Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: tixit    28/01/2018    4 recensioni
Una ragazzina torna a casa e cerca di adeguarsi alla vita in famiglia.
Breve storia minore su personaggi minori che non è diventata originale.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorelle Jarjeyes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sigyn la rossa'
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Ci si sente tutti molto soli

Caro Nonno,

mi manca tanto il rumore del pontile sotto i miei stivali. E lo sciabordio dell’acqua che si rompe davanti allo scafo.

A proposito, è stato perché sono rimasta fuori tutta la notte il giorno della tempesta? Guarda che non c’era altro da fare: nelle favole ci sono eroi che salvano le damigelle dagli orchi e dai draghi, ma non ci sono eroi per cose come il vento e l’acqua salata. In quei casi le damigelle è meglio se fanno da sé. 
Anche se Oscar - Oscar! - tutto questo non lo sa: pensa che le "femmine" siano inutili, senza spessore, senza un briciolo di testa e senza un interesse al mondo a parte la dimensione dei loro panier. Questo detto da una il cui interesse principale è cercare di colpire un poveraccio con un pezzo di ferro mentre gli saltella intorno.

Non se ne accorge, ma mette nei guai André - lei è il drago, uno cucciolo e con le scaglie dorate, pasticcione e tutto sommato simpatico.
Mentre la damigella delicata di Palazzo Jarjayes temo sia proprio lui, “il Grandier”, perché Joséphine quanto a delicatezza non rientra nei parametri minimi.
Sono due giorni che mi fissa come un coccodrillo acquattato in un’ansa del Nilo. Joséphine. Perché André non  avrebbe il coraggio, e se anche gli venisse, viene continuamente comandato a bacchetta (e a mestolate) da tutti per cui non avrebbe proprio il tempo materiale di starsene acquattato. 

Quanto a me, alla lista delle cose sbagliate che potrei aver fatto e che non so, se ne sono aggiunte altre di cui sono consapevole. Per esempio ho rapito il giardiniere. Ho mentito a Mère e alle mie sorelle - ma su cose diverse, altrimenti sarebbe stato troppo facile - e forse ho litigato con Clément. Lui pensa cose non tanto carine su di me - si mettesse in fila - però ormai le pensa senza di me. Ho deciso e mantengo la mia posizione.

Anche se, spiace dirlo, pure se trattasi di decisione di grande effetto, non è un granché dal punto di vista della soddisfazione personale.

Spero che almeno tu stia bene, perché qui non sta bene proprio nessuno.
Con affetto

Sigyn



“Se vuoi possiamo andare a Sèvres.”

Sigyn scosse la testa, troppo concentrata sul libro che stava leggendo ad alta voce per tutti e tre.

“Pensavo ci tenessi.” insistette Oscar, brusca.

“Per fare cosa?”

“Non ne ho idea.” Oscar si spostò i riccioli biondi dalla fronte, cercando con tanta  pazienza di non sbuffare. “Sembrava che tu avessi dei grossi progetti per quelle tazzine.” Tacque di botto, vedendo che sua sorella si stava passando una mano sugli occhi in modo sospetto.

André accarezzò distrattamente il gomito di Oscar con la punta delle dita. “Posso leggere io, adesso?” chiese il ragazzo con cortesia, "Mi pare che sia arrivato il mio turno."

 

Caro Clément,

mi piacerebbe tanto riuscire a scrivertelo questo benedetto biglietto, e, soprattutto, vorrei trovare il coraggio di spedirlo.

Che vuoi che ti dica? Che mi dispiace di non essere venuta con te a prendere quel famoso tè?
Certo che mi spiace. Anche perché la tua casa era il mio piano di riserva e questo, lo so, non suona molto carino; quel giorno sarei dovuta passare proprio da voi con la scusa delle clematidi.

