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Autore: Echocide    02/02/2018    1 recensioni
Dai lombi fatali di questi due nemici
toglie vita una coppia d'amanti avventurati,
nati sotto maligna stella,
le cui pietose vicende seppelliscono,
mediante la lor morte...

Agreste e Dupain sono due famiglie nobili di Paris, una città ricca di mistero e magia.
Una notte, il patriarca degli Agreste condanna i Dupain alla morte e dalla strage della famiglia, una bambina si salva: il suo nome è Marinette.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Inori
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: fantasy, romantico, drammatico
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 2.172 (Fidipù)
Note: Mi sto meravigliando di me stessa: questa settimana sono riuscita a fare tutti gli aggiornamenti (aspetta a dirlo, Echo. Ne hai ancora uno da fare!) ed eccoci qui con un nuovo capitolo di Inori e siamo a meno tre dal finale. Uao, mi sembra strano che anche questa storia si concluderà...ed io che farò? Come se non avessi altre millemila storie da fare, da concludere e...vabbè, lasciamo perdere e passiamo alle solite, classiche, informazioni di rito: la pagina facebook per ricevere piccole anteprime e restare sempre aggiornati, trovare curiosità e miei scleri e al gruppo facebook Two Miraculous Writers, gestito con la bravissima e talentuosa kiaretta_scrittrice92, per tutto i miei social, invece, vi rimando alle note del mio profilo.
Per concludere, voglio dire grazie a tutti voi che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste!
Grazie tantissimo!

 

 

