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Autore: Elayne_1812    25/11/2017    2 recensioni
Raccolta di oneshot dedicata ad Orbit
Heechul tornò a guardare Kibum che lo fissava con occhietti vispi e magnetici. -Kibummie -, sussurrò a fior di labbra con un sorriso. (da Orgel)
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Onew, Taemin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Come promesso eccomi con il penultimo episodio!
Ringrazio tutti i lettori, chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite, chi ha recensito gli scorsi episodi: Jae_Hwa e MagicaAli e chi mi ha inserita tra gli autori preferiti: Blugioiel, Chocolat95, Jae_Hwa, MagicaAli e Shine4ever
Vi auguro una buona lettura!
 
 
Into my heart
 

 
“ I’m going crazy,
(…)
you’re a dazzling angel
 (…)
I am losing myself
 (...)
I’ve been dreaming of a vanilla ice kiss with you
(…)
Your shy and reddening cheeks make me get drunk
Your scent seeps through your soft hair

(…)
your scent falls deep into my heart”
Shinee, Excuse me miss

 

 
Quel giorno tutto del palazzo di Busan gli era parso più grande del normale e, come osservava sempre con orgoglio e gli piaceva rimarcare con gli ospiti, non poteva di certo definirsi piccolo. Tuttavia, in quel giorno d’inizio estate, con il vento più caldo pieno del profumo del mare pronto a gonfiare le vele delle navi, tutto gli sembrò enorme e lui, Heechul, si sentì irrimediabilmente piccolo. Piccolo e spaventato.
La schiena rigida, le braccia e le ginocchia doloranti, Heechul cercò d’ignorare il senso di disagio e d’impedire alle sue mani di tremare, le unì dietro alla schiena e tenne lo sguardo fisso sulla finestra. Osservare i velieri veleggiare nel porto di Busan era l’unica cosa in grado di distrarlo e tranquillizzarlo. Un sorriso leggero e rilassato gli passò sulle labbra carnose ma, subito, mutò in una smorfia e le sue ginocchia si piegarono in avanti. Le sue mani, i palmi aperti, si scontrarono con le piastrelle di marmo rosse e bianche e i suoi occhi si ritrovarono a fissare non il porto, bensì le punte di stivali lucidi ad un passo dal suo naso.
Una sferzata sul collo lo costrinse e mordersi il labbro sino a farlo sanguinare.
-Sei distratto, Heechul -, risuonò una voce severa.
Seduto in ginocchio, Heechul unì i palmi delle mani sulle cosce, represse l’impulso di ribattere ed evitò di alzare lo sguardo sull’uomo di fronte a lui. Benché intimorito non sarebbe riuscito a nascondere il fiammeggiare astioso dei suoi occhi.
Anche nel mio sangue scorre il fuoco…padre.
Sgranchì le dita per impedire loro di stringersi sui suoi pantaloni. Sarebbe stato un gesto troppo palese di quella che era la sua rabbia. Suo padre l’avrebbe compreso all’istante e non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Poteva, anzi doveva mostrare a tutti la sua forza, ma non a lui, non all’uomo che intendeva plasmarlo sino a condurlo al completo successo. Non doveva osare. Le conseguenze rischiavano di rivelarsi sin troppo spiacevoli.
-Perdonatemi padre. –
I passi dell’uomo riecheggiarono nella stanza girandogli intorno, poi si fermarono di fronte a lui. Heechul alzò lo sguardo quanto bastava per vederlo ritto davanti a lui come un fuso, il frustino posato sul palmo di una mano pronto a scattare al minimo cenno d’insubordinazione. D’istinto, Heechul deglutì e si strinse nelle spalle per farsi più piccolo, provando allo stesso tempo disprezzo per sé stesso.
Un giorno sarai tu ad avere paura di me!
-Se intendiamo raggiungere i nostri obbiettivi a corte non puoi permetterti sciocche distrazione. Devi rimanere concentrato. –
Gli alzò il mento con il frustino. Gli occhi di suo padre erano duri come ossidiana forgiata dalla lava.
-La vita, Heechul, è come una partita a scacchi, basta il minimo passo falso per cadere e noi abbiamo troppo da perdere. Dobbiamo giocare bene le nostre pedine se intendiamo sedere sul trono di Chosun e tutto dipende te. –
Loro, certo, suo padre intendeva dire sé stesso facendo leva su quella che sarebbe stata la sua posizione in futuro, ovvero quella di compagno dell’erede al trono.
L’uomo tornò a passeggiare.
-Comprendere le intenzioni future del reggente è impossibile, ma a noi è il principe che interessa ed è su di lui che devi puntare. Convincilo, Heechul, convincilo che sei il migliore, sii il migliore, dimostra la tua forza, il valore di Busan e delle nostre ricchezze. Se avrai il principe, avrai Chosun, ricordatelo. –
Heechul lo sapeva molto bene, quella frase faceva costantemente da colonna sonora alla sua vita da anni. Era sempre stato così con suo padre, ma dalla morte della sua umma quello era ormai l’unico argomento che veniva affrontato tra le pareti di quel palazzo. Heechul provava disagio non tanto per le parole del padre, ma perché più le udiva, più diventava consapevole del suo stesso orgoglio e della sua ambizione. Kibum era la punta di diamante del regno, la sua bellezza e la sua abilità erano cresciute con lui, rare e pregiate. E il principe era destinato a lui, Heechul. Questo lo rendeva indubbiamente orgoglioso. In quanto al trono, Heechul ne era attratto come una falena dalla fiamma che brucia nella notte, era più forte di lui. Soprattutto si rendeva conto di desiderare entrambi. Era giusto o c’era qualcosa di sbagliato in questo?
-Sì, padre –
Forse una volta giunto ad Haewan tutto gli sarebbe stato più chiaro.
 
