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Autore: revin    02/02/2018    0 recensioni
Tornare alla vita di sempre non sarà facile per Gwen. Il ricordo di Michael continua a tornarle in mente, così come quello dei mesi trascorsi a Fox River. Senza contare i due galeotti che sembrano non riuscire proprio a starle alla larga e un segreto dietro l'angolo pronto a travolgere tutto e tutti.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Michael/Sara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il deposito di Hiland non era molto distante da dov’ero stata scaricata.

Avevo impiegato meno di dieci minuti per raggiungerlo e una volta arrivata, era stato facile riconoscere Michael e Lincoln fermi e in attesa sul molo ormai quasi completamente deserto, accanto all’enorme cargo in partenza.
Vedendomi camminare verso di loro, Michael si era staccato dal fratello per raggiungermi. 
  • Finalmente. La nave sta per partire… dove hai lasciato il cellulare?
  • In albergo.  -  risposi quasi senza guardarlo.  “In mano a Mahone, molto probabilmente”.
Appena avevo sollevato gli occhi verso il ragazzo, le ferite ben evidenti sulla parte sinistra del suo viso erano saltate subito all’occhio. Non le avevo notate prima perché Michael aveva alzato il cappuccio della felpa in testa, coprendogli anche parte del volto tumefatto. Ma come lo avevano conciato? Il sopracciglio sinistro era spappolato e l’occhio e il labbro erano gonfi e arrossati.
Povero amore mio, doveva essersi preso una bella scarica di botte. 
  • Non preoccuparti, non è niente.  -  mi rassicurò, interpretando bene la mia espressione.  -  Piuttosto, perché ci avete messo tanto? Dov’è Sara?
  • Abbiamo avuto qualche problema lungo la strada.  -  spiegai, sentendomi ancora mortificata per aver permesso a Sara di andare incontro ad un destino crudele da sola.
  • Che cos’è successo?  -  mi domandò Lincoln che nel frattempo ci aveva raggiunti.
  • Mahone ci ha trovate mentre eravamo ancora in albergo e ci ha teso una trappola. Ci ha fatto credere di lasciarci andare, dopodiché ci ha fatte pedinare dai suoi tirapiedi perché li portassimo da voi. Io e Sara ce ne siamo accorte prima di arrivare qui e abbiamo tentato di portarli fuori strada.
  • Dov’è Sara adesso?  -  continuò Michael con un filo di disperazione nella voce.
Non ebbi più il coraggio di guardarlo in faccia, non volevo leggere la tristezza nei suoi occhi prima ancora di spiegargli cosa fosse realmente successo. Non potevo sopportarlo.
  • Sara mi ha fatta scendere dall’auto perché potessi mettermi in salvo, mentre lei…
Non c’era bisogno che dessi ulteriori spiegazioni, era piuttosto ovvio il seguito, inoltre mi sentivo terribilmente in colpa e non mi sembrò il caso di far presente il fatto che mi fossi salvata a discapito di Sara.
  • Quel farabutto ci sta ancora alle calcagna.  -  sbottò Lincoln, prima di avvicinarmi e prendermi tra le braccia.  -  Perlomeno ne sei scampata. Sei sicura di stare bene? Sei così pallida…
Annuii per rassicurarlo. Erano solo residui della crisi respiratoria avuta neanche un’ora prima. Sarebbe bastato un po’ di riposo e un’abbuffata ipercalorica e sarei tornata ad avere il perfetto colorito cadaverico di sempre, l’equivalente colorito di quel momento.
  • Dobbiamo aiutarla.  -  sentii pronunciare a Michael improvvisamente.  -  Non possiamo partire, non possiamo lasciarla nei guai.
Cosa?! Era serio. Sarebbe rimasto davvero per lei, per salvarla.
  • Credo sia tardi. I poliziotti la stavano inseguendo, probabilmente ormai…
  • Non possiamo lasciarle pagare i nostri errori.  -  ribadì senza lasciarmi terminare.  -  No, non possiamo abbandonarla così.
  • Non dire sciocchezze Michael, non possiamo più rimanere qui. Dobbiamo andarcene e sparire.  -  lo riprese Lincoln, provando a farlo rinsavire.
  • No, io non parto senza Sara.
Fu come ricevere un pugno in pieno stomaco senza preavviso. Quelle parole riuscirono a farmi più male della crisi che poco prima mi aveva ridotta ad annaspare aria per non soffocare. Non erano le parole in sé ad avermi turbata, ma il modo in cui Michael le aveva pronunciate, come se per lui non esistesse cosa peggiore che staccarsi da quella donna, come se tutto il resto all’improvviso non contasse, come se lui… l’amasse.
Forse quella frase racchiudeva in sé una profonda verità che fino a quel momento avevo cercato di negare a me stessa, ma che in fondo era lì davanti ai miei occhi.

