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Autore: EffyLou    06/10/2017    2 recensioni
ATTENZIONE: storia interrotta. La nuova versione, riscritta e corretta, si intitola Stella d'Oriente.
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Ha venti anni quando incontra per la prima volta quegli occhi, lo sguardo fiero del re di Macedonia, il condottiero che non perdona; ha venti anni quando lo sposa, simboleggiando un ponte di collegamento tra la cultura greca e quella persiana. Fin da subito non sembra uno splendente inizio, e con il tempo sarà sempre peggio: il suo destino è subire, assistere allo scorrere degli eventi senza alcun controllo sulla propria vita, e proseguire lungo lo sventurato cammino ombreggiato da violenza, prigionia e morte.
Una fanciulla appena adolescente, forgiata da guerre e complotti, dalla gelosia, dal rapporto turbolento e passionale col marito. Una vita drammatica e incredibile costantemente illuminata da una luce violenta, al fianco della figura più straordinaria che l'umanità abbia mai conosciuto.
Rossane, la moglie di Alessandro il Grande. Il fiore di Persia.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Memorie Antiche'
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Avvertenza:
Capitolo scritto in un momento in cui mi sentivo romantica, scusate per le sdolcinerie (?)
A vostro rischio e pericolo (?).


 
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۱۲ . Davaz-dah
 
 
Pressi dell’Idraote, sud di Sangala.
Luglio 326 a.C.

 
Ormai era diventata consuetudine svegliarsi con il rumore scrosciante della pioggia e con qualche insetto che camminava loro sul viso. Era diventata la normalità.
Si erano ritrovati a fronteggiare strani insetti, serpenti lunghi quasi tre metri attorcigliati sugli alberi, coccodrilli che sentivano il loro territorio invaso e li avevano costretti a salire sul banyan per non essere azzannati. Gli insetti potevano essere affrontati con facilità; ai serpenti però, Rossane era stata costretta a mozzare loro la testa. Erano più pericolosi perché s’insidiavano e non venivano visti, ma Durga li notava. La loro carne risultava persino gustosa. I coccodrilli invece erano un problema. La tigre, dal canto suo, era praticamente indifferente a quel clima disperato, era il suo habitat; al contrario, i cavalli erano sempre piuttosto nervosi. Sentivano il pericolo ovunque, nitrivano, sbuffavano dalle froge, sbattevano i zoccoli sul terreno ammorbidito dall’umidità. Avevano di che mangiare e di che bere, ma era l’ambiente che li rendeva inquieti, e la loro impossibilità a non muoversi più di un raggio ristretto.
In quei giorni furono costretti a cambiare albero. L’Idraote cominciò a straripare, e loro dovettero arrancare nella fanghiglia e nell’acqua melmosa fino ai fianchi per raggiungere i cavalli e allontanarsi dalla zona.
Almas aveva avuto l’idea di segnare i tronchi d’albero staccando loro un pezzo di corteccia, per segnare la strada che avevano percorso dall’accampamento e dunque ritrovarla (e farsi ritrovare) con facilità. E ora che cambiavano posizione, ripeté l’operazione aiutandosi con un pugnale.
Rossane era in ansia per Alessandro. Si chiedeva se stesse bene, se avesse conquistato Sangala.
Per un momento, il lato più pessimista e paranoico di sé la indusse a credere che aveva concluso l’assedio e se ne fosse andato, e che presto anche la scorta sarebbe sparita senza dire niente, lasciando una concubina fenicia, un eunuco troppo innamorato, e una regina impertinente. Tre piccioni con una fava. I giorni passavano, Bagoa ne aveva contati sette, e Rossane era sempre più amareggiata e convinta della sua teoria. Sospirava continuamente, sconsolata, e parlava sempre meno volentieri.
Quando l’Idraote straripò, dovevano sbrigarsi ad abbandonare la zona. Rossane, solitamente ben reattiva, si muoveva lenta. Quasi volesse lasciarsi inghiottire dalla fanghiglia.
La pioggia lavò via la melma fangosa dai loro corpi, e trovarono un banyan più piccolo del precedente, ma funzionale in egual maniera. Si sistemarono lì di nuovo, con Durga che ronzava lì intorno e si accoccolava di tanto in tanto vicino ai focolari. Rossane le accarezzava il capo striato, e le fusa della tigre la rincuoravano un po’.