Non è che volessi intrappolare il tuo affetto, però un pochino è così: voi Girodelle avete i mezzi e la possibilità di offrire un rifugio sicuro ad una Jarjayes per via dei vincoli di amicizia tra il Generale e Monsieur Henri e tu sei sempre protettivo con quelli che ti stanno a cuore.
Una casa dove andare temporaneamente se le cose si mettono male è una carta da tenersi ben stretta, sai? Per giocarla al momento giusto.
Solo che è proprio una cosa meschina.
Da un gusto di cenere alla parola amicizia.

Per cui probabilmente è meglio se non sono venuta. In fondo io non sono affatto una damigella in pericolo.

Sigyn chiuse gli occhi.

Forse sarebbe stato diverso se ti avessi scritto subito, magari mi avresti accompagnato tu a Versailles, ma così avresti visto Mère e io non l'avrei sopportato.

O forse le avresti svelato che il Nonno mi aveva cacciata di casa e che a casa non c'è proprio nessuno che si prenda cura di nessuno - a parte André, che però viene zittito a mestolate per cui conta fino ad un certo punto.
Io non lo so perché ma a te viene ogni tanto questa voglia di dire esattamente le cose come stanno - solo che a quel punto, non credo proprio che sarebbe bastata una tazza di tè per fare stare meglio Mère.
E suppongo che, nel caso, mi sarei arrabbiata moltissimo.

O forse avresti dovuto scrivermi tu, dandomi degli indizi su Mademoiselle Violaine. In fondo non è che non lo so che frequenti altre persone oltre Cassandra e me... è naturale. Ci sarei arrivata più preparata al maneggio, e sarei stata, magari, molto più gentile con lei.

Quello forse era vero, Violaine le era sembrata una intrusa che la stava scacciando dal suo posticino, ma, probabilmente, l'intrusa era lei, che pretendeva di venire prima della ragazza che Clément stava corteggiando.

Prese la lettera, la ripiegò e la chiuse nel suo scrittoio portatile, con un sospiro.
A quanto pare era meglio se per un pochino non si fossero visti.


A Madame Marguerite parve che i colori delle vetrate si andassero deformando in grappoli tremuli mentre il cielo gradualmente si spegneva. Strinse nel pugno il Rosario e cercò di ricacciare indietro le lacrime - qualcosa adesso non andava, solo che non avrebbe saputo dire cosa.  

La Dama accanto a lei sussurrò cortese dietro al ventaglio “Ho saputo che una delle Vostre ragazze è venuta a trovarVi.”

“La Numero Cinque,” rispose, “la bambina.”

“Uno dei paggi della Regina, uno del primo anno, mi ha detto di averla vista giocare a biliardo con uno del terzo.”

“Era scandalizzato?”

“Più ammirato che scandalizzato, direi” l’abito di seta grigia frusciò sotto le dita accurate della donna “I paggi sono sfrontati e molto alla moda, ma in fondo vengono tutti da paesini con le case di pietra, e una piazza con al centro una croce di ferro.”

“Capisco cosa intendete,” sussurrò Madame Marguerite con un sorriso indulgente “sala da pranzo in pietra, scale a spirale, pavimenti di legno scuro, governanti scorbutiche, e animali domestici che girano per casa.”

“Sobrietà ed interesse sincero per chi vive nella loro orbita, amici, contadini o servitori,” un piccolo sorriso segreto curvò leggermente le labbra della dama, “in casa ci sono persone di almeno un paio di generazioni - qualcuno è anche un po’ eccentrico - e i più giovani vanno a pesca, sconfinano per la caccia nei boschi del vicino, bevono birra o sidro nelle taverne, dove incidono i loro nomi nel legno dei tavoli...”

“E ammirano le ragazzine che giocano a biliardo?” Madame era dubbiosa. I paggi sapevano essere terribili all’occorrenza. “Pensavo che trascorressero il tempo desiderando la nostra morte, per potersi finalmente mettere in mostra ad un funerale.”

