Fumetti/Cartoni europei > Winx
Segui la storia  |       
Autore: Applepagly    20/01/2018    3 recensioni
Il riposo è solo un pretesto per nascondere un segreto, una festa è l’occasione per svelarlo. La battaglia è finita ma non è mai finita davvero, e il male non è fuori ma dentro le mura... inizia la ricerca di ciò in cui è difficile credere. Inizia la ricerca del bello.
Genere: Commedia, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bloom, Nuovo personaggio, Tecna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Merry-go-round'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Avvertenze: Stella fashion blogger e mangiatrice di schifezze.
Lettori avvisati, mezzi salvati.

 

 
XII
 
But did you know,
That when it snows,
My eyes become large
And the light that you shine can be seen
Kiss From A Rose, Seal
 
La morbida consistenza della spugna incontrò presto la superficie liscia delle sue gote, tingendole di una crema della stessa lucentezza dorata della pelle, illuminandola e levigandola ancor di più.
Stella era ben consapevole del fatto che non ne avrebbe avuto bisogno; ma quella maschera di cosmetici e polveri le infondeva una certa sicurezza. Accostò il pennello agli zigomi, procedendo con meticolosa attenzione.
Mentre applicava il rossetto sulle labbra piccole, per la prima volta, l’attenzione ricadde sulla ridicola espressione che aveva assunto per facilitare l’operazione. Si sorrise allo specchio.
Sarebbe stata una serata memorabile; se lo sentiva. Non ci sarebbe stato spazio per le inquietudini e quel gran investigare di cui lei e le altre erano sempre più schiave.
Solo folle, voci, colori e risate.
Qualcuno bussò.
«Sei pronta?» Brandon aprì appena la porta. Sbirciò nella stanza attraverso la stretta fessura che si era creato. «Wow»
Entrò; un sorriso sorpreso si formò sul suo volto. «A cosa è dovuta tanta magnificenza, questa sera?»
«È la tradizione. E, per tua informazione,» replicò lei. Si voltò, lasciando oscillare i vistosi pendenti che portava alle orecchie. «io sono sempre magnifica»
Sottolineò il concetto facendoglisi più vicina; e, prima che lui potesse proferir parola, la principessa frappose tra di loro quello che doveva essere il suo abito. Una stoffa che scivolava dalle mani, fresca tra le dita e calda sulla pelle; un colore opaco, che sotto i lampadari brillava di bagliori caldi e chiari ma che, alla luce lunare, splendeva di un fulgore metallico e freddo.
La fata del Sole e della Luna.
«Ho bisogno che mi aiuti a metterlo. Avevo una mezza idea di chiamare una delle ancelle, ma visto che sei qui…» fece, voltandosi e facendo passare il vestito sulla propria testa.
«Questa non la togli?» chiese lui, sfiorando la leggera sottana che mascherava il suo bel corpo.
Afferrò i lembi della gonna, facendoli scorrere verso il basso; lei abbassò le braccia, stendendo poi le pieghe che si erano formate. «No. Sarebbe trasparente, altrimenti» spiegò. «Lo so che non ti importa, ma è per non turbare i tuoi amici. Credo che sarebbero folgorati dalla mia bellezza»
«E tu lascia che restino folgorati» scherzò il ragazzo, prendendo ad allacciare i nastri sulla schiena di lei. Litigò un po’ con quegli affari; gli addobbi del Soldì avevano dimostrato quanto scarsa fosse la sua abilità manuale.
«Fosse per me, lo farei» rispose, sistemando le maniche. «Ma poi chi le sente, Musa e Bloom, se rubo loro i pretendenti?»
Finalmente, Brandon riuscì ad intrecciare quei cosi infernali; Stella ne afferrò i lembi, portandoli poi sul corpetto dell’abito e fissandoli. Lui rise, e le mise le mani sulle spalle.
«Avresti potuto avvertirle» fece, lasciando scivolare le mani sulla sua schiena. «Sembravano piuttosto sconvolte»
Indugiò sulle scapole, tracciando come dei ghirigori immaginari. La pelle di Stella era come velluto caldo. «Era proprio questo, il piano»
Si voltò, fronteggiandolo. Lui la guardò in viso e pensò di non averla mai vista così bella e raggiante; e cosa aveva fatto, per meritarla? «Non credi di preoccuparti troppo per loro e troppo poco per te e per me?» commentò.
La principessa rise di cuore, appuntando un ciuffo di capelli che era sfuggito all’acconciatura. «Perché dovrei?» fece, con finta arroganza.
Il ragazzo fece per baciarla ma lei, più veloce, lo schivò e si sciolse da quello strano abbraccio. Non voleva correre il rischio che si sbavasse il rossetto.
Riprese la borsetta che aveva abbandonato su una poltrona, battendo poi le mani. La servitù si precipitò nella camera, procedendo a sistemarla e ad abbassare le serrande.