Il mattino appresso, quando Rossane aprì gli occhi e uscì dalla tenda, l’accampamento ancora dormiva. Trovò un uomo seduto a gambe incrociate sotto le fronde del loro albero. La regina svegliò Almas e Bagoa con un sibilo, e tutti e tre si misero a fissare di nascosto quell’indiano in meditazione.
Era magrissimo, capelli e barba grigi e lunghi, ispidi, un turbante bianco e sporco intorno alla testa e pitture su tutta la fronte fino alle sopracciglia, e anche sugli zigomi e il mento, e sulle mani. Era una pittura che nonostante avesse alcuni punti in cui era più sciolta, sembrava incrostata sulla pelle come un tatuaggio. Teneva gli occhi chiusi.
«Vi vedo.» parlò l’indiano.
Bagoa emise un grido sordo, quell’indiano parlava il persiano.
Rossane si fece avanti. «Buongiorno. Volete una coperta, qualcosa da mangiare?»
«Tu non hai idea di chi sono io, non è vero?»
«Accidenti a questo indiano, lei è la regina!» borbottò Almas in un sussurro, restando nascosta.
«Ti sento, fenicia. – la incalzò. – Di cosa è la regina, questa fanciulla? È così giovane e inesperta.»
«Posso chiedervi chi siete e come ci conoscete?» domandò Rossane, conciliante.
«Oh, le vibrazioni energetiche parlano alla mia anima affannata. Io sono Brahmin e non voglio né le tue coperte né i tuoi viveri. Ho fatto voto di santità e semplicità, rinunciando a tutti i beni materiali per raggiungere l’illuminazione.»
«Venite sempre a pregare qui?» gli domandò ancora, sedendosi vicino a lui nel fango e imitandone la postura a gambe incrociate.
Alcuni dei soldati si erano svegliati, ma Almas aveva fatto loro cenno di tacere e non intervenire.
«Non sto pregando. Sto meditando. C’è un’enorme differenza. – le scoccò un’occhiata in tralice. – No. Sono qui perché sentivo che c’eravate voi. La vostra energia porta presagi di cambiamento, e siete accompagnati da una tigre mentre alloggiate sotto un banyan. Avete dunque, dalla vostra parte, due elementi sacri che propiziano il cambiamento che portate.»
Rossane aggrottò le sopracciglia e sfarfallò le ciglia. Comprese che l’energia di cambiamento di cui parlava Brahmin non era davvero la loro, ma quella di Alessandro che li avvolgeva tutti come un mantello. Come se fossero stati impregnati del suo odore.
La regina fu felice che la tigre e il banyan fossero simboli sacri. Avrebbero accompagnato Alessandro per tutta la spedizione in India come buon auspicio. Il suo disegno prendeva corpo.
Un qualche dio, o forse più di uno, era dalla sua parte.
«Sono ottime notizie queste. Brahmin, vorreste venire all’accampamento con noi? Vorrei che il mio sposo vi conoscesse.»
«E sia.»
 
 

Tre giorni dopo, Perdicca accompagnato da Filippo e Tolomeo, riuscirono a trovare il banyan in cui erano accampati. Tutto grazie alla corteccia che Almas aveva staccato dagli alberi per indicare la strada.
Bagoa si era preso la febbre e Tolomeo fu costretto a caricarlo sul cavallo come un sacco di patate. Rossane notò una certa diffidenza dei soldati verso Brahmin, ma spiegò loro che era una persona di cui fidarsi. E, inoltre, non le sfuggì il modo in cui Perdicca guardava Almas, e come l’ancella guardava lui quando non se ne accorgeva.
Filippo si interessò alle sue condizioni di salute in quell’ambiente avverso per più di una settimana, le chiese di come procedeva la guarigione della costola visto che era prossima alla completa risanazione, e le rivelò che la conquista di Sangala si era rivelata più dura del previsto per via della combattività dei Catei. Le disse in anteprima che avevano preso provvedimenti molto seri, ma che almeno i due oratori indiani erano salvi. Feriti e martoriati dalle torture, ma la loro vita non era in pericolo.