 
***
 
 
La carrozza sobbalzò e Heechul si svegliò di colpo. Sbatté più volte le palpebre per eliminare la visione appannata dell’interno del veicolo e si stropicciò gli occhi assonnati. Stiracchiò le gambe, le braccia ed appoggiò i piedi sulla seduta foderata di seta rossa davanti a lui. Non c’era nessun’altro a parte lui su quella carrozza se non il conducente sulla cassetta esterna, dunque poteva prendersi tutte le libertà che desiderava. Guardò in tralice lo spazio vuoto davanti a lui prendendo davvero coscienza del fatto che era solo. Quel posto era sempre stato di sua madre. Heechul rammentava come se fossero stati ieri i viaggi estivi su quella carrozza per raggiungere Haewan. Erano state giornate stancanti, ma piene di progetti ed entusiasmo in vista della stagione estiva. Quello che avrebbero fatto lui e Kibum era sempre stato l’argomento principale, insieme all’organizzazione del nuovo guardaroba che i suoi sarti gli avevano confezionato per l’occasione. Heechul ci teneva che fosse tutto perfetto. I completi per l’ora del tè, le scarpe, tutto. E naturalmente si era sempre aspettato, ed aveva dato per scontato che anche Kibum lo fosse. Non era la sua bambola perfetta, il suo fidanzato? Sarebbero stati insieme per sempre, si appartenevano e nulla poteva dividerli.
Heechul incrociò le gambe tenendole distese e distolse lo sguardo.
Sue madre non c’era più e nemmeno quella di Kibum. Erano svanite come un alito di vento, lasciando dietro di loro il profumo di promesse meravigliose in cui Heechul non riusciva più a credere. Era cambiato tutto. Con sé avevano portato via una parte di loro. La sua umma l’aveva lasciato due primavere addietro, ormai ridotta all’ombra di sé stessa in un letto troppo grande per lei, scossa da una tosse nervosa che sapeva di sangue. Heechul aveva iniziato a detestare l’odore del sangue da quel giorno. I funerali erano stati celebrati in pompa magna per volere di suo padre, una cosa che aveva detestato, e da Soul erano giunte le condoglianze della famiglia reale, o per lo meno quanto rimaneva di essa. A quell’epoca l’imperatrice Myungsoo era già morta da più di un anno in circostanze misteriose e anche Kibum era rimasto solo. Il loro ultimo incontro risaliva al funerale dell’imperatrice e Heechul lo rammentava molto bene. Kibum era stato freddo e taciturno per tutto il tempo e subito dopo la cerimonia funebre era stato scortato e segregato nelle sue stanze. Fine. Da quel momento si erano scambiati solo della corrispondenza, ma per quanto Heechul avesse letto mille volte le parole del più piccolo le aveva sempre trovate vuote, quasi disinteressate. Aveva l’impressione che Kibum galleggiasse nel nulla e più passava il tempo, più anche lui si rendeva conto di star fluttuando in un vuoto denso, scuro e appiccicoso. Erano passati tre anni da quell’ultimo incontro, tra la malattia di sua madre e le imposizioni sempre più rigide che gestivano la vita del principino non avevano più avuto occasione di passare le estati insieme. Heechul non rammentava nei suoi diciotto anni un tempo così lungo senza il più piccolo e non aveva fatto altro che chiedersi che cosa ne fosse stato di lui, del bambino che conosceva. Era cambiato o era sempre uguale? Pian piano, anche se a sua insaputa, il ricordo che aveva dell’altro era iniziato a sfumare assumendo contorni sempre più indefiniti e così, la sua mente, li aveva ridipinti dandogli una definizione ideale sino a convincerlo di quella che, ormai, considerava una verità ineluttabile.
Infilò la mano in tasca e ne estrasse un foglio spiegazzato. Sorrise. Quella semplice missiva giunta sul tramontare della primavera aveva cambiato tutto. Finalmente, dopo tanto tempo era stato invitato ufficialmente ad Haewan. Tre anni d’attesa e separazione culminati con quella lettera scritta dalle stesse mani del principe. Un onore a cui pochi, forse nessuno, poteva aspirare. Ma non Heechul. Aveva riconosciuto subito la scrittura del più piccolo, più sicura, più elegante, ma era lui ed era firmata di suo pugno. Il cuore di Heechul era sobbalzato.
Aprì il foglio spiegazzato e lo rilesse umettandosi le labbra.
Caro Heechul,…
Non ebbe bisogno di proseguire, l’aveva riletta all’infinito e ora la conosceva a memoria. Le sue labbra si mossero nella penombra della carrozza in sussurri concitati, ripercorrendo le tracce d’inchiostro.
-Tuo Kibum –, lesse infine ad alta volte.
Tuo Kibum
Assaporò nella sua mente quelle poche parole e si umettò le labbra, soddisfatto.
Mio
Ripose la missiva e chiuse gli occhi, non mancava molto ad Haewan ma poteva concedersi ancora un breve riposo per stemperare l’attesa.
 