«Andiamo» disse a Brandon, uscendo. «Ho dei piccioncini da prendere in giro»
«Non ti smentisci mai…» sospirò lui, con un sorriso.
Le offrì il braccio, abbassando lo sguardo. Dagli orli elaborati del vestito della fidanzata sbucavano, ad ogni passo, le scarpe dalla vertiginosa altezza che aveva indosso; ogni volta, non concepiva come potesse muoversi con tanta naturalezza.
«Brandon» lo chiamò, fermandosi.
Sfiorò la sua guancia con la mano, sollevandogli il viso. «Di cosa hai paura?» continuò.
«Io non… beh» biascicò, con tono stanco. «Non lo so»
Lei si accigliò. Da che si conoscevano, non lo aveva mai visto vacillare in nulla che lo riguardasse.
In un certo senso, la fermezza che ostentava era una di quelle sue sfaccettature che più l’avevano attratta, inizialmente; ma sapeva che tutta la sua risolutezza nascondeva spesso nervi altrimenti scoperti.
«È per la storia della festa? Per Alan?»
Brandon era all’apparenza superficiale; o, almeno, questa era la fama con cui era conosciuto ad Alfea per la lunga lista di ragazze che aveva frequentato. Eppure, si faceva molti più problemi di quanto potesse sembrare.
Per questo – così credeva Stella – si faceva sempre triste quando aveva a che spartire con Alan. Aveva un modo di fare sorprendentemente aggressivo, nel momento in cui si trattava di qualcuno che lo aveva ferito o che sospettava potesse farlo a qualcuno a lui caro – come nel caso di Bloom.
Fin da quando era stato rifiutato, aveva dato per scontato che l’altro avesse automaticamente perso interesse per lui, che lo avesse giudicato sbagliato in qualche modo e che, soprattutto, non si fosse minimamente posto alcun problema.
«Beh… forse. È stupido, lo so» rispose. «È passato più di un mese»
Alan pensava che Brandon non avesse mai davvero cercato di capire la sua situazione, una volta che aveva scoperto la verità. Solo Stella era a conoscenza delle reali paranoie che avevano turbato il suo fidanzato a lungo; del dispiacere nel constatare il logoramento di un’amicizia che lo aveva aiutato a crescere.
«Per quella cosa… per lo scambio di identità tra me e Sky… non lo avevamo detto ai ragazzi, e nemmeno ad Al. Però non l’ha presa male; ha capito che avevamo dei validi motivi» le aveva detto tempo addietro, quando le cose erano venute a galla per com’erano.
«Te lo farò conoscere, un giorno di questi. È davvero una persona eccezionale; è come se… mi conoscesse da sempre. Un po’ come Sky»
«È passato più di un mese e non ne abbiamo mai parlato, perché è una cosa stupida, e lo so. Però…» riprese. «Però ora c’è Alan e, ogni volta, non riesco a non pensarci»
«Oh, Brandon…» sospirò. «Ha detto quelle cose in un momento in cui era nervoso. Non me la sono presa»
«Non intendevo questo» la interruppe.
Ripreso a camminare.
Oltre le vetrate si intravvedevano le sagome della città in festa, che imbruniva e si beava degli ultimi istanti di una luce dolce, accogliente. Presto la notte sarebbe calata, e gli specchi del castello sarebbero stati nuovamente vittime di un sortilegio di secoli prima.
«Quello che ha detto… sul fatto che scherzo…» ricominciò, a fatica.
Brandon non era molto bravo con le parole. «Non mi interessa quello che ha detto, davvero» lo fermò, stringendogli di più il braccio. «Non ho nulla di cui preoccuparmi»
Si allontanò, avvicinandosi all’alta scala. Da lì, era tutta discesa.
Nell’atrio, una nervosa Bloom si guardava continuamente attorno. Stella sorrise.
«È per questo che mi preoccupo per gli altri!» esclamò, trascinandolo per gli scalini.
«Non correre, o ruzzoliamo giù» rise Brandon, il buonumore ritrovato. Lo prese per mano, sorridendo di nuovo quando lui le lasciò un rapido bacio sulla spalla scoperta.
«Ehi, voi due» borbottò Riven, cercando di mascherare il divertimento. «Ci sono come minimo un migliaio di stanze, qui dentro. Prendetevene una»
«Mille e ventisette, per la precisione. Più le cucine e tutto il resto» precisò la principessa, senza scomporsi. «Vuoi fare un giro?»
Il ragazzo si strinse nelle spalle, contrariato. «Penso sarebbe una noia, dopo un po’»
«È così che si mostra gratitudine per l’ospitalità altrui» intervenne Musa, cercando di fulminarlo con lo sguardo. «Un segno distintivo della tua stirpe?»
