire dura. << Perché mi chiami adesso? >>.

 

Max non rispose subito. << , stamattina mi ha telefonato un tipo… Diceva che ti ha visto ieri sera alla gara, e che vuole parlarti… >>.

 

<< Sei sicuro? >> ribatté Irina, perplessa, << Chi era? >>.

 

<< Non lo so, e sinceramente non so nemmeno come ha fatto ad avere il mio numero di telefono >> disse Max, seccato, << Mi ha detto che ti conosce, e che ha bisogno di vederti >>.

 

<< Tu cosa gli hai detto? >> chiese Irina, curiosa.

 

<< Gli ho detto che se aveva tutta questa fretta di incontrarti doveva venire questo pomeriggio alla mia officina, ma che non sapevo se saresti venuta o no >>.

 

Irina tacque un attimo, poi disse: << A che ora? >>.

 

<< Alle tre >>.

 

<< Aspettami, ci sarò. Sono curiosa di vedere chi è >>.

 

Irina chiuse la telefonata, e lasciò il cellulare sul letto di camera sua. In realtà non le importava molto di sapere chi fosse il ragazzo che diceva di conoscerla: più o meno tutti quelli che stavano nel giro delle corse clandestine sapevano chi era. Lei, invece, voleva solo chiudere quella conversazione con Max, perché non stava affatto bene. Aveva voglia di andarsene a dormire veramente, per scoprire che quello che stava vivendo era solo un brutto sogno.

 

Andò in bagno e aprì il rubinetto della doccia, e senza nemmeno aspettare che l’acqua si scaldasse si infilò sotto il getto.

 

C’erano due fissazioni, nella vita di Irina: una erano le mani, che curava in modo maniacale, con le unghie sempre perfettamente limate a smaltate di rosa perlato, e l’altra era quella di lavarsi.

 

Era fissata con la doccia: la faceva almeno una volta al giorno, anche se non ne aveva bisogno. E a volte passava ore dentro l’acqua, lo sguardo perso e la mente spenta, cercando di sentirsi più pulita di quanto in realtà non fosse. Forse pensava che le gocce gelide che scivolavano sulla sua pelle potessero cancellare il tatuaggio a forma di fenice che aveva sulla schiena, poco sotto il collo, con il quale si era inflitta da sola e consapevolmente la sua condanna; o quello sul fianco, minuscolo e visibile solo quando era completamente svestita, a forma di fiore nero, che la marchiava come proprietà dello Scorpione. Oppure… Oppure pensava solo che l’acqua potesse lavare la sua anima e farla tornare quella di una volta.

 

Ma in quel momento, l’unica cosa che le veniva in mente era che il suo era un mondo fatto di bugie e segreti, tenuti stretti dentro la sua anima perché troppi per poter essere rivelati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Due ore dopo, Irina si alzava dal letto, diretta al ristorante di Larry Nichols, nella periferia est della città.

 

L’Audi TT nera sfrecciava sul lungomare, i finestrini aperti e la radio accesa che trasmetteva una canzone di Anastacia, la sua cantante preferita. Il sole splendeva sulla spiaggia e l’odore salmastro del mare arrivava alle narici di Irina come un balsamo tentatore. Ancora qualche settimana e il tempo sarebbe stato perfetto per fare il bagno.

 

Lasciò l’auto parcheggiata sotto una palma, sapendo che le ci sarebbe voluto poco tempo per sbrigare la faccenda. Attraversò la strada e raggiunse il ristorante “La Lanterna sul mare”, un locale piccolino ma ben tenuto. L’insegna diceva “chiuso”, ma lei bussò comunque alla porta.

 

Un attimo dopo, un uomo anziano comparve sulla soglia, il grembiule bianco sporco e l’espressione spaventata.

 

<< Ehm… Buongiorno Fenice >> disse a bassa voce.

 

<< Buongiorno >> salutò Irina, << Posso entrare? >>.

 

L’anziano annuì e la fece entrare nel locale. Subito dopo chiuse in fretta la porta, controllando che nessuno li avesse visti.

 

Irina guardò la sala del ristorante, con l’arredamento nuovo e perfettamente pulito. Non c’era nessuno a parte loro due, ma sentiva il rumore di stoviglie lavate provenire dalla cucina.