 
Heechul raggiunse Haewan nel tardo pomeriggio. Il viale d’ingresso fiancheggiato dai peschi lo accolse nella sua fioritura migliore e il loro profumo riempì l’aria. Il sole stava per terminare la sua corsa e sprofondare ad ovest, tra le colline, ma le ombre non erano ancora così lunghe da instillare il terrore degli incubi notturni.
Haewan riluceva in tutto il suo biancore e Heechul si sporse dal finestrino della carrozza per lasciarsi scompigliare la chioma castana dalla brezza estiva. Chiuse gli occhi e respirò i profumi del giardino. La ghiaia del viale scricchiolò sotto le ruote dorate del veicolo.
Una volta smontato, Heechul fu accolto dai servitori che si presero subito cura dei suoi bagagli. Non perse tempo e chiese subito del principe. Doveva vederlo. L’attesa durante il viaggio era stata snervante ed era ansioso e curioso di rivedere il suo Bummie. Una volta appreso che si trovava nei giardini non perse tempo, percorse i viali alberati, zigzagò tra le aiuole e raggiunse il roseto. Heechul era certo di trovare lì il più piccolo, poiché era uno dei suoi luoghi preferiti e non solo, Kibum stesso gli aveva scritto che i roseti era meravigliosi quell’anno e che aveva ordinato ai giardinieri di piantare delle nuove aiuole in ricordo dell’imperatrice Kim Myungsoo.
Le recinzioni dorate baluginavano al sole, simili a prolungamenti dei raggi solari, si dispiegavano sottili e contorte a protezione della vegetazione rigogliosa. C’erano rose bianche, rosse, rosa, blu, violette, ogni forma e variante esistente sembrava aver trovato ospitalità nei giardini di Haewan. Le aiuole e i pergolati erano stati perfettamente studiati per alternarsi in forme e colori e creare un piccolo giardino circolare con panchine di marmo bianco ed una pagoda centrale. Il profumo dei fiori impregnava l’aria risultando quasi stordente. Il ronzio delle api che zigzagavano tra i petali ed il battito leggero delle ali delle farfalle che volteggiavano all’intorno faceva da lieve sottofondo. Era un’atmosfera rilassante, quasi da sogno. Sembrava un piccolo paradiso catapultato sulla terra, così diverso da quello stato di perenne ansia che rincorreva Heechul anche nei giardini di Busan. Gli parve di essere entrato in una bolla al cui interno i profumi, i suoni, dallo zampettare delle formiche sugli steli, al ronzio delle api, risultavano amplificati, mentre oltre a quegli immaginari confini ogni cosa sfumava.
Fu allora, tra i petali dalle delicate tonalità acquarello, che lo vide. Erano passati tre anni ed era cresciuto, ma era lui. Heechul avrebbe riconosciuto quel taglio d’occhi tra mille, così come le curve sbarazzine delle sue labbra.
-Kibum -, sussurrò.
Quelle dita che Heechul ricordava ancora cicciottelle e maldestre, come piccole zampette dispettose, ora erano sottili ed accarezzano delicatamente la superficie setosa dei petali di una rosa blu, incorniciate dai polsini della camicia bianca con un leggero accenno di merletto. Heechul osservò come ipnotizzato i movimenti lenti di quelle mani aggraziate. Il viso del principe ormai conserva solo una lieve traccia delle pinguedini di bambino, la sua pelle era bianca come porcellana vivacizzata da alcuni nei sulla guancia e dalle labbra a cuore magistralmente disegnate. I suoi capelli corvini ondeggiavano alla brezza calda di quel tardo pomeriggio estivo ed i suoi occhi erano abbassati, le ciglia tremolanti.
Il principe alzò lo sguardo ed incontro quello di Heechul. Kibum sbatté le palpebre, sorpreso, poi il suo viso s'aprì in un sorriso contornato da tenere fossette.
-Chul! – gridò il più piccolo, estasiato.
Il cuore di Heechul perse dei battiti. Era splendido.
Le voci giunte da Soul non mentivano. Kim Kibum era davvero un fiore in boccio, la punta di diamante di Chosun. Era perfetto.
Ed è mio
In quel preciso istante per Heechul il tempo si fermò, rapito da quella visione. Lo voleva. Non poteva che essere suo e mai avrebbe permesso ad altri di sfiorarlo. Kibum era un tenero bocciolo che doveva essere preservato e viziato.
E poi avrò Chosun, fece una vocetta maliziosa nella sua mente.
 