«Non mi pare tu sia stata molto più riconoscente del tuo fidanzato carciofo, cara» fece notare Stella, avvicinandosi all’amica. «Bel vestito. Finalmente hai dato retta al mio consiglio e hai deciso di lasciare qualcosa da vedere»
L’altra avvampò, tentando invano di trucidarla. Balbettò una flebile replica che la bionda mise immediatamente a tacere con un gesto della mano.
«Su, su. Non hai bisogno di accampare scuse; era ora che mi ascoltassi» sorrise, allacciandole un braccio al collo.
Musa aveva sempre un ottimo profumo.
«Dove sono Sem e Tecna?» chiese Brandon.
In un angolo, seduti ad un divanetto a ridosso di una delle finestre, Timmy ed Alan conversavano allegramente circa l’esperienza del primo su Zenith. Quest’ultimo sorrise allo Specialista; l’altro gli rivolse una rapida occhiata, per poi tornare concentrato sul discorso.
«Tecna ha finito di prepararsi, ma mi sembra sia stata trattenuta al telefono da sua madre» spiegò Bloom, guardandosi la punta delle scarpe. «E Sem… beh, non ne ho idea»
«Sem è qui» si palesò il diretto interessato, alla loro destra. «Sarò io ad avere un pessimo senso dell’orientamento, ma questo posto è così immenso che mi sono perso due volte»
La fulva lo guardò, torcendosi le mani in un gesto nervoso. Sin da quando Stella aveva dato il lieto annuncio – benché non si fosse degnata di farlo a tempo debito – si sentiva agitata, per qualche ragione.
Dal giorno della festa sembrava di aver stabilito una sorta di tregua, con Sem; ma la sola idea di rivederlo la metteva in subbuglio.
Lui le sorrise.
«Anche io» ammise Riven. «È un labirinto»
«Ecco perché ti avevo proposto un tour completo» gli fece l’occhiolino Stella. «Ma non questa volta. È tardi. Qualcuno telefoni a Tecna»
«Se è al telefono con qualcun altro, mi dici come pensi possa rispondere?» chiese Alan, sarcastico. «Vado io, vado io»
Incurante delle espressioni sorprese degli amici, il biondo si fece strada verso la camera della fata. Ricordava di esserci passato davanti un paio di volte, qualche ora prima.
Involontariamente, aggrottò le sopracciglia.
Cosa ci trovassero, di tanto strano, lo sapevano solo loro. Tecna era forse l’unica, di quella combriccola, che gli stesse simpatica – a parte Looma, anche se non ne faceva esattamente parte.
Quella Flora passava pressoché inosservata e non sembrava avesse una gran voglia di socializzare; Musa aveva la lingua troppo tagliente e, quand’anche avesse provato a parlarci, quel pusillanime di Riven trucidava chiunque la sfiorasse con lo sguardo – nonostante non stessero insieme e, soprattutto, nonostante Alan avesse altri interessi - mentre la cara principessina…
Bah, lasciamo perdere…
Dulcis in fundo, la piaga purulenta. Quella seccatrice con foglie di acero al posto dei capelli; il punto interrogativo più grande.
Faceva quasi tenerezza il modo in cui cercava a tutti i costi di guadagnare punti presso di lui, con quel suo prestare attenzione al minimo mutamento dei suoi muscoli facciali.
È antipatica comunque.
L’unica gradevole era la fata della tecnologia, probabilmente. Intelligente, sveglia e con una passione per tutto ciò che di utile esisteva al mondo.
Ormai non si sorprendeva più di tanto, ogni volta che offriva subito una risposta a qualsiasi tipo di domanda. Non era forse lei, ad aver sventato la minaccia sotto Fonterossa grazie ad una serie di ricerche di cui era quasi l’unica responsabile?
L’estate prima, benché non la conoscesse ancora se non per qualche indiscrezione di Timmy, sapeva già di tutte le sue capacità e, nonostante questo, era rimasto a dir poco a bocca aperta quando la ragazza aveva fornito loro un aiuto. Non avrebbe saputo dire se fosse peculiarità del popolo da cui proveniva o meno ma, sicuramente, lei doveva aver cercato di sfruttare al massimo ogni sua risorsa fin da piccola.
Sarebbe stata una Specialista esemplare…
Svoltò l’angolo.
Gli sembrò, finalmente, di essere quasi arrivato. I primi lumini sul soffitto iniziarono ad accendersi in contemporanea alle ombre che cadevano sul cielo e sul corridoio; nella penombra, Alan scorse quella che doveva essere la soglia della stanza di Tecna.
Bussò, attendendo una risposta; ma, vedendo che la soglia era socchiusa, entrò.
 
Un po’ perché si trattava di Solaria e un po’ perché nel mondo magico niente era come lo conosceva, Bloom rimase sbalordita dall’atmosfera che regnava per le strade del centro della capitale.