Marinette si sistemò vicino al caminetto, ascoltando senza particolare attenzione alla discussione fra Otis e Fu, tenendo lo sguardo fermo sulle fiamme: «Forse Nino sa dove può essere andato» mormorò Alya, attirando su di sé l'attenzione della ragazza e indicando, con un cenno del capo, il biglietto che quest'ultima stringeva ancora fra le mani, quasi fosse un tesoro che non avrebbe ceduto a nessuno: «Sono cresciuti assieme, no?» buttò lì, osservando un lampo di consapevolezza attraversare lo sguardo dell'amica: «Sicuramente avrà un'idea di quello che gli è passato per la mente e dove potrebbe essersi diretto.»
Marinette annuì, scoccando un'occhiata veloce a Fu e Otis, posandolo poi su Alya: «Andiamo» mormorò, chinando la testa e avviandosi verso la porta: «Torno nella mia camera» mormorò, fermandosi nei pressi dell'uscio e fissando i due uomini: «Appena avrete…»
«Appena avremo deciso che cosa fare, ti avviseremo» dichiarò Fu, sorridendole e avvicinandosi, stringendole le mani con le sue: «Andrà tutto bene» le mormorò, accentuando un poco la stretta prima di lasciarla andare; Marinette annuì e si voltò verso la porta, lasciando che Alya la scortasse fuori.
Avanzarono lungo il corridoio, raggiungendo le scale che portavano al piano superiore: «Nino dovrebbe essere nella sua stanza» bisbigliò Alya, superandola e salendo veloce alcuni gradini: «Spero veramente che il principino non abbia fatto qualche sciocchezza.»
«Lo spero anche io» mormorò Marinette, seguendo l'amica e arrivando al piano superiore, vedendola mentre marciava decisa verso una delle porte in fondo al corridoio e si fermava, bussando con fare imperioso.
«Nino! In piedi!» urlò e Marinette rimase a fissarla, mentre dall'interno della stanza arrivano rumori confusi, poco dopo la porta si aprì prepotentemente e Nino osservò la ragazza che l'aspettava con le braccia conserte: «Abbiamo bisogno di te.»
«C-che devo fare?» domandò il ragazzo, facendo vagare lo sguardo fino a Marinette e salutandola con un cenno del capo: «Cosa è successo? Dov'è Adrien?»
«Questo devi dirlo tu a noi» Alya si voltò verso Marinette, indicando il giovane con un cenno del capo: «Quando Marinette si è svegliata, poco fa, ha trovato solo questo e, di sotto, mio padre e Fu stanno parlando: a quanto pare Sabine ha deciso che è tempo di una rivolta.»
Nino annuì, prendendo il foglio spiegazzato fra le mani di Marinette e leggendo l'unica parola vergata, scuotendo poi il capo: «Io non so proprio dove…» si fermò, facendosi passare la lingua sulle labbra: «Aspetta» scosse la testa, portandosi una mano alla nuca e massaggiandosela: «Conoscendolo, dopo ciò che ha visto nel paese…sicuramente è andato a parlare con suo padre.»
«Ma è scemo?»
«Forse, Alya» commentò Nino, sorridendo appena: «Ma sono certo che sta pensando che questa sia l'unica cosa che può fare lui…»
«Devo andare» mormorò Marinette, attirando l'attenzione di entrambi su di lei: «Io devo andare da lui.»
«Oh. Fantastico! Sono circondata da stupidi.»
«Alya…» Marinette si avvicinò all'amica, prendendole una mano fra le sue e sorridendole appena: «Io…»
«Distrarrò Otis e Fu» dichiarò Alya, inspirando e scuotendo il capo: «Non penso che Fu sarà felice di sapere che lo stupido principe è tornato al castello e mio padre…» si fermò, sbuffando e posando le mani sui fianchi: «Beh, meglio che non sappia niente.»
«Vado a preparare i cavalli» Nino sorrise a entrambe, rientrando nella camera e uscendo con il suo cappello rosso in testa: «Ti attendo di sotto, Marinette.»
La ragazza annuì, osservandolo mentre percorreva a passo svelto il corridoio e svoltava, sparendo dalla sua vista: «Non sei d'accordo» mormorò, voltandosi verso Alya e fissandola negli occhi: «Ti conosco da una vita, lo so quando fai qualcosa controvoglia.»
«No, non sono d'accordo. Penso che sia una sciocchezza ma so che tu andrai con o senza il mio volere» Alya le si avvicinò, passandole le braccia attorno al collo e stringendola: «Ho il terrore che non ti rivedrò più, Marinette» bisbigliò, tirando su con il naso e accentuando la stretta dell'abbraccio: «Che se ti lascio andare, tu…»
«Tornerò, Alya» Marinette sorrise appena, alzando le braccia e ricambiando l'abbraccio dell'amica: «E porterò Adrien con me, così potrai dirgli tutto quello che ti pare.»
Alya annuì, tirando su con il naso e allontanandosi, passandosi una mano sulle guance e sorridendo appena, nonostante gli occhi lucidi e la traccia delle lacrime: «Gli sentiranno le orecchie a furia di ascoltare tutte le mie urla: è uno stupido, che si è messo in pericolo e mette anche te in una brutta posizione.»
«Alya…»
«Portamelo intero, mi raccomando. Ci penso io a fargli qualche ferita: nulla di debilitante o che non gli permetta di fare figli, o che gli rovini quel bel faccino che si ritrova.»
 
 
Adrien alzò la testa, voltandosi verso la piccola inferriata, unica apertura della cella e rimase in silenzio, ascoltando il vociare che proveniva da fuori. Che cosa stava succedendo? Si issò appena, poggiando la mano contro la parete e avvicinandosi alla finestrella, inclinando appena la testa: «Sembra che abbiano in mente di assaltare il castello» mormorò una voce alle sue spalle; Adrien si voltò, osservando il volto familiare del cugino, illuminato dal basso dalla luce tremula della lanterna che teneva in mano: «A quanto pare Bourgeois aveva ragione, Sabine Dupain ha fatto la sua mossa.»
«Nathaniel» bisbigliò Adrien, voltandosi completamente verso il congiunto e osservandolo mentre, con un sorriso tranquillo, si avvicinava alla porta della sua cella: «Che stai facendo?»
«Ti libero» dichiarò tranquillo Nathaniel, poggiando la lanterna per terra e sorridendo all'altro: «Sono certo che non vuoi essere qui quando il popolo entrerà.»
Adrien annuì, osservandolo l'altro armeggiare con la serratura e poi il rumore dello scatto arrivò alle sue orecchie, seguito subito da quello cigolante della porta che si apriva: «Andiamo?» domandò Nathaniel, indicando con un cenno del capo la scalinata di pietra che, da davanti la sua cella, portava verso l'alto e verso la libertà.
Adrien annuì, uscendo dalla cella e osservando le scale: «Mio padre…»
«Sicuramente sarà al sicuro» commentò Nathaniel chinando la testa e nascondendo lo sguardo con i ciuffi dei capelli: «Andiamo, non c'è tempo da perdere.»
«No. Hai ragione.»
 
