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Autore: 7vite    22/10/2017    3 recensioni
La vita di Doremi e le sue amiche è cambiata definitivamente da quando le sei apprendiste hanno deciso di rinunciare per sempre all'uso dei poteri magici, scegliendo di restare a vivere nel mondo degli esseri umani.
Le loro strade si sono divise, ognuna di loro ha intrapreso un cammino diverso, promettendosi però di restare amiche per sempre.
Ed è qui che le incontriamo nuovamente, alle prese con i problemi che affliggono tutte le adolescenti.
Riusciranno a gestire le nuove avversità senza l'aiuto della magia?
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- LA DICHIARAZIONE -
 
Il giorno dopo Doremi stentava ancora a credere a quanto fosse accaduto il giorno prima. Nel giro di poche ora aveva rivisto Hanna, aveva rincontrato Sinfony, Lullaby e Mindy ed aveva fatto un’ultima visita nel Mondo delle Streghe. Per un attimo credette di aver sognato tutto quanto, ma l’espressione imbambolata di Bibì durante la colazione la convinse del contrario.
Dopo aver ingurgitato il Tamagoyaki ed essersi scolata tutto d’un fiato un bicchiere di latte fresco, Doremi corse in camera sua e si vestì di tutto punto. Quel giorno c’era qualcosa che doveva necessariamente fare, qualcosa che non poteva più aspettare.
Quando uscì per strada notò che il clima era notevolmente cambiato. La leggera brezza era del tutto sparita, ed il sole risplendeva alto nel cielo, scaldando qualsiasi cosa si trovasse sotto i suoi raggi.
Lasciandosi coccolare dal calore primaverile, Doremi camminò lentamente, senza fretta. Per quanto importante fosse ciò che doveva fare, era certa che un paio di minuti non avrebbero fatto alcuna differenza.
Percorse il viale costeggiato di abitazioni private e si rallegrò nel veder sbocciare i primi fiori. Si disse che presto sarebbe iniziata la fioritura dei Sakura.
Arrestò la sua camminata solamente quando si trovò nella via in cui si affacciava casa Kyosuke. Notò con orrore che un camion dei trasporti era parcheggiato proprio di fronte all’appartamento della sua amica.
Si avvicinò con passo lesto, cercando Makoto con lo sguardo. La trovò mentre trasportava uno scatolone dall’aspetto pesante su cui era stato scritto con un pennarello nero “Libri Makoto”. Si avvicinò alla compagna e l’aiutò a sistemare lo scatolo sul camion, prima di rivolgerle un’occhiata interrogativa carica di apprensione. Makoto non disse nulla, ma abbassò gli occhi mostrando la sua vulnerabilità.
«Avrei dovuto dirtelo.»
Esordì con semplicità, senza nemmeno accaparrare qualche scusa.
«L’avrei fatto…»
Si affrettò ad aggiungere suonando poco convincente.
«Cioè, ti avrei lasciato una lettera, l’ho già scritta.»
Infilò la mano in tasca per afferrare un pezzo di carta, ma Doremi l’allontanò con delicatezza, senza però staccare gli occhi da quelli verde acqua dell’amica.
«Perché?»
Domandò con occhi lucidi, senza nemmeno battere le palpebre. Makoto si sentì male quando udì quel tono supplichevole.
«Non volevo che succedesse… Questo!»
Disse, agitando in aria una mano tra sé e l’amica, indicando lo spazio che le separava.
«Doremi, tu sei una ragazzina allegra e solare, non potevo tollerare l’idea di rattristarti.»
Disse, senza riuscire a tenere a freno il fremito della sua voce.
«Volevo ricordarti raggiante e spensierata, mentre adesso sarò costretta a portare questo ricordo ad Hokkaido con me. Te in lacrime che mi colpevolizzi per averti taciuto la questione del mio trasferimento.»
Abbassò lo sguardo come a voler scusarsi.
«Da quanto lo sai?»