 
 
***
 
 
Euforia, Kibum non riusciva a trovare parola migliore per definire il suo stato d'animo attuale. Dopo tre annuì di completa solitudine era di nuovo insieme a Chul! Non appena l'aveva rivisto il suo cuore aveva fatto un balzo! Era così cresciuto, elegante, impeccabile...
Il giovane principe rivolse un sorriso radioso al suo ospite comodamente seduto dall’altra parte del tavolino. Con le gambe accavallate ed una mano posata sul bracciolo della poltrona, Kim Heechul sorrise a sua volta atteggiando l'angolo destro delle labbra in una piega soddisfatta.
Kibum prese la sua tazza di tè e sorseggio tentando di mascherare il rossore alle gote.
Quegli ultimi anni erano stati terribili, solitari e tristi. Kibum aveva passato buona parte delle sue giornate segregato nelle sue stanze a palazzo. Non gli era stato concesso nulla se non la propria istruzione che doveva essere di prim'ordine, ma al di là di ciò e delle cerimonie ufficiali alle quali era tenuto a presenziare in qualità di legittimo erede al trono, la sua vita era stata un susseguirsi d'imposizioni. E dire che aveva guadagnato tante libertà prima che la sua umma lo lasciasse! Ma il suo appa non sembrava pensarla allo stesso modo, o forse lui era solo troppo piccolo per capire. A volte, Kibum aveva l'impressione che il suo appa avesse paura di lui, come se potesse dire una parola di troppo....non riusciva a spigarselo, ma a mente lucida si rendeva conto che era un'assurdità. Non aveva mai avuto un grande rapporto con lui, a dir la verità non ne aveva mai avuto uno, però aveva creduto che con la morte della sua umma quell'uomo sarebbe diventato più gentile, più interessato a lui.
Kibum sospirò, staccò le labbra dal bordo dorato della tazzina e sventolò la mano a mezz'aria per allontanare quei pensieri cupi.  Ora era di nuovo con il suo Chul e doveva essere felice.
Posò la tazzina sul tavolo intarsiato di madreperla ed accavallo le gambe seguendo l'esempio del più grande. Heechul era molto elegante seduto in quel modo e desiderava esserlo anche lui.
A Chul farà piacere!, Pensò con orgoglio umettandosi le labbra.
Si sistemò e lanciò uno sguardo fugace oltre l’ampia vetrata che s’affacciava sui giardini di Haewan.
-Dunque -, tossicò, - come ti ho scritto, il medico ha detto che la mia salute è molto migliorata. –
Kibum era stato costantemente malato negli ultimi anni e spesso erano bastati dei colpi di vento freddo per debilitarlo. Tutto era iniziato dalla morte della sua umma e dal freddo gelido che aveva preso quella notte, anche se Kibum non rammentava con precisione ciò che era accaduto. Arricciò il naso. Ad ogni modo sino ad allora era sempre stato un bambino sano.