 

<< Ehm… >> cominciò Nichols, stringendosi le mani preoccupato, << Lo so che sono indietro, ma… >>.

 

Irina guardò quell’uomo in là con gli anni, che tentava disperatamente di mandare avanti la propria vita, quando lei vi aveva rinunciato tanto tempo prima. Sospirò.

 

William aveva prestato del denaro a Nichols, per permettergli di aprirsi quel piccolo ristorante insieme alla moglie. Il problema era che il tasso che lui applicava era quello dello strozzino. La somma iniziale era di 25.000 dollari; ora gliene doveva 100.000.

 

<< Lo Scorpione vuole i suoi soldi >> disse, << Avrebbe dovuto pagare due settimane fa, giusto? >>.

 

Non c’era minaccia nella sua voce, ma il vecchio sembrò comunque terrorizzato. Si strinse ancora di più le mani, balbettando.

 

<< Lo so, ma… Ma non ci riesco a pagare tutto… Il ristorante non fa molti affari… Pagherò, ho solo bisogno di tempo… >>.

 

A Irina fece pena quell’uomo: aveva creduto di rifarsi una vita con quel ristorante, ma aveva sbagliato già dall’inizio. Chiedere un prestito allo Scorpione era l’ultima cosa che avrebbe dovuto fare.

 

<< Si calmi, per favore >> disse Irina, << Non sono qui per farle del male… Le sto solo dicendo che deve sbrigarsi a pagare, altrimenti rischia di trovarsi molto presto faccia a faccia con lo Scorpione >>.

 

Odiava fare la parte della strozzina, e William lo sapeva. L’aveva mandata lì per punirla del fatto di avergli risposto male la sera prima.

 

Nichols sembrava sull’orlo delle lacrime. << Io… Io… Non farà del male alla mia famiglia… >> mormorò, << Non ho i soldi, in questo momento, ma pagherò! Lo giuro >>.

 

Irina sospirò. Sapeva cosa voleva dire avere problemi di denaro: lei stessa ogni mese doveva fare i conti con le spese che a mala pena riusciva a coprire con gli introiti delle gare. E sapeva anche cosa voleva dire avere un debito da pagare…

 

<< Senta, il massimo che posso fare è ritardare ancora un po’ il pagamento >> disse, << Posso darle altre due settimane, ma non di più. Trovi i soldi, in qualche modo. Per quindici giorni può ancora tirare un sospiro di sollievo, ma la prossima volta potrei non essere io a venire a trovarla >>

 

L’uomo annuì vigorosamente, mostrando un sorriso tirato. Era terrorizzato dalla sua presenza, perché chi era in affari con lo Scorpione sapeva che lei era una delle persone più vicine a lui. Ma diversamente da William, lei non era nata per fare la criminale: davanti a quell’uomo spaventato non era in grado di infierire. Lo avrebbe aiutato, se solo lei stessa non avesse rischiato la pelle.

 

Irina sorrise timidamente, cercando di apparire dolce. << Non si preoccupi. Per due settimane le prometto che non nessuno verrà a trovarla >> disse, << Lei cerchi di trovare i soldi, intanto io farò tutto il possibile per evitare che la prossima volta venga lo Scorpione stesso… Se riesco tornerò io, va bene? >>.

 

<< Grazie… >> balbettò l’uomo, << Io… Grazie, Fenice… >>.

 

Irina si schernì. << Non mi ringrazi >> mormorò, avviandosi verso l’uscita dal locale, << Non ha proprio nulla di cui essermi grato. Piuttosto, cerchi di trovare quei soldi… Ah, mi chiami per nome, per favore >>.

 

Senza aggiungere altro, uscì dal ristorante, tornando sul marciapiede sgombro. Raggiunse l’auto a passo rapido e salì.

 

Un’altra faccenda era stata sbrigata. Ora poteva tornarsene a casa e dormire ancora qualche ora.

 

Si ricordò all’improvviso di una cosa, e prese il cellulare che aveva lasciato sul sedile in bella vista.

