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Autore: Celty23    03/12/2017    3 recensioni
Rin è una studentessa universitaria, la sua vita è normale e tranquilla, esce con le sue amiche come una qualsiasi ragazza. Negli ultimi giorni però strani sogni le tormentano il sonno, un paio di occhi dorati la osservano e quando finalmente si sveglia non si ricorda più nulla.
Sesshoumaru si deve fingere un essere umano insieme ad Inuyasha per poter vivere in tranquillità, circa cinquecento anni sono passati dallo scontro con Naraku, cinquecento anni e lui è stanco.
Una oneshot in due capitoli con due punti di vista differenti, che narrano però la stessa vicenda. Il primo raccontato dalla dolce Rin, il secondo dal bel demone Sesshoumaru, che vi chiarirà meglio le idee e vi spiegherà cosa è successo.
Spero di avervi incuriosito! faccio abbastanza pena a fare le introduzioni...
Coppia principale Rin/Sesshoumaru, accenni Kagome/Inuyasha
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sesshoumaru osservava il cielo scuro illuminato da una pallida luna e da qualche stella, perso nei suoi pensieri, cercava di ricordarsi come era finito in quella situazione, in quella monotonia, e cosa lo spingesse ad andare avanti. Un aereo con le luci rosse e bianche a intermittenza entrò nel suo campo visivo infastidendolo e spostando lo sguardo sulla foresta accanto, suo fratello era poco distante da lui, steso a terra incosciente che si riposava dopo lo scontro appena conclusosi.
Fratello, da quando Sesshoumaru aveva smesso di chiamare Inuyasha “lurido mezzosangue” e aveva iniziato a considerarlo un fratello? Non se lo ricordava, gli anni erano passati lenti e tristi, lasciandoli soli e senza nessun’altra compagnia, ormai il demone completo aveva superato il millennio d’età, eppure quegli ultimi cinque secoli lo avevano logorato dall’interno.
Si passò una mano artigliata, con i marchi demoniaci ben evidenti appena sotto il polso, nella lunga chioma argentea, lasciando che i capelli gli scivolassero giù dalle dita, contemplandoli con nostalgia. Pochi secoli prima gli umani avevano sviluppato le loro tecnologie, le loro armi, accrescendo la loro forza e iniziando a cacciare i demoni come lui, impauriti dalla loro forza e dalla loro stregoneria.
I fucili avevano decimato i demoni minori, troppo deboli per poter sopravvivere e scappare, fu proprio una di quelle pallottole ad uccidere Jaken, Sesshoumaru lo aveva lasciato indietro al sicuro, o così credeva, mentre andava ad esplorare un accampamento umano. Il rumore della pallottola lo aveva fatto scattare, incurante della sua stessa sicurezza era corso, volando verso il piccolo e rumoroso Kappa che lo aveva accompagnato in quei lunghi anni, quell’essere fastidioso dalla voce gracchiante, quel demone che l’aveva servito con devozione nonostante i suoi continui maltrattamenti. Lo trovò accasciato sul terreno freddo dell’inverno, freddo come il suo corpo, il sangue cremisi lo circondava creando una piccola pozza, gli occhi sbarrati e la bocca aperta che invocava il suo aiuto.
Non pianse e non mostrò al mondo esterno il suo dolore, perché era triste che il suo piccolo compagno di avventure lo avesse lasciato, era arrabbiato che non fosse riuscito a proteggerlo lasciandolo morire da solo, e ciò segnava anche che l’ultimo ricordo di Rin se ne era andato con lui. Lo seppellì e lo vendicò, non aveva più ucciso nessun essere umano da quando Rin, ancora una bambina sorridente, aveva incominciato a viaggiare con lui, ma in quella occasione aveva deciso di non seguire più quella regola autoimposta. Trovò gli umani che avevano ucciso il piccolo Kappa, li trovò facilmente tramite il loro odore, e li massacrò dal primo all’ultimo, ignorando le loro suppliche e le loro preghiere, i loro ultimi desideri lo fecero solo ridere, una risata sadica e meschina, volevano rivedere i loro cari un’ultima volta ma loro non avevano permesso al demone di fare lo stesso.
Un vento leggero gli accarezzò il volto accaldato, rasserenandogli per un istante l’animo ferito, e facendo cambiare strada ai suoi pensieri cupi.
Nonostante avesse lasciato Rin nel villaggio umano da bambina non riusciva a lasciarla completamente andare, regalandole almeno un kimono ad ogni sua visita, sapeva il significato che quel gesto aveva per gli umani, e spesso lo stesso significato valeva anche per i demoni, eppure lui continuava a fare finta di nulla. Si diceva che così non era, che non provava dei sentimenti romantici per la bambina, che più passava il tempo più cresceva, diventando una giovane donna, bellissima.
