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Autore: Il corsaro nero    09/01/2018    1 recensioni
In ogni fiaba si sa già il destino dei personaggi.
I buoni vivono per sempre felici e contenti mentre i cattivi muoiono.
Non ci si può fare niente.
Non si può sperare di cambiarlo... o forse no...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Tarble, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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CAPITOLO 21: UN PADRE E UN FIGLIO


Tarble ansimò profondamente mentre se ne stava immobile davanti alla porta del palazzo.

Era una mattina fredda d'inverno e nessuno usciva da quel palazzo.

Dopotutto... chi usciva con un clima del genere?!

Continuò a intrecciarsi nervosamente le dite.

Adesso che era lì... cosa doveva fare?

Si guardò intorno.

Temeva che arrivasse qualche amica di Gure e lo riconoscesse...

Sarebbe stato molto imbarazzante spiegare che non stava molestando quella ragazzina ma che stava cercando di trovare il coraggio di citofonare al padre che se n'era andato quando lui non era nemmeno nato!

TRRRIIIINNN

Tarble sussultò per lo spavento e si nascose dietro a un lampione.

Ma perché mi sto nascondendo come un ladro?! Pensò, sconsolato, il giovane.

Non si sarebbe di certo stupito se qualcuno l'avesse scambiato per un maniaco...

La porta del palazzo si aprì e un uomo uscì.

Tarble sgranò gli occhi, sorpreso.

Quell'uomo... era identico a Vegeta.

Stessi capelli a fiamma, stessi occhi neri e stesso sguardo orgoglioso ma allo stesso tempo triste...

Le uniche differenze erano il colore dei capelli, suo fratello li aveva neri mentre quelli di quell'uomo erano castani, e, inoltre, quell'uomo era più alto di Vegeta e aveva la barba.

Non c'era alcun dubbio.

Quell'uomo doveva essere suo padre!

Finalmente, avrebbe avuto l'occasione di conoscerlo...

Col cuore che continuava a battere forte per l'emozione, Tarble si avvicinò a suo padre e sussurrò: “Scusa...”

L'uomo si voltò e si mise a fissare in silenzio quel ragazzo basso, mingherlino, con gli occhi neri e i capelli a spazzola neri, con un piccolo ciuffo sulla fronte.

Dopo qualche minuto di silenzio, Tarble gli domandò: “Ti... ti chiami Vegeta?” “Sì.” “E... e hai un figlio che ha il tuo stesso nome che ha una figlia di tre anni con i capelli turchini di nome Bra?” “Sì.” “E questa bambina... ti chiama il signor Lupo Cattivo?” “Sì...” annuì suo padre e, senza smettere di fissarlo, gli chiese: “Chi sei?” “Io... sono tuo figlio... mi chiamo Tarble...” si presentò il ragazzo.

Per tanti minuti, tra padre e figlio vi fu il completo silenzio.

Nessuno dei due sapeva che cosa dire.

Tarble era nervoso al pensiero della risposta di suo padre...

Suo padre, dal canto suo, continuava a fissarlo in silenzio.

Per giorni si era domandato quale fosse il nome che Echalotte aveva deciso di dare al loro secondo figlio.

Aveva pensato a tantissimi nomi eppure, non aveva assolutamente pensato a quel nome.

Non si sarebbe mai aspettato che sua moglie decidesse di usarlo...


L'onda si allungò ancora un po' sulla sabbia bagnata e, poi, si asciugò del tutto.

La fredda brezza marina scompigliò i capelli neri della ragazza con la pancia enorme seduta sul vecchio asciugamano azzurro.

Fa molto freddo oggi, eh?” domandò Echalotte al marito, che era a sua volta seduto su un asciugamano, e che leggeva il giornale, nonostante il vento gli facesse muovere le pagine.

Vegeta, prontamente e senza nemmeno alzare la testa dal giornale, le rispose: “Siamo in autunno, Echalotte. E' naturale che fa freddo anche se siamo al mare!”

Echalotte si alzò in piedi e, respirando più aria marina possibile, disse: “Ho letto su una rivista che l'aria marina fa bene ai polmoni e voglio che nostro figlio abbia il meglio!” “Non iniziare a viziarlo o è la fine.” sbuffò lui da dietro il giornale.

Echalotte si avvicinò a lui e, sorridendo, esclamò: “Ma ci pensi? Fra due mesi diventiamo genitori.” “Lo so, Echalotte. Credimi, che lo so.” “Sai... voglio essere una madre migliore della mia.”

