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Autore: __roje    15/01/2018    1 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Aki Nomura è solo un ragazzo di 16 anni che ha sempre sognato di poter condurre una vita scolastica del tutto normale, fatta di amicizia e nuovi amori. Tuttavia la realtà in cui si trova non è affatto così; a causa di diversi eventi il suo carattere è diventato molto più rude e introverso e i primi due anni di scuola non sono stati esattamente ciò che credeva ed una delle ragione è la continua presenza nella sua vita di quello che una volta era il suo migliore amico: Hayato Maeda. Un ragazzo di straordinaria bellezza che viene definito da tutti "Principe" per i suoi tratti e i suoi modi, ma la realtà è ben altra infatti Aki scoprirà presto i nuovi gusti sessuali della persona che credeva di conoscere bene e da quel momento tutta una serie di strani eventi cominceranno a susseguirsi nella vita di questo giovane ragazzo.
IKIGAI: è l'equivalente giapponese di espressioni italiane quali "qualcosa per cui vivere" o "una ragione per esistere" o "il motivo per cui ti svegli ogni mattina".
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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CAPITOLO 29


Le ragazze e Mayu ci accompagnarono al pronto soccorso, visto comunque l’incidente appena accaduto ma dopo un primo accertamento appurarono che non avevo nulla di slogato, così fui lasciato libero con una piccola fasciatura lungo il braccio.
Una volta fuori dalla saletta del medico cercai Yoshida con lo sguardo e lo trovai “Aki allora? Stai bene?” notò la mia espressione persa nel vuoto, “Che cosa è successo?”, capì tutto al volo.
“Devo andare da Hayato adesso, non giudicarmi.”
Sembrò capire ancora una volta tutto, mi sorrise dandomi una pacca sulla spalla dicendomi di andare e di non farmi problemi. Lo ringraziai, era davvero un amico e non lo meritavo.
Lasciato l’ospedale cercai di non beccare Mayu e le altre. Sgattaiolai di nascosto fuori e lasciandomi l’episodio spaventoso del parco alle spalle il mio unico obiettivo era vedere Hayato. Mentre correvo per strada cominciò anche a piovere, ci mancava solo quel tempaccio e come conseguenza capelli e vestiti cominciarono a riempirsi d’acqua ma non sentivo niente, nè freddo nè quella sensazione di bagnato. Pensavo solamente a lui e alla paura tremenda che avevo di perderlo di nuovo. Improvvisamente mi tornarono alla mente tutti i momenti trascorsi insieme nell’ultimo mese: le litigate, le sue carezze, i suoi baci e il suo modo smisurato di amarmi.
Nel pensarci mi resi conto che non meritavo ciò che avevo. Ero pessimo e non avevo cura di chi mi amava. Mi fermai di colpo nel pensarci e mi strinsi nelle spalle impedendo a me stesso di piangere perché non era proprio il momento ma sentivo nel cuore una voragine che si faceva sempre più grande man mano che il tempo passava e il petto mi faceva tanto male.
Hayato.
Era davvero amore quello che provavo per Hayato ed era così difficile da ammettere a parole. Era così dura viverlo e stargli dietro perché i suoi sentimenti erano tre volte i miei, molto più sinceri e mi sentivo sporco, per nulla degno di meritarlo. E ora aveva scoperto la faccenda di Mayu.
Senza rendermene conto ero arrivato davanti a casa sua e la pioggia continuava a venire giù, sempre più fitta e i capelli mi si erano incollati sulla fronte ma non mi importava. Nulla importava più ormai.
Mi avvicinai rapido alla sua porta e ignorando il campanello cominciai a battere i pugni sulla porta nella speranza che mi riconoscesse, che capisse che ero io.
Continuai così per almeno dieci o quindici minuti, fin quando le mani iniziarono a farmi male per tutti quei ripetuti colpi ma da dentro nessuna risposta. Era davvero tutto finito, di nuovo.
“Perciò non chiedermi perché io ti ami, è sempre stato così da che ne ho memoria. Sei il solo che io voglia.”
“Hayato ti prego...”
Parlavo da solo ormai. Stavo impazzendo o meglio sarei impazzito presto senza vederlo.
Quante cose cambiano in poco tempo, fino a poco più di un mese fa era la persona che detestavo e che meno volevo vedere in giro per tutto quello che mi aveva detto in passato, ma ora era tutto diverso.