-Mi ha consigliato di recarmi in un luogo tranquillo e negli ultimi anni non ho mai avuto occasione di venire qui ad Haewan. –
Kibum fece spallucce. –La scelta ideale sarebbe stata una località di mare, come Busan, ma Haewan mi mancava, inoltre era un’ottima occasione per invitarti e passare di nuovo l’estate insieme. –
Heechul gli sorrise e Kibum arrossì, poi iniziò a stropicciarsi le mani in grembo.
Il suo Chul era così perfetto e lui si sentiva tanto goffo! Era snervante e temeva di fare brutta figura! Ormai Chul era un lord ed aveva già iniziato ad affiancare suo padre nel governo di Busan, mentre lui, Kibum, passava le sue giornate nei suoi appartamenti senza poter parlare con nessuno ed aveva a mala pena idea di ciò che discuteva il consiglio reale.
-Posso vedere? – aveva chiesto più di una volta a suo padre.
Prima di andarsene, la sua umma gli aveva detto che molto presto avrebbe presenziato al suo fianco durante le sedute del consiglio!
-Sei troppo giovane, Kibum, pensa alla tua istruzione. Mi occuperò io del regno finché non sarai grande. Abbi pazienza, non sei nemmeno molto intelligente -, gli aveva risposto quell’uomo.
Non era intelligente? Kibum non capiva, i suoi istitutori sostenevano il contrario e anche la sua umma gli aveva sempre detto che era un bimbo intelligente! Umma non poteva avergli mentito, non poteva accettarlo, ma non voleva nemmeno rischiare dimostrare quanto fosse poco intelligente davanti a Chul!
-E’ stata una buona idea – disse Heechul.
Orgoglioso, il giovane principe raddrizzò la schiena. Forse non era così poco intelligente.
-Sono davvero felice di rivederti e mi dispiace per le lettere frettolose degli ultimi anni.- Kibum si strinse nelle spalle. -Sai, le mie giornate sono molto noiose.-
In realtà Kibum aveva trovato a tratti noiose anche le lettere di Chul e spesso si era ritrovato a fissare un foglio bianco senza avere idea di cosa scrivergli, ma questo non lo disse.
Non poteva dare a Chul un simile dispiacere!
Ad ogni modo, la vita a Busan del più grande era molto più attiva della sua, e questo gli provocava imbarazzo.
-Non hai nulla da rimproverarti, Kibummie.-
Per qualche minuto calò il silenzio.
-Il clima di quest’anno non ha giovato solo alla mia salute -, iniziò Kibum per interrompere il silenzio, - ma anche ai giardini. La primavera ci ha regalato delle ottime fioriture. Hai visto le rose? Sono splendide vero? -
-Sì -, disse Heechul, -  sono splendide Kibum, come te. -
Il principe emise una lieve risata ed arrossì sino alle punte delle orecchie. Era tutto perfetto e quell'estate si preannunciava meravigliosa. Prese una fetta di torta e dondolò le gambe, euforico.
 