 

Sono tornata tardi ieri sera. Ci vediamo domani a lezione” scrisse, poi inviò il messaggio a Jenny. Molto probabilmente avevano immaginato perché non fosse andata all’università, ma era sempre meglio avvisarle. Potevano anche pensare che avesse avuto qualche incidente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.00 – Officina

 

Irina aspettava davanti alla saracinesca aperta del garage dell’officina di Max, mentre lui era chino sul cofano aperto di un pick-up rosso scolorito, cercando di capire perché continuasse a fermarsi ogni tre chilometri. Antony, il suo amico e socio, si era infilato sotto una Chrysler 300c, e al momento di lui si vedevano solo i piedi e la cassetta degli attrezzi.

 

Dopo aver sbrigato la faccenda di Nichols aveva dormito ancora qualche ora, e poi si era recata all’officina dell’amico, lasciando la Punto ben nascosta nel garage di casa.

 

<< Cosa avete fatto ieri sera? >> chiese Max, gettandole una rapida occhiata prima di tornare a esaminare il motore del pick-up. Si era guardata allo specchio, quella mattina, e sapeva di non avere un bell’aspetto.

 

<< Siamo andati al Gold Bunny, come al solito >> rispose Irina, << Alla fine si sono ubriacati tutti, e me ne sono andata prima che crollassero addormentati sui divanetti… >>.

 

Guardava l’albero del vialetto senza vederlo. Odiava mentire, ma non voleva che Max sapesse tutto quello che faceva…

 

<< Almeno ti sei divertita? >> chiese Max.

 

Irina si rabbuiò. L’ultima volta in cui si era divertita non la ricordava nemmeno. << Un po’ >> rispose, evasiva.

 

Antony sbucò da sotto l’auto, la faccia nera e le mani unte di olio. Aveva i capelli lunghi e come sempre spettinati, di uno strano color castagna; la carnagione scura e gli occhi come due pozzi bui, e il naso schiacciato che lo faceva assomigliare a un peruviano. In realtà era messicano.

 

<< Dannata macchina >> borbottò, cercando di pulirsi la faccia, << Quello spende cinquantamila dollari di auto, e poi non gli fa cambiare le pastiglie dei freni… >>

 

Irina ridacchiò davanti all’espressione scocciata di Antony, ma soprattutto davanti alla sua faccia tutta nera. Il ragazzo si ripulì le mani e salì sulla Chrysler.

 

<< Vado a fare un giro di prova >> disse, << Ci vediamo tra poco >>.

 

Proprio mentre la 300c spariva dietro un angolo, Irina sentì il rumore di un motore provenire alle sue spalle. Si voltò, e fu piacevolmente stupita di vedere che l’auto che sopraggiungeva sinuosa come un felino era la BMW M3 bianca che aveva avuto l’onore di sfiorare la sera prima.

 

Si stampò in faccia un sorriso beffardo e aspettò che l’auto si fermasse nel vialetto davanti all’officina di Max, assaporando il lieve rombo del motore da 420 cavalli, in quel momento tenuto al minimo. I vetri neri le nascondevano il pilota, e non poté fare a meno di provare un po’ di curiosità.

 

La portiera si aprì senza un rumore, e il misterioso ragazzo uscì dalla BMW. E lei non poté fare a meno di spalancare gli occhi.

 

Alexander Went chiuse la porta della macchina con un movimento fluido, uguale e al tempo stesso diverso da come lei lo ricordava. Alto, capelli neri spettinati e occhi di un azzurro ghiaccio, era bello come lo era stato al College. Era cresciuto ancora di qualche centimetro, ma aveva sempre il suo solito bel fisico muscoloso e asciutto. Sorrise, mostrando i denti perfetti e bianchissimi, nel suo intramontabile ghigno lupesco.

 

<< Tu?! >> esclamò la ragazza, sorpresa.

 

Xander la guardò divertito, poi rispose: << Avevo detto di conoscerti >>.

 

Irina aveva conosciuto Xander al College, e lui era più grande di lei di quattro anni. Il ragazzo era sempre stato il più bello dell’istituto, oltre che un incredibile combina guai, ma complice l’avvenenza e la simpatia, riusciva sempre a cavarsela nelle situazioni più assurde. Si conoscevano poco, e solo perché lei era diventata complice per qualche minuto di uno scherzo del suo gruppo ai danni di un loro compagno veramente rompiscatole. Da quella volta si salutavano per i corridoi, con enorme invidia delle sue amiche. Quando poi lui aveva finito il College, non lo aveva più rivisto da quelle parti. Dovevano essere passati almeno cinque anni.