“E’ il cinismo della giovinezza - e quel mantello coi galloni d’argento è bello davvero. A quattordici anni smaniavo per essere invitata a Corte per un ballo: avevo un vestito di seta di nanchino e delle pantofoline con la fibbia dorata e non vedevo l’ora di poterle sfoggiare. Le donne con solo una decina d’anni più di me, mi sembravano appassite.” Scosse la testa. “Per loro siamo solo vecchie civette appollaiate su un ramo bruciato da molto tempo. L’unica cosa interessante che potremmo ancora offrire è prendere il volo in modo solenne...” la donna sorrise divertita, “e prima o poi capiterà, lo so. Ma non ora. Questa vita sarà pure un po’ logora ai margini, ma conserva ancora intatta una gran fetta della sua bellezza.”

Madame Marguerite annuì per abitudine - il logorio per lei non era solo ai margini: c'era stato un tempo in cui si era scoperta ardente come la brace tra le mani dei Augustin, possibile che di quell’amore fosse rimasta solo la cenere postuma? Succedeva anche agli amori di lasciarsi ricoprire dalla polvere, come ai soprammobili di una stanza in disuso? Era possibile soffiarla via? O, se uno ci avesse provato, avrebbe scoperto che sotto il peso dei granelli del tempo, gli amori semplicemente svanivano? 

Poi, seria, la Dama soggiunse, “La piccola sapeva quello che stava facendo, ma difettava un pochino di pratica.” 

“Per fortuna, direi.” sospirò Madame Marguerite, che faceva fatica a concentrarsi. Essere "pratiche" di qualcosa che non fosse la danza, il canto ed uno strumento non le sembrava appropriato.

La Dama vestita di grigio le lanciò uno sguardo incuriosito “La maggior parte degli uomini, impara a camminare da una donna. Non capirò mai come riescano a convincerci, ad un certo punto, che proprio noi, con cui hanno mosso i primi passi, non si debba andare proprio da nessuna parte.” 

“Solo uno sciocco sfida le convenzioni della sua epoca.” la voce di Madame Marguerite era incolore e subito avvampò tormentandosi le mani. Il pensiero era corso ad Oscar, la sua bambina intensa e testarda, che si illuminava solo con l’approvazione di Augustin.

La Dama si morse il labbro inferiore - quello era un territorio dove non era saggio indugiare, poi tagliò corto “Comunque sia il paggetto mi ha confessato che la giovane demoiselle gli ricordava una delle sue sorelle.” 

“Noblesse campagnarde, metà della sua educazione.” Marguerite si sentì stanca, “Per l’altra metà forse ho davvero fallito. Fallire è la cosa che mi riesce meglio.” Senza forse, pensò, aveva fallito nella cosa in cui perfino le cagne da caccia di suo marito non fallivano mai - il suo corpo non era stato il porto sicuro del suo unico maschio, i suoi fianchi avevano sciolto la presa, il piccolo era nato prima del tempo. Il resto solo dolore.

“Tornerà?” chiese la donna con voce incoraggiante.

Madame Marguerite pensò che del suo matrimonio erano rimaste solo macerie, le bambine ormai stavano svanendo nei loro altrove - Joséphine era quasi imbarazzante nel modo in cui si sentiva padrona del mondo, le ricordava Augustin. Per loro non aveva più nulla dare, ammesso che avesse mai dato qualcosa che davvero valesse la pena ricevere. 
Le ultime due, invece, erano un rimorso che le sbranava il cuore.

La donna aggiunse “Sarebbe gradevole vedere un viso giovane negli appartamenti della Regina. Un viso che... le piacerebbe.” Madame Marguerite fece cenno di aver capito - la Regina, come Regina, era rispettata ed apprezzata. Come donna era tutta un’altra faccenda: era stata messa da parte per altre più giovani, più sensuali, o più interessanti. Più intriganti.
Più sgualdrine.

Lo sapevano tutti.

Augustin l’aveva già sostituita? Con una con cui era solo una questione di sesso? O dopo averlo fatto parlavano tra loro? Discuteva con lei di cose che non aveva mai discusso con sua moglie?

“Ci vorrebbe un po’ di allegria ogni tanto.” La Dama le parve rattristata. 

