La trappola
La luce nella stanza tornò normale.
La breccia si era richiusa. Winn, teneva ancora in
mano il piccolo dispositivo. James, le mani ai fianchi, aveva perso il sorriso
che aveva finto prima e così Maggie. J’onn le braccia
incrociate non disse nulla, andandosene, mentre Alex si voltò verso di lei, lo
sguardo preoccupato.
Lena non c’era più.
I pugni di Kara tremarono da tanto li
stringeva.
“Riaprilo.” Ordinò a Winn che alzò lo sguardo fissandola, quasi spaventato.
“Non posso…” Disse e Kara fece un
passo avanti, minacciosa.
“Apri di nuovo quel maledetto
portale!” Quasi urlò.
“Kara.” La chiamò Alex e lei le
lanciò uno sguardo di rabbia.
“No, non mi importa, devo…”
“Lei sapeva che avresti voluto
seguirla. Ha bloccato il dispositivo, non si aprirà più per quel mondo.”
Spiegò. “Mi ha chiesto di darti questo.” Aggiunse poi, consegnandole un piccolo
foglio ripiegato.
Kara lo prese veloce, lo dispiegò e
riconobbe subito l’elegante scrittura di Lena che aveva tracciato i simboli kryptoniani. I suoi occhi si riempirono di lacrime, mentre
leggeva la ricetta dei na-kuki.
Un addio, il più dolce a cui Lena
aveva potuto pensare.
Kara strinse il piccolo foglio tra le
dita, poi alzò il pugno, ignorando i richiami di sua sorella e spiccò il volo,
sparendo nel cielo.
Eppure neanche lì, con il mondo intero
ai suoi piedi, con il cielo infinito e senza confini alla sua portata, riuscì a
respirare meglio. Vi era un peso, un peso doloroso che opprimeva il suo petto.
Per un istante pensò di seguire l’esempio di Lena, di volare così veloce da
spezzare il muro dello spazio-tempo, tornare indietro era così allettante,
avrebbe potuto configgere Linda qua, a casa sua, avrebbe potuto evitare di
farsi catturare come una sciocca e di farsi usare come un indifeso ostaggio.
Tante cose avrebbe potuto fare, se solo… eppure sapeva che non era quella la
via da seguire. Barry aveva sofferto troppo per un errore simile.
Sentiva il sole riempirla di forza,
una forza inutile che non avrebbe potuto salvare Lena, non lì.
Strinse le mani contro il petto
cercando di far smettere la sofferenza, le sue dita si aggrapparono al tessuto
del suo costume, a quella S che non era solo una S, ma era molto di più. La sua
mente traditrice le ricordò il respiro di Lena, le sue labbra che sfioravano il
suo orecchio. In ogni dimensione erano destinate a stare assieme, ma non in
questa, non in…
I suoi pensieri si interruppero.
Abbassò lo sguardo sul suo simbolo e sgranò gli occhi, come se l’entità
dell’idea fosse troppo grande perché la sua mente potesse afferrarla così in
fretta.
Kara esitò ancora un istante, poi si lanciò
verso il DEO con tutta la velocità che le permetteva il suo corpo.
La breccia si chiuse alle sue spalle
e lei osservò la città davanti a lei. National City era cambiata da quando era
partita, ormai molti mesi prima. Il perpetuo brusio della città era quasi
inesistente, i palazzi mostravano gravi danni, le strade erano ingombrate da
rottami di auto e da rifiuti. La città sembra essere stata il teatro di una
guerra. Lena si addentrò tra le strade quasi deserte, osservando i pochi passanti
costeggiare i muri con passi frettolosi e gli occhi pieni di paura. Mentre
camminava verso la sua meta, uno dei suoi pochi rifugi ancora attivi, vide
spesso l’emblema degli El inciso con il fuoco nelle
pareti. Qualcuno, e Lena non aveva dubbi di chi fosse l’autore, aveva deciso di
marchiare la città.
Era evidente che la donna si era
scatenata sfogando la sua rabbia contro l’indifesa città.
Lena strinse il piccolo congegno che
teneva nel pugno, l’unica arma che poteva usare contro i due El: la trappola dimensionale che lei e Winn
avevano preparato, ma, per ovvie ragioni, mai testato.
La notte prima, mentre Kara la
guardava accarezzandole la schiena, incapace di dormire, incapace di parlare,
incapace di lasciarla andare, aveva capito cosa doveva fare.