Le luminarie, i motivetti che, in lontananza, celebravano l’occasione… gli spettacoli pirotecnici, i bimbi che, di fronte alle vetrine dei negozi ed ai tendoni di leccornie, agitavano serpentelli e stelle…
In generale, l’ultimo giorno di festeggiamenti pareva assomigliare in tutto e per tutto alle tradizioni della Terra; per certi aspetti, era come avere a che fare con la vigilia del Natale e dell’anno nuovo, intrise però di un sapore più caldo, quasi estivo.
L’arietta giungeva piacevole sulla pelle, e portava con sé i profumi dei dolci sapientemente disposti sulle bancarelle della via maestra. Nonostante, a detta di Stella, fosse abbastanza presto ed il vero spettacolo iniziasse dopo, era già piuttosto difficile camminare.
«Sono molti, quelli che vengono da altre città del regno. Solo qui si festeggia in questo modo la fine del Soldì» aveva spiegato urlando, in uno scontro con la musica e le voci che si sovrapponevano alla sua. «Cercate di non perdervi di vista! In mezzo a tutta questa gente è difficile ritrovarsi già ora, figuratevi dopo»
«Ma dove stiamo andando, Stella?» chiese Flora.
«A fare un giro, no?» fece, con ovvietà. «È ancora presto per raggiungere il posto di cui vi ho parlato»
Mentre procedevano, nessuno pareva riconoscere la principessa; una faccenda insolita, pensò Bloom: ogni volta che avevano lasciato il castello anche solo per respirare aria di cornetti e mondanità, qualcuno le aveva fermate per tributare i suoi omaggi alla futura regina.
In quel momento, la ressa era tale da rendere chiunque troppo desideroso di tirarsene fuori, per prestare attenzione ad una ragazza bionda che camminava su delle sottospecie di trampoli. A Stella piaceva che venisse riconosciuta per quel che era; eppure, forse, ogni tanto anche lei avvertiva l’esigenza di passare quasi inosservata?
Nessuno di loro proferì parola, mentre si spostavano.
La principessa ed il rispettivo cavaliere erano a capo della fila, tenendosi per mano e lanciandosi di tanto in tanto le occhiate di chi ha visto qualcosa di interessante o divertente e non ha bisogno delle parole, perché l’altro o l’altra lo capisca.
Musa canticchiava tenendo un lettore musicale in mano e, di quando in quando, porgeva un auricolare a Flora; Riven stava un po’ sulle sue, valutando la mercanzia di alcuni banconi o guardando storto qualche avventore che cercava di rifilargli dei petardi.
Tecna e Timmy confabulavano a bassa voce di qualcosa di cui quest’ultimo, prima che lasciassero il castello, aveva parlato anche ad Alan. Questo camminava accanto al fratello, ma sembrava assente.
In realtà, già da quando era tornato nell’atrio del palazzo, in compagnia della fata della tecnologia, sembrava essersi ammutolito. Faceva il taciturno con chi non conosceva a sufficienza o con chi non rientrava nelle sue simpatie ma, in verità, era un gran linguacciuto.
Alla festa lo aveva visto chiacchierare animatamente con Looma – e, data l’indole allegra e ciarliera di lei, non aveva avuto poi molti dubbi – e con le sue amiche; aveva riso – Alan che rideva – spesso e volentieri, smuovendo anche quello stoico pezzo di ghiaccio di Aibao.
Passava buona parte del suo tempo a discutere con Timmy e Tecna circa macchinari e strani aggeggi di cui capivano solo loro, per non parlare di quelli che, stando a Sem, erano i lunghi simposi con Riven circa l’arte della sciabola.
Insomma, era piuttosto inusuale vedere Alan tacere nonostante la più o meno gradevole compagnia. Sembrava ignorare perfino il fratello, nonostante in genere fosse in grado di prendere anche un semplice ciuffo d’erba come argomento di conversazione con cui coinvolgere il granitico gemello.
Forse è un po’ stanco…
Non sapeva esattamente come lui e gli altri fossero arrivati su Solaria ma, considerato che sulla Terra non esistevano autobus intergalattici, il biondo ed il suo secondo dovevano aver fatto un bel giro dell’oca.
Eppure, sembrava davvero in un mondo suo. Non rivolgeva nemmeno le solite occhiatacce a Brandon…
«Ti senti bene, Alan?» forse l’avrebbe presa a male parole o l’avrebbe fulminata con lo sguardo – non che non ci fosse abituata – ma, in un certo senso, vederlo andare in giro con la stessa carica emotiva di un mollusco la rattristava.
Lui sbatté le ciglia un paio di volte, come se si fosse appena ridestato. Voltò il capo, sorpreso. «Oh… sì, bene. Grazie» rispose, abbozzando qualcosa di vagamente rassomigliante ad un sorriso.