“Hayato ti prego!” gridai ancora battendo i pugni contro la porta senza mai smetterla. Sentivo dolore ma nulla eguagliava la fitta che veniva dal petto. Fu a quel punto la porta di aprì, e sulla soglia di casa comparve proprio lui, non più in divisa ma vestiva con una semplice tuta e una t-shirt. Mi guardò con tanta freddezza, occhi glaciali erano rivolti verso di me.
“Smettila di disturbare il vicinato” disse con una voce severa e buia.
“Hayato...” Mi stupì vederlo, non credevo possibile che mi avrebbe aperto così la porta ma se così non fosse stato sarei rimasto li anche tutta la sera finché non l’avesse fatto. “Hayato dobbiamo parlare!” cercai di entrare ma Hayato parò un braccio tra me e l’ingresso impedendomelo in maniera brusca, “Hayato?”
“Vattene.”
“Eh?”
I suoi occhi erano puntati su di me ed erano freddi come il ghiaccio, il viso cupo e la mascella serrata. “Mi hai sentito bene. Vattene. Non voglio vederti” scandì ogni frase con un tono basso e minaccioso.
“Non è come pensi! Ho scoperto anch’io da poco che lei si è trasferita nella nostra scuola e per sbaglio l’ho beccata nei corridoi. Devi credermi!”
“Non mi importa più.”
La pioggia continuò a cadere sul mio viso mentre ascoltavo quelle dure parole e guardavo un Hayato che non era più lui, sembrava un altra persona, lo stesso che tanti anni fa mi ferì dicendo cose orribili e che pose fine alla nostra amicizia. Sentivo che stava per fare la stessa cosa e non ero pronto per questo.
“Ti prego... non dire cose di cui poi ti pentirai.. Io sto con te adesso, sono il tuo ragazzo. Devi fidarti di me!”
Hayato si mosse e sperai che facesse qualcosa che non fosse il semplice fissare “Vattene da qui” e nulla più, disse ciò e chiuse la porta davanti a me lasciandomi così senza dire altro. Senza insulti, o una spiegazione.
Digrignai i denti per la rabbia e non gli avrei permesso di fare la stessa cosa di tanti anni fa così ricominciai a battere i pugni sulla porta senza sosta. “Non mi importa! Non me ne frega nulla se tu vuoi ascoltare o meno ma io non ti permetterò di sparire di nuovo, hai capito?!” gridai con tutto me stesso, “Non lo permetterò..”
Potevo davvero fare qualcosa per impedirglielo? Ne avevo la forza? Probabilmente Hayato era già rientrato dentro e si era chiuso in camera sua per non sentire più la mia voce. E invece molto tempo dopo venni a sapere che in realtà Hayato era rimasto per tutto quel tempo dietro la porta, schiena contro legno e aveva ascoltato ogni singola parola senza muovere un muscolo.
Non lo avrei permesso eppure ero sotto alla pioggia da solo e non avevo concluso nulla. Hayato era sparito nuovamente, come quella volta aveva ripreso ad odiarmi.
Mi strinsi nelle spalle, gli occhi di rigonfi di lacrime che non avrei permesso di far uscire perché non sarebbe andata come quella volta. Sollevai il viso e guardai dritto verso la porta con l’espressione di chi avrebbe voluto abbattere anche il legno per raggiungere chi desiderava ma non ero invincibile e dovevo accantonare quell’assurdità, ma di sicuro gli avrei dimostrato che non era come pensava.
Tornai a casa allora, sconfitto ma non arreso e dopo essermi fatto un bagno caldo tentai ancora una volta di mandare un messaggio ad Hayato o di chiamarlo ma diceva sempre che non era raggiungibile e restai non so quanto steso sul letto a guardare lo schermo del cellulare, e a fissare quel nome ‘Amore’ che lui stesso fino a qualche settimana aveva inserito nel mio apparecchio.
Improvvisamente era tutto finito di nuovo e i momenti, le cose che aveva fatto sembravano già appartenere ad un passato che sarebbe diventato solo un malinconico ricordo.