Con la Regina - e con le dame della sua Maison -nessuno a caccia di potere andava oltre la cortesia formale ed i suoi appartamenti accoglievano solo vecchi amici e nessun intrigo.
Si chiese cosa vedesse mai la Dama vestita di grigio nella sua demoiselle campagnarde. Qualcosa di degno di attenzione come pensava suo suocero? O la stupidità di un animaletto ammaestrato, come nel caso di Augustin?

“Non lo so.” Non hanno bisogno di me, pensò, sono felici e spensierate, giocano a biliardo, vanno a cavallo, Oscar aiuta sua sorella nei compiti, Joséphine sorveglia che tutto vada bene. Non hanno bisogno di me e quella non è più casa mia. Quello è solo il posto dove è sepolto il mio bambino. 

C’erano giorni che si sorprendeva ad immaginarlo - a volte lo teneva per mano - una assenza che le riempiva la vita. 

Inutile giocare il gioco dei se e dei ma: se fosse vissuto, Oscar non sarebbe mai nata. Forse lei sarebbe stata finalmente una buona madre, perché Augustin non l’avrebbe scoperta debole e non avrebbe mai preso una decisione così terribile come quella che aveva preso su Oscar. Ma non sarebbe mai esistita nessuna Oscar, se il piccolo fosse vissuto, non avrebbe mai cercato un altro bambino. E se fosse successo Oscar non sarebbe mai stata la sua Oscar, la sua bimba forte, quella speciale, l’orgoglio di suo padre. 
Non c’era modo di avere tutto.

“Non è il posto per lei. Non credo.” sospirò. “Non la incoraggerò a restare.”

Non aveva la forza per poter sistemare le cose; peggio - le mancava anche la speranza. Non puoi vincere una battaglia quando ami il tuo avversario con tutto il cuore “Io non servo. Non servo ai vivi.” 

L’altra donna la osservò preoccupata, ma non disse nulla. 

 

Oscar sfiorò con il dito una pedina - preferiva altri tipi di giochi, ma Sigyn faceva fatica a camminare anche se si ostinava a far finta che non fosse così. Erano tutte e due sul letto di Sigyn, sedute a gambe incrociate.
Sigyn era avvolta nel suo vecchio banyan verdeblù, che le stava proprio largo, i capelli ricci e rossi tenuti fermi da un nastro civettuolo dello stesso colore.
Oscar indossava i pantaloni neri di panno ed il giustacuore di seta verde muschio. Era presto, ma Joséphine era uscita con degli amici e poi se ne sarebbe andata a teatro.

“Io quello non lo farei se fossi in te!” La voce della ragazzina dai capelli rossi era sdegnata.

“E perché?” chiese Oscar sospettosa.

“Ma tu? Tu lo sai che ruolo hai? Tu lo sai che muovi i bianchi vero? Lo sai, vero, che il tuo scopo è che vincano?” Sigyn la guardò severamente ed Oscar notò che gli occhi erano rossi. Di nuovo.

“Non ci vengo a Versailles, sappilo!” mugugnò scontrosa, d’impulso.

L’abbraccio di sua sorella la sorprese, si ritrovò stretta contro di lei senza quasi poter respirare.
“Non te l’ho chiesto e non te lo chiederò mai più!” la sentì mormorare, “Tu stai bene qui, Versailles… non è... non è il posto giusto...” Poi Sigyn guardò Oscar timidamente “Io però ci torno. Da sola. Tutte le settimane. Solo per un giorno alla volta. Ma ci torno.”

“Non mi hai ancora detto cosa hai fatto lì.”

Sigyn le scoccò un sorriso malizioso “Mi hanno fare il bagno e mi hanno dato una poltiglia contro i pidocchi.”

“Questa poi!”

“Lascia perdere… dei pazzi scostumati. Però il sapone era molto buono, sapeva di rose. Ne ho preso un bel pezzo e l’ho messo in camera tua.”

“Chi hai incontrato?” Oscar si era irrigidita e Sigyn si fissò le mani - era dura per Oscar non essere la numero uno, lo capiva. Sua sorella veniva da sempre prima di tutte loro per il Generale, per Mère, per Nonnina e per André. Il suo mondo finiva lì. Sempre sola, ma mai da sola.