 
Marinette smontò da cavallo, tenendo le redini di Tikki e osservando la folla che si accalcava davanti l'ingresso principale del maniero dei Dupain: «Che cosa…?» mormorò, tirando appena a sé la cavalla fulva e facendo vagare lo sguardo su ciò che aveva davanti a sé: «Nino?»
«Penso che tua madre sia da qualche parte» commentò il ragazzo, allungando una mano e prendendole le redini dalle dita: «Vai a cercarla, io resto qui con Tikki e Wayzz» dichiarò, indicando con un cenno del capo i due cavalli.
La ragazza annuì, posando una mano sull'elsa della spada che teneva in vita e che si era portata dietro dopo aver seguito un capriccio momentaneo; avanzò, mentre cercava con lo sguardo la madre, trovandosi a confrontarsi con facce sconosciute.
Dov'era lei?
Doveva essere lì? Quello non era ciò che aveva sempre agognato? Che aveva sempre desiderato?
Marinette si fermò, stringendo i pugni e chinando la testa: se lei non avesse incontrato Adrien, adesso sarebbe stata lì ma al fianco della madre? Oppure Fu avrebbe cercato di tenerla lontana da tutto ciò?
Scosse il capo, cercando di non pensare ai se e ai ma che erano implicati in quella vicenda, non doveva lasciarsi distrarre da come sarebbe potuta andare la sua vita, la sua unica priorità era Adrien e portarlo al sicuro da tutto ciò: «Scusate» mormorò, posando una mano su un uomo vicino a lei, e vedendolo voltarsi, i lineamenti della faccia distorti dalla rabbia e dalla tensione: «Dove posso trovare Sabine Dupain?»
L'uomo la fissò alcuni secondi, prima di indicare con un cenno del capo un punto e Marinette lo ringraziò con un sorriso, marciando velocemente e scivolando fra la folla, trovando sua madre poco distante da lei.
Sabine Dupain teneva lo sguardo rivolto verso il maniero degli Agreste, il mento alzato e i lineamenti resi duri dall'espressione impassibile e le appariva completamente diversa dalla donna che era solita vedere: non c'era nulla di sua madre, in quella guerriera infilata in un'armatura lucente e la cui mano destra era fissa sul pomo della spada.
Quasi richiamata dal suo sguardo, Sabine si voltò verso di lei e il volto le si addolcì un poco grazie al sorriso che le comparve sulle labbra: «Marinette» esclamò, avvicinandosi a lei e posandole le mani ricoperte dai guanti in cotta sulle braccia: «Io non credevo che saresti venuta, non sapevo nemmeno che…»
«Otis è venuto ad avvisarmi» mormorò Marinette, chinando la testa: «Mamma tutto questo…»
«Finirà a breve, il tempo di prendere Gabriel Agreste e giustiziarlo.»
«Mamma non è questo il modo.»
«Cosa?»
«Così non risolveremo niente» mormorò Marinette, osservando la donna lasciarla come se si fosse scottata e allontanarsi di qualche passo: «Ti prego, mamma, ascoltami. Questo non è ciò che ha bisogno il popolo di Paris, questo non è il modo per cambiare le cose in questa città. Noi dovremmo…»
«Che cosa dovremmo fare, eh? Che cosa vuoi fare tu, che sei stata finora tenuta nella bambagia?» Sabine fissò la figlia, scuotendo la testa e stirando le labbra fino a ottenere una linea sottile: «Che cosa hai fatto tu per il popolo di tuo padre? Ti sei nascosta a casa di Fu, hai ignorato ogni cosa e adesso vieni qui e mi chiedi di ignorare tutto ciò per cui ho lottato e sopravvissuto in questi anni?»
Marinette aprì la bocca, richiudendola e scuotendo la testa, trovandosi incapace di dire alcunché: non riusciva a farla ragionare, non riusciva a comunicare con quella donna che aveva solo le sembianze di sua madre.