Proseguì senza più prestarle attenzione; lei, per parte sua, aveva paura che gli occhi potessero uscirle dalle orbite. Alan le aveva risposto in maniera cordiale, aveva ringraziato ed aveva anche cercato di sorridere; di sorridere a lei!
Ma che diamine gli prendeva?
Lo osservò ancora un po’, trovando un po’ bizzarra la sua andatura. Alan aveva generalmente lo stesso modo di camminare del fratello, sebbene tendesse a tenere le spalle un po’ meno ricurve.
Ora quasi trascinava i piedi ed ondeggiava in una maniera che lo faceva sembrare sul punto di cadere. Forse avrebbe solo dovuto smettere di analizzare tutto; chissà come doveva essere ridicola lei, conciata in quel modo.
Stella – ovviamente – l’aveva praticamente obbligata ad indossare una sorta di surrogato del vestito che indossava lei; quello che pareva il tradizionale abito dell’evento. Si trattava certamente di simbologie e significati profondi ma, con tutti quei nastri e quelle fasce che all’inizio aveva messo a casaccio, si sentiva un’idiota.
La moda, su Solaria, era stravagante; questo lo aveva intuito già dal primo giorno che vi aveva messo piede.
«Oh, Stella… di là c’è quello che cercavo! Avevo promesso a Miele che glielo avrei portato, se lo avessi trovato» disse Flora, indicando un viottolo che scompariva oltre uno stuolo di gente. «Vi dispiace se faccio un salto? Vado e torno»
«Beh, non penserai di andare da sola» fece Sem. «Potresti perderti»
«Posso andare io» propose Alan guadagnando, per la seconda volta nell’arco della serata, una sfilza di occhiate perplesse. «Voi andate»
Decisero di assecondarlo; ma il gemello, titubante, esitò. Cosa stava succedendo?
Conosceva il fratello come le proprie tasche, ed era certo della sua antipatia verso Flora.
«Andiamo, Sem?» lo chiamò Bloom.
Annuì e, senza rendersene conto, si trascinò un’espressione corrucciata per tutto il tragitto. La ragazza ipotizzò che anche lui dovesse essersi reso conto di quanto curiosa fosse quella situazione.
Imboccarono una strada laterale, facendo cenno ai due che si erano allontanati di raggiungerli lì.
«Allora… ehm…» si schiarì la voce, non sapendo esattamente quale argomento di conversazione scegliere. «Hai festeggiato il Soldì?»
«Beh, non proprio» precisò. «I miei nonni sono terrestri e non ne capiscono molto. Per loro esiste solo il Natale»
La ragazza sorrise. Chissà come doveva essere.
In un certo senso, lui era diviso tra due mondi – proprio come lei. Un posto che lo aveva visto nascere e perdere qualcosa; un altro che lo aveva cresciuto e che chiamava “casa”. Ma, a differenza di Bloom, Sem aveva ricordi delle sue radici, vi poteva tornare.
Forse, la consapevolezza di averne la possibilità lo rendeva ancor più in bilico tra due realtà diverse? L’incanto e la quotidianità; le bellezze e le avventure.
«Non dovrei nemmeno essere qui. Non volevo che mio padre sapesse di questa cosa» continuò. «È stata colpa di Looma»
Come spiegò, il giorno del Soldì aveva telefonato, per far loro gli auguri. Ignara della volontà dei due fratelli di tenere segreto – ed ignorare – l’invito di Stella, aveva iniziato a parlarne al telefono con il padre dei due ragazzi.
«Pensavo ci avrebbe apostrofati e, comunque, non mi sembrava corretto abbandonarlo così, per una volta che abbiamo la possibilità di trascorrere del tempo con lui» fece.
Eppure, sorprendendo tutti, aveva rimproverato i due ragazzi per la loro sciocca idea di rinunciare a trascorrere del tempo con gli amici. «E così, eccoci qui. E tu?»
Lei aveva trascorso quel periodo tra i fiori di sua madre e le lamentele di suo padre.
Nel modo migliore possibile, insomma. «Proprio come ti avevo detto. Anche perché, lì non ho molti amici» rispose, stringendosi nelle spalle. «Anzi, in realtà, non ne ho proprio»
Quelli che avevo si saranno dimenticati di me…
«Perché Looma non c’è?» cambiò argomento. «Pensavo che sarebbe venuta. Beh, pensavo che sarebbe venuto anche Aibao»
«Looma aveva un altro impegno. Almeno, credo» sorrise. «Mentre Aibao… non era molto per la quale. Non credo apprezzi particolarmente la nostra compagnia»
Oh…
«È un tipo un po’ particolare. Però, se Alan è convinto che ne valga la pena, non posso obiettare» continuò.
Si sfioravano. Bloom provò il desiderio di prenderlo per mano.