Chiese Doremi, incapace di pensare ad altro.
«Poco più di un mese.»
Confessò, rifiutandosi di guardarla negli occhi per non dover essere costretta a sopportare la delusione che le aveva provocato.
«E davvero non hai pensato di dirmelo?»
«A cosa sarebbe servito? Se l’avessi saputo, le nostre conversazioni sarebbero ruotate intorno all’argomento, ed io non lo desideravo affatto!»
Doremi respinse le lacrime. La voce di Makoto tradiva tutto il suo senso di colpa, e lei non voleva cominciare a frignare davanti ai suoi occhi, avrebbe solamente peggiorato la sua situazione. Si sforzò con tutta sé stessa di sorridere, sperando di apparire naturale.
«Tornerai ad Hokkaido dai tuoi parenti ed amici, ne sarai felice.»
Disse, e si convinse d’esser stata brava quando Makoto per la prima volta la guardò negli occhi.
«Hm…»
Era solo un suono, ma Doremi capì che doveva esserle costato tanto.
«Ad ogni modo è stato un bene venire a trovarti, preferisco aver scoperto la verità in questo modo piuttosto che leggendo una lettera, almeno ti ho vista un’ultima volta.»
Makoto strinse i pugni davanti a sé, e prima ancora che Doremi potesse dire qualcosa le gettò le mani attorno al collo e la strinse in un abbraccio.
«Sei stata la mia migliore amica qui a Misora.»
Le sussurrò in un orecchio, mentre il suo corpo era scosso dai singhiozzi.
A quel punto tentare di resistere al pianto era inutile.
«Lo stesso vale per me. Sei stata la miglior compagna che potessi mai desiderare.»
Rimasero così per un paio di minuti, poi finalmente Makoto trovò la forza di separarsi dall’amica, asciugandosi gli occhi con il polsino della sua camicetta.
«Partiremo oggi pomeriggio, verso l’ora di pranzo.»
La informò, indicando il cassettone colmo del mezzo di trasporto. Doremi annuì impercettibilmente, notando solo adesso il cartello piantato nel giardino di casa sua che citava “vendesi”.
«Ad ogni modo, perché sei venuta a cercarmi?»
Domandò infine, invitando Doremi a sedersi sugli scalini che conducevano all’entrata sul retro. Improvvisamente ricordò quale fosse la cosa che non poteva più attendere ed arrossì sentendosi una sciocca.
«Sai, non credo sia questo il momento più opportuno per parlarne…»
Disse con vaghezza, concentrandosi sull’erba fresca del giardino di Makoto. La ragazza emise una risatina nervosa.
«Scherzi? Se non adesso, allora quando? Ti ricordo che sto per partire.»
Doremi la guardò in faccia, improvvisamente seria.
«La tua partenza sta rovinando tutto.»
Si guardarono un istante prima di scoppiare a ridere a crepapelle, tenendosi lo stomaco.
Quando si ripresero, Makoto si passò un dito sotto agli occhi.
«Sei arrossita come un peperone, ha forse qualcosa a che fare con un ragazzo?»
Chiese con finta ingenuità, anche se in realtà aveva già capito di cosa desiderasse parlarle. Doremi tacque, ma il suo silenzio fu più che eloquente.
«Ed il ragazzo è forse un nostro compagno di classe con i capelli blu che gioca a calcio?»
Notò il rossore dilagare sul viso dell’amica, che dovette attingere a tutto il suo coraggio prima di annuire.
Makoto si rese conto del suo impaccio, perciò decise di non proseguire.
«Se non ricordo male, ti avevo detto che per me non c’era alcun problema.»
Si limitò a dire, osservando con la coda dell’occhio la reazione di Doremi.
«Penso che dovresti farlo subito, magari gli risolleveresti l’umore.»
Le consigliò infine, mettendosi in piedi e afferrandole le mani per aiutarla a fare lo stesso.
«Va’ adesso. Io comunque devo finire di portare giù la mia roba.»