Dopo un giorno di viaggio, arrivarono all’accampamento in una serata in cui non pioveva. Il cielo minacciava pioggia, la luna non si vedeva oltre la fitte coltre di nubi, e l’umidità era sempre la stessa. L’accampamento era in fermento, ma se non altro c’erano pochi feriti. Niente a che vedere con la battaglia dell’Idaspe. Con sorpresa di Rossane, c’erano anche Poro e le sue truppe, più venti elefanti. Ciò che però turbò la regina, fu l’assenza della città. Al suo posto, solo un cumulo di macerie.
Alessandro andò loro incontro. Aveva una piccola garza sul viso e una fasciatura intorno alla coscia.
«Come stai?» gli domandò vedendolo arrivare. Lui le posò un bacio sulla guancia.
«Mi reggo in piedi. – rispose con un sorriso. – E tu?»
Accennò un sorriso. «Sto bene. Avete raso al suolo Sangala. ─ osservò Rossane. – E i suoi abitanti?»
«Ci sono decisioni che possono risultare drastiche, ma purtroppo necessarie.»
«Quindi cosa ne avete fatto di loro?»
«Li abbiamo trucidati, Rossane. Tutti gli oppositori. Il resto sono stati fatti schiavi e portati a Paurava, il regno di Poro, per essere venduti. Eccetto un paio che useremo come testimoni per le prossime città che opporranno resistenza.»
«Avete bruciato i cadaveri?»
Scosse il capo, incerto. «Li abbiamo lasciati sugli alberi, legati, alla mercé delle intemperie.»
La natura ne sarà riconoscente.
«Andiamo a cena, vieni. – la riscosse Alessandro, accarezzandole il braccio. – Abbiamo tanto da raccontarci.»
«C’è una persona che devi conoscere, prima. – gli prese la mano e lo guidò dal santone. – Lui è Brahmin. È un Sadhu indiano, ha rinunciato a tutti i beni materiali per dedicarsi al raggiungimento dell’illuminazione.»
«Dove l’hai trovato? Parla la nostra lingua? O meglio… la tua?» le sorrise, mentre si lasciava trascinare.
«È lui che ha trovato noi, dice che è stato attirato dalla nostra energia di cambiamento unita a quella sacra della tigre e del banyan sotto cui ci eravamo rifugiati. Sa tante cose, Eskandar. Devi parlarci, magari può aiutarti.»
Brahmin si voltò per guardare il condottiero macedone. Fissò i suoi occhi scuri, infossati e cerchiati da una fitta rete di rughe, in quelli eterocromatici del re. Si fissarono a lungo, come se si stessero scambiando parole con lo sguardo.
Dopodiché, Alessandro stampò un bacio tra i capelli di Rossane e si allontanò con Brahmin di qualche passo. Li vide sedersi sulle radici di un banyan poco distante dall’accampamento, restare in silenzio a lungo fin quando il macedone non si decise a parlare.
Ma erano troppo distanti perché lei riuscisse a sentirli, e decise di entrare nella tenda reale per darsi una ripulita e mangiare. Almas le preparò un bagno rinfrescante, nel catino di metallo, poi si premurò della cura dei capelli. Rossane indossò una clamide porpora con ricami floreali d’oro, tenuta con un’elaborata spilla in oro con pietre preziose a forma di uccello esotico. Non si fece preparare la cena, avrebbe atteso il ritorno di Alessandro, si fece portare un vassoio con la frutta tipica dell’India e si mise a mangiucchiarla mentre rileggeva i suoi appunti di greco.