 
 
***
 
 
Una sferzata di vento gravida di pioggia sbatté violentemente contro le vetrate facendo oscillare la loro intelaiatura dorata. I lampi ed i fulmini spezzavano il nero liquido della notte proiettando ombre inquiete sui tappeti colorati e sulle pareti di marmo. Un tuono risuonò lontano e Kibum si svegliò di soprassalto con il cuore in gola. Sbarrò gli occhi e trovò intorno a sé le ombre che popolavano la sua stanza, troppo grande e tropo sontuosa per un bambino di soli tredici anni. Aveva il fiato corto come se avesse sostenuto una lunga corsa ed era sudato fradicio. Un sudore freddo ed appiccicoso.
Il principino si passò l’avambraccio sulla fronte e s’impose calma. Fuori, la pioggia continuava a scrosciare e picchiettava sui vetri come dita di fantasmi. Kibum si mise a sedere e si strinse le gambe al petto, chiuse gli occhi e sospirò per ritrovare regolarità nel proprio respiro.
Stava tremando come una foglia e lo sapeva, ma da tre anni, ormai, i temporali non erano le uniche cause delle sue notti insonni. Anni fa non aveva idea di cosa fossero gli incubi, non ne aveva mai fatti, o forse li aveva scordati con il disperdersi delle ombre al sorgere del sole, non lo ricordava, ma negli ultimi tre anni gli incubi erano diventati frequenti. Anzi, l’Incubo. Era sempre lo stesso ed ogni volta Kibum si svegliava terrorizzato. Non riusciva a darsi una spiegazione logica. Era sempre la stessa storia, il freddo gelido e tagliente come una lama, l’oscillare di tende di seta che sembravano volerlo soffocare, un vetro che s’infrange, un tonfo ed il sangue che luccica vermiglio nella notte.
Perché?, si chiese. Cosa significava e perché non voleva lasciarlo in pace. Aggrottò la fronte. Ogni volta aveva l’impressioni che la sua mente cercasse d’afferrare un pensiero, un’immagine, ma scivolava sempre via lasciandolo con un profondo spazio vuoto da colmare e le mani vuote.
Un fulmine illuminò la stanza di una luce metallica, poi ripiombò nell’oscurità.
Kibum sobbalzò e fuggì sotto le coperte, la testa sotto il cuscino. Mugugnò. Odiava avere così paura!
Sbuffò, affondò la testa nel materasso e sbatté le gambe.
Non devo farmela addosso!, s’impose.
Era un principe, non poteva farsela addosso!
Non con Chul qui!
Se se la fosse fatta addosso e il più grande ne fosse giunto a conoscenza lui, Kibum, avrebbe sicuramente fatto una pessima figura.
Scosse il capo sotto il cuscino.
No, si disse, non devo farmela addosso!
Un tuono più forte seguito da un lampo. Kibum saltò come una molla.
-Yaaaahhh –
Cercò disperatamente di scendere dal letto, ma le coperte s’attorcigliarono intorno alle sue gambe e il principino capitombolò sui tappetti.
-Chulllll -, gridò disperato. –Chulllll!!!! –
Si fiondò fuori dalla sua stanza, i suoi piedini gelati corsero frenetici sul marmo e sui tappeti, infine scivolò nella stanza del più grande e s’infilò nel suo letto. Gattonò sotto le coperte e poi si rannicchiò contro Heechul.