«Dicevi che la parte più difficile è accettare di essere amati» sussurrò.
«Solo se non ci si apprezza abbastanza. Se non si sa cosa sia bello per sé» rispose, facendola sussultare; non credeva l’avesse sentita.
Ora poteva sentire le dita di Sem ad un respiro dalle sue.
«E cosa è bello, per te?» gli chiese.
«Oh, questa non ve la potete perdere!» li interruppe Stella. «Di là c’è il banco delle alici caramellate. Una vera prelibatezza! Il maestro del pesce viene qui ogni anno e se ne occupa personalmente; nemmeno a palazzo lo preparano con la stessa maestria»
Alici caramellate?
Una lunga tavolata era protagonista indiscussa di viottolo sulla sinistra, gremito di avventori. Da dietro un pannello adiacente proveniva un gran fumo ed un odore che Bloom non avrebbe saputo identificare; era però certa di trovarlo incredibilmente sgradevole.
Si rabbuiò un po’, infastidita dal fatto di aver interrotto quella conversazione per qualcosa di nauseabondo e per la proverbiale incapacità, da parte della sua migliore amica, di considerare quando intervenire e quando non farlo.
«Ma che razza di porcate mangiate, qui?» fece Riven, perplesso.
Dovevano pensarla allo stesso modo.
«Sono squisite, credimi» insistette la principessa, rivolgendo un cenno ad un vecchietto che sbucò dal fumo. «Ma non mi aspetto che tu le apprezzi. Sono per palati raffinati»
«Non mi sento molto bene» balbettò Sem, coprendosi la bocca con una mano.
«Andiamo, Sem. Non ce la faccio, è disgustoso» borbottò l’altro.
Presero posto su un muretto poco distante, che dava su un edificio abbandonato. Riven sembrava intento a mandare avanti il suo sproloquio circa il suo impellente bisogno di vomitare; il moro, invece, aveva assunto un pallore straordinario e, tra i due, sembrava fosse quello effettivamente sul punto di rimetterci.
«Era proprio necessario comprare questa roba?» si lamentò Musa, una volta che Stella ebbe finalmente tra le mani una busta di quella “prelibatezza”. «Da vicino è ancora peggio»
«Senti, carina… su Melody vi mangiate i gatti, ma io non vengo a rompervi le scatole, no?» replicò Stella, stizzita e con la bocca piena. Tutte le buone maniere di cui aveva dato prova il giorno prima sembravano ormai finite nel dimenticatoio.
«Noi non mangiamo i gatti. E comunque, anche se lo facessimo, puoi star certa che avrebbero un odore più sopportabile di quello di questo pesce ricoperto di caramello» fece notare. «È letale, se riesce a turbare perfino Riven!»
Stella si strinse nelle spalle, ignorandola. Porse a Brandon un’alice infilzata con uno stuzzicadenti; lui, facendosi forza, si sforzò di sorridere mentre i denti incontravano la consistenza appiccicaticcia di un caramello che sapeva di pesce avariato.
«Cosa non si fa, per amore?» rise Bloom, dandogli un leggero colpo sulla spalla.
Il cibo gli andò di traverso e prese a tossire; mentre la ragazza cercava di farlo rinsavire e la principessa sbraitava a proposito dello stomaco da femminuccia del fidanzato, Musa scuoteva la testa. «Io lo avevo detto»
«È piuttosto insolito. Brandon trangugia bene o male tutto, di solito» considerò Timmy. «Come riesci a mantenere la calma anche in mezzo a questo fetore, Tecna?»
La diretta interessata sgranò gli occhi e sembrò quasi di intravvedere del colore, sulle sue guance. «Su Zenith… su Zenith le alici caramellate sono piuttosto popolari»
Gli altri due la guardarono, sconvolti.
«Ma che fine avranno fatto, Flora ed Alan?» rifletté Bloom, interrompendo quel momento di sgomento. «Sono via da un po’… non è che si sono persi?»
«Mi sembra strano… abbiamo detto loro di raggiungerci qui. E poi, non so Flora, ma Alan ha un ottimo senso dell’orientamento» disse Brandon, dopo essersi ripreso.
Già… ma questa sera è così strano che potrebbe aver perso perfino quello…
A ben pensarci, era stato un gesto cortese, il suo.
Fin troppo…
Perfino la fata dei fiori ne era rimasta estremamente stupita. Forse lui aveva solo voluto allontanarsi un po’ dal cicaleccio, o esplorare spazi che non aveva mai visto prima.
«So che dovremmo andare per di là, dagli altri» disse Flora, stringendosi al petto un grosso sacchetto di carta. «Ma ti spiace se andiamo un po’ avanti per di qui e poi torniamo indietro? Mi sembra che dal parapetto di lì si possa scorgere un bellissimo orto botanico»
Il ragazzo arricciò appena le labbra all’insù, stranito. Annuì.