No. Non volevo ciò, non volevo rivivere la stessa situazione perché ora era tutto diverso, e io ero diverso. Hayato si sbagliava a non ascoltarmi e non poteva partire in quarta, decisi allora di lasciarlo stare per quella notte e domani stesso gli avrei parlato per risolvere la faccenda. In fondo stavamo sempre a litigare e avremmo fatto pace come sempre.


“Che significa è già uscito di casa?!” esclamai sorpreso della notizia.
Kou, il fratellino di Hayato, se ne stava impalato e privo di emozioni a fissarmi con sufficienza come se stesse parlando con un povero idiota. Era lo stesso atteggiamento del fratello, incredibile.
“E’ come ti ho detto, è uscito molto presto questa mattina.” Possibile che fosse uscito prima di casa per evitarmi? “A giudicare dalla faccia da cretino che hai, immagino che Hayato l’abbia fatto per evitarti.”
Il marmocchio aveva messo il dito nella piaga dandomi una pugnalata dritta nel petto. Odiavo quel bambino, era antipatico ma non volevo essere denunciato per percosse così oltre ad un occhiataccia lo lasciai perdere e scappai via senza dire nulla. Avevo già i miei problemi a cui badare.
Hayato era ancora arrabbiato quindi, pensai mentre correvo per andare a scuola e sentivo dentro crescere la preoccupazione che in realtà tutto ciò non si sarebbe aggiustato come invece avevo sperato la sera prima.
Cosa avrei fatto se quella situazione non fosse migliorata?
Nulla, sarebbe tornato tutto come prima.
Scossi la testa scacciando via quell’angosciante sensazione di nodo allo stomaco che cominciava a divorarmi.
Arrivai a scuola più in fretta del previsto, proprio quando ormai quasi buona parte degli studenti erano già dentro, e mi accorsi che era inutile cercarlo nel cortile perché lui era già in classe. Allo mi affrettai a cambiarmi le scarpe e andai dritto verso l’aula con la paura nel cuore, ma anche il forte desiderio di vedere il suo volto e quando varcai la porta dell’aula lo trovai seduto al suo posto, bello come sempre, ma spento e se ne stava per le sue con il viso tenuto su dalla mano a fissare il vuoto.
Finalmente si accorse della mia presenza e ruotò appena la testa per guardarmi ma la sua espressione non mutò minimamente, anzi, mi sembrò quasi che avesse gli occhi completamente spenti e non connessi con la realtà e tornò immediatamente a fissare il vuoto ignorandomi
Si comportava come un bambino! Allora presi coraggio, l’intenzione era di dirgliene quattro per quel comportamento assurdo ma volevo principalmente chiarire quindi la ramanzina l’avrei lasciata a dopo. Purtroppo però proprio in quel momento entrò il professore e fui costretto a rinunciare al mio piano, dal mio posto continuai però a guardarlo da lontano ma nulla cambiò. Tutta la giornata la passò nella più completa apatia e ad un certo punto delle lezioni si alzò, disse al professore di non sentirsi bene e sparì per andare in infermeria.
Yoshida si voltò a guardarmi “Ma che ha il principe?”
“Vorrei saperlo anch’io.” Quando finalmente arrivò la pausa pranzo potei scappare fuori dall’aula e nel farlo non guardai nemmeno davanti, tanto che andai a finire dritto contro qualcuno. “Mi dispiace...” rimasi di sasso nel vedere chi era la persona che avevo urtato, “Kuro?”
Kuro si massaggiò la spalla dolorante “Oh sei tu Akìo. E’ un po’ che non ci si vede eh?” ghignò divertito. Alludeva sicuramente al nostro ultimo incontro e alle cose orribili che mi aveva detto, lo fissai con disprezzo.
“Che ci fai qui? Questa non è la tua scuola”
Si toccò la giacca azzurra che portava, per attirare la mia attenzione mi mostrò il logo che vi era stampato sopra “Che ti sembra questo? Mh” non capivo, “visto che sei un pericolo per Hayato ho deciso di fare il trasferimento visto che non siamo neppure a metà anno e poi questa è una delle scuola migliori di tutta la prefettura.”
Trasferimento? “Cosa? Lascia in pace Hayato!”
Si avvicinò grosso e imponente per intimorirmi e sogghignò ancora guardandomi dall’alto in basso “Altrimenti? Credi sul serio di essere nella posizione di dirlo, tu feccia?” pronunciò l’ultima parola con disgusto. Da quando Kuro mi odiava così tanto, che avesse capito che tra me e Hayato c’era qualcosa?