Vi era solo una cosa che avrebbe fatto
accorrere Linda, una sola cosa la distraeva abbastanza e le faceva abbassare la
guardia: lei. Aveva funzionato una volta, avrebbe funzionato ancora, perché
Kara non riusciva a staccare gli occhi da lei, così come Linda non era mai
stata capace di farlo, anche con tutta la sua perversità, anche con tutta la
sua crudeltà, non riusciva a impedirsi di amarla.
Entrò nel suo rifugio e si preparò.
National City era la casa di Linda, ma lei doveva attirare Superman e sapeva
perfettamente dove e da chi andare.
Indossò una parrucca rossa, si
sistemò delle protesi per cambiare la conformazione del suo viso e si truccò in
maniera completamente diversa dal solito, indossò jeans e una maglietta della
Coca Cola, poi, infilò degli occhiali da sole. Alla fine si osservò allo
specchio e annuì soddisfatta. Due ore di lavoro la ripagarono con uno sguardo
quasi irriconoscibile persino da se stessa.
Rapidamente preparò uno zaino e dei
documenti falsi, ringraziando suo fratello e sua madre per aver pensato anche a
quello, chi lo avrebbe mai detto che un giorno avrebbe potuto perdere i suoi
poteri e non poter più volare? A quanto pare, il detto che i Luthor erano sempre pronti ad ogni evenienza non era
affatto un’esagerazione.
Controllò, un’ultima volta di avere
tutto e poi uscì di nuovo in strada, prese un taxi, uno dei pochi che giravano
per la città, e si fece portare alla stazione dei treni.
Si rese subito conto che qualcosa
bolliva in pentola, come aveva immaginato dovevano aver rilevato l’apertura
della breccia e stavano setacciando la città. Il suo taxi fu fermato due volte
da due diversi gruppi di alieni che però, dopo averla guardata, la lasciarono
passare. Lena, in entrambi le occasioni, fu grata di aver perso tutte quelle
ore nel travestimento, ma ringraziò Rao quando, alla
stazione, incontrò Maggie. La detective stava coordinando un gruppo di agenti,
Lena non esitò, passandole accanto e guardando direttamente nella sua
direzione, lo sguardo della donna passò su di lei e poi scivolò via, su un
altro viaggiatore.
Il viaggio in treno fu più tranquillo, cinque ore e fu alla sua
prima destinazione, la città era piccola, ma non tanto da non avere un
aeroporto. Comprò un biglietto e aspettò che il suo volo fosse chiamato.
Rao, quanto le mancavano i suoi poteri.
Malgrado la speranza di riottenerli ora fosse concreta, non era più riuscita ad
averne nessuna manifestazione, né dei super-sensi, né delle altre abilità kryptoniane, non che importasse per davvero, ora come ora,
anzi, la sua debolezza avrebbe aiutato.
Quando arrivò a destinazione era
notte ed era perfetto così, dopo tutto, la persona che cercava era,
decisamente, notturna.
Mezzora dopo era seduta su una
poltrona, dietro ad una scrivania, aveva tolto la parrucca e le protesi,
tornando ad essere Lena Luthor. Quando la luce dell’ufficio
fu accesa, la trappola che aveva improvvisato scattò e l’uomo si ritrovò a
dibattersi, inutilmente, dentro ad una rete di sottilissimi fili d’acciaio.
“Ciao, Bruce.” Disse e sorrise nel
vedere il viso scuro e furioso dell’uomo. Non era abituato a farsi sorprendere,
era lui a sorprendere gli altri, volando qua e là con ali finte, vestito di
nero e con una maschera sul volto, un pipistrello: cosa poteva esserci di più
diverso dagli El? Eppure…
“Cosa, vuoi, Lena?” Domandò con voce
aspra e Lena sorrise di nuovo.
“Ho bisogno che Clark venga a
salvarti.”
“Non ci contare.”
“Oh, verrà, verrà, sei l’unico vero
amico che abbia mai avuto: entrambi pronti a spaccare teste e a fare i bulli…”
L’uomo digrignò i denti, mentre Lena scattava una foto e scriveva un rapido
messaggio che poi inviò.
“Non ci vorrà molto.” Assicurò e non
ci volle molto. La parete dietro di lei fu fatta a pezzi e Lena si ritrovò ad
osservare Superman in tutta la sua terribile furia.