Avanzarono, senza dirsi una parola.
Lei si inebriava della fresca aria dal retrogusto fruttato e lui scrutava con curiosità ogni cosa, con gli occhi di un neonato in un mondo diverso. Flora poteva dirsi sufficientemente empatica da poter percepire l’angoscia o l’emozione in chiunque, anche nel cuore di chi conosceva poco; ma, in quel momento, Alan era veramente impenetrabile.
Pareva quasi… pareva quasi non appartenere a quella realtà; come un estraneo alle prese con qualcosa che non sapeva se reputare ostile o meno.
«Grazie davvero, per essere venuto con me» esordì, imbarazzata.
Una sottile inferriata delimitava la strada dal verde che si infittiva sotto di loro, bagnato dalle ombre della sera. Tra le fronde degli alberi, di tanto in tanto, si poteva intravvedere qualche fioca luce; farfalle di una rara specie, le cui ali brillavano di bagliori violacei nel buio.
Uno spettacolo magnifico e, per una ragione che non le era del tutto chiara, inquieto.
Lui le regalò un sorriso, come risposta; ma era distante.
Il suo sguardo non si soffermava sulla natura ai loro piedi, ma su grattacieli ed edifici i cui colori brillanti andavano incupendosi.
«Mi hai un po’ presa alla sprovvista» ammise, sorridendo. «Ero convinta di non… godere della tua simpatia»
Alan non rispose, sulle prime. Lontano con la mente, scandagliava ogni dettaglio del panorama di fronte a sé, come a voler imprimerne un ricordo indelebile nella mente.
«Quasi mai è come sembra» fece dopo un po’, enigmatico.
Si voltò, poggiando i gomiti sulla balaustra; guardava in lontananza. Il gruppo di amici che avevano lasciato stava molto più in là, in un vicolo da cui proveniva una nube bianca.
Pensò, ridendo sotto i baffi, che sarebbe stato divertente. Avrebbe imparato molto, prima di lasciare che le cose andassero come avrebbero dovuto.
«Perché abbattere qualsiasi minaccia? Perché cercare di sapere tutto?» chiese alla ragazza.
La guardò negli occhi e lei, per un istante tanto breve quanto intenso, ebbe paura. Non seppe dire cosa vi aveva visto; ma qualcosa, nella voce di lui e nei riflessi delle sue iridi chiare, l’aveva inquietata nel profondo.
«Perché non vivere alla giornata? Perché non vivere prendendo le cose come vengono?» continuò. «Perché difendere qualcosa di ingiusto? Perché è bello?»
Flora rimase interdetta, e non seppe se fosse più turbata dalle sue domande o dal tono con cui le aveva poste. Cosa gli prendeva, improvvisamente?
«Non…» le parole le morirono in gola, e quasi ringraziò il tempestivo intervento dei loro amici, che li avevano appena individuati.
«Ma che fate qui, tutti soli?» scherzò Riven, dando una pacca sulla schiena di Alan. «Se non ti conoscessi potrei quasi pensare che ci provi con la ragazza di un tuo amico»
«Va tutto bene, Flora?» chiese Musa, mentre gli altri due si allontanavano.
«Sembri scossa» constatò Bloom, posandole una mano sulla spalla. «Sei stanca?»
Forse, aveva ragione; forse era solo un po’ di stanchezza. «Credo di aver avuto un mancamento… non sono abituata a stare in mezzo a tanta gente» sorrise. «Ma voi dove siete stati? Ho visto che Stella ha comprato qualcosa»
Indicò la principessa che, poco lontano, ingurgitava alici alla velocità della luce. Tecna masticava più pacatamente, ma tutti si domandavano ugualmente come potesse mangiare una cosa simile.
«Sì, qualcosa che devasterà il suo stomaco» commentò Musa, proseguendo.
Guardò il cielo e si accorse che la cortina della notte era ormai calata su di loro. La musica e le luci che illuminavano le strade conferivano loro un’atmosfera di magia e tradizione, come una festa estiva nel regno delle lucciole.
I festeggiamenti continuavano indisturbati, ed i primi petardi presero a scoppiare, in lontananza. Lungo la via maestra aveva avuto inizio la parata, dove carri e bande si susseguivano in una sfida all’ultimo sangue.
«Tra poco c’è il discorso del re – alias, mio padre» spiegò Stella, indicando dall’alto una macchia che sembrava affluire verso la torre più alta della città. «Ma è un po’ noioso. La cosa importante è raggiungere il punto ottimale per vedere i fuochi d’artificio che verranno fatti partire proprio da lì»
«Facendo un rapido calcolo basato sulla pendenza della torre, l’altezza ed il-»
«Oh, Tecna!» sbottò la bionda. «Non c’è bisogno di fare calcoli. Il punto ottimale è poco distante da qui»
L’altra strinse le labbra; non apprezzava particolarmente l’idea di essere interrotta. Seguì a principessa e gli altri, guardandosi attorno con circospezione.