Il sovrano entrò nella tenda dopo che montò il primo turno di guardia.
Era scuro in volto e Rossane lo guardò mentre si toglieva gli schinieri, alla tenue luce delle candele.
Si domandò che cosa gli avesse detto Brahmin.
«Allora, come…»
«Mi hai portato un uccello del malaugurio, Roxane. – la fulminò con un’occhiata, parlandole in greco. – Profetizza fallimento e morte.»
La regina raggelò. «No, non è possibile. Ha detto che tigre e banyan sono simboli sacri e che…»
Il tono di voce incerto, l’accento esotico sulle parole greche… Alessandro s’inteneriva quando la sentiva parlare nella sua lingua. Ammorbidì il tono di voce.
«Ha detto che sono vicino alla fine della mia vita.»
Cominciò ad armeggiare con gli spallacci della corazza.
«Tu ci credi?» gli domandò infine, con cautela.
Le diede le spalle, mentre sistemava i suoi ferri. «Non lo so, ma non è bello sentirselo dire.»
Rossane restò in silenzio, fissando gli appunti che aveva aperti davanti a sé. Inghiottì un fiotto di saliva e li depose vicino al letto; si alzò, la clamide frusciò appena, e lo strinse tra le braccia posando il viso sulla sua schiena fasciata dal chitone militare. Inspirò il suo odore pungente, di terra umida, cuoio, e metallo.
«Di cosa hai paura, Aléxandre?» gli sussurrò, docile.
«Di cosa dovrei averne?»
«Di niente, nemmeno della morte. Ma io sento in te una vaga inquietudine. – posò la fronte sulla schiena compatta del condottiero. – Ti tormenta l’animo. Ha a che fare con il tuo grande progetto?»
Alessandro chiuse gli occhi. «Forse. Ma lo porterò avanti finché vedrò terra davanti a me.»
«Allora cos’è che ti angoscia?»
Parlavano piano, nella penombra della tenda. Nel silenzio dell’accampamento, forse loro erano gli unici svegli.
«Non lo so. – ammise. – Forse l’ansia di non riuscire a concludere questa missione, nonostante la buona volontà.»
«Comunque andrà, tu non fallirai.»