“Tu?!” Esclamò, sorpreso.
“Io…” Commentò lei e poi sorrise, mentre
l’uomo spezzava la rete che tratteneva il terribile Batman e afferrava lei tra
le braccia.
“Non ho idea di quello che avresti
voluto fare, ma è stato un terribile errore.” Con un solo fluido gesto la
lanciò giù dal palazzo.
Lena chiuse gli occhi, sapeva che lo
avrebbe fatto, eppure cadere verso il basso preda della gravità era qualcosa di
terrificante. Due braccia forti l’afferrarono quando ormai era a pochi metri da
terra.
“Dunque è vero, sei senza poteri.”
Superman la guardò e forse vi fu della pena nei suoi occhi. “Tuo fratello era
un mostro.” Rimarcò e lei digrignò i denti.
“Tu sei il mostro che lo ha spinto a
dover studiare simili orrori, tu e tua cugina.”
“Non parlare così di lei.” Le disse
l’uomo. “Se non fosse per Linda tu saresti morta da tempo, ti protegge e, a
modo suo, ti rispetta.”
Lena si morse la lingua per non dirle
quello che pensava della donna, non doveva farlo arrabbiare più del necessario.
Superman la portò sul tetto del Daily Planet e la lasciò cadere a terra.
“Da qui non puoi andare da nessuna
parte. Lei verrà a prenderti.” L’uomo alzò il pugno e Lena pensò in fretta, non
doveva lasciarlo andare via.
“Come sta’?” Chiese e lasciò
trapelare un po’ di preoccupazione nella sua voce. Il giovane era crudele, ma
non astuto, ci cascò. La guardò per un lungo istante prima di parlare.
“Adesso sta bene, ma quando è
arrivata… oh, quel proiettile era tremendo, pura kryptonite
verde infissa nel suo corpo, un tormento e, anche quando gliel’hanno tolto, il
suo sangue ne era infetto. Ha sofferto per settimane prima di riuscire a
liberarsene del tutto. Non sarà bello quello che farà alla donna che le ha
sparato.” Assicurò con un ghigno divertito.
“Cos’ha fatto a National City? Non è
da lei distruggere una città.”
“Perché all’improvviso vuoi
chiacchierare?” Domandò finalmente sospettoso il ragazzo.
“Non voglio chiacchierare, sto per
incontrarla e voglio sapere cosa le passa per la testa e quanto in fretta
morirò o quanto soffrirò.”
“Non ti ucciderà.” Assicurò il
giovane stringendosi nelle spalle. “Ti ama o qualcosa di simile.”
“Come tu amavi Lois?” Gli occhi del
ragazzo d’acciaio brillarono di fuoco, era pronto ad ucciderla seduta stante.
“Tu non sai niente! Non pronunciare
il suo nome!” Le intimò.
“Perché? Sei stato tu ad ucciderla.”
Gli ricordò e l’uomo diede un pugno nell’impotente globo simbolo del famoso
giornale, sfondando il metallo dorato come se fosse burro.
“Non parlare di lei!” Ordinò di nuovo
e Lena si strinse nelle spalle.
“Come vuoi, non che sia stata una
perdita, non vi era esempio peggiore per gli umani di quella giornalista
corrotta e con una propensione per le notizie montate.”
Superman la afferrò per gli abiti e
la sollevò fino a quando i loro occhi non furono sullo stesso livello.
“Lo sai che posso spezzarti il collo
solo respirando?” Domandò la voce bassa e vibrante, contenente un mondo intero
di minacce.
“Fallo, Kal,
e ti spellerò con le mie stesse mani.” Suo malgrado, Lena, rabbrividì nel
sentire la voce di Kara… no, di Linda, si corresse.
“Si è permessa di…”
“Mettila giù.” Lo interruppe la donna
e il giovane obbedì, lasciandola cadere di nuovo a terra.
“Voglio che soffra per quello che ha
detto.” Esigette però, non volendo cedere completamente.
“Oh, smettila di fare il bambino. Lois
aveva la lingua troppo lunga, un giorno ti sei stufato e le hai fatto un buco
in fronte, smettila di piangerti addosso.”
Lena infilò la mano in tasca. Era il
momento? Erano abbastanza vicini?
“Non parlare a me di fare il bambino,
quando tu hai distrutto mezza città solo perché facevi i capricci!” Ritorse
Superman e la ragazza gli si avvicinò con aria combattiva.
