Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Odoredipoesia    16/10/2017    0 recensioni
Margaret è una ragazza di diciotto anni che, dopo la morte della sua migliore amica, ha deciso di allontanare tutti: il proprio ragazzo, i suoi amici e persino i suoi familiari.
Dopo la prima seduta dallo psicologo, cui si reca costretta dai genitori, egli le diagnostica la sua malattia: soffre di Philofobia, la paura di amare e di voler bene a qualcuno. Sono così finalmente spiegati i suoi numerosi attacchi di panico, la bizzarra voglia di solitudine in qualsiasi momento e la mancanza del bisogno di parlare di se con qualcuno.
Ma come farla uscire da questa situazione se è lei la prima a non voler guarire?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Era incredibile come fosse passata in fretta una settimana. Margaret si sorprese a sorridere mentre prendeva l'autobus per tornare a casa da scuola. Non voleva andarci, da quello strizzacervelli, ma era consapevole di non avere altra scelta. Perciò sorrise: se si è obbligati a fare qualcosa è sempre meglio farla con filosofia. 

Arrivata a casa sorprese Thomas ancora seduto al tavolo della cucina, intento a mangiare una fetta della torta al cioccolato che sua madre preparava molto spesso. 

«Ehi Tommy, se continui così finirai col diventare una balena...» gli disse con freddezza. 

Il bambino la ignorò e così anche gli altri membri della sua famiglia. L'unico momento in cui le dimostravano affetto sembrava quando aveva uno dei suoi attacchi di panico, ma a Maggie andava bene così: in quel modo nessuno di loro avrebbe pensato di far affidamento su di lei e lei non avrebbe rischiato di ignorare avvenimenti importanti come la bulimia di Stella. Era perfettamente consapevole di non poter pensare frasi come "almeno non li ho persi" per sentirsi meglio, perché lei aveva già perso tutti, solo che almeno loro erano ancora vivi

Quel giorno Maggie mangiò pochissimo persino per i suoi standard, ma la madre non fece domande. Quando si alzò dal tavolo vide che erano le 15 e si precipitò a recuperare la borsa per andare dallo psicologo. Era in ritardo. 

Un quarto d'ora dopo era nello studio. 

«Ciao Maggie.» la salutò Josh con un sorriso incoraggiante. 

«Salve Josh...» 

Seguirono interminabili secondi di silenzio, fino a quando non fu lo psicologo a parlare: «Allora, in questi giorni ho discusso con i tuoi genitori, cercando di capire come ti comporti a casa e mi hanno detto che sei fredda con tutti, tranne che con Thomas. Ti va di spiegarmi perché con tuo fratello sei in grado di aprirti?»

Margaret scosse la testa: «Non parlo molto nemmeno con mio fratello. Semplicemente lui sa cosa fare quando ho un attacco di panico. Non fa molta scena come mio padre, lui ha metodi più concreti per farmi tornare normale.»

«E quali sarebbero questi metodi?»

«Mi abbraccia.»

«Ti abbraccia?»

«Sì. Una volta, da qualche parte, ha letto che un abbraccio guarisce da ogni cosa e da allora quando vede che sto male mi stringe forte a sé.»

Josh la guardò incredulo: «Non ha senso... Primo perché dovresti essere infastidita dal suo completamento data la tua patologia...»

«Ehi, allontano tutti da me per non ferirli, ma questo non significa che sono cinica.» lo interruppe Margaret, come se il suo solito modo di fare fosse la cosa più normale del mondo.

«D'accordo, ma rimane il fatto che durante un attacco di panico la persona che ne è affetta sente il forte bisogno di aria nei polmoni, per questo respira così affannosamente. Un abbraccio impedirebbe di prendere ulteriore aria...» 

«Senta. Io non sono un'esperta di queste cose, so solo che quando sto male e Tommy mi abbraccia mi sento meglio. Il nero sparisce.» sbottò Maggie infastidita.

«Il nero?» chiese Josh incuriosito. 

«Sì, il nero. Quello che mi offusca la mente quando vado in iperventilazione. Quello che mi fa vedere le cose più brutte di quanto non sembrino. Il nero.»

«Interessante...» nonostante le abitudini della seduta precedente, Josh si alzò e scrisse un piccolo appunto su un foglio volante che aveva sulla scrivania. «C'è un'altra cosa di cui ho discusso con i tuoi genitori, Maggie... Abbiamo deciso di farti cambiare scuola.»

Per poco alla ragazza non venne un infarto: «Cosa?!»

«Sì. Lavoro come psicologo allo "sportello di ascolto" di un liceo qua a Bradford. Abbiamo pensato che per te sarebbe l'ideale spostarti lì. Non ha senso che tu ti faccia ore di viaggio ogni mattina per andare ad una scuola a Londra. Ti farebbe bene conoscere persone del tuo stesso paese.»

«Stella era di Londra.» disse Maggie guardando il vuoto. 

Josh la guardò impietosito: «Lo so, cara, ma è giunto il momento di ricominciare. Hai bisogno di cambiare aria, di farti nuove amicizie e di entrare in una situazione scolastica dove nessuno, a parte me, sa quello che ti è capitato.»

«Non posso abbandonare quella scuola come se nulla fosse, Josh. Ho tanti bei ricordi in quelle mura.»

«Maggie, devi lasciarti alle spalle il passato. Stella sarà sempre con te in qualche modo, ma tu devi andare avanti. Hai bisogno di relazionarti con i tuoi coetanei, di sentirti voluta bene dalla tua famiglia e magari anche di trovare un ragazzo.»

Scosse la testa inorridita, le lacrime che le pizzicavano gli occhi: «No, non voglio nessuna di queste cose. Non voglio che le persone mi si affezionino, rischierei solo di far loro del male.»