 

<< Cosa ci fai qui? >> chiese Irina. Si sarebbe aspettata di tutto, ma non di certo lui.

 

<< Mi sembra evidente che non sono il bravo ragazzo che sembravo a scuola >> rispose Xander, senza abbandonare il suo sorriso divertito.

 

Max scrutava Xander come se fosse un intruso venuto da Marte. Era evidente che non fosse felice di vederlo, anche se non sapeva di chi fosse.

 

<< Vi conoscete? >> domandò, rivolto a Irina.

 

Lei annuì. << Non dirmi che ti sei dato alle corse clandestine! >> aggiunse poi, guardando il nuovo arrivato.

 

<< Bé, nemmeno tu mi sembravi il genere di ragazza che si diverte a fare scorribande notturne per la città >> ribatté Xander, strappandole un sorriso.

 

Irina abbassò un attimo la testa, riconoscendo nelle sue parole un fondo di verità, poi disse: << Credevo fossi andato a lavorare con tuo padre in qualche multinazionale automobilistica, o una cosa del genere… Non mi aspettavo di vederti ancora qui in mezzo a noi comuni mortali, dopo il College >>.

 

Xander rise. << In un certo senso, ho molto a che fare con le auto >> rispose, dando una manata alla BMW, << Ti ho visto ieri sera. Sei davvero brava >>.

 

<< Lo sono abbastanza da non farmi ammazzare >> disse lei, incrociando le braccia, << Ma non sono nulla in confronto ad alcuni piloti di qui >>.

 

Era la verità: veniva considerata molto brava, nel suo giro, ma c’era gente contro cui lei non si sarebbe mai messa. Se lei si faceva degli scrupoli, quando gareggiava, altri non facevano altrettanto.

 

Max sembrava morire dalla voglia di inserirsi nella conversazione, e disse rivolto alla ragazza: << Vuoi entrare dentro? >>.

 

<< Sì, è meglio… >> disse Irina, << Ti dispiace se parliamo all’interno? >>.

 

Xander annuì e la seguì dentro l’officina, nella parte dove prima c’era la Chrysler: sul pavimento campeggiava ancora una grossa chiazza d’olio. Irina afferrò uno sgabello e ci si sedette, mentre Max chiudeva il cofano del pick-up e abbassava la saracinesca.

 

<< Come mai tutta questa segretezza? >> chiese Xander, più divertito che preoccupato.

 

<< La persona per cui lavoro potrebbe passare di qui e vederti. E potrebbe pensare che ti stia aiutando, visto che intuisco che vuoi gareggiare >> rispose secca Irina.

 

Xander sembrò non capire, ma lei lo zittì prima che potesse chiedere spiegazioni. << E’ così, vero? >>.

 

<< Sì >> rispose lui, mentre Max tirava fuori da un piccolo frigorifero incastrato in un angolo alcune birre << Voglio entrare nel giro >>.

 

Irina afferrò la bottiglia di Corona che il meccanico le porse, poi disse: << Qui non si scherza. Se vuoi veramente entrare “nel giro devi darti da fare. E soprattutto ti servono parecchi soldi >>.

 

<< Quelli non mi mancano >>.

 

Irina fece una smorfia: era sempre stato particolarmente benestante. L’auto da ottantamila e passa dollari lo dimostrava. << Lo sapevo già. Il punto è che hai due possibilità: o rimani tra le file dei piloti da quattro soldi oppure, se sei veramente bravo, puoi entrare del giro dei “big”, e farti una reputazione. Ma sei vuoi diventare qualcuno devi mettere in conto che qui comanda lo Scorpione… >>.

 

<< E sarebbe? >> chiese Xander, interessato e per niente intimorito.

 

<< William Challager. E’ il numero 1 della lista dei ricercati, ed è lui che fa le regole. Tra noi piloti ci chiamiamo tutti con soprannomi, per evitare di farci riconoscere dalla polizia. Lui è lo Scorpione. Finché non lo conoscerai di persona dovrai chiamarlo così. Non credo di svelarti una novità dicendoti che è il figlio di George Challagher, il proprietario di mezza Las Vegas e di tutti i casinò di queste parti >>.

