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Autore: Najara    02/10/2017    8 recensioni
Il cielo è calmo e sereno su National City fino a quando una misteriosa breccia non si apre e da essa cade una figura ancora più misteriosa.
Una nuova avventura SuperCorp.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La trappola

 

La luce nella stanza tornò normale. La breccia si era richiusa. Winn, teneva ancora in mano il piccolo dispositivo. James, le mani ai fianchi, aveva perso il sorriso che aveva finto prima e così Maggie. J’onn le braccia incrociate non disse nulla, andandosene, mentre Alex si voltò verso di lei, lo sguardo preoccupato.

Lena non c’era più.

I pugni di Kara tremarono da tanto li stringeva.

“Riaprilo.” Ordinò a Winn che alzò lo sguardo fissandola, quasi spaventato.

“Non posso…” Disse e Kara fece un passo avanti, minacciosa.

“Apri di nuovo quel maledetto portale!” Quasi urlò.

“Kara.” La chiamò Alex e lei le lanciò uno sguardo di rabbia.

“No, non mi importa, devo…”

“Lei sapeva che avresti voluto seguirla. Ha bloccato il dispositivo, non si aprirà più per quel mondo.” Spiegò. “Mi ha chiesto di darti questo.” Aggiunse poi, consegnandole un piccolo foglio ripiegato.

Kara lo prese veloce, lo dispiegò e riconobbe subito l’elegante scrittura di Lena che aveva tracciato i simboli kryptoniani. I suoi occhi si riempirono di lacrime, mentre leggeva la ricetta dei na-kuki.

Un addio, il più dolce a cui Lena aveva potuto pensare.

Kara strinse il piccolo foglio tra le dita, poi alzò il pugno, ignorando i richiami di sua sorella e spiccò il volo, sparendo nel cielo.

Eppure neanche lì, con il mondo intero ai suoi piedi, con il cielo infinito e senza confini alla sua portata, riuscì a respirare meglio. Vi era un peso, un peso doloroso che opprimeva il suo petto. Per un istante pensò di seguire l’esempio di Lena, di volare così veloce da spezzare il muro dello spazio-tempo, tornare indietro era così allettante, avrebbe potuto configgere Linda qua, a casa sua, avrebbe potuto evitare di farsi catturare come una sciocca e di farsi usare come un indifeso ostaggio. Tante cose avrebbe potuto fare, se solo… eppure sapeva che non era quella la via da seguire. Barry aveva sofferto troppo per un errore simile.

Sentiva il sole riempirla di forza, una forza inutile che non avrebbe potuto salvare Lena, non lì.

Strinse le mani contro il petto cercando di far smettere la sofferenza, le sue dita si aggrapparono al tessuto del suo costume, a quella S che non era solo una S, ma era molto di più. La sua mente traditrice le ricordò il respiro di Lena, le sue labbra che sfioravano il suo orecchio. In ogni dimensione erano destinate a stare assieme, ma non in questa, non in…

I suoi pensieri si interruppero. Abbassò lo sguardo sul suo simbolo e sgranò gli occhi, come se l’entità dell’idea fosse troppo grande perché la sua mente potesse afferrarla così in fretta.

Kara esitò ancora un istante, poi si lanciò verso il DEO con tutta la velocità che le permetteva il suo corpo.

 

La breccia si chiuse alle sue spalle e lei osservò la città davanti a lei. National City era cambiata da quando era partita, ormai molti mesi prima. Il perpetuo brusio della città era quasi inesistente, i palazzi mostravano gravi danni, le strade erano ingombrate da rottami di auto e da rifiuti. La città sembra essere stata il teatro di una guerra. Lena si addentrò tra le strade quasi deserte, osservando i pochi passanti costeggiare i muri con passi frettolosi e gli occhi pieni di paura. Mentre camminava verso la sua meta, uno dei suoi pochi rifugi ancora attivi, vide spesso l’emblema degli El inciso con il fuoco nelle pareti. Qualcuno, e Lena non aveva dubbi di chi fosse l’autore, aveva deciso di marchiare la città.

Era evidente che la donna si era scatenata sfogando la sua rabbia contro l’indifesa città.

Lena strinse il piccolo congegno che teneva nel pugno, l’unica arma che poteva usare contro i due El: la trappola dimensionale che lei e Winn avevano preparato, ma, per ovvie ragioni, mai testato.