«Maggie, devi smetterla di incolparti della morte di Stella.»

La ragazza sentì montare la rabbia: «Lei non capisce!» urlò. «Stella mi aveva detto che voleva dimagrire e voleva farlo vomitando tutto quello che mangiava. Era diventata bulimiaca e io non le ho prestato la minima attenzione perché ero troppo presa dalla mia relazione con Tyler. Nessuno sa come ci si può sentire dopo che la propria migliore amica si è suicidata, lasciandoti una lettera in cui dice che è meglio se se ne è andata perché così tu potrai essere felice senza più un peso morto di cui farsi carico. Nessuno lo sa tranne me.» detto questo, si lasciò cadere sulla poltrona, percossa dai singhiozzi.

«Non sei l'unica ragazza ad aver subito un lutto, Maggie, e ti sembrerà banale che io lo dica, ma quasi tutti quelli che hanno vissuto una situazione come la tua poi hanno reagito cercando di difendere chi amavano da loro stessi.» Josh le mise una mano sulla spalla e Maggie fece qualcosa di inaspettato: lo abbracciò. Lo psicologo la lasciò sfogarsi, sussurrandole: «So che credi di non volerlo, ma io ti aiuterò a tornare ad amare senza barriere. Te lo prometto.»

 

Quando la sveglia suonò, Josh si alzò con un sorriso. Era un comportamento piuttosto naturale per uno come lui, ma quella mattina era davvero allegro: andare a scuola a parlare con i ragazzi che chiedevano aiuto allo sportello di ascolto lo faceva sentire bene, come se in qualche modo potesse contribuire con la creazione di un futuro migliore per quei giovani adulti. Forse era anche la presenza della signorina White, professoressa di filosofia, a rendere il suo incarico in quella scuola molto piacevole, ma Josh preferiva non darci troppo peso, temendo di rimanere scottato.

Si vestì e si avviò verso il liceo di Bradford. Una volta arrivato, si recò in sala insegnanti, dove lasciò il suo cappotto. 

Prese l'agenda: la prima seduta era con Katherine, una delle sue pazienti preferite. Si diresse nella sua classe, dove la signorina White stava facendo lezione. 

«Scusami, Sarah, ma Katherine aveva bisogno di parlarmi se non sbaglio...» disse con un certo imbarazzo. Solo qualche giorno prima, infatti, la bellissima insegnante le aveva chiesto di chiamarla per nome e di darle del tu. Josh sentiva il forte bisogno di invitarla ad uscire, ma non sapeva se lei avrebbe accettato.

La donna le sorrise, illuminando i suoi occhi scuri e la carnagione olivastra. Si spostò una ciocca di capelli nero lucente dietro all'orecchio: «Va bene. Katherine, puoi andare, ma ricordati di farti dare gli appunti della lezione di oggi da qualcuno...»

La studentessa si alzò dal suo banco: «Me li farò dare da Alex.» disse accennando al ragazzo che aveva davanti. Era seduta all'ultimo posto e non aveva nessun compagno di banco, ma a lei bastavano Jack ed Alex, suoi amici da una vita, che a inizio anno si erano posizionati nella fila prima della sua. Non faceva seduta senza parlare di Alex e di quanto fosse fantastico: era innamorata di lui da molto tempo. Si rivolse al giovane dai capelli corvini, con mezza testa bionda a fare da contrasto: «Ti prego non distrarlo, Jack. Ho bisogno di quegli appunti.» 

«Andiamo...» le disse Josh incoraggiante, mettendole un braccio attorno alle spalle.

Si sistemarono nell'aula che Josh era abituato ad utilizzare, mettendo una sedia di fronte all'altra con al centro un tavolo. Lo psicologo era consapevole che sembrasse un interrogatorio della polizia, ma Katherine era diversa dalle altre ragazze, a tal punto che riusciva a considerarla quasi un'amica. Sapeva che nulla l’avrebbe fermata dal parlare con lui.

«Allora, come stai Kate?» le chiese cercando di farla sembrare una domanda detta con il cuore e non per lavoro. 

«Se non fosse per i sogni starei alla grande.» affermò la ragazza, guardandosi le mani. 

«Vuoi raccontarmeli?»

Katherine annuì, facendo ondeggiare i mossi capelli scuri. «È sempre lo stesso: sono a casa, sto guardando la TV, quando qualcuno suona alla porta. Vado ad aprire e mi trovo di fronte a Dominik. All'inizio mi sorride, è tornato a casa dalla sua missione in Afganistan, ma poi qualcuno gli spara e spunta una macchiolina rossa che si fa sempre più grande, fino a coprirgli tutta la camicia bianca. Mentre mi accorgo che dietro di noi c'è la guerra, lui cade a terra e io mi affretto a stringerlo a me. Poco dopo muore fra le mie braccia.» le lacrime le rigarono il viso e lei si affrettò ad asciugarsele. Josh non l'aveva mai vista piangere, nonostante tutto quello che avesse passato. Era sconcertato, ma cercò di mantenere la calma, capendo che la studentessa aveva bisogno di sicurezze.

«Hai più avuto sue notizie?» domandò per farla ragionare. 

Annuì, guardandolo con i suoi occhi scuri: «Mi scrive tutte le settimane, ma questo non mi impedisce di essere preoccupata per lui.» 

In un impeto di affetto, Josh si alzò ed andò ad abbracciarla. 

«Non posso perderlo, Josh. Per me lui è come un fratello.»

«Sono sicuro che tornerà presto.» le sussurrò. E un po' ci credeva anche lui.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Odoredipoesia