 

<< Lo so già. Prima di venire qui mi sono informato un po’ in giro. Non è certo la prima volta che gareggio >>.

 

Irina accavallò le gambe, incrociando le braccia dietro la testa. << Qui non è come dalle altre parti. I piloti più forti che ci sono fuori dallo Stato non durerebbero nemmeno un giorno. Qui non si fanno problemi a sbatterti giù da un burrone mentre gareggi… Qui anche la polizia ha paura di loro >>.

 

<< Non mi spaventano >> ribatté Xander, << Non sono un novellino. Sono anni che corro >>.

 

Irina guardò l’espressione sicura del ragazzo, in piedi davanti a lei. Ritrovarselo davanti era già di per sé una sorpresa; sapere che voleva anche gareggiare era ancora più insolito.

 

<< Qual è il tuo obiettivo? >> domandò Irina, cercando di capire cosa volesse da lei. << Di preciso, perché vuoi correre da queste parti? >>. Gli sembrava assurdamente sicuro di sé, e la cosa quasi la divertiva. Prese il suo bicchiere in attesa della risposta.

 

<< Voglio spodestare Challagher dal primo posto della Black List >>.

 

Irina si soffocò con un sorso di birra. << E’ impossibile! >> disse. << Potrai anche essere bravo, ma non puoi sperare di battere William. Nessuno ci riesce da anni >>.

 

<< Perché non dovrei riuscirci? >> domandò Xander, beffardo.

 

<< Perché lui è spietato! Tu non hai idea di cosa sia capace di fare, quando corre. Se non ti batte per bravura, ti batte in astuzia. Per lui non esistono regole, quando gareggia: non si fa problemi a farti fuori, se vuole >>. Irina lo guardò, sperando che lui scherzasse, ma Xander non diede segno di spaventarsi.

 

Era la verità, quello che aveva appena detto. Da quando era entrata a far parte del giro dello Scorpione, William non aveva mai perso una gara. Già arrivare a lui era difficile; batterlo diventava quasi impossibile.

 

<< Sembri conoscerlo bene >> ribatté Xander, provocatorio.

 

<< Qui lo conoscono tutti, almeno di fama >> disse lei, piccata, << Questo semplicemente perché è lui che decide se puoi o non puoi fare parte del suo gruppo. Controlla tutte le gare clandestine dello Stato, oltre ad avere una rete di affari da far impallidire chiunque. Tra lui e suo padre controllano tutta la regione >>.

 

Attese che Xander mostrasse qualche sorta di sorpresa, ma lui rimase impassibile.

 

<< Sei sicuro di quello che vuoi fare? >> chiese, guardandolo di sottecchi.

 

<< Non sarei qui, altrimenti >>.

 

La ragazza lo fissò per un momento, cercando di capire se Xander in quegli anni avesse per caso perso il senno della ragione. Le sembrava lucido, e anche troppo sicuro: poteva essere anche bravo, ma nessuno, nemmeno lei, avrebbe mai osato sperare di battere William Challagher. Non così presto.

 

C’erano diverse cose che non le tornavano: possibile che uno come lui si divertisse a fare gare clandestine rischiando il carcere? Oltretutto, perché tornare proprio a Los Angeles, quando faceva la bella vita a New York?

 

<< D’accordo >> disse alla fine Irina, << Se è quello che vuoi, non sarò io a fermarti. Ma non dirmi che non ti avevo avvertito >>.

 

Xander sorrise.

 

<< Non capisco però perché hai voluto vedere me >> continuò Irina, << E non credo sia solo una rimpatriata tra vecchi compagni di scuola >>.

 

<< Ho bisogno che tu mi dia qualche dritta >> rispose Xander, << Sono nuovo del posto, e devo sapere come funzionano le cose da queste parti. Oltretutto, mi sembra di capire che qui siete, diciamo, un po’ “chiusi” >>.

 

Irina capì a cosa si riferiva: per poter sfidare i piloti più forti della regione bisognava avere una certa reputazione. E anche solo per correre nelle gare organizzate dallo Scorpione bisognava avere le conoscenze giuste. Tutto per evitare la polizia, ed eventuali infiltrati.