Si rese conto di quanto fossero stupide e campate in aria fossero le sue scuse, quando vide uno dei giovani del villaggio corteggiare la ragazza. La gelosia si era impossessata di lui e insieme anche la possessività tipica dei demoni, Rin era sua, e non avrebbe permesso a nessuno, umano, demone o mezzo demone, di posare anche solo lo sguardo su di lei. Le disse quelle stesse parole, nessuna promessa d’amore, nessun giuramento, con il suo solito sguardo freddo e occhi gelidi, eppure lei aveva capito, aveva compreso i suoi sentimenti meglio di lui, si era letteralmente gettata fra le sue braccia ripetendo che per lei era lo stesso, che provava i suoi stessi sentimenti e che voleva ripartire con lui e Jaken, voleva esplorare il mondo e stare sempre al suo fianco. Ma lui aveva rifiutato, preferendo aspettare.
Aveva sedici anni, nell’epoca Sengoku, cinquecento anni prima, veniva considerata una donna in piena regola, mentre adesso, a metà del ventunesimo secolo, l’avrebbero considerata appena una ragazza. Se ne andò dopo appena due anni, con lei anche l’umana di suo fratello, lasciandoli soli con un vuoto che non poteva essere colmato.
Si ricordava ancora quel giorno come se fosse successo pochi istanti prima, a causa di una strana sensazione che lo attanagliava da ore era corso al villaggio, pregando per la prima volta nella sua vita che si stesse sbagliando, ma così non fu. Quando arrivò trovò Rin e Kagome a letto, il sudore le ricopriva come una seconda pelle, mentre diversi spasmi attraversavano il loro corpo, Inuyasha era accanto alla moglie e la guardava con le lacrime che gli rigavano il volto, mentre le teneva la mano con forza.
«Kagome cosa…» Non riusciva a parlare, ma la domanda che attraversava la mente di tutti i presenti era la stessa, cosa stesse succedendo alle due donne…
«Signor Sesshoumaru…» Il demone si avvicinò alla ragazza, osservandola in ogni più piccolo dettaglio, cercando di capire cosa stesse succedendo, come potesse salvarla per la terza volta, sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma non doveva succedere così presto, non poteva.
«Sono qui Rin…»
«Non si dimentichi di me… Mi trovi…» Quando il cuore della ragazza si era fermato il silenzio era calato in tutto il mondo, le orecchie demoniache non percepivano più alcun suono, e il suo cuore si era fermato con lei. Dolcemente le accarezzò il volto, imprimendosi nella memoria il volto, l’odore, la sua voce con quelle ultime parole, ed uscì non riuscendo più a trattenersi.
Tutt’ora si ricordava poco delle ore che erano seguite, si era trasformato nella sua forma demoniaca completa ed era volato via, incapace di credere a quello a cui aveva appena assistito, incapace di credere alla morte di Rin. Voleva dimenticare, voleva che il dolore che lo stava dilaniando dall’interno finisse permettendogli di respirare, ma ciò avrebbe voluto dire dimenticare Rin, e lui questo non lo voleva.
Era tornato al villaggio solo ore dopo quando ormai il sole era calato e il buio della notte aveva inghiottito ogni cosa, credeva di poter affrontare finalmente suo fratello e sapere cosa fosse successo. Inuyasha gli raccontò come fossero entrambe sane, come stessero bene pochi minuti prima che lui arrivasse, e che all’improvviso erano crollate a terra tremanti ed agonizzanti. Piangeva mentre gli raccontava, mostrava il suo dolore apertamente, senza vergogna alcuna e in quel momento, per la prima volta Sesshoumaru si sentì invidioso del fratellastro, anche lui avrebbe voluto poter soffrire la perdita dell’amata come lui.
Gli disse anche che pochi istanti prima di morire Kagome era entrata in trance, la voce non era più la sua, gli occhi si erano girati all’indietro e gli aveva detto di aspettarle, perché sarebbero tornate nel futuro. Sesshoumaru era scettico, non credeva che attendendo loro sarebbero ricomparse magicamente, continuò a pensarla così anche dopo che scoprì che Kagome veniva dal futuro ed era la reincarnazione di una sacerdotessa. Inuyasha cercò di convincerlo di avere fede, ma anche il mezzodemone sapeva di chiedere molto, lui era stato con la ragazza per diversi anni e sapeva che il loro amore sarebbe sopravvissuto. Mentre Sesshoumaru aveva passato troppo poco tempo con Rin, non aveva potuto sperimentare quelle sensazioni, quelle sicurezze, non aveva quella fede cieca per il loro amore.
Il demone completo iniziò a viaggiare in tutto il mondo, cercando un modo per poterla far tornare indietro, per avere ancora del tempo con lei, chiese consiglio anche a sua madre, ma tutti gli sforzi che fece furono vani. E fu a causa di quella missione autoimposta che voleva assolutamente portare a termine, che non si accorse dello stato di Ah-Un, cieco nel dolore che credeva solo suo, il demone drago aveva smesso di mangiare, di bere, aveva perso la voglia di vivere. Sapeva che i cavalli in alcune situazioni decidevano di lasciarsi morire, rifiutando il cibo anche se gli veniva posto sotto il muso, Ah-Un non era un semplice animale, ma alla loro stessa maniera dopo la morte di Rin aveva deciso di lasciarsi andare, forse per raggiungerla.