Si guardarono un’ultima volta, prima di salutarsi definitivamente.
«Scrivimi.»
Le ordinò Makoto.
«E tu cerca di farti comprare un cellulare.»
Replicò Doremi.
Makoto sorrise annuendo.
 
***
 
Dopo quella conversazione, non aveva alcun desiderio di correre a cercare Tetsuya. La visita a Makoto le aveva strappato via più energie del previsto, per cui decise di fare una gita al parco di Misora, sperando di riuscire a schiarirsi le idee.
Si sedette su un’altalena tenendo i piedi saldi per terra, mentre la sua mente vagava senza sosta.
Poi successe una cosa strana, iniziò a piovere. Non fu una pioggia normale, di quelle che cominciano lentamente, ma un vero e proprio acquazzone, che le costrinse a correre a cercare riparo sotto il gazebo del parco.
“Com’è possibile che piova? Fino a poco fa il cielo era chiarissimo e non c’era una sola nuova in cielo, né tanto meno un filo di vento!”
Socchiuse gli occhi per evitare che l’acqua la rendesse cieca, e li riaprì solamente quando si trovò al riparo, piegata sulle sue ginocchia nel tentativo di riprendere fiato. S’accorse quasi immediatamente di non essere da sola. Un altro ragazzo ansimava al suo fianco, evidentemente anche lui doveva esser stato sorpreso dalla pioggia.
«Però, il tempo è proprio pazzo!»
Scherzò Doremi, rizzandosi finalmente sulla schiena.
«Già, non me ne parlare.»
Il ragazzo la imitò e ben presto i due si trovarono faccia a faccia. A Tetsuya venne quasi un colpo quando si rese conto di essere da solo insieme a Doremi. Anche la ragazza faticò a nascondere la propria sorpresa.
«Tu?»
Domandò, indicandolo con un dito, mentre lui voltava lo sguardo verso il parco. Sicuramente aveva pensato di correre via, ma un violento tuono lo fece desistere, riportandolo sui suoi passi.
«Però, che pioggia!»
Disse con tono vago, facendo di tutto per non osservare il viso tondo di Doremi.
Lei rimase in silenzio ed inspirò a lungo, prima di dirgli finalmente.
«Sai? Ti stavo cercando.»
Tetsuya rimase talmente sorpreso da quelle parole che si dimenticò del suo presupposto di non guardarla e si voltò immediatamente nella sua direzione.
«Mi cercavi? E perché mai?»
Chiese dubbiosamente.
«Per parlare, mi pare ovvio.»
«Beh, ma io non ho nulla da dirti.»
Esclamò il ragazzo, voltandole le spalle e concentrandosi sulla furia del vento che si abbatteva sugli alberi facendoli tremare da una parte all’altra.
Doremi gonfiò le guance in un gesto molto consueto di quando perdeva la pazienza.
«Allora diciamo che sono io che devo parlarti.»
Tetsuya incrociò le mani dietro alla testa fingendo noncuranza, seppure fosse tutto orecchi.
«Davvero? E cos’hai da dirmi?»
«Se non ti decidi a guardarmi in faccia puoi scordarti che io apra bocca!»
Lo rimbeccò Doremi, incrociando le mani sul petto e facendo la bocca da papero.
«E va bene, allora ti guardo. Adesso puoi dirmi cosa c’è?»
Gli occhi azzurri di lui erano fissi su quelli rosa di lei. In quel momento Doremi rimpianse di averlo costretto a girarsi, perché aveva cominciato a sentirsi maledettamente a disagio.
“Ma che mi prende? Non mi sono mai sentita in questo modo per colpa di Tetsuya. Le gambe mi tremano e le mani mi sudano, vorrei non esser mai venuta fin qui.”
«Beh, allora?»
La incitò a parlare, ma le sue labbra sembravano cucite.
«Ho capito, mi stavi solo prendendo in giro. Meglio che me ne vada.»
Fece per sfidare la pioggia, ma lei lo afferrò per un polso.