Lo strinse ancora un po’. La dolcezza in quell’abbraccio e in quelle parole semplici ma significative, commossero il re macedone.
Alessandro rimase colpito da quelle parole. Capì in quel momento che, al contrario di altri compagni che cominciavano a considerare il suo progetto irraggiungibile, Rossane riponeva in lui una fiducia incrollabile e una solidarietà totale, nonostante i diverberi e gli scontri più che frequenti.
Aveva cominciato a “temerla” di meno. I sentimenti turbolenti che provava per lei li aveva compresi, e aveva deciso di assecondarli. Quando parlava di lei con i suoi amici, loro si erano accorti che non c’era più quel retrogusto di astio nelle sue parole, ma solo ammirazione e un profondo affetto. Alessandro: impossibile da corrompere, stoico, non si lasciava soggiogare nemmeno dall’amore. Così credeva lui e credevano tutti. Rossane aveva smantellato questa certezza, aveva un forte ascendente su di lui e non lo sapeva nemmeno.
«Per me è importante questo tuo appoggio. Grazie di avere fiducia in me.»
Erano altre le cose per cui Rossane diffidava di Alessandro, ma niente a cui non aveva intenzione di porre rimedio. Aveva deciso che avrebbe aperto il suo cuore.
«Sei un grande uomo. È difficile non fidarsi di te quando si tratta di imprese impossibili.» sorrise, timidamente.
Sapeva che si sarebbe gonfiato come un pavone e che, probabilmente, se ne sarebbe anche approfittato di quel suo cuore così esposto e privo della fortezza di pietra in cui era stato sepolto. Dopo tutto quel tempo insieme, era stanca di giocare a nascondersi e rincorrersi. Era stanca di non dargli fiducia. Magari non era come credeva lei, e si sarebbe preso cura del suo cuore. Doveva solo dargliene la possibilità.
Si guardarono a lungo nella penombra della tenda. La luce soffusa delle candele ammorbidiva i loro corpi, in piedi l’uno di fronte all’altra. I loro occhi si comunicavano tante cose, tante emozioni, mostravano tutti i demoni che affollavano i loro cuori.
Rossane esposta al giudizio di Alessandro. Alessandro esposto al giudizio di Rossane.
Giocavano a carte scoperte ed armi pari, come mai prima d’allora.
«È buffo. – iniziò lui, piano, quasi sorpreso. – Sono un uomo che è partito da un Paese lontano anni fa, con le bisacce piene di convinzioni e progetti. Sono un uomo che ha trovato la donna perfetta per lui ai confini del mondo, in una rocca inespugnabile in mezzo a montagne inospitali. Una meravigliosa rosa piena di spine, in mezzo ai rovi. Questa donna ha messo in discussione buona parte delle mie convinzioni. Mi ha obbligato, senza nemmeno accorgersene, a farmi rivalutare molti concetti con i quali sono cresciuto. E grazie a lei, sono cresciuto ancora. Non ho mai conosciuto una donna così, con un tale potere, e non ho mai provato niente di lontanamente somigliante a quello che provo per lei.»
Le parlò in persiano, per farle comprendere ogni parola. Vedeva i suoi occhi enormi, di un nocciola talmente chiaro da sembrare oro, diventare lucidi e luminosi, brillavano di una luce intensa e vibrante come quella delle stelle. Le labbra si erano schiuse appena, per la sorpresa, ma le sopracciglia restavano immobili e non tradivano emozioni.
Alessandro poteva vedere nel suo sguardo tutte le emozioni che in quel momento affollavano l’animo della sua sposa. Poteva sentire le pareti di pietra del suo cuore che si sbriciolavano e lo invitavano ad entrare nella sua sfera emotiva. Attraverso quegli occhi felini, riusciva finalmente a scorgere il suo inesplorato mondo interiore.
Si rese conto della fragilità di Rossane, della sua fatica per aprirsi in quel modo, del profondo affetto che provava per lui, della sua paura di restare ferita. L’ostrica si era aperta e gli stava rivelando la sua perla. La regina gli stava consegnando le chiavi dello scrigno che conteneva un tesoro prezioso e intangibile.
«Ho fatto un sogno stanotte, molto simile a questo momento. – proseguì. – Ho sognato che ti aprivi a me, completamente, e mi concedevi il tuo amore. Io ti accarezzavo, ti prendevo dolcemente. Da quando siamo insieme, ci siamo avvelenati l’animo a vicenda molto spesso. Ma tu sei cambiata, sei una donna e non più una bambina. Viviamo vedendo la morte cavalcarci al fianco senza che riesca a prenderci, siamo immortali, e certi momenti sono concessi solo agli dèi.»
«La morte dovrà aspettare ancora un po’. – gli fece un piccolo sorriso. ─ Ti guardo e scopro di amarti, odiarti, temerti e commiserarti allo stesso momento.»
Inclinò la testa verso sinistra, come era solito fare, assottigliando lo sguardo per studiarla meglio. «Vuoi sapere cosa scopro io quando ti guardo?»
«Dimmelo.»
Abbozzò un sorriso enigmatico, come se la cosa lo lasciasse più sorpreso di quello che volesse far vedere. «Scopro di amarti, odiarti, temerti e commiserarti allo stesso tempo.»
Rossane sfarfallò le ciglia. Possibile che lei suscitava in lui le stesse sensazioni che Alessandro creava nella ragazza? Forse.
«Perché?»
«Commiserarti perché hai ancora un lato fanciullo, sei ingenua e non hai alcuna esperienza; perché ti sei ritrovata sposata contro la tua volontà con un conquistatore straniero; perché soffri e ti tormenti per la minima cosa, perché sei smaniosa di dimostrare qualcosa a qualcuno e cerchi conferme in ogni gesto. Temerti e odiarti perché mi hai mostrato la tua natura centaura, impulsiva e razionale, indomita; perché mi disobbedisci, mi tieni testa, rispondi colpo su colpo ogni cosa che ti viene detta; perché mi hai dimostrato che non hai paura né di me, né di una guerra. Amarti... Non credo ci sia altro da aggiungere, sul perché.»