Un rumore accanto a se lo distrasse dai ricordi, facendo concentrare il demone sul presente e notando che Inuyasha si era finalmente svegliato, lo aveva raggiunto e si era seduto accanto a lui. Le orecchie canine, segno della sua doppia natura, si muovevano ascoltando i rumori della foresta, mentre gli occhi ambrati come i suoi osservavano il cielo, persi in pensieri simili a quelli di Sesshoumaru.
Dopo la morte di Ah-Un avevano iniziato a viaggiare insieme, a volte per lunghi periodi a volte non si vedevano per altrettanto tempo, e solo dopo la morte di Jaken capirono di doversi nascondere e mescolare tra gli esseri umani. Non fu difficile, si integrarono facilmente, ma un problema sorse dopo circa un mese, durante una notte di luna nuova.
Normalmente Inuyasha diventava un umano completo in quelle ore, ma in quelle condizioni particolari, in cui veniva costretto ad essere umano tutti i giorni, la sua natura demoniaca era esplosa. L’aveva trasformato in un demone completo incontrollabile e assetato di sangue, Sesshoumaru aveva dovuto lottare contro di lui per farlo calmare, facendolo svenire a suon di pugni.
Così era andata avanti la loro vita, da umani, senza i loro poteri, nascondendo la loro vera natura per un mese meno un giorno, in cui potevano mostrarsi alla natura, ma stando sempre all’erta.
«Sono passati cinquant’anni…» Inuyasha ruppe quel silenzio ma Sesshoumaru non rispose, nonostante sapesse bene a cosa si riferisse.
Circa cinquant’anni prima il pozzo mangia-ossa si era chiuso dopo la lotta contro Naraku e la sfera dei quattro spiriti, lasciando Kagome da questo lato per tre lunghi anni. Inuyasha sapeva che nel passato c’era un lui giovane che la attendeva, per questo non le aveva mai parlato, non si era mai fatto vedere, ma l’aveva sorvegliata da lontano ogni giorno, finché il pozzo non si era riaperto permettendole di tornare nel passato.
«Me lo sento sono vicine!»
«Lo dici da cinquant’anni…»
«Ora lo sono ancora di più! Vedrai non manca molto, le rivedremo presto!» Discutere era inutile, avevano litigato spesso in passato per questo, lui era positivo, continuava a credere che loro sarebbero tornate, sarebbero spuntate dal nulla quasi per magia. Sesshoumaru invece era stanco, sempre più spesso si trovava a passare intere giornate senza accorgersi che avvenivano, muovendosi e lavorando come un automa, mentre la mente vagava, ripensando alla natura incontaminata, e a dove gli sarebbe piaciuto lasciarsi andare.
Entrambi i fratelli si ritrasformarono in umani, i capelli persero il loro naturale colore argenteo diventando neri come il petrolio così come l’iride negli occhi, i marchi e segni demoniaci erano spariti, orecchie, coda, così come i loro sensi sviluppati. Tenseiga e Bakusaiga erano scomparse, ma Sesshoumaru le sentiva ancora dentro di sé, la seconda che lottava, si ribellava a quella prigionia forzata, e la prima che cercava di calmare il suo spirito combattivo, vincendo ogni volta e placandola.
Il demone si sentiva come la sua spada, incatenato perennemente a quella forma umana, impossibilitato ad essere se stesso, costretto a sopprimere la sua vera natura e a nascondersi. Al contrario di Bakusaiga però, lui non aveva alcuna Tenseiga a calmarlo, rimaneva solo, venendo logorato dall’interno, lentamente, come un prigioniero che scava la pietra con le unghie.
Senza aggiungere altro tornarono a casa in silenzio, Inuyasha con un sorriso in volto e gli occhi speranzosi, Sesshoumaru invece osservava il paesaggio con sensi umani, non sentendo più il piacevole respiro degli alberi o il sussurrare del vento, era così stanco di tutto ciò. La mente cominciò a vagare ricordando i tempi in cui era la natura ha predominare, recuperando le immagini dei tramonti e delle albe che aveva visto, delle cime delle montagne innevate senza piste da sci, del cielo azzurro senza aerei o elicotteri che lo attraversavano. Esisteva ancora un posto incontaminato? Un posto in cui nella sua forma demoniaca avrebbe potuto ascoltare quei suoni ormai perduti, senza rumori e odori molesti. Un posto dove avrebbe potuto lasciarsi andare, e finalmente smettere di soffrire.
«Stasera usciamo!» Sesshoumaru sospirò ed osservò il calendario sulla scrivania, era passata una settimana in un battito di ciglia, e lui non se ne era nemmeno accorto.
«Non se ne parla…» Tornò a fissare i fogli che aveva davanti a se e li studiò cercando di ricordarsi cosa stesse facendo, ma Inuyasha quel giorno aveva deciso di non mollare.
«Ho una buona sensazione! Fidati questa sera è la sera! Me lo sento dentro» Sesshoumaru lo guardò di sbieco con un sopracciglio alzato, e lo vide con gli occhi neri fissi su di lui, pronti a lottare per convincerlo a uscire, sicuri della loro sensazione.