“Potrei zittirti anche con un braccio
dietro alla schiena, quindi fai molta attenzione a quello che dici, cugino.”
Sibilò.
“Ehi, non litigate per colpa mia.”
Lena fece un passo verso di loro, la mano chiusa sul piccolo meccanismo.
“Con te farò i conti dopo.” Assicurò
Linda, voltandosi poi di nuovo verso Kal. “Come hai fatto a catturarla?”
Domandò.
“Catturarla?” Chiese lui, ghignando.
“Non ha poteri e ha avuto la faccia tosta di prendere Bruce per invitarmi a
raggiungerla, non so cosa volesse.” Lena fece due passi avanti, veloce. Adesso
o mai più. Gli occhi di Linda si stavano sgranando, mentre comprendeva che
quella era una trappola.
Era vicina, sperò che bastasse e
premette sul pulsante.
Aveva paura della Zona Fantasma, del
buio vuoto ed eterno che vi regnava, ma sacrificarsi significava salvare il suo
intero pianeta e quanto era facile quel passo in confronto a quello di lasciare
Kara? E poi avrebbe avuto i suoi ricordi, avrebbe potuto ricordare i dolci baci
di Kara e la sua pelle vellutata, i suoi occhi pieni di stupore e d’amore…
Vide i due El
sgranare gli occhi, lesse il terrore nelle loro pupille e poi la luce
scomparve.
Lena strinse il pugno con più forza:
aveva compiuto un azzardo ed aveva fallito. Quel piccolo dispositivo non aveva
sufficienza potenza per aprire e mantenere aperto un portale per la Zona
Fantasma, anche solo per quei due o tre secondi necessari a prendere tutti
loro.
Winn lo aveva temuto, ma lei era sicura
che potesse funzionare, perché aveva fatto ogni calcolo possibile e perché era
l’unica speranza per il suo mondo.
Ma, di nuovo, aveva fallito.
“Bene, bene, bene.” Mormorò Linda,
osservandola. “Sembra che, qualsiasi cosa tu avessi programmato, sia appena
fallita.”
Lena fece un passo indietro, il suo
cuore iniziò a battere veloce. Non aveva nessun luogo dove andare, non poteva
fuggire, non poteva neppure lottare.
Era finita.
“Arrenditi.” Le suggerì la ragazza
con un maligno sorriso sulle labbra.
Lena fece un secondo passo indietro,
ma la donna, questa volta, la seguì avvicinandosi a lei poi, nel cielo saettò
una figura e il cuore di Lena prese a battere molto più veloce.
Accanto a lei atterrò Kara, una copia
mille volte più spendente della donna davanti a lei.
“Chi abbiamo qui?” Domandò Linda, un
lampo di malvagità che brillava nei suoi occhi. “Ti hanno tolto il collare? E
ora come faranno a portarti fuori a fare la pipì?” La prese in giro e poi la
colpì di sorpresa, mandandola a rotolare lontano.
Lena strinse i pugni, non doveva
andare così! Kara non doveva venire, si era assicurata che non riuscisse a
seguirla!
“Piccola stupida, è stata una pessima
idea venire da sola!” Linda afferrò per il costume la versione più brillante di
se stessa e la sollevò, pronta a darle un altro pugno.
“Chi ti dice che io sia sola?”
Domandò però Kara, un sorriso soddisfatto sulle labbra.
Lena corrugò la fronte e l’istante
dopo una seconda figura si posò sul tetto, poi una terza, una quarta e una
quinta. Lena smise di contare a dieci, ma dovevano essere almeno trenta.
Trenta Kara, con costumi leggermente
diversi, tagli di capelli diversi, ma lo stesso sguardo deciso e gli stessi
pugni chiusi.
Lena sorrise e incrociò gli occhi
della donna che amava.
La giovane aveva un ampio sorriso sulle
labbra e, quando parlò tutto il suo viso brillò d’orgoglio e amore.
“In ogni dimensione c’è una Kara
pronta a lottare per te.”
Note: Allora, chi dice che sono cattiva o che mi odia deve cambiare idea, perché questo capitolo poteva finire qualche riga più in su e allora sì che sarebbe stato brutto! Ma oggi sono gentile e vi ho regalato una fine dolce.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto perché, ragazze, era il penultimo.
Il prossimo sarà l’epilogo con il quale si concluderà la storia.