Perché ancora volevo negarlo? Michael provava qualcosa per Sara, per quanto probabilmente neanche lui se ne rendesse conto.
Per la prima volta da quando Sara mi aveva lasciata in quel vicolo perché mi salvassi, desiderai essere rimasta io al suo posto a seminare i nostri inseguitori. 
  • Michael ti prego, cerca di ragionare. Anche a me dispiace, ma se restiamo non avremmo più altre possibilità di raggiungere Panama e tutto quello che hai fatto fin ora per portarci fin qui sarà stato utile.
  • Ma lei ha fatto tanto per noi…
  • Si,  -  rispose Lincoln conciliante, rivolgendo gli occhi in lontananza. Poco lontano da lì le sirene della polizia cominciarono a suonare a tutto spiano e tutti e tre ci rendemmo conto che la corsa di Sara doveva essere finita.  -  ma non possiamo fare più niente per lei.
Il richiamo dell’enorme nave da trasporto si levò in aria, segnalando che l’imbarco delle merci fosse appena stato completato e che la partenza fosse imminente.
Michael stava ancora fissando il molo, in direzione delle sirene. Era così assorto, così addolorato che mi si strinse il cuore. Cosa stava provando in quel momento? Era soltanto senso di colpa? Avrebbe avuto la stessa reazione se al posto di Sara ci fossi stata io?
  • Questo è tuo Sawyer.  -  mi disse Lincoln, porgendomi un biglietto per l’imbarco.  -  Avevo preso 4 biglietti, nel caso anche tu e Sara foste volute venire con noi.
Presi il biglietto e per una manciata di secondi restai a fissarlo, incapace di dire una parola.
Era una possibilità quella che mi si stava offrendo, partire per Panama insieme a due ricercati, lasciare gli Stati Uniti, lasciare Keith, Meredith e dare un calcio al passato e alla mia vita più di quanto non avessi già fatto. Ma era davvero quello che volevo? Tutto quello che desideravo era restare insieme a Michael e non dovermene separare mai più. Cosa accidenti mi importava della Compagnia, di Mahone o di diventare a mia volta una ricercata se fossi riuscita a rimanere accanto all’uomo che amavo?
Se solo anche lui mi amasse…
  • Io non vengo.  -  dissi, restituendo il biglietto al mio amico.
Immediatamente, entrambe le sopracciglia di Lincoln si curvarono all’in su.  -  Perché?
  • Perché non voglio. Non posso lasciare tutto e partire alla volta di Panama, dimenticandomi le mie responsabilità. Non posso lasciare Keith senza una spiegazione, si preoccuperebbe e io non voglio che succeda. Lui non lo merita… mi dispiace ragazzi.
  • Ma come farai con la Compagnia? Potrebbero rintracciarti in qualunque momento.
Scossi la testa e gli sorrisi.  -  No, starò bene. Sono così impegnati a darvi la caccia che non avranno tempo di preoccuparsi anche per me.
  • Però…
  • Piantala Linc, ho detto che starò bene.
Mi strinse a sé per la seconda volta.  -  Mi mancherai tanto.
“Oh no, così rischio di piangere”.  -   Mi mancherai tanto anche tu, galeotto.
 