Un tempo il demone completo avrebbe discusso, avrebbe utilizzato la sua forza e il suo potere per far fare a Inuyasha e a tutti quelli più deboli di lui il suo volere, ma era stanco, anche solo ribattere gli costava una fatica che mai avrebbe creduto.
«D’accordo… Ora esci dal mio ufficio…» Il mezzodemone uscì sorridente, ripetendo che non se ne sarebbe pentito, se non fosse stato così contento forse si sarebbe accorto dell’arrendevolezza del fratello, forse si sarebbe accorto che ormai non aveva più voglia di vivere.
Un tempo Rin gli aveva detto che aveva il fuoco negli occhi, l’orgoglio, la sua voglia di combattere e di diventare più forte lo rendevano vivo, lo facevano andare avanti, creando una fiamma accesa negli occhi ambrati. Ormai però lui sapeva che non c’era più, in quei secoli la fiamma era diminuita, rimpicciolendosi sempre di più fino a scomparire.
Non era passato molto tempo da quando aveva realizzato questo fatto, da quando aveva capito che era troppo stanco, e probabilmente anche annoiato, per poter andare avanti, eppure non se ne era ancora andato perché non voleva lasciare solo suo fratello. Un altro sospiro uscì dalle labbra del demone, come aveva fatto ad affezionarsi tanto a Inuyasha?
«Non dirmi che hai cambiato idea?» Sesshoumaru si mise la giacca e guardò il mezzo demone, si era vestito come un ragazzino, berretto rosso e T-shirt.
«No ma muoviamoci così prima finirà questa pagliacciata…» La giornata era volata come la settimana, quasi non si accorse nemmeno di essersi vestito con un completo così come di aver recuperato la macchina, una BMW bianca, e di seguire le indicazioni per il locale in cui dovevano andare.
«Parcheggia pure qui, girato l’angolo siamo arrivati…» Fece come suggeritogli e scesero, Sesshoumaru era ancora perso nei suoi pensieri e non si rese conto subito dove Inuyasha l’avesse portato.
Il locale era di medie dimensioni, una buona illuminazione e una leggera musica in sottofondo per rendere a proprio agio le persone, diversi tavolini e sedie erano posizionati lungo tutta la stanza principale insieme a un grosso tavolo con un piccolo rinfresco, diverse persone chiacchieravano o si guardavano attorno agitate.
«Dimmi che non l’hai fatto veramente…» Inuyasha evitò il suo sguardo iniziando a massaggiarsi la testa in ansia, e questi gesti risposero al posto suo.
«Io me ne vado…»
«Dai Sesshoumaru aspetta, non puoi fidarti per…» Si bloccò all’improvviso, gli occhi fissi verso un punto indefinito alle spalle del demone, che si girò per capire cosa fosse successo ritrovandosi di fronte Kagome. Sorrideva allegra mentre si guardava in giro non notando i due fratelli, i capelli corvini erano lasciati liberi mostrando la loro naturale lunghezza. Inuyasha si era completamente dimenticato di dove fosse o di cosa stesse dicendo, Sesshoumaru poteva capirlo e sorrise leggermente intenerito, forse il suo intuito non aveva sbagliato questa volta.
«Buona serata…»
«No dai aspetta…» Sesshoumaru lo prese per il colletto della T-shirt e lo tirò in disparte, stufo di continuare a discutere e leggermente frustrato del fatto che non c’era ancora nessuna traccia di Rin.
«Senti non intendo rimanere oltre! Tu hai trovato la tua bella e io ora me ne voglio andare, non parteciperò a questa pagliacciata!» La rabbia rendeva instabile l’amuleto che lo trasformava in un umano, facendogli diventare gli occhi non più neri ma rosso sangue, Inuyasha sbuffò leggermente intimorito. «D’accordo, ma almeno lasciami la macchina!»
Il demone quasi ringhiò, ma gli fece cadere le chiavi della macchina in mano per poi andarsene finalmente a passi svelti, raggiunse la stazione sbuffando e infastidito di dover utilizzare quel mezzo di trasporto, ma ringraziò il fatto di non doverci salire con i suoi sensi demoniaci. Il rumore era insopportabile con quelli umani, nella sua vera natura probabilmente avrebbero iniziato a sanguinargli le orecchie, per non parlare poi dell’odore.
Trovò il treno già al binario e poté iniziare a sedersi osservando il cielo scuro attraverso il finestrino, non era tanto distante da casa sua, in volo sarebbe stato un attimo da raggiungere. Da quanto tempo non volava più? Da quanto tempo non sentiva il vento cullarlo gentile, accarezzandogli i capelli argentei e la coda che usava come stola. Se chiudeva gli occhi poteva tornare a uno di quei viaggi, la natura incontaminata e dai mille colori si stendeva sotto di lui, mentre qualche rapace impavido volava al suo fianco. La voce di Jaken che chiedeva di rallentare perché non aveva una buona presa sul suo pelo, o che scacciava gli animali agitando il suo bastone, non ritenendoli degni di volare accanto al sommo Sesshoumaru.