Per un attimo, il silenzio, rotto soltanto dal rumore del mare, si mise tra i due coniugi.

Poi, Echalotte continuò: “A mia madre non è mai importato niente di me... come a mio padre...” “Ci riuscirai di certo.” le disse, all'improvviso, Vegeta.

Echalotte si voltò e si accorse, con stupore, che Vegeta non stava più leggendo il giornale ma che la stava guardando.

Dopo un po', però affermò, ridacchiando: “Anche perché, una madre peggiore della tua...” “Grazie, Vegeta. E bello poter contare sulla tua sensibilità.” ribatté, seccata, Echalotte e Vegeta, mentre tornava a leggere il suo giornale, le rispose, divertito: “Prego.”

Echalotte, decisa a riavere la sua rivincita, gli propose: “Perché, invece, non mi racconti di tua madre?”

Vegeta smise di leggere il giornale e, girando la testa da un lato, sussurrò: “Ti ho già detto tutto su di lei.” “Mi hai solo raccontato come è morta e le informazioni che hai letto sul tuo fascicolo quando eri in istituto... ma ci dev'essere qualcosa che ti ricordi di lei...” insistette la moglie ma l'uomo la interruppe: “Avevo tre anni quand'è morta... non posso ricordarla.”

Echalotte, capendo che suo marito non si sentiva ancora pronto a ricordare sua madre, si sedette sul telo accanto a lui e gli chiese: “E di tuo padre che mi dici?”

Vegeta alzò gli occhi nel cielo e guardò il volo di alcuni gabbiani.

Ad un tratto, sussurrò: “L'unica cosa che ricordo di lui è il nome...” “E qual'era?” “Non te lo dico.” “E perché?!” “Non voglio che mio figlio porti il suo nome.”

Echalotte rimase in silenzio.

Vegeta, nonostante le avesse raccontato tutto, si sentiva ancora in colpa per quello che era successo anni fa...

Ma non era stata colpa sua! Era stata una cosa orribile, certo, ma lui non aveva nessuna colpa...

Purtroppo, Vegeta non riusciva a perdonarsi... e chiamare suo figlio col nome di suo padre dopo tutto quello che era successo... l'avrebbe fatto sentire in colpa nei suoi confronti...

Purtroppo, lei non poteva fare niente.

Era una cosa che Vegeta doveva affrontare da solo.

Tuttavia, lei gli sarebbe stata accanto fino alla fine.

Lei e il loro bambino.

Prometto che non lo chiamerò così... ma tu dimmelo.” promise la donna, guardando.

Dopo qualche minuto di silenzio, Vegeta si decise e sussurrò: “Si chiamava Tarble.”


E, adesso, si trovava davanti al figlio che non conosceva e che aveva lo stesso nome di suo padre.

Si domandò per quale motivo Echalotte aveva deciso di chiamarlo come suo padre.

Forse, per vendicarsi di lui e del suo abbandono...

Alla fine, trovò il coraggio di dire a suo figlio: “Vegeta mi ha parlato di te.” “Già... ecco... io... volevo... volevo un po' conoscerti.” rispose Tarble, terribilmente teso e nervoso.

Fortunatamente, Vegeta sembrava avergli rivelato della sua esistenza e ciò rendeva le cose un po' più facili...

Però... in tutta quella storia c'era qualcosa di strano...

Vegeta non aveva nessuna intenzione di creare un approccio con suo padre, sua cognata Bulma glielo aveva detto chiaramente... ma allora... quando e come Vegeta aveva detto a suo padre che esisteva?!

Suo padre, intanto, si voltò e gli disse: “Seguimi.”

Tarble non credeva alle sue orecchie... suo padre gli aveva detto di seguirlo... questo significava... che volesse tentare un approccio con lui?!


Erano lì, faccia a faccia, nella sala di un elegante ristorante.

Nel frattempo, il cameriere aveva preso le loro ordinazioni e, dopo un quarto d'ora d'attesa, glieli aveva portati.

Tarble e suo padre non riuscivano ancora a dirsi qualcosa per tentare un approccio...

Entrambi erano molto tesi e non sapevano cosa dirsi.

L'uomo guardava suo figlio in silenzio.

Cosa poteva dirgli?

Non sapeva niente di lui!

Qualsiasi cosa gli avrebbe detto, molto probabilmente, avrebbe fatto pesare a entrambi la sua fuga e avrebbe rovinato tutto.

Tarble, dal canto suo, non riusciva ancora a credere di essere in un ristorante e di essere davanti a suo padre... l'uomo che se n'era andato quando non era nemmeno nato... l'uomo che, fin da quando era bambino desiderava conoscere...