Un braccio di Heechul gli cinse le spalle. -Hai ancora paura dei temporali? – sussurrò la voce del più grande.
Kibum annuì, poi si rese conto che l’altro non lo poteva vedere al buio.
-Sì -, disse con voce fioca.
Heechul emise una risata e lo trasse più vicino a sé. –Povero micetto. –  Gli accarezzò la schiena con movimenti ampi e circolare. – Stai tremando, rilassati. –
-Non riesco a dormire -, piagnucolò Kibum.
Heechul lo strinse a sé e Kibum si raggomitolò tra le sue braccia, la schiena contro il suo petto e le manine ansiose strette intorno al cuscino. Heechul si sporse sopra di lui per osservarlo meglio. Il più piccolo aveva chiuso gli occhi alla ricerca di tranquillità ed il suo petto s’alzava e s’abbassava a ritmo regolare. Sembrava passata una vita dall’ultima volta in cui avevano dormito insieme eppure, apparentemente, nulla sembrava essere mutato. Kibum era sempre terrorizzato dai temporali, cercava la sua protezione e alla fine, si addormentava beato tra le sue braccia.
Heechul arricciò il naso e piegò un angolo delle labbra carnose in uno strano sorriso. Tutto questo lo rendeva molto orgoglioso. Tuttavia, qualcosa di diverso c’era. Heechul percepiva uno strano tepore allo stomaco, una cosa piacevole, ma che allo stesso tempo gli incuteva uno strano disagio.
Disagio, pensò umettandosi le labbra. Kim Heechul non provava disagio. Mai.
A meno che non ci sia in giro appa.
Continuò a sbirciare il viso ora rilassato del più piccolo, dalle palpebre abbassate, alle labbra ben modellata. Era davvero bello.
Il tepore di fece più intenso ed Heechul abbassò la punta del naso sul collo e sulle ciocche corvine del più piccolo. Era così profumato. Aveva sempre il profumo dolce e delicato di una buona caramella, o dello zucchero a velo, o della vaniglia….
Sfregò il naso tra quei capelli setosi allargando le narici. Era inebriante e terribilmente piacevole. Quel corpicino caldo lo attraeva e si domandò se la sua pelle fosse liscia e perfetta come immaginava.
Porcellana, pensò.
Le sue mani scivolarono sotto la camicia da notte del più piccolo che mugugnò ed inarcò leggermente la schiena.
Liscia e delicata. Desiderava scoprirlo ed indagarla palmo a palmo.
Heechul chiuse gli occhi, totalmente avvolto dal profumo dei fiori di ciliegio in boccio, estasiato da quella pelle al tatto setosa e stordito da quel calore sempre più intenso. Bruciava e faceva quasi male.
Bummie…
Le sue mani accarezzarono il più piccolo come a volerne esplorare ogni centimetro.
-C-cosa fai? -
Fu la voce tremante di Kibum a riportarlo alla realtà. Le sue mani si bloccarono. Cosa stava facendo? Non se n’era nemmeno reso conto!
S’irrigidì e si umettò le labbra reprimendo l’impulso di posarle sul collo candido del più piccolo.
Non udendo risposta, Kibum si rigirò tra le braccia del più grande, alzò gli occhi su di lui ed il cuore di Heechul perse un colpo. Gli occhietti felini luminosi e dubbiosi, le labbra rosate simili a petali arricciate in uno strano broncio, la punta del naso che si scontrava con il suo petto provocandogli un leggere solletico, Kibum era qualcosa di troppo allettante per potergli resistere. Troppo.