Prima di andarsene avrebbe dovuto fare un saluto al piccolo Kappa, non era mai andato a trovare la sua tomba, ma forse non sarebbe stato così disonorevole, forse poteva anche rimanere lì. Inuyasha aveva ormai trovato Kagome e non sarebbe più stato da solo, che il tempo fosse giunto? Che il destino lo stesse chiamando?
Il treno si fermò piano e Sesshoumaru riaprì gli occhi, conscio di essere arrivato all’ultima fermata, la sua. Si alzò continuando a pensare quando una figura su una poltroncina attirò la sua attenzione, una ragazza sui vent’anni stava dormendo beata sulla poltroncina del vagone e non sembrava avere intenzione di svegliarsi.
Sarebbe dovuto andare avanti per la sua strada, ignorando la ragazza e decidendo se attuare il suo piano già quella sera stessa, era meglio non perdere altro tempo, ormai era stanco da troppo a lungo. Ma contro ogni logica si fermò, chiamando la ragazza cercando di svegliarla ma nulla, le poggiò una mano sulla spalla scuotendola leggermente e a quel punto lei aprì gli occhi corvini, osservandolo ancora assonnata.
«Ma non erano ambrati?...» Sesshoumaru spalancò gli occhi sorpreso, non poteva aver sentito bene, doveva essere una coincidenza quella, probabilmente stava ancora sognando, la ragazza a quel punto sembrò svegliarsi del tutto.
«Eh? Scusi mi ero appisolata stava dicendo qualcosa?» Non si ricordava, probabilmente era davvero una coincidenza, eppure…
La guardò attentamente, corti capelli d’ebano le circondavano il volto dai lineamenti delicati, gli occhi erano neri e profondi, quasi infantili?
«Ho detto che il treno è arrivato al capolinea…» Stava immaginando cose che non esistevano, non era chi credeva che fosse, era solo frustrato perché suo fratello aveva trovato Kagome mentre lui no, ma forse era meglio così.
«Grazie mille…» La ragazza se ne andò recuperando i suoi oggetti, lasciandolo solo con mille dubbi e con le sicurezze che lo avevano accompagnato in quegli ultimi anni vacillare. E se fosse stata lei? E se non fosse stata lei… Avrebbe rischiato di illudersi, dando al suo animo una delusione troppo grande da sopportare.
Eppure non riusciva a convincersi, inspirò profondamente l’aria cercando di percepire l’odore della ragazza, sperando che anche in forma umana riuscisse a percepire il profumo di fiori bagnati dalla rugiada, ma così non fu.
Tornò a casa ripetendosi di non illudersi, che era solo una coincidenza e che aveva sentito solo quello che voleva sentire, che non era reale. Era più facile credere che non lo fosse, però quando si guardò allo specchio vide negli occhi una leggera fiamma.

Quella notte l’aveva passata completamente sveglio, non che avesse bisogno di dormire, ma il pensiero di quella ragazza non lo voleva abbandonare. Il suo volto era simile ma non uguale a quello di Rin, mentre Kagome non era cambiata di una virgola, vero era però che quella ragazza era più grande di quando Rin se ne era andata. La sua voce invece, era la stessa o solo simile? Quando cercava nei suoi ricordi sentiva solo la voce della bambina che lo seguiva alla caccia di Naraku, era stato troppo poco tempo con lei da adulta. Sciocco e orgoglioso Sesshoumaru.
Perché non le aveva chiesto il nome? Così ora non avrebbe passato il tempo a pensare a lei e a maledirsi per quella debolezza. Perché non riusciva a credere che fosse solo una coincidenza? Che quella ragazza non fosse Rin, ma solo una ragazza normale, che viveva la sua vita…
La macchina si fermò di colpo cogliendo il demone di sorpresa e facendogli sbattere le palpebre un paio di volte per capire dove fosse, del fumo bianco usciva dal cofano della macchina mentre altre lo superavano suonando il clacson. Digrignò i denti maledicendo Inuyasha e qualsiasi cosa abbia fatto la sera precedente per rompergli l’auto.
Uscì sbattendo la portiera alle sue spalle e andò a controllare il danno, ma appena alzò il cofano altro fumo bianco lo investì facendolo tossire ripetutamente fra un’imprecazione e l’altra. Chiamò il suo meccanico che arrivò dopo cinque minuti precisi, portando via la macchina e dicendo che sarebbe stata pronta nel pomeriggio, il danno non era grave ed era facile da sistemare.
Il demone imprecò nuovamente, doveva raggiungere il suo ufficio in orario, il giorno prima era andato a lavoro nonostante fosse domenica proprio per revisionare un contratto che sarebbe stato firmato quella mattina. Raggiunse la stazione dei treni sbuffando e maledicendo il fratello, la prossima volta che si sarebbe trasformato non ci sarebbe andato piano, era una promessa.
Riuscì a prendere il treno appena in tempo e guardandosi attorno trovò un posto libero, senza pensarci si sedette ma solo dopo si accorse che accanto a lui c’era la ragazza della sera precedente. Un paio di cuffie erano incastrate nelle orecchie ma non riusciva a sentire cosa stessero riproducendo, la testa era inclinata e lasciata cadere sulla spalla e i capelli corvini seguivano quella angolazione.