La notte prima, mentre Kara la guardava accarezzandole la schiena, incapace di dormire, incapace di parlare, incapace di lasciarla andare, aveva capito cosa doveva fare.

Vi era solo una cosa che avrebbe fatto accorrere Linda, una sola cosa la distraeva abbastanza e le faceva abbassare la guardia: lei. Aveva funzionato una volta, avrebbe funzionato ancora, perché Kara non riusciva a staccare gli occhi da lei, così come Linda non era mai stata capace di farlo, anche con tutta la sua perversità, anche con tutta la sua crudeltà, non riusciva a impedirsi di amarla.

Entrò nel suo rifugio e si preparò. National City era la casa di Linda, ma lei doveva attirare Superman e sapeva perfettamente dove e da chi andare.

Indossò una parrucca rossa, si sistemò delle protesi per cambiare la conformazione del suo viso e si truccò in maniera completamente diversa dal solito, indossò jeans e una maglietta della Coca Cola, poi, infilò degli occhiali da sole. Alla fine si osservò allo specchio e annuì soddisfatta. Due ore di lavoro la ripagarono con uno sguardo quasi irriconoscibile persino da se stessa.

Rapidamente preparò uno zaino e dei documenti falsi, ringraziando suo fratello e sua madre per aver pensato anche a quello, chi lo avrebbe mai detto che un giorno avrebbe potuto perdere i suoi poteri e non poter più volare? A quanto pare, il detto che i Luthor erano sempre pronti ad ogni evenienza non era affatto un’esagerazione.

Controllò, un’ultima volta di avere tutto e poi uscì di nuovo in strada, prese un taxi, uno dei pochi che giravano per la città, e si fece portare alla stazione dei treni.

Si rese subito conto che qualcosa bolliva in pentola, come aveva immaginato dovevano aver rilevato l’apertura della breccia e stavano setacciando la città. Il suo taxi fu fermato due volte da due diversi gruppi di alieni che però, dopo averla guardata, la lasciarono passare. Lena, in entrambi le occasioni, fu grata di aver perso tutte quelle ore nel travestimento, ma ringraziò Rao quando, alla stazione, incontrò Maggie. La detective stava coordinando un gruppo di agenti, Lena non esitò, passandole accanto e guardando direttamente nella sua direzione, lo sguardo della donna passò su di lei e poi scivolò via, su un altro viaggiatore.

Il viaggio in treno fu  più tranquillo, cinque ore e fu alla sua prima destinazione, la città era piccola, ma non tanto da non avere un aeroporto. Comprò un biglietto e aspettò che il suo volo fosse chiamato.

Rao, quanto le mancavano i suoi poteri. Malgrado la speranza di riottenerli ora fosse concreta, non era più riuscita ad averne nessuna manifestazione, né dei super-sensi, né delle altre abilità kryptoniane, non che importasse per davvero, ora come ora, anzi, la sua debolezza avrebbe aiutato.

Quando arrivò a destinazione era notte ed era perfetto così, dopo tutto, la persona che cercava era, decisamente, notturna.

Mezzora dopo era seduta su una poltrona, dietro ad una scrivania, aveva tolto la parrucca e le protesi, tornando ad essere Lena Luthor. Quando la luce dell’ufficio fu accesa, la trappola che aveva improvvisato scattò e l’uomo si ritrovò a dibattersi, inutilmente, dentro ad una rete di sottilissimi fili d’acciaio.

“Ciao, Bruce.” Disse e sorrise nel vedere il viso scuro e furioso dell’uomo. Non era abituato a farsi sorprendere, era lui a sorprendere gli altri, volando qua e là con ali finte, vestito di nero e con una maschera sul volto, un pipistrello: cosa poteva esserci di più diverso dagli El? Eppure…

“Cosa, vuoi, Lena?” Domandò con voce aspra e Lena sorrise di nuovo.

“Ho bisogno che Clark venga a salvarti.”

“Non ci contare.”

“Oh, verrà, verrà, sei l’unico vero amico che abbia mai avuto: entrambi pronti a spaccare teste e a fare i bulli…” L’uomo digrignò i denti, mentre Lena scattava una foto e scriveva un rapido messaggio che poi inviò.