Quell’omone così grosso e pieno di muscoli che mi sovrastava facendomi sembrare una bambina, era diventato così importante per me che quasi stentavo a credere di averlo conosciuto tra i corridoi di un carcere di massima sicurezza. Sapevo che la nostra amicizia era solida, me lo sentivo e non avevo alcun dubbio che un giorno o l’altro ci saremmo ritrovati.
Solo allora trovai il coraggio di voltarmi verso Michael. Aspettava che arrivasse il suo turno e l’espressione dei suoi occhi bellissimi era vuota, così tristi che mi sbriciolai in pezzi solo a guardarlo.
Se avessi cominciato a piangere non sarei più riuscita a smettere e la mia opera di convincimento sarebbe andata a farsi benedire, ma come facevo a restare indifferente di fronte a quegli occhi? Come avrei trovato il coraggio di allontanarmi da lui e dirgli addio?
  • Potremo anche riuscire a raggiungere Panama, ma che senso avrà senza di te?  -  mormorò con il tono di un bimbo sperduto.
Oddio, non dire così”.  -  Forse… non era destino… tutto qui.
  • So che non è quello che volevi. Ti avevo promesso che non saremmo più scappati, che avrei rimesso le cose apposto… hai ragione a pensare che questa non è la vita che volevi…
“La vita che voglio è insieme a te, stupido!” -  Non è questo, Michael. Io ti amo, ma una decisione del genere ti condiziona la vita e io non posso decidere di stravolgere la mia col dubbio che l’uomo che amo…possa amare un’altra.
 
Michael rimase a fissarmi mentre i minuti passavano. Il dubbio che lui potesse amare Sara era un pensiero che continuava ad ossessionarmi ed era giusto che lui lo sapesse. Potevo anche fare finta che il senso di colpa che lui provava nei confronti di Sara per averla indotta a lasciargli la porta aperta, per averla coinvolta nei suoi problemi e per aver permesso che l’arrestassero, si riducesse solo a questo, ma come potevo esserne certa? Non potevo rischiare di innamorarmi di lui più di quanto non lo fossi già, per poi perderlo. Non lo avrei sopportato.
  • Io ti amo…questo è tutto quello che posso dire.  -  mi disse.
E all’improvviso capii che quello era un addio. Non so cos’avesse mosso quella strana consapevolezza, solo, in maniera del tutto inspiegabile sentivo che ci stavamo allontanando, nonostante ci trovassimo ancora a mezzo metro di distanza.
Mi aveva detto che mi amava. Le sue iridi, azzurre più del cielo, erano così dure, chiare e profonde su di me, troppo profonde perché io potessi cogliere una conferma di ciò che mi ero appena sentita confessare.
  • Vorrei che potesse bastare.
Se dentro di me sapevo che lasciarlo andare era la decisione giusta, perché stavo così male? Perché avrei voluto strapparmi dal petto il cuore per far cessare quel dolore?
  • Michael, dobbiamo proprio andare.  -  lo richiamò Lincoln, rimasto in disparte per lasciarci il tempo di salutarci.
Il ragazzo continuò a fissarmi con intensità, come se non avesse sentito.  -  Quando questa storia sarà finita, verrò a prenderti Gwen… aspettami, ti prego.
 
Furono parole di circostanza, pronunciate in modo frettoloso che mi fecero sorridere dell’illusione che riuscirono a lasciare. Era una prospettiva allettante e anche tanto irreale. Nel migliore dei casi, terribilmente lontana.
Attesi che entrambi si imbarcassero e che la nave salpasse, prima di decidermi a schiodarmi da quel molo desolato e tornare a casa.
Quando mi resi conto che la nave era ormai lontana e che ero rimasta sola in quel posto sperduto, spalancai gli occhi, pronunciai il suo nome ma lui non c’era più. Fu in quel momento che al centro del petto sentii un dolore che mi tolse il respiro e mi stupì per la sua forza.
 
“Oddio… Michael”. 
   
 
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