La osservò sfruttando la sua incoscienza, i capelli erano leggermente mossi, la frangia era scompigliata e non stava al suo posto, un ciuffo addirittura puntava verso l’alto. Nonostante i lineamenti fossero di una giovane donna, alcuni tratti rimanevo infantili, come le guance morbide e tonde, e probabilmente anche gli occhi curiosi e pieni di vita. Aveva finalmente l’opportunità di parlarle, di chiederle almeno il nome, di sentire la sua voce, forse anche il suo profumo.
La sua fermata arrivò troppo presto e lei dormiva ancora, si alzò non mostrando la delusione che iniziava ad avvolgerlo, ma non fece in tempo a fare nemmeno un passo che qualcosa lo afferrò, impedendogli di andarsene. Si girò e trovò la ragazza, ancora profondamente addormentata, trattenerlo. 
«Signor Sesshoumaru…» Gli occhi si spalancarono per lo stupore, nonostante il chiasso presente all’interno del vagone il demone era riuscito a sentire perfettamente quelle parole. L’aveva chiamato come lo chiamava Rin, e la voce era la sua, identica a quando era bambina.
«Scusi! Non so che mi sia preso, stavo dormendo e…» La ragazza si era svegliata completamente e non ricordava nulla come la sera precedente, eppure non l’aveva sognato, oppure stava iniziando ad avere una specie di Alzheimer demoniaco. Gli lasciò il braccio scusandosi ancora mentre le porte del treno si richiudevano lasciandolo all’interno, sarebbe arrivato in ritardo ma non gli importava, non più. Si risedette accanto a lei osservandola, era cresciuta certo, ma la sua voce, quegli occhi neri come l’ebano che lo osservavano.
«Ho fatto o detto qualcosa?...» Quasi non la sentì, così perso nei suoi pensieri, Inuyasha gli avrebbe detto che si stava comportando come un maniaco, ma non gli importava.
Una parte di lui gli diceva di parlarle, sussurrandogli parole dolci nelle orecchie: era lei, Inuyasha aveva ragione ad avere fede, era tornata. Ma l’altra parte gli dava del folle, dell’illuso, con una spada gli trafiggeva il cuore che tutti consideravano di ghiaccio, e che in quei cinque secoli lo era diventato per davvero. Non può essere lei, l’hai vista morire con i tuoi occhi, se ne è andata e non tornerà, non illuderti, soffrirai nuovamente per nulla.
Due fermate dopo la ragazza si alzò e scese dal treno, voleva seguirla e parlarle, ma la seconda voce vinse sulla prima, lasciandolo seduto sulla scomoda poltroncina blu.

Sesshoumaru non seppe come arrivò in ufficio, o come riuscì a concludere quella giornata, sapeva solo che quella sera avrebbe avuto una risposta e l’avrebbe accettata, sia che fosse positiva o negativa, e lui avrebbe agito di conseguenza. Era tornato a casa presto quel giorno, Inuyasha aveva il giorno libero e non era venuto a lavoro, così quando lui rientrò venne assalito dal fratello, che gli volle raccontare tutto quello che era successo la sera precedente.
«Davvero Sesshoumaru era lei, in tutti questi anni lei non è cambiata di una virgola… Il suo carattere, il suo modo di sorridere di mordersi il labbro…» Il demone completo lo ascoltava solo a metà «E’ stato come tornare indietro nel tempo, lei non si ricorda di me, non ancora, ma si ricorderà!»
Sesshoumaru prese la giacca e le chiavi di casa e fece per uscire, solo in quel momento probabilmente Inuyasha si accorse di cosa stesse succedendo, dell’apatia che lo aveva assalito in quegli ultimi anni, solo ora che era felice si accorse che Sesshoumaru aveva raggiunto un punto di non ritorno.
«Dove stai andando?...» Se non fosse stato se stesso Sesshoumaru avrebbe probabilmente riso per quella domanda, gli sarebbe piaciuto rispondergli con la verità, ma non sapeva nemmeno lui quale fosse ormai.
«Esco» Il mezzo demone lo guardò torvo, gli occhi scuri e un’aria preoccupata in volto «Sesshoumaru cosa hai intenzione di fare?...»
«Voglio solo fare un giro… E dove non sono affari tuoi…» Inuyasha cercò di controbattere ma non gli diede il tempo, uscì prima che aprisse bocca e iniziò a camminare in direzione della stazione a passo spedito.
Le strade erano buie e silenziose, non un’anima girava a quell’ora, tutte rinchiuse in casa a godersi la serata con parenti e amici, guardando un film e cenando allegramente, mentre lui andava incontro al suo destino.
I passi risuonavano nelle vie mute mentre i capelli scuri si muovevano, mossi dal vento gentile, ogni nuovo passo lo avvicinava verso quella ragazza che credeva essere Rin. In lontananza vide la strada della stazione con i lampioni accesi, uno però era completamente spento e non sembrava aver intenzione di dar segno di vita.
