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Autore: Zomi    18/10/2017    6 recensioni
Izou sospirò nuovamente, l’auto che rallentava nell’imboccare il candido cancelletto della villetta al mare della famiglia Newgate.
L’edificio si mostrava con i suoi imponenti due piani, la verniciatura candida data di fresco e il prato verdeggiante sul davanti e quello grigio cemento con il cesto da basket sul dietro, la veduta del mare a portata di mano.
Izou sospirò di nuovo.
“Ti divertirai” lo aveva rabbonito “Sarà una bella vacanza” aveva aggiunto la falsa speranza.
Non che a Izou dispiacesse il mare e quella quindicina di giorni di vacanza settembrina fuori programma.
No, Izou Shirohige amava il mare.
*Fan Fiction partecipante al Crack&Sfiga Ship's Day indetto dal Forum Fairy Piece*
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Barba bianca, Ciurma di Barbabianca, Izou, Marco
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il giallo di solito indica che non è così grave.
Bobby Unser
 

 
-… no, no, no, NO!-
Il tonfo di qualche arnese tecnologico che veniva picchiato sul tavolo del salotto, un urlo disumano e un lieve “clik” furono tutto ciò che Marco percepì prima di mettere piede nella stanza dove Izou stava lavorando.
Aveva tanto insistito per potersi portare con sé il suo Pc, per poter continuare il lavoro di beta reading, e approfittando dell’uscita di una parte della famiglia Newgate in spiaggia si era messo all’opera, leggendo con occhi incollati allo schermo e ticchettando lesto le dita sulla tastiera.
Almeno, così aveva lavorato prima di urlare disperato.
-Che succede?- si era avvicinato cauto al moro, posando una mano al tavolo e fissando il suo ragazzo, viso spalmato sulla tastiera e ginocchia a terra.
-… giallo…- mugugnò quello picchiando la fronte sulla barra spaziatrice -… giallo…-
Marco sospirò, il braccio teso a ruotare il laptop verso di lui e scrutare confuso lo schermo del macchinario, colorato di un intenso color canarino.
-Che è successo?- domandò provando a pigiare qualche tasto, non ottenendo risposta dall’arnese.
-E IO CHE NE SO?!?!?- lacrimò Izou, sollevando rapido il capo e incenerendo con gli occhi il biondo.
-Stavo sistemando un paragrafo quando… puff!- si alzò da terra e artigliò il tavolo –Quel stupido computer ha deciso di diventare un limone andando in tilt e perdendomi tutto!- si morse il labbro inferiore, le lacrime agli occhi -Tutto!-
Il biondo lo studiò attento, non capendo la sua disperazione.
Izou era ligio al dovere, lavorava sodo e non tralasciava nessun particolare, fiero del suo operato.
Era ovvio pensare che ci tenesse al suo lavoro, ma quella crisi isterica era esagerata per fino per uno come lui, abituato a essere sopra le righe.
Alzò una mano, posandola in una goffa carezza sulla spalla del moro, stringendogli la pelle che sporgeva dalla maglietta all’altezza del collo, strappandogli mezzo sorriso.
-Recupererai tutto quando tornerai a casa- tentò di consolarlo, vedendolo tremare –Hai tutto il materiale via mail no? Il romanzo, i dati, le bozz…-
Lo schiaffò che gli colpì la mano allontanandola fu doloroso.
Quasi che Izou l’avesse colpito in pieno viso a pugno chiuso, carico della rabbia che gli leggeva nello sguardo e velenoso come la bile gialla e acida che poteva vedergli ribollire nel palato.
-Che vuoi che me ne importi delle bozze!- parlò lapidario, i pugni stretti lungo i fianchi, il corpo scosso dai fremiti e teso davanti al biondo –Quello è solo lavoro!-
Lo vide chiudere gli occhi e voltare il capo, i capelli setosi e neri che ondeggiavano come spire.
-Izou- lo richiamò alla calma, certo che i fratelli presenti in casa si fossero accorti dell’accaduto e che fossero, chi più in disparte e chi meno,  muti spettatori di quella strana litigata.
-Si sistemerà tutto- tentò di rabbonirlo con tono pacato –Non farne una tragedia-
-Certo!- sbottò quello, battendo un palmo della mano sul tavolo prima di avviarsi verso la porta della mansarda –Non è una tragedia aver perso tutto no?- si allontanò di un passo vedendo il biondo provare a parlare.
-Tanto tu non vuoi capire!- l’accusò prima di dargli le spalle.
La porta gracchiò nell’aprirsi prima di emettere un secco boato nel venir chiusa con stizza, e permettere a Izou di allontanarsi indisturbato.
L’ennesimo sospiro di pazienza sfuggì alle labbra di Marco.
Perché doveva essere così melodrammatico, si chiese massaggiandosi il ponte del naso con due dita, gli occhi chiusi ad elaborare quanto successo.
Era solo un Pc, e se il suo lavoro era salvo, di cosa tanto si preoccupava di aver perso?
Altri dati? Bozze di lavori vecchi? Appunti non salvati in drive?-
-Marco-
Aprì mezz’occhio scrutando Jozu armeggiare con il computer ancora in sciopero.
-Va da lui- fece stridere la sedia sulle mattonelle, posando la sua enorme mole su di essa e mettendosi a lavoro –Qui ci penso io-
Marco annuì, ringraziando il fratello esperto di informatica con una mano stretta con forza sulla sua spalla.
Sapeva che tra di loro, tra fratelli, la parola “grazie” era difficile da pronunciare. Imbarazzante quasi.
Ma bastava un piccolo gesto per capirsi.
Lanciò un’ultima occhiata al fratello maggiore prima di incamminarsi sulla spiaggia dorata.
 