-Niente -, disse.
Kibum non parve convinto.
-Volevo solo scaldarti –, mentì.
Non sapeva nemmeno Heechul ciò che voleva. O meglio lo sapeva sin troppo bene.
Kibum, voglio Kibum.
Ma nel modo in cui lo voleva era cambiato qualcosa e se ne rese conto in quel preciso istante. Rabbrividì. Una vocina nella testa gli suggerì di fare attenzione.
Il principe sondò il più grande con occhietti sottili. Se voleva solo scaldarlo che bisogno c’era d’infilare le mani sotto la sua camicia da notte? Si mordicchiò le labbra. Aveva percepito qualcosa di strano nel modo in cui le mani di Heechul avevano accarezzato la sua schiena ed il suo addome e questo lo metteva a disagio. Molto a disagio, ma non sapeva come definirlo. Forse stava sbagliando tutto, forse era troppo piccolo per capire e stava dando l’ennesimo dispiacere a Chul!
Forse sono davvero poco intelligente.
-Abbracciami e basta -, disse alla fine, indeciso.
Si rannicchiò contro il petto dell’altro e tirò su col naso. A volte si sentiva davvero inadeguato e sciocco! Lo detestava e desiderava solo crescere!
-Chul? –
-Uhm-
-Pensi che un giorno diventerò grande anche io? –
-Tutti diventano grandi. –
-Quando si è più grandi diventa tutto più facile? –
Crescendo, Heechul non aveva trovato nulla di più facile, al contrario…Ripensò a Busan, a suo padre e rabbrividì mordicchiandosi le labbra.
-Certo -, mentì spudoratamente.
Kibum sorrise. – Abbracciami e basta -, rimarcò prima di ripiombare nel mondo dei sogni.
Heechul mugugnò il suo assenso e abbandonò con fastidio il contatto con la pelle dell’altro Era una tortura ma doveva resistere. Non poteva commettere una mossa tanto avventata, benché si rendeva conto in modo sin troppo palese di quanto fosse attratto fisicamente da Kibum. Era come una caramella in attesa di essere scartata da lui, solo da lui. Era di nuovo la sua bambola perfetta e gli apparteneva, ma doveva essere paziente. Il principe aveva solo tredici anni contro i suoi diciotto e anche se lui, Heechul, era ansioso di prendersi ciò che di fatto gli spettava di diritto doveva porsi un freno, il più piccolo non poteva capire.
La vita è come una partita a scacchi, basta il minimo passo falso per cadere e io ho troppo da perdere. Se lo voglio devo giocare bene le mie pedine e ottenuto lui avrò anche Chosun.
Doveva rammentarlo bene.
Kibum gli avrebbe dato tutto e lui, Heechul, si sarebbe occupato di lui, avrebbe viziato la sua dolce bambola perfetta. Sì, non poteva che essere così. Uno strano sorriso modellò le sue labbra carnose e chiuse gli occhi. Dopotutto, ciò che ora non poteva avere nel mondo reale, poteva sempre averlo in quello dei sogni e per ora, nell’attesa, Heechul era intenzionato a sognare.
 
 
 
Ci vediamo prossimamente con l’ultimo episodio, nel frattempo…
 
Era più splendido di una rosa? Ebbene avrebbe avuto anche più spine…
 


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