I piedi si mossero, lentamente, senza fretta, aveva aspettato per così tanto tempo che un minuto in più o in meno non faceva differenza. Le scarpe in cuoio rimbombavano fastidiose sull’asfalto, creando un suono sordo, ma piano piano quel suono sparì, le calzature sparirono sostituite da quelle di stoffa che era solito utilizzare nell’epoca Sengoku. I capelli scuri si tinsero di argento e le iridi divennero ambrate, le orecchie si allungarono e la folta coda bianca ricomparve dal nulla, così come le due spade al suo fianco.
Bakusaiga era stranamente tranquilla, non si agitava e non chiedeva di essere estratta, mentre quella irrequieta era Tenseiga, sentiva la sua lama vibrare nel fodero muovendosi come mai aveva fatto prima.
Si nascose al buio del lampione, attendendo l’arrivo del treno, che con i suoi sensi demoniaci ora sentiva avvicinarsi, zittì la voce nella testa che gli ripeteva che stava facendo una follia, ormai aveva preso la sua decisione.
Durante l’attesa ripensò a Rin, riportò a galla i ricordi dell’unica umana, dell’unico essere vivente, che era riuscito a scalfire il suo cuore. Il loro primo incontro, lei che cerca di aiutarlo nonostante fosse un demone e poteva ucciderla con un dito, eppure lei gli aveva sorriso, offrendogli del cibo. Quando era stata rapita dal demone Ongokuki e fu salvata dai monaci umani, era rimasto in disparte credendo che fosse meglio per lei vivere con i suoi simili, forse cercava già di allontanarla per i sentimenti che stavano nascendo in lui. Però lei lo aveva chiamato, chiedendo di essere salvata perché non voleva tornare a vivere in un villaggio umano, e lui era andato a salvarla come il principe azzurro. E il giorno in cui era andato a recuperarla negli inferi, dove il demone cane di sua madre l’aveva condotta, tutto per colpa del suo stupido orgoglio.
Il motore del treno finalmente si zittì, le porte si aprirono meccanicamente e sentì i passi di qualcuno scendere e iniziare ad incamminarsi velocemente verso casa, dopo pochi istanti sbucò la ragazza. La vide stringere la borsa a sé e incamminarsi a passo svelto nella direzione opposta in cui lui era, doveva fermarla, doveva chiamarla, doveva rischiare, eppure non si muoveva.
La ragazza rallentò il passo per qualche motivo a lui sconosciuto e si girò verso di lui, sentiva il suo profumo di fiori bagnati dalla rugiada, identico a quello di Rin, era Rin, ormai non aveva più dubbi, eppure continuava a non muoversi o a parlare, riuscì solo a pensare al suo nome.
“Rin…”
Lei si mosse titubante, uno, due passi, l’odore della paura era presente, ma non dominante, la curiosità e un sentimento che non riusciva a identificare le crescevano dentro. Sesshoumaru sentì il cuore battere più velocemente, lo stava raggiungendo, forse non era tutto perduto, forse aveva gettato la spugna troppo presto.
 “Rin…”
Il lampione che lo nascondeva diede segni di vita, investendolo con la luce bianca completamente, ma per pochi istanti, riportandolo nell’oscurità subito dopo. La chiamò ancora nella sua mente, doveva vederla, doveva sentirla.
 “Rin!”
Ricominciò a camminare e questa volta senza alcuna esitazione, si fermò a soli due lampioni osservandolo ma senza riuscire a vederlo a causa del buio. Era la paura che lo faceva esitare? La paura di soffrire nuovamente che non lo faceva uscire e lo teneva inchiodato in quel punto?
La luce si accese nuovamente, rimanendo in quello stato per qualche secondo, permettendo a Rin di osservarlo e quando i loro occhi si incontrarono si chiese come avesse fatto a non riconoscerla subito.
Una volta che la luce si spense Rin si mosse cercando di raggiungerlo, ma si bloccò a un lampione di distanza, l’odore di paura stava iniziando a diventare predominante, e questo terrorizzò il demone. Rin non aveva mai avuto paura di lui, non in tutti gli anni che aveva viaggiato con lui, che l’aveva visto uccidere uomini e demoni senza fatica, la sua piccola Rin non poteva avere paura di lui.
Altra luce lo investì, rimanendo questa volta però accesa. Era il momento decisivo, o l’avrebbe riconosciuto o sarebbe scappata via terrorizzata e lui non si sarebbe fatto vedere mai più, da nessuno.
La vide fare un passo indietro, la paura lo invase, aveva provato quelle sensazioni solo poche volte, e giravano sempre attorno a Rin, quando credeva di averla persa, quando l’aveva vista morire agonizzante, una paura che credeva avrebbe ucciso anche lui.
«Rin…»  La chiamò, la supplicò quasi di non scappare, veramente questa volta, muovendo le labbra e facendo vibrare il suo nome nell’aria, assaporando dopo tanto tempo quella parola.