Rossane avrebbe voluto soffermarsi per discutere di ogni aspetto che aveva pronunciato Alessandro.
Le sembrò sincero. Bagoa una volta le aveva detto che il re dei macedoni sapeva tutto, vedeva tutto, si accorgeva di tutto. Il suo sguardo indagava nelle profondità dell’animo di chi aveva di fronte e nessuno aveva possibilità di sfuggirgli. Rossane aveva rappresentato per lui una sfida, e aveva faticato un po’ di più per decifrare il suo enigma.
«Perché giacevi con Bagoa invece che con me, allora?» ecco, gliel’aveva domandato di nuovo. Sperò davvero che stavolta lui le desse una risposta concreta.
Rossane si morse il labbro inferiore, Alessandro ci passò il pollice per liberarlo dalla morsa dei denti e fece scorrere le dita fino al mento, afferrandolo con delicatezza e sollevandole il viso.
«Mi facevi paura, così ermetica e impunita. Mi facevi paura tu e queste emozioni che provo per te. Non le avevo mai provate per nessuno. Non sapevo come gestire loro e te, e non riuscivo ad assecondarle. Ma ora è diverso, tu sei qui senza scudo davanti a me e i tuoi occhi brillano come stelle. Non respingermi, non farmi patire negandoti a me. Amami, Rossane.»
La sua voce vibrava di una passione profonda. Rossane alzò gli occhi su di lui, incrociandone lo sguardo, e fu presa da un senso di vertigine quasi avesse guardato un dio.
Fu costretta ad abbassare lo sguardo.
Capiva. Finalmente capiva. E con sua sorpresa, non lo biasimava neppure. Lui si era rifugiato dai sentimenti per lei, come Rossane aveva fatto da lui chiudendo il suo cuore. Alimentati dalle stesse emozioni, avevano reagito in modi diversi. La strada percorsa per arrivare a quel punto del rapporto era stata piena di veleno e piena d’ostacoli. Un tira e molla senza mai tenersi stretti.
Ma i pericoli, le battaglie, le cicatrici, avevano permesso ad entrambi di crescere e maturare.
La regina comprendeva, finalmente, che Alessandro l’amava. A dispetto di quello che aveva sempre pensato, soffrendo per una paranoia tutta sua, lui l’amava.
 L’apertura di Rossane nei suoi confronti l’aveva reso tranquillo e più rilassato. Lei non aveva ancora capito di quanto rischio correva il suo re scendendo sempre sul campo di battaglia. Solo in vista della guerra con Poro si era ritrovata a riflettere sull’eventualità di perderlo e, dunque, fronteggiare il turbinio di emozioni.
E si era resa conto che in una vita così, sempre a rischio, non c’era spazio per l’orgoglio e i capricci infantili. Dovevano godere l’uno della presenza dell’altra, godersi attimo per attimo, perché quello successivo poteva essere fatale. Rossane non aveva voglia di vivere nel rimpianto di non aver vissuto appieno le emozioni, di non aver goduto appieno di una presenza importante e magnifica come quella di Alessandro. Il Re dei Re che aveva scelto lei come sposa, andando contro i consigli dei generali più anziani, andando contro l’idea di sposarsi solo quando avrebbe avuto abbastanza tempo da spendere per scegliere “candidate”, organizzare il matrimonio e quant’altro. Cose che gli avrebbero portato via troppo tempo. Ma aveva sposato lei, scelto lei. Andando contro tutto e tutti con sorpresa dell’intero esercito.
«Lo faccio già da un po’.» sussurrò.
«Perché ti negavi?»
Una strana sensazione si era impadronita di Rossane. Non riusciva a distogliere gli occhi da quelli di Alessandro, e non riusciva a non rispondergli con estrema sincerità. Le parole rotolavano sulla lingua senza che lei ci pensasse su.
«Avevo paura di mostrarti il mio cuore.»
«E ora ne hai?»
«No.»
Le baciò la guancia.
«Tu sei qui contro la tua volontà, sposata con me contro il tuo volere. Ma è passato un anno, mia stella, e dunque dimmi: rimpiangi ancora d’essere mia moglie?» le sussurrò, con le labbra che sfioravano la sua pelle liscia.
Chiuse gli occhi per un istante. «No. Affatto. – ammise. ─ Grazie per aver chiesto a mio padre la mia mano. Grazie per aver scelto me, nonostante tutto. Mamnoon
«Non ho scelto te perché sei la più bella tra le tue sorelle, avrei potuto prendere anche Amu. Ma lei non aveva il tuo sguardo quella sera alla Rocca. Fiero e nobile, sfavillava come fuoco. Mi ha profondamente colpito. Poi, nel giardino interno, ho conosciuto il tuo attraente cipiglio.» strofinò il naso su quello di Rossane.
Lei si morse il labbro con un sorriso. «Tu odi il mio cipiglio.»
«Lo amo anche. – replicò distratto, mentre le sganciava la spilla lasciando cadere la clamide a terra. – Ti amo, ti odio, ti temo, ti compatisco. Come faccio a dare un nome a questo insieme di sensazioni? Mi fai arrabbiare, mi disobbedisci, mi supporti, mi addolcisci, mi sfidi, mi contraddici, mi fai diventare folle. Ma mai, mai dico, ti cambierei, sostituirei o rinuncerei a te.»
La prese tra le braccia come fosse una bambina e la sollevò da terra.
«Forse dovresti smetterla: il mio ego comincia un po’ a gonfiarsi, sire.» ridacchiò, mentre lui la stendeva sul giaciglio con dolcezza.
Alessandro sorrise, arricciando il naso. La baciò sulle labbra esprimendo per lei tutto il delicato e puro affetto che provava nei suoi confronti. Tutta la fame insaziabile, tutta le sete inestinguibile, che aveva per la sua regina. Le sue labbra scesero a baciarle il collo, il seno, il ventre, l’inguine.
«Hai ragione. Basta con le parole. Certi momenti sono riservati solo agli dèi, e noi ora siamo dèi. Stanotte e negli anni a venire… amami.»