Mère era molto bella e tanto indaffarata. La Regina non la lascia andare via.” si vergognò orribilmente nel dirlo, perché era vero solo a metà. La stanza di Mère era lugubre, il suo viso era stanco, gli occhi segnati ed i discorsi un po' troppo svagati. Se ci fosse stato in casa un fratello maschio, uno vero, lui avrebbe potuto dire qualcosa a questo punto - Clément lo avrebbe sicuramente fatto per Cassandra. E se fosse stato complicato, ci si sarebbero messi anche Alo e Maxence.
“Ha parlato tutto il tempo di te, le ho detto che mi aiuti con i compiti, sai?”

Il visetto di Oscar sembrò ammorbidirsi e Sigyn sospirò di sollievo dentro di sé “Io ci vado, ma solo se a te non dispiace.” disse d’impulso.

“Non mi dispiace per niente, sei sempre tra i piedi!”

Sigyn le baciò una guancia ed Oscar le diede un colpetto imbarazzato sulla spalla “Hai finito con queste smancerie?”

“Penso proprio di sì.” la voce di Sigyn era maliziosa. Le mani della ragazzina scivolarono lungo ai fianchi fino a raggiungere le costole. Poi prese a farle il solletico.

Si rotolarono per il letto ridendo.


"Se vuoi resto qui stasera, leggiamo un po' e ti tengo compagnia. Se hai paura, voglio dire, perché stasera Joséphine non c'è. Per via del temporale intendo."

Sigyn arrossì, mentre la pioggia ticchettava contro i vetri. Poi sussurrò che sarebbe stato per un'altra volta - doveva studiare.

Oscar socchiuse gli occhi - era certa che sua sorella le stesse mentendo. E che, peggio, se ne vergognava.
Rotolò giù dal letto con eleganza ed uscì dalla porta senza guardarsi indietro.


Più tardi, mentre spiava il corridoio di servizio da uno spiraglio della porta, Oscar vide André che sgattaiolava in camera di sua sorella con qualcosa sotto la giacca. Poi li vide scendere le scale di servizio in punta di piedi - lui le dava il braccio, era premuroso, lei era proprio più magra rispetto a quando era tornata.

E bisbigliavano. Quei due bisbigliavano tra di loro.

Richiuse la porta senza fare rumore. Aveva fatto bene a verificare - le erano sembrati strani, quei due, dopo la fuga di sua sorella a Versailles. Cosa ci fosse andata a fare non s'era capito: era tornata con progetti ed istruzioni, un poco più dolce e parecchio più triste. Perfino Joséphine ormai la fissava preoccupata.
Quella sera era scivolata nel suo letto con un sacchetto di biscotti dei suoi, ancora caldi, e le aveva bisbigliato che a Versailles s'era sentita prima stupida, poi trasparente, e infine indifesa.
E adesso quella scema ci voleva pure tornare?
Prese il sapone che le aveva regalato Sigyn, lo annusò, poi, di scatto, lo gettò contro un armadio, per pentirsene subito dopo.

Scese nell’Atrio, decisa a non incontrarli - se l’avessero voluta l’avrebbero avvisata dei loro progetti. A quanto pare invece quei due avevano i loro segreti. Quanto a lei non era interessata alle loro cretinate. Il rancore le stringeva il cuore come una corona di spine lasciandola senza fiato.

Le venne incontro Nonnina, agitata.

“C'è qualcuno con un pacchetto per Mademoiselle de Jarjayes; qualcuno deve parlarci!”

“Ditegli di passare per le cucine e lasciarlo lì. E dategli una moneta per il disturbo!”

“Ma non è un mendicante! Va trattato con cortesia..." Nonnina si torse le mani agitata. "Proprio stasera che Mademoiselle Joséphine non c’è!”

Oscar alzò gli occhi al cielo, “Me ne occuperò io,” sbuffò irritata “sono io il figlio di mio Padre, e le mie sorelle dipendono da me. Caccerò questo tizio a colpi di stocco, se serve.”

   
 
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