«Signor Sesshoumaru…» La paura era scomparsa, esplosa come una bolla di sapone, mentre un fiume di lacrime iniziò a scenderle lungo le guance, circondando il sorriso che le era comparso. Lo abbracciò senza esitazione, scacciando senza saperlo il terrore che lo stava attanagliando, e lui contraccambiò stupendola, la strinse più che poté senza farle male, nascondendo il volto nei capelli corvini e inspirando il dolce profumo della ragazza, dandole un leggero bacio sulla fronte. Gli era mancata così tanto.
«Signor Sesshoumaru… Mi avete trovata… Io…»
«Non dire nulla Rin… Non serve a nulla ora che siamo insieme…» Rin alzò lo sguardo puntandolo corrucciato negli occhi ambrati del demone, tutte quelle emozioni trasmesse con un semplice sguardo, come aveva fatto a sopravvivere cinquecento anni senza di lei, e solo con Inuyasha? Gli sembrava impossibile resistere anche solo un giorno. Quanto era stato sciocco secoli prima a lasciarla in quel villaggio, invece di approfittare di quel tempo e stare con lei, imparando a conoscerla da subito…
Quegli anni lo avevano reso più saggio, forse ora assomigliava più a suo padre di quanto non avesse mai fatto in passato, ma soprattutto lo capiva di più, sacrificare la sua vita per un’umana… Lui avrebbe concesso volentieri tutti i secoli che gli rimanevano per stare con Rin il più a lungo possibile.
«Eri tu l’uomo sul treno ieri e oggi vero?... Quell’umano!» Fece una smorfia di disgusto quando venne appellato in quella maniera, anche se si sarebbe sacrificato per un’umana, non voleva dire che gli stavano simpatici tutti gli altri.
«Ma quindi Inuyasha… Era lui! Ahaha oddio…» Non la lasciò andare, ma la osservò alzando un sopracciglio attendendo che gli spiegasse il motivo di quel sorriso improvviso, e del perché avesse nominato suo fratello.
«Ieri sera… Prima che ti incontrassi, sono andata con Kagome, quella Kagome!» Fece una pausa per riordinare i pensieri e Sesshoumaru capì che quella sera c’era anche Rin «Siamo andate in un appuntamento al buio, e Inuyasha era lì! Nella sua versione umana… Gli ho anche dato consigli su come conquistare Kagome… Ma quindi anche loro ricordano?» Appena avrebbe rivisto suo fratello una bella lezione non gliela toglieva nessuno.
«Lui sì… Lei non ancora, ma prima o poi sì…» Rin si strinse ancora di più a lui e la lasciò fare, non voleva sprecare altro tempo, voleva imprimersi quel momento nella memoria. Quando chiudeva gli occhi voleva rivedere Rin, abbracciata a lui sorridente e felice, aveva sofferto fin troppo. Le baciò nuovamente la fronte, imprimendosi il suo calore sulle labbra, si erano baciati in passato, ma era ancora piccola e non voleva correre all’epoca. Ma ora era diverso. Rin alzò lo sguardo e lo osservò con gli occhi neri lucidi.
Si baciarono dolcemente, assaggiando la morbidezza delle labbra della ragazza, non riuscendo a credere che tutto quello stava succedendo veramente. Era morto e quello era una specie di paradiso?
Sesshoumaru faticava a trattenere il desiderio, la bramosia di lei, voleva di più di Rin, voleva assaporarla veramente, così allungò la lingua chiedendo a quelle labbra rosee il permesso di entrare, e non solo Rin glielo concesse, ma si unì a lui in quel gioco sensuale, accarezzando leggermente i canini appuntiti.
Il suo sapore lo invase, il profumo di fiori che la caratterizzava era intensificato, dolce ma non stordente, gli faceva desiderare di non fermarsi più, di averne ancora e ancora, come il nettare degli dei. Ed era ciò che aveva intenzione di fare, non l’avrebbe lasciata andare, le sarebbe stato accanto in ogni momento, e si diede dello sciocco, stupido orgoglioso, per non aver capito prima quanto quelle emozioni fossero importanti. Si promise di mostrarle i sentimenti, di non essere più freddo come un tempo, o quantomeno di farglielo capire con i gesti, dato che lei sembrava leggergli l’anima senza fatica.
Rin aveva capito prima di lui i suoi stessi sentimenti, e questa volta Sesshoumaru non avrebbe permesso al suo orgoglio di accecarlo, i suoi sentimenti non sarebbero cambiati e glielo avrebbe dimostrato, come è vero che il sole sorge ogni mattina.



Angolo Autrice
Ecco a voi il secondo e ultimo capitolo di questa storia! Spero vi sia piaciuta e che Sesshoumaru non sia risultato troppo OOC, o comunque che la spiegazione sul perché sia diventato così regga. Ha passato cinquecento anni, raggiungendo il millennio d'età, solo con Inuyasha, vedendo i suoi compagni morire (ho pianto mentre lo scrivevo T^T) e senza la presenza o anche solo i ricordi di Rin.
E niente! Non ho altro da aggiungere credo, fatemi sapere cosa ne pensate, ovviamente fatemi sapere se trovate qualche errore che mi è sfuggito, e alla prossima!

 
   
 
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