 

<< Di regola non dovresti essere già davanti a me, infatti >> disse Irina, << Io incontro solo quelli che arrivano abbastanza in alto… Non certo i nuovi arrivati come te >>. Sorrise, sapendo che aveva capito che non stava dicendo sul serio. In realtà era una bugia: se poteva, cercava di incontrare e far desistere da propositi impossibili tutti i piloti che arrivavano lì e decidevano di entrare nel gioco. Ma questo William non lo sapeva.

 

<< Quindi stai ai piani alti? >> chiese Xander, divertito.

 

<< In un certo senso… >>

 

Max ricomparve all’improvviso, mentre fuori si sentiva il motore acceso di un’auto: doveva essere Antony: << Sono le quattro passate… >> disse rivolto a Irina.

 

Lei guardò l’orologio: doveva andare a prendere Tommy all’asilo. << Mi ha fatto piacere rivederti, ma in questo momento ho un impegno che non posso rimandare >> disse alzandosi, << Se vuoi veramente gareggiare, ci sono un paio di regole che devi conoscere, e che posso spiegarti. Domani a casa mia, alle due e mezza di pomeriggio. Max ti darà l’indirizzo e il mio numero di telefono >>.

 

Raggiunse Max che apriva la saracinesca, inondando di luce l’officina.

 

<< Dagli il numero del Nokia, non l’altro, per favore >> gli disse.

 

Max annuì ed entrambi la seguirono fino alla TT, parcheggiata dall’altro lato della strada.

 

<< Ci vediamo domani, allora >> disse Irina, rivolta a Xander << Puntuale, per favore >>.

 

Stava per chiudere la portiera dell’auto, ma la voce di Xander la fermò. << Ehi, un’ultima domanda >>, disse serio, << E tu cosa ci fai qui? >>.

 

Irina non lo guardò mentre rispondeva, ma fissò il contagiri della macchina. << Sicuramente non sono qui per il tuo stesso motivo >> rispose, e chiuse la porta.

 

Senza aspettare altro, infilò la prima e partì diretta a casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.12 – 5° strada

 

Xander percorreva la 5° strada ben al di sopra del limite di velocità imposto dai segnali. Era diretto a casa sua, e teneva il cellulare ancora in mano. Aveva appena comunicato alla centrale che era riuscito a entrare in contatto con la ragazza e che era andato tutto come previsto.

 

Il piano originale prevedeva che lui si facesse strada tra i piloti a suon di gare, facendosi notare ed entrando nel giro giusto di conoscenze, fino ad arrivare allo Scorpione. Quando però aveva scoperto che Irina, alias Fenice, era tra i piloti clandestini, lui e White avevano deciso di provare a entrare in contatto con lei, sperando di velocizzare la cosa, visto che lei sembrava avere una certa influenza, da quelle parti.

 

Doveva ammettere però che era rimasto colpito. Prima di qualche settimana non avrebbe mai immaginato di trovare Irina invischiata in qualcosa del genere. Non la conosceva alla perfezione, ma sapeva che non era il tipo da diventare una criminale. E la frase che gli aveva detto poco prima di andarsene confermava il suo sospetto che lei non fosse lì per piacere.

 

La ricordava come una ragazza allegra e forse un po’ timida, e con un carattere abbastanza forte. Sapeva che aveva alle spalle una situazione familiare non facile, ma non era mai stata una ribelle. A scuola si era sempre comportata bene, senza mai catalizzare l’attenzione su di sé.

 

Adesso sembrava tutto il contrario.

 

Aveva un’auto italiana bianca, che già di per sé attirava l’attenzione. Disputava gare clandestine con un’abilità al volante inusuale per una donna. Ed era invischiata in un giro di droga e affari loschi come una delle peggiori criminali.

 

“Dì anche che è diventata davvero bella” pensò.

 

Sorrise, ritrovandosi a pensare una cosa del genere. Non aveva mai notato quella cosa, all’epoca del College, forse perché in quel periodo era attirato da ragazze più stupide e decisamente più “facili”. Era stato un adolescente cretino anche lui.