Tarble, nella prossima ora ti porto a vedere un film.”

Il bambino alzò la testa dal disegno che stava colorando e, stupito, domandò: “Signora maestra... perché da settimana, nella sua ora, mi porta a vedere un film senza gli altri?”

La donna impallidì.

Se n'era accorto...

Per cercare di non rivelare al piccolo la verità, gli disse: “Così... per premiarti, in quanto sei un bravo bambino.”

Tarble continuò a guardarla, silenzioso, poi chiese: “Signora maestra, posso andare in bagno?” “Va bene, ma fa in fretta.”

Una volta che ebbe finito, il bambino si lavò le mani e sentì due bambini più grandi fare una strana conversazione: “Quest'anno, per la festa del papà facciamo i sassi colorati.” “Nel mio ci disegno i razzi.” “Io, invece, faccio i fulmini.” “Ciao, di cosa parlate?” domandò Tarble, intromettendosi nella conversazione.

Sapeva che non era una cosa molto educata da fare... però stavano parlando di una festa e a lui le feste piacevano tanto...

I due lo guardarono malissimo, poi gli dissero: “Di cose che non ti riguardano, nanerottolo.” “Tu non ce l'hai neanche il papà.” “Cos'è il papà?” chiese Tarble e i due scoppiarono a ridere.

Ma cosa avevano da ridere?!

Se non lo sapeva, non lo sapeva.

Chiedilo alla tua mamma, salame.” gli rispose uno dei due prima di uscire dal bagno e l'altro, prima di seguirlo, aggiunse: “Lei lo saprà di sicuro e anche molto bene...”


Mamma, cos'è il papà?”

Tarble era seduto sulla macchina accanto a Vegeta.

Sua madre fece un sospiro.

Era giunto il momento...

Cercando di trovare più forza possibile per quel tremendo momento, la donna cominciò: “Tarble... il papà... è un uomo che dovrebbe stare accanto alla mamma...”

Tarble si mise a riflettere sulle strane parole della madre.

Se un papà doveva stare accanto alla mamma, questo significava che anche lui aveva un papà... ma dov'era il suo papà?

Non aveva mai visto nessuno accanto alla sua mamma, a parte Vegeta, ma lui era un fratello e non un papà...

Allora anch'io ho un papà. Dov'è il mio papà?” domandò il bambino e Vegeta, senza smettere di guardare fuori dal finestrino, gli rispose: “Se n'è andato.” “E dove? Voglio conoscerlo.” gli chiese, emozionato, Tarble e Vegeta, fissandolo con uno sguardo di fuoco, gli urlò: “NON SI SA! CI HA ABBANDONATI! NON GLIENE FREGA NIENTE DI NOI!” “NON E' VERO! LA MAMMA AMA I PROPRI FIGLI E SE IL PAPA' STA ACCANTO A LEI, SIGNIFICA CHE ANCHE LUI LI AMA!” “NEI FILM E NELLE FAVOLE! NELLA VITA REALE I PADRI ODIANO I PROPRI FIGLI E LI ABBANDONANO!”

Tarble sentì le lacrime scendergli.

Il suo papà... non lo amava?! Lo odiava?! Al suo papà non importava niente della mamma, di Vegeta e di lui e li aveva abbandonati?!

BUAAAHHAAHA!” si mise a piangere, disperato, il bambino e sua madre, mentre fermava la macchina per andarlo a consolare, urlò: “VEGETA!”


Adesso era lì, davanti a suo padre.

Non avrebbe mai creduto possibile questa cosa...

Eppure, non riusciva a parlare...

Doveva trovare qualcosa da dire, in modo da tentare un approccio con lui e conoscere il padre di cui non sapeva niente.

Che... che lavoro fai?” domandò ad un tratto.

Suo padre posò la forchetta e il coltello.

Tarble sussultò a quel rumore improvviso, alzò gli occhi e vide che suo padre lo stava guardando.

Ad un tratto, l'uomo rispose: “Lavoro in un negozio dove si vendono quadri.” “A me piacciono i quadri... mi farebbe molto piacere se potessi vederli.” “Possiamo andarci più tardi, tanto ho le chiavi.” rivelò suo padre, tirando fuori da una tasca un mazzo di chiavi.

Tarble annuì.

Era solo un piccolo minuscolo passo ma, con un po' di fatica e pazienza, sarebbero riusciti a conoscersi un po' più a fondo.

   
 
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