Vero! Non avevo tempo da perdere con lui, dovevo andare da Hayato per parlargli così allontanai il mio sguardo da Kuro e corsi via, un po’ intimorito da quel confronto e dalla notizia che si era trasferito nella nostra scuola. Questo significava che non c’era Mayu in giro che poteva confedero Hayato, ma ora c’era anche Kuro che invece faceva paura a me per quella volta al dojo e quel mancato bacio. Mi fermai nel corridoio con una strana sensazione di perdita, per qualcosa che però non avevo ancora perso.
Quando raggiunsi l’infermeria e vi entrai notai con dispiacere che Hayato non c’era più e la mia angoscia divenne vero terrore che potesse incontrare Kuro, come era capitato a me e li la sensazione di voler piangere ricominciò. Perché era così doloroso stare con qualcuno, perché Hayato lo rendeva così complicato?
Sentii ancora una volta quel nodo allo stomaco ma stavolta era vero e proprio dolore e una fitta mi trafisse l'addome facendomi sussultare. Emotivamente potevo star così male, ma il corpo?
Pensai a dove potesse essere andato e sicuramente non era in caffetteria, così corsi invece verso la piccola biblioteca abbandonata all’ultimo piano e nemmeno li lo trovai.
“Cazzo ma come può essere sparito nel nulla!” diedi un pugno alla porta sempre più irritato.
Il dolore allo stomaco aumentava nel frattempo, strano, fui costretto a fermarmi e mi strinsi il ventre nella speranza che andasse via. Forse era un po’ di influenza dovuta alla pioggia del giorno prima e non me ne curai andando avanti e indietro senza sapere dove cercare.
Mi accorsi di non sapere niente, di non avere idea di dove poter trovare Hayato. Ci pensai ancora, poi un fulmine a ciel sereno mi investì e ripensai a cosa gli piacesse fare nel tempo libero, soprattutto quando era di cattivo umore e così corsi lungo tutti i corridoi, abbandonai l’edificio raggiungendo il cortile sul retro, quello che dava sui campi sportivi dove però c’era anche uno spazio pieno di verde e con alcuni giardinetti.
Hayato sicuramente era li a leggere!
“Aki!” fui sorpreso da Yoshida mentre ero intento ad andare verso quella parte verde e mi fermai, anche perché il dolore allo stomaco diventava sempre più forte. Yoshida mi raggiunse e con lui c’era Mina, piccola e  carina, “dove te ne vai di bello? Perché non vieni a pranzo con noi? Volevo farvi conoscere.”
Mina mi sorrise “Ciao Aki-kun”.
“Non posso adesso, devo fare una cosa...”
Yoshida mi osservò attentamente e si fece buio “Aki sei un po’ pallido, stai bene?” fece per toccarmi la fronte ma il lo evitai indietreggiando.
“Deve essere un po’ di febbre ma nulla di che, ieri sono arrivato a casa bagnato ahaha” ridacchiai per finta. Mi sentivo di merda ma volevo andare via di li e ogni tanto gettavo un occhiata verso quell’area verde immaginando Hayato disteso a terra con i suoi libri intorno a se. Una visione che mi diede pace, chissà come, e il dolore che diventava sempre più forte improvvisamente sparì come sparì ogni preoccupazione per Kuro e per tutto il resto.
Improvvisamente non sentivo più niente e l’ultima immagina che ebbi fu di Hayato.
“Aki! Aki! Oi che hai?!” gridava la voce di Yoshida ma io non sentivo più nulla ormai. Volevo solo che tutti mi lasciassero in pace perché mi sentivo così stanco.

Note autrice:
Mi dispiace di essere mancata per un po' ma ho dato l'esame in questi giorni ed è andato bene, subito dopo mi sono concessa un po' di riposo prima di ricominciare. Ma tornando alla storia, si riprende da dove ci eravamo lasciati prima dei due speciali e ritroviamo Hayato incazzato nero, e Aki disperato.
Tra qualche capitolo finirà la prima parte di questa storia, con un bel botto diciamo, e non so quando posterò la seconda parte. Abbiate pazienza perchè nel frattempo ne sto scrivendo anche un'altra, della quale inizierò a postare qualche spoiler sulla Pagina Ufficiale.
  
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