 

E molto probabilmente non era l’unico a pensarlo. L’espressione del suo amico Max mentre si sforzava di dargli il numero di telefono e l’indirizzo di Irina, era stata molto eloquente.

 

Svoltò a destra, ripensando alla faccia che aveva fatto Irina quando lui sembrava voler chiedere spiegazioni riguardo alla sua sicurezza. Sembrava stanca, ed era evidente che non volesse svelare molto di sé. Forse si stava sbagliando, ma quella ragazza nascondeva qualcosa, e di sicuro non era più quella che ricordava lui all’epoca della scuola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.12 – High Street

 

Irina guidava diretta a casa, il cellulare nella mano sinistra e la destra che stringeva il volante. Seduto nel suo seggiolino, Tommy mangiucchiava la sua merenda con il biberon pieno di succo di frutta nella manina.

 

<< Perché lo hai invitato a casa tua? >> chiese Max al telefono, << Rischi di farti beccare da tuo padre >>.

 

<< Mio padre e i miei fratelli domani non ci sono, vanno via tutta la giornata. Non mi interessa cosa fanno, basta che non ci sono in casa. E poi è l’unico posto sicuro che conosco, dopo casa tua >>.

 

<< Appunto, perché non a casa mia? >> ribatté Max. << Non lo conosci nemmeno. Potrebbe essere pericoloso… >>.

 

<< Non dire scemenze, Max >> sbottò Irina, << Lo conosco. Andavamo a scuola insieme, ed è uno a posto. Almeno, lo era. Comunque, non ha importanza. Voglio capire perché è qui, e perché vuole cercare di spodestare William >>.

 

<< E’ solo un riccone senza cervello >> disse Max, << Non ci sono altre motivazioni. E’ esattamente come tutti quelli del nostro giro: vuole solo farsi vedere. Probabilmente spera che tu lo aiuterai a scalare la lista. Non è il primo e non sarà di certo l’ultimo >>.

 

<< Non credo. Sono sicura che c’è qualcosa sotto… nessuno con un po’ di cervello si getterebbe a capofitto in una serie di gare qui a Los Angeles senza essere più che preparato >> Irina controllò Tommy nel suo seggiolino. << O è diventato uno sventato, oppure ha in mente qualcos’altro >>.

 

In effetti, Xander era sempre stato particolarmente spericolato, ma non era certo stupido. Non poteva non sapere di stare rischiando della grossa.

 

<< Vuoi che venga da te, domani? >> chiese Max.

 

<< No, se ci sei anche tu sicuramente non mi dirà nulla di più di quanto non abbia detto oggi >> rispose Irina, << E comunque ho un idea. Ci sentiamo >>.

 

Mezz’ora dopo, parcheggiava la TT davanti a un negozio di informatica dimesso e trascurato. Prese Tommy in braccio ed entrò dentro, richiudendosi pesantemente la porta alle spalle.

 

<< Ehila, bambina >> disse con voce strafottente l’hacker Greg Thile, vedendola entrare. Era chino sul lungo tavolo che occupava quasi tutto il negozio, sopra quello che poco prima doveva essere un pc fisso ma di cui rimaneva solo lo scheletro vuoto.

 

Quando sentì come l’aveva chiamata, Irina fece una smorfia. Aveva tanti di quei soprannomi, in giro, che ormai aveva perso il conto: li odiava tutti, dal primo all’ultimo, e avrebbe tanto preferito che la chiamassero per nome, una buona volta. Tuttavia, quello era quello che detestava di più: la chiamavano bambina, quando bambina non lo era mai stata.

 

<< Ciao Greg >> lo salutò lei, di malavoglia.

 

Greg Thile era un informatico di trentacinque anni, e viveva con gli introiti che quel negozio di computer gli dava. Tanti anni prima aveva allargato il suo business a qualcosa di più lucroso e decisamente fuori legge: la ricerca di informazioni su chiunque e su qualunque cosa.

 

Thile si alzò e tirò fuori un portatile Sony di ultima generazione da una borsa nera nascosta in un angolo, adagiandolo sul tavolo.

 

<< Chi cerchiamo questa volta? >> chiese, sardonico.

 

Tommy guardava meravigliato i vari componenti informatici che c’erano sugli scaffali, mettendosi le mani in bocca. Molto probabilmente avrebbe tanto voluto toccarli, se Irina non lo avesse tenuto in braccio.