L’aria era strana, quella sera: non portava con sé nulla di buono – proprio come quella della notte precedente, quando un’illusione le aveva fatto comprendere di non aver ancora risolto nemmeno la metà di ciò che l’aspettava.
Guardò i compagni, uno ad uno. Non le erano certamente sfuggite le occhiate preoccupate che Bloom e Sem lanciavano ad Alan.
A dire il vero, perfino la fata della tecnologia, quando lui aveva bussato alla porta della sua camera ed era sceso con lei nell’atrio del palazzo, aveva trovato il suo comportamento curioso ed insolito, data la natura del ragazzo.
Per tutta la durata della serata e per tutto il tempo in cui la luce dei fuochi brillò su di loro, Tecna non riuscì a godere lo spettacolo di una bellezza che Stella aveva voluto regalare loro e che, in verità, quasi nessuno era riuscito a cogliere.
Poteva solo pensare e rimuginare.
Quando tornarono al castello e si divisero, per raggiungere le rispettive camere, ebbe un’intuizione. Non dovette attendere molto, per poter verificare le sue ipotesi; perché un lamento provenne da uno stanzino lì accanto.
E, diversamente dagli altri, non si sorprese poi molto di aprire lo sgabuzzino e trovarvi Alan rannicchiato in un angolo, con gli occhi sgranati e gli abiti laceri. Quello con cui avevano trascorso la giornata non era nella sua stanza, anzi, pareva che non vi fosse mai entrato.
Il biondo era sconvolto, e biascicava qualcosa. Diceva di averlo visto.
Occhi che non ricordava, ma tetri ed angoscianti, il ritratto di un urlo che vorticava nel cristallino di uno sguardo che lo aveva deriso. Un sibilo ed una risata che alla mente giungeva come un grido; e poi il buio.
La mente corse irrimediabilmente alla creatura che il nucleo di Fonterossa aveva partorito e di cui loro si erano sbarazzati; eppure, a quanto pareva, questa era stato tanto potente da insinuarsi nel cuore di chi aveva incontrato. Si trattava dunque di un altro mostro nato dalla scuola?
Ma come aveva potuto seguirli fino a lì, ed a che scopo? Era dunque la stessa presenza della biblioteca?
«Io l’ho visto» ripeteva, scosso.
Una cosa, però, era chiara.
Di qualsiasi cosa si fosse trattato, era lo stesso impostore che aveva assunto l’identità di Brandon e che aveva cancellato i documenti dall’archivio; e, soprattutto, era la stessa entità che si era finta Alan e che, in entrambi gli episodi, non era stata in grado di simulare in modo da risultare sufficientemente credibile.
Qualcuno che non aveva avuto la possibilità di osservarli e di memorizzarne le movenze, forse.
Oppure, qualcuno o qualcosa che non conosceva gli umani quel poco che bastava per poterne imitare uno senza sembrare un animale, come nel caso del fidanzato di Stella; qualcuno o qualcosa che non era mai davvero entrato in contatto con un uomo, una donna o un bambino e che, di conseguenza, non aveva saputo fingersi Alan senza sembrare un automa.
Un gioco le cui ragioni erano ancora sconosciute ed i cui effetti continuavano a serpeggiare nell’aria come lugubri eco dei fuochi d’artificio che, anche in quel momento, fungevano da colonna sonora di una festa buia.
 
Now I couldn’t be there
Now you shouldn’t be scared
I’m good at repairs
And I’m under each snare
Intangible
Clint Eastwood, Gorillaz
 
E… anche questa volta si aggiorna il giorno prestabilito la prossima volta…
Buonasera a tutti coloro che ce l’hanno fatta fin qui, come ve la passate?
Gennaio mi sembra sempre un mese lunghissimo… un po’ perché, almeno nella scuola che frequento io, si chiude il quadrimestre e ci sono un paio di settimane sospese in un limbo e un po’ perché le giornate sono tutte uguali! Ma bando alle ciance….
Povero, povero Alan.
Io lo amo. Non voglio far ingelosire Aibao, Looma e Sem; ma lo amo.
No, non è vero; ha avuto quel che si meritava. Amo solo Brandon ed il suo modo di fare il pulcino con Stella, mentre lei si ingozza di alici caramellate.
Riven fa tanto il duro, ma ha lo stomaco da principessina (una principessina non di Solaria, ovviamente); chi sarà mai l’impostore?
Lo scopriremo tra… beh, due settimane, come al solito!
Ringrazio tuuutti tutti, prometto che risponderò appena potrò!
7th
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Winx / Vai alla pagina dell'autore: Applepagly