 
* * * * *

Adesso potete fare i test per controllare se avete il diabete oppure no.
RAGAZZI IO SONO UNA ROMANTICONA però a volte sfocio nel melenso TIPO IN QUESTO CASO.
Ciancio alle bande(?), anche se questo capitolo è sdolcinato, ho voluto comunque trovare uno spazio per permettere ai due di chiarirsi e capirsi. Non credete che sia tutto sistemato tra i due, niente peace&love o altre robe del genere. Perché sappiamo tutti cosa accadrà a Susa. Oppure cosa potrei far accadere io prima ehehe quindi non stendetevi sugli allori :^)
Ci tenevo comunque a postare questo capitolo perché da ora, nonostante ci saranno altri diverberi, i due ora si capiscono e si può dire che si conoscano anche meglio. Perciò ci sarà una base solida del loro rapporto, e non più instabile come prima.
Il prossimo capitolo invece sarà più sulla situazione generale della spedizione e seguiremo più Alessandro, che Rossane, perché faremo dietrofront.

Spazio social (?):
potete trovarmi anche su Wattpad oppure su Instagram, per chi ha i profili in quelle due piattaforme. Altrimenti, per qualsiasi cosa, messaggio privato e via ;^)

Okay questo è quanto. Se vi va lasciate una recensione, io come sempre vi ringrazio per la pazienza, che seguite questa mirabolante storiella!
A presto ♥
   
 
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