 

<< Alexander Went >> disse lei, tirando fuori il portafogli.

 

<< Alexander Went… Bene, bene >> borbottò Thile, pigiando sulla tastiera, << Nuovo di queste parti? >>.

 

<< Forse >> rispose evasiva Irina, << Voglio sapere da dove arriva, se ha gareggiato da altre parti, e se è noto alla polizia. Le solite cose >>.

 

Thile porse la mano aperta, e la ragazza vi appoggiò un fascio di banconote.

 

<< Come al solito non ti ho mai vista da queste parti, ne ho mai sentito parlare di Alexander Went >> recitò, intascando i soldi, << Ti telefono quando ho trovato qualcosa >>.

 

Annuendo, Irina uscì dal negozio e tornò in macchina.

 

Il perché di tutta quella segretezza era solo uno: William.

 

Irina lavorava per lo Scorpione, ma lo faceva per necessità. E lui sapeva che nonostante l’avesse in pugno, non poteva fidarsi completamente di lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – Casa

 

Il telefono squillò crudele mentre Irina tentava di aprire la porta di casa con Tommy in braccio e le buste della spesa tra le mani. Adagiò velocemente le borse in cucina e prese il telefono.

 

<< Pronto >>.

 

<< Sono Greg, Irina >>.

 

<< Hai già fatto? >> chiese lei, stupita.

 

<< Sì, e ho scoperto delle cose interessanti >> rispose Thile. << Sembra che questo Alexander abbia un parco macchine più vasto di un autosalone >>.

 

<< Cosa intendi? >>.

 

<< Mi sono infilato nei siti di gare clandestine estere, e sembra abbia disputato un numero incredibile di corse: è stato a New York, a Boston… >> spiegò Thile, << E, cosa ancora più importante, le ha vinte tutte. Da quello che però risulta, ha usato almeno una decina di macchine diverse >>.

 

Irina rimase colpita, ma non si preoccupò più di tanto. Non era poi molto strano che avesse soldi a palate e che fosse un talento. Le premeva sapere altro.

 

<< E negli archivi della polizia hai guardato? >> chiese.

 

<< Non c’è alcun dato su di lui >> rispose Hacker, << Sembra che non sia mai stato segnalato da nessuno. Ho controllato bene, ma nemmeno un’auto che ha usato è stata registrata. Deve essere veramente bravo a dileguarsi, perché negli ultimi tempi ci sono stati diversi arresti dalle parti in cui è stato >>.

 

Irina non ci mise molto a giungere alla conclusione più ovvia, la stessa che aveva fatto qualche ora prima.

 

<< E’ un poliziotto >> disse, più che altro a se stessa.

 

<< No, bambina, non lo è >> ribatté Thile, << Ho guardato la lista dei membri del corpo di polizia, e lui non c’è. Quello che ti ha dato potrebbe essere un nome falso >>.

 

<< No, ci conoscevamo già anni fa. Il nome è giusto >> Irina appoggiò sul ripiano della cucina una scatola di biscotti, sovrappensiero. << Sei sicuro che non ci siano segnalazioni da parte della polizia locale? Nemmeno William potrebbe essere in grado di eludere così bene gli sbirri… >>.

 

<< Bé, a essere sincero, una segnalazione c’è >> disse Thile, con una strana voce, << Sul sito della polizia federale gli pende una taglia di 1.000.000 di dollari >>.

 

Irina si immobilizzò. “Non è possibile” pensò, “Solo William ha una taglia del genere”.

 

<< Stai scherzando, vero? >>.

 

<< No, non scherzo. Quel tipo potrebbe essere più forte dello Scorpione, ma è come un fantasma. Sembra pulito. Non ci sono sue tracce da nessuna parte. Dove passa non rimane nulla su di lui >>.

 

Irina guardò fuori dalla finestra, scioccata. Xander stava nascondendo qualcosa, e lei voleva capire cosa. C’erano già stati poliziotti infiltrati tra di loro, ma erano tutti iscritti nella lista che aveva controllato Thile

 

<< Grazie >> disse, << Se scopri qualcos’altro di interessante, telefonami >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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