Si strinse nelle braccia e si voltò, osservando il popolo di Paris addossarsi contro i cancelli del palazzo, le voci che si mischiavano e sembravano diventare un unico urlo mentre le armi improvvisate, i bastoni e i ferri del lavoro venivano alzati verso il cielo, e le persone si accalcavano l'una all'altra, spingendo quelle più avanti e urlando quasi nelle orecchie degli altri.
Non poteva sapere quello che stava accadendo nella prima linea, ma poteva immaginare i soldati con le picche alzate e pronti a colpire chiunque facesse un passo più del dovuto, pronti a uccidere se necessario: «Ferma tutto questo, mamma» si voltò, sentendo la supplica nella sua voce: «Non è questo che va bene per la nostra città e tu lo sai, lo sapresti se…»
«Cosa vuoi saperne tu» Sabine sputò fuori quelle parole, fissandola negli occhi e Marinette non vide altro che gelida determinazione: non c'era più la madre dolce che l'aveva cresciuta, accudendola e facendola sentire sempre amata e protetta; non c'era più la donna che, di tanto in tanto, le appariva debole e sepolta dai pesi della vita.
Davanti a lei ora c'era solo un'algida regina che voleva semplicemente la sua vendetta e non avrebbe guardato in faccia nessuno pur di averla: non le importava se molti sarebbero morti per darle ciò che voleva.
Un urlo si levò dalla calca di persone e Marinette osservò i cancelli tremare e poi cadere sotto la furia del popolo, che irruppe nel piazzale antistante il palazzo e cominciò a correre verso la struttura principale: uomini del volgo e soldati si scontrarono, determinando subito la supremazia nell'arte bellica dei secondi, ma il popolo era più numeroso e, dopo le prime perdite, cominciò a sovrastare il piccolo esercito a protezione del castello degli Agreste.
«Dobbiamo andarcene da qui» le bisbigliò Nino, posandole una mano sull'avambraccio e serrando la presa attorno a questo: «E' pericolo per voi.»
«Lui è là dentro» mormorò Marinette, storcendo le labbra e strattonando il braccio, liberandosi dalla presa del giovane: «Io devo andare.»
«Non penso proprio che Adrien ti voglia là, Marinette» Nino alzò la testa, aprendo appena le labbra e fissando due uomini immobilizzare una delle guardie e impalarla sulla sua stessa arma: «Ti prego, Marinette. Andiamocene, parliamo con Fu e…»
La ragazza scosse il capo, allontanandosi di qualche passo e fissando l'amico con un sorriso sulle labbra: «Occupati di Alya, va bene?»
«Marinette…»
«E se non torno…»
«Marinette, per favore…»
«Se non torno, assicurati che sia felice. So che tu puoi farlo, Nino» Marinette sorrise, avvicinandosi al ragazzo e posandogli una mano sulla guancia: «Vorrei aver passato più tempo con te, Nino. Averti conosciuto come lui e…»
«Ti prego, non parlare così. Non…»
«Fa quello che ti ho chiesto» continuò la ragazza, arretrando di qualche passo e fissandolo: «E grazie per tutto» concluse, voltandosi e correndo verso il palazzo, ignorando il richiamo dell'amico e tutto ciò che la stava circondando; arrivò con facilità al grande portone di legno e che era stato aperto in parte: inspirò, osservando l'interno e non trovando niente di differente rispetto all'esterno.
La gente del popolo stava lentamente arraffando tutto, distruggendo tutto ciò che trovava sul suo cammino e uccidendo chi lo intralciava; alcune urla femminili le arrivarono alle orecchie ma le ignorò, alzando il capo verso la grande scalinata di marmo che dominava il tutto e sapendo immediatamente dove sarebbe dovuta andare.
Alzò il capo, avanzando e ignorando il caos che la circondava, avvicinandosi un passo dopo l'altro alla sua meta, ad Adrien.
 
   
 
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