“Non ci vorrà molto.” Assicurò e non ci volle molto. La parete dietro di lei fu fatta a pezzi e Lena si ritrovò ad osservare Superman in tutta la sua terribile furia.

“Tu?!” Esclamò, sorpreso.

“Io…” Commentò lei e poi sorrise, mentre l’uomo spezzava la rete che tratteneva il terribile Batman e afferrava lei tra le braccia.

“Non ho idea di quello che avresti voluto fare, ma è stato un terribile errore.” Con un solo fluido gesto la lanciò giù dal palazzo.

Lena chiuse gli occhi, sapeva che lo avrebbe fatto, eppure cadere verso il basso preda della gravità era qualcosa di terrificante. Due braccia forti l’afferrarono quando ormai era a pochi metri da terra.

“Dunque è vero, sei senza poteri.” Superman la guardò e forse vi fu della pena nei suoi occhi. “Tuo fratello era un mostro.” Rimarcò e lei digrignò i denti.

“Tu sei il mostro che lo ha spinto a dover studiare simili orrori, tu e tua cugina.”

“Non parlare così di lei.” Le disse l’uomo. “Se non fosse per Linda tu saresti morta da tempo, ti protegge e, a modo suo, ti rispetta.”

Lena si morse la lingua per non dirle quello che pensava della donna, non doveva farlo arrabbiare più del necessario.

Superman la portò sul tetto del Daily Planet e la lasciò cadere a terra.

“Da qui non puoi andare da nessuna parte. Lei verrà a prenderti.” L’uomo alzò il pugno e Lena pensò in fretta, non doveva lasciarlo andare via.

“Come sta’?” Chiese e lasciò trapelare un po’ di preoccupazione nella sua voce. Il giovane era crudele, ma non astuto, ci cascò. La guardò per un lungo istante prima di parlare.

“Adesso sta bene, ma quando è arrivata… oh, quel proiettile era tremendo, pura kryptonite verde infissa nel suo corpo, un tormento e, anche quando gliel’hanno tolto, il suo sangue ne era infetto. Ha sofferto per settimane prima di riuscire a liberarsene del tutto. Non sarà bello quello che farà alla donna che le ha sparato.” Assicurò con un ghigno divertito.

“Cos’ha fatto a National City? Non è da lei distruggere una città.”

“Perché all’improvviso vuoi chiacchierare?” Domandò finalmente sospettoso il ragazzo.

“Non voglio chiacchierare, sto per incontrarla e voglio sapere cosa le passa per la testa e quanto in fretta morirò o quanto soffrirò.”

“Non ti ucciderà.” Assicurò il giovane stringendosi nelle spalle. “Ti ama o qualcosa di simile.”

“Come tu amavi Lois?” Gli occhi del ragazzo d’acciaio brillarono di fuoco, era pronto ad ucciderla seduta stante.

“Tu non sai niente! Non pronunciare il suo nome!” Le intimò.

“Perché? Sei stato tu ad ucciderla.” Gli ricordò e l’uomo diede un pugno nell’impotente globo simbolo del famoso giornale, sfondando il metallo dorato come se fosse burro.

“Non parlare di lei!” Ordinò di nuovo e Lena si strinse nelle spalle.

“Come vuoi, non che sia stata una perdita, non vi era esempio peggiore per gli umani di quella giornalista corrotta e con una propensione per le notizie montate.”

Superman la afferrò per gli abiti e la sollevò fino a quando i loro occhi non furono sullo stesso livello.

“Lo sai che posso spezzarti il collo solo respirando?” Domandò la voce bassa e vibrante, contenente un mondo intero di minacce.

“Fallo, Kal, e ti spellerò con le mie stesse mani.” Suo malgrado, Lena, rabbrividì nel sentire la voce di Kara… no, di Linda, si corresse.

“Si è permessa di…”

“Mettila giù.” Lo interruppe la donna e il giovane obbedì, lasciandola cadere di nuovo a terra.

“Voglio che soffra per quello che ha detto.” Esigette però, non volendo cedere completamente.

“Oh, smettila di fare il bambino. Lois aveva la lingua troppo lunga, un giorno ti sei stufato e le hai fatto un buco in fronte, smettila di piangerti addosso.”

Lena infilò la mano in tasca. Era il momento? Erano abbastanza vicini?

“Non parlare a me di fare il bambino, quando tu hai distrutto mezza città solo perché facevi i capricci!” Ritorse Superman e la ragazza gli si avvicinò con aria combattiva.