«No aspetta! Non ti sto prendendo in giro, devo parlarti sul serio!»
«E di cosa?»
Lui la strattonò cercando di sottrarsi dalla sua presa.
«Come sarebbe a dire di cosa? Del fatto che ci piacciamo, scemo!»
Lo disse senza nemmeno pensarci su. Mollò il braccio de ragazzo e si portò le mani sulla bocca, anche se ormai il danno era fatto. Le parole erano venute fuori spontaneamente, come se quella fosse l’unica cosa sensata da dire. Le tremarono gli occhi quando si rese conto di essersi appena dichiarata a Tetsuya.
Rimasero in silenzio per i secondi che seguirono, lui allargò le pupille e la fissò come se stesse vedendo un fantasma.
«Dici… Sul serio?»
Domandò titubante, mentre lei annuiva impercettibilmente.
«Sono stata una sciocca a non accorgermi sin da subito dei tuoi sentimenti nei miei confronti e ti ho fatto soffrire. Mi dispiace tanto, non era mia intenzione.»
Tetsuya non credeva alle sue parole.
«Non fa nulla, non sono certo in collera con te.»
Disse, mentre i muscoli del suo viso si rilassavano.
«La verità è che ho realizzato tutto quanto solo pochi giorni fa.»
Gli confessò, fissando i suoi piedi per non dover esser costretta a guardarlo negli occhi.
«E ho capito che, forse, mi piaci anche tu.»
Per qualche strana ragione, pronunciare quelle quattro parole non era stato affatto difficile come si era aspettata. Forse la consapevolezza di esser ricambiata la rendeva più sicura di sé.
Tetsuya non rispose, rimase con le mani in tasca a fissare la pioggia, mentre Doremi cominciava lentamente a nutrire dei dubbi in proposito. Che lui avesse cambiato idea nel frattempo?
La sua sicurezza iniziò a vacillare, si sentì irrimediabilmente sciocca. Lei gli aveva appena aperto il suo cuore e lui ne stava impalato a fissare il vuoto.
«Guarda, la pioggia sta cessando.»
Le disse, costringendola a guardare in alto.
«È buffo, non trovi? Se non avesse iniziato a piovere, noi non ci saremmo incontrati e non ci saremmo detti quelle cose.»
Le fece notare lui, il tono della sua voce tradiva una nota di allegria.
«Già, è piuttosto strano.»
Concordò lei, avvicinandosi al bordo.
«Senti, mi sta venendo fame, che ne dici di andare a mangiare qualcosa?»
Le propose lui, cercando di suonare il più naturale possibile.
«Mmh, ok, mi sembra una buona idea.»
Dichiarò, dopo averci pensato su.
«Allora, coraggio, andiamo, prima che ricominci la tempesta.»
Lui le prese la mano nella sua e la condusse verso il parco, mentre gli alberi ancora zuppi lasciavano cadere delle grosse gocce d’acqua sulle loro teste.
In cielo, alla stessa altezza delle cime degli alberi, un’apprendista strega osservava la scena con un enorme sorriso.
«Tutto è bene quel che finisce bene.»
Disse, afferrando con entrambe le mani il suo manico di scopa.
«Adesso però sarà meglio che torni a casa, o mamma e papà si preoccuperanno. Ma prima… Magia della musica diffondi l’onestà.»
Recitò, agitando il suo trecordeon in direzione dei due ragazzini che si allontanavano mano nella mano.
«Che a Doremi e Tetsuya il coraggio mai più mancherà.»
Dallo scettro fuoriuscirono lampi di luce multicolore che colpirono i due ragazzini.
Soddisfatta della sua opera, Makoto fece retromarcia e volò in direzione di casa sua.

 
DIZIONARIO (JUST IN CASE)
Tamagoyaki: Sono le frittele salate con cui i giapponesi fanno colazione.
Sakura: Nome giapponese degli alberi di fiori di ciliegio.
  
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