 
Lo trovò seduto sugli scogli.
Il vento del tardo pomeriggio gli scompigliava i capelli corvini sfuggiti alla coda mal composta mentre le dita dei piedi si lasciavano bagnare dalla condensa delle rocce colorate dalle alghe.
Gli si sedette accanto, guardandolo in silenzio.
Aveva gli occhi rivolti al mare, le gambe raccolte al petto su cui posavano le braccia conserte.
Sembrava perso nei suoi pensieri ma Marco era certo che si fosse accorto della sua presenza.
Non prese coraggio prima di parlare, ne un respiro profondo a rendere solenne il discorso. Semplicemente parlò al suo ragazzo.
-Come stai?- lasciò che una sua gamba gli sfiorasse un piede.
-Hai presente quando stai male dentro?- non distolse gli occhi dal cielo che iniziava ad ingiallirsi, prossimo al tramonto -Così tanto che il tuo malessere si riversa dritto al petto, appesantendoti il respiro?-
-Stai male?-
-No, va tutto bene- sorrise mesto.
Il suo Marco, sempre così preoccupato per lui.
Così perso nel preoccuparsi di cose sciocche da non accorgersi di quelle importanti.
-Va tutto bene- ripeté non osando allungare una mano a stringere la sua, pauroso di un rifiuto -Ma tu, per favore... ti prego... resta qui accanto a me. Se te ne vai il respiro torna pesante-
Lo sguardo azzurro di Marco s’intensificò sul moro, e non gli importò nulla che qualcuno potesse vederli.
Che qualche suo fratello, rumoroso e incapace di capire, li vedesse.
Alzò il braccio e strinse a sé Izou in un abbraccio caldo, costringendolo a posare la fronte sulla spalla opposta. Lo sentì respirare piano, inalare il suo profumo e ricambiare la stretta dei loro corpi arpionandosi a lui.
-Marco- pigolò piano, con quel suo tono infantile che tanto il biondo amava.
Rispose stringendoselo maggiormente a sé.
Era una sensazione nostalgica, che il suo corpo aveva quasi dimenticato e che ora, riscoprendola, voleva cibarsene a mani piene, sfruttando fino all’ultimo raggio dorato di sole su di loro.
-Mi mancava- ridacchiò Izou, impiantando il mente con fare giocherellone sulla spalla del compagno -È da più di cinque giorni che non mi abbracci-
-Non è vero- si difese fin troppo in fretta.
-Si invece!- lo pizzicò sul fianco –Non lo fai nemmeno quando dormiamo: hai paura che Satch possa entrare in camera a farci chissà che scherzo… come se dopo le super cavalcate che fa con Halta avesse fiato per certe sciocchezze-
Marco sbuffò, preso in contro piede, memore di tutte le volte in cui Izou aveva provato ad accoccolarsi a lui nel loro letto, costrigendolo a dormire in una posa da morto se non voleva che lo abbandonasse sul materasso preferendo il divano alla sua compagnia notturna e per nulla molesta.
-Non si sa mai- spiegò.
-A-ah- rise il moro, staccandosi appena dal suo petto e accostando le labbra alle sue, frenando il bacio quando Marco si scansò.
I suoi occhi nocciola si riempirono nuovamente di rabbia.
-Ecco!- ringhiò –Ecco cosa mi fa male!- alzò le mani allontanandolo, lui e quel suo sguardo indagatore e confuso.
-Sei tu!- gli puntò un dito al petto –Tu che non mi permetti di accarezzarti o baciarti!-
-Izou…-
-Lo so!- si esasperò –Lo so che i tuoi non sanno che sei gay: lo so! Ma io sì: io so quanto tu sia magnifico nonostante il tuo orientamento sessuale- si alzò da terra, sfregandosi i bermuda e ritrovando un po’ di compostezza.
-E fa male- scosse il capo –Fa male sapere che la nostra relazione è ridotta a poche foto sul mio Pc- si passò una mano tra i capelli, sciogliendosi la coda e incamminandosi lungo il bagno asciuga –Un Pc ora giallo e rotto e che ha cancellato tutto ciò che era rimasto di noi prima di questi giorni-
Si fermò con le mani in tasca, la schiena rivolta al tramonto e a Marco, ancora muto e fermo a fissarlo.
-Non mi sono mai nascosto, né quando alle elementari ho riposto alla maestra Califa che potevo fare benissimo Biancaneve, che lei non aveva mai visto cosa avesse sotto la gonna la principessa per dire che poteva essere solo una bambina a interpretarla- mosse il primo passo –Né quando ci siamo conosciuti. Ma ora per te lo sto facendo: per te, per stare con te - si allontano piano –Davvero non ti fa male?-
 

Quella sera Izou non cenò con la famiglia Newgate.
Un mal di testa atroce lo aveva costretto a letto.
E Marco, quando Jozu gli riconsegnò il Pc del moro ora funzionate e attivo più di prima, non riuscì a consegnarlo prontamente al suo ragazzo.
Lo tenne per sé, per poche ore.
Lo tenne per sé, senza più alcuna traccia di giallo.
Lo aprì e trovò subito la cartella delle immagini contente le foto delle loro uscite, sfogliandole, guardandole, zoomando sui particolari, accarezzando i contorni dei loro baci e isolandosi dai fratelli.
E quando si coricò con Izou nel loro letto rosso e immacolato, trovando il ragazzo addormentato sul fianco a dargli la schiena, una fitta lo colse al centro del petto.
Una fitta che faceva davvero male e dai contorni gialli.

 
   
 
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