“Potrei zittirti anche con un braccio dietro alla schiena, quindi fai molta attenzione a quello che dici, cugino.” Sibilò.

“Ehi, non litigate per colpa mia.” Lena fece un passo verso di loro, la mano chiusa sul piccolo meccanismo.

“Con te farò i conti dopo.” Assicurò Linda, voltandosi poi di nuovo verso Kal. “Come hai fatto a catturarla?” Domandò.

“Catturarla?” Chiese lui, ghignando. “Non ha poteri e ha avuto la faccia tosta di prendere Bruce per invitarmi a raggiungerla, non so cosa volesse.” Lena fece due passi avanti, veloce. Adesso o mai più. Gli occhi di Linda si stavano sgranando, mentre comprendeva che quella era una trappola.

Era vicina, sperò che bastasse e premette sul pulsante.

Aveva paura della Zona Fantasma, del buio vuoto ed eterno che vi regnava, ma sacrificarsi significava salvare il suo intero pianeta e quanto era facile quel passo in confronto a quello di lasciare Kara? E poi avrebbe avuto i suoi ricordi, avrebbe potuto ricordare i dolci baci di Kara e la sua pelle vellutata, i suoi occhi pieni di stupore e d’amore…

Vide i due El sgranare gli occhi, lesse il terrore nelle loro pupille e poi la luce scomparve.

Lena strinse il pugno con più forza: aveva compiuto un azzardo ed aveva fallito. Quel piccolo dispositivo non aveva sufficienza potenza per aprire e mantenere aperto un portale per la Zona Fantasma, anche solo per quei due o tre secondi necessari a prendere tutti loro.

Winn lo aveva temuto, ma lei era sicura che potesse funzionare, perché aveva fatto ogni calcolo possibile e perché era l’unica speranza per il suo mondo.

Ma, di nuovo, aveva fallito.

“Bene, bene, bene.” Mormorò Linda, osservandola. “Sembra che, qualsiasi cosa tu avessi programmato, sia appena fallita.”

Lena fece un passo indietro, il suo cuore iniziò a battere veloce. Non aveva nessun luogo dove andare, non poteva fuggire, non poteva neppure lottare.

Era finita.

“Arrenditi.” Le suggerì la ragazza con un maligno sorriso sulle labbra.

Lena fece un secondo passo indietro, ma la donna, questa volta, la seguì avvicinandosi a lei poi, nel cielo saettò una figura e il cuore di Lena prese a battere molto più veloce.

Accanto a lei atterrò Kara, una copia mille volte più spendente della donna davanti a lei.

“Chi abbiamo qui?” Domandò Linda, un lampo di malvagità che brillava nei suoi occhi. “Ti hanno tolto il collare? E ora come faranno a portarti fuori a fare la pipì?” La prese in giro e poi la colpì di sorpresa, mandandola a rotolare lontano.

Lena strinse i pugni, non doveva andare così! Kara non doveva venire, si era assicurata che non riuscisse a seguirla!

“Piccola stupida, è stata una pessima idea venire da sola!” Linda afferrò per il costume la versione più brillante di se stessa e la sollevò, pronta a darle un altro pugno.

“Chi ti dice che io sia sola?” Domandò però Kara, un sorriso soddisfatto sulle labbra.

Lena corrugò la fronte e l’istante dopo una seconda figura si posò sul tetto, poi una terza, una quarta e una quinta. Lena smise di contare a dieci, ma dovevano essere almeno trenta.

Trenta Kara, con costumi leggermente diversi, tagli di capelli diversi, ma lo stesso sguardo deciso e gli stessi pugni chiusi.

Lena sorrise e incrociò gli occhi della donna che amava.

La giovane aveva un ampio sorriso sulle labbra e, quando parlò tutto il suo viso brillò d’orgoglio e amore.

“In ogni dimensione c’è una Kara pronta a lottare per te.”

 

 

 

 

Note: Allora, chi dice che sono cattiva o che mi odia deve cambiare idea, perché questo capitolo poteva finire qualche riga più in su e allora sì che sarebbe stato brutto! Ma oggi sono gentile e vi ho regalato una fine dolce.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto perché, ragazze, era il penultimo.

Il prossimo sarà l’epilogo con il quale si concluderà la storia.

  
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