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Autore: Applepagly    03/02/2018    3 recensioni
Il riposo è solo un pretesto per nascondere un segreto, una festa è l’occasione per svelarlo. La battaglia è finita ma non è mai finita davvero, e il male non è fuori ma dentro le mura... inizia la ricerca di ciò in cui è difficile credere. Inizia la ricerca del bello.
Genere: Commedia, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bloom, Nuovo personaggio, Tecna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Merry-go-round'
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Avvertenze: compare Vera. L’avevo già citata in qualche occasione e, per chi non la conoscesse, è la presunta sorella di Helia; un tempo frequentava Alfea ma, siccome faceva palesemente schifo come fata, il caro nonnino l’ha presa tra i suoi alunni.
Maria invece è stata mollata da Jared durante le vacanze.
E con questa, vi lascio alla lettura!

 

 
XIII
 
Each careful step
Along the byway
And more, much more than this, I did
It my way
My Way, Frank Sinatra
 
Affondando le mani nelle tasche della giacca pesante, si decise a fare un giro per il cortile dei dormitori. A quell’ora, l’accademia iniziava ad animarsi degli studenti sopravvissuti al primo giorno dopo il rientro dalle vacanze.
Ironicamente, era stato più difficile aggirarsi per la scuola per una giornata intera – senza fare nulla – piuttosto che ricominciare fin da subito con le estenuanti sedute di addestramento. Talvolta, Vera pensava che Codatorta sottoponesse i suoi allievi a lezioni estremamente severe per placare la loro necessità di fare qualcosa.
L’aveva testato lei stessa, quando ancora non aveva trovato la sua strada e, come qualsiasi donna della sua famiglia, aveva tentato di divenire una fata e di ricevere un’educazione che si confacesse a questa esigenza – nonostante non vi fosse mai stata nemmeno una lontana ombra di qualsiasi tipo di magia, in lei.
Quella vita statica e colma di tomi ed incantesimi da apprendere non faceva per lei; non era mai stata nelle sue corde. Il periodo lontano dall’istituto era stato piacevole e le aveva concesso un po’ di tempo da trascorrere con suo fratello ed aiutarlo a ricordare qualche dettaglio in più; ma Fonterossa le era mancata, ed ora più che mai se ne rendeva conto.
Si stiracchiò un po’, gettando uno sguardo alla finestra della camera che Helia divideva con Timmy. Dalle indiscrezioni trapelate da quest’ultimo e dal fratello – prontamente tenuto al corrente dalla rispettiva fidanzata – il soggiorno su Solaria si era trasformato nell’ennesimo episodio di angoscia.
Quel ragazzo, Alan, se l’era vista brutta; un po’ come Timmy stesso poco tempo prima. Per quanto poco conoscesse il biondo, sapeva che era piuttosto inusuale vederlo tanto scosso.
Anche a distanza di giorni dal fatto, manteneva un’inquieta espressione vuota, gli occhi sgranati e sbigottiti quando rinvenivano. Pareva versare nella costante attesa che lo stesso male che lo aveva assalito si ripresentasse.
Vera, al pari degli altri, aveva capito veramente poco dell’intera vicenda.
Una presenza aveva osservato le Winx, le aveva seguite fino ad un altro pianeta e, in un primo momento, si era finta Brandon, per poi cancellare dai dispositivi di Tecna e dagli archivi di palazzo alcuni documenti che la fata stava leggendo; il giorno successivo, aveva relegato Alan in uno stanzino e ne aveva assunto l’aspetto.
Eppure, se il primo episodio poteva in parte avere una spiegazione più o meno chiara – anche se restava un mistero il motivo che poteva aver spinto qualcuno a voler evitare che la ragazza usufruisse di quei testi – non si poteva dire lo stesso dell’altro. Il falso Alan non aveva fatto nulla di concreto per realizzare o far progredire il suo piano, qualsiasi esso fosse stato.
Lei, dal canto suo, aveva riflettuto abbastanza da avere una sorta di intuizione. Non avrebbe saputo dire quanto potesse essere d’aiuto alle ragazze ed alla loro causa, ma era convinta che Tecna non avrebbe ignorato il suo suggerimento.
La Specialista raccolse un sassolino da terra, scagliandolo poi sulle serrande che sbarravano le finestre della stanza di Helia. Replicò il gesto un paio di volte ed attese, sorridendo poi quando il fratello sbloccò le persiane e si affacciò, il viso assonnato.
«A cosa devo questa visita così, di buon mattino?» mugugnò, mentre raccoglieva i capelli alla bell’e meglio. «Non sono nemmeno le sei»
«No, infatti. Ma tu sei giovane e forte, puoi farcela» scherzò. «Ho bisogno del cellulare di Timmy. O di qualsiasi cosa permetta di mettersi in contatto con Alfea»
Il fratello inarcò le sopracciglia, confuso. «A che ti serve?»
«Devo parlare con Tecna, ma non ho il suo numero di telefono. Ho solo quello di Flora» spiegò. «È importante»
Lui non indagò oltre. Scomparve per qualche istante, per poi affacciarsi nuovamente al davanzale; le lanciò il cellulare di Timmy. «Vieni a riportarlo, quando hai finito. Anzi, non venire; ridaglielo quando lo vedi» biascicò. «Torno a dormire»
Vera sorrise, ringraziandolo.
Nonostante l’amnesia, Helia era rimasto lo stesso sotto svariati punti di vista: non faceva mai troppe domande, nel momento in cui comprendeva la situazione.
Si avvicinò ad una panchina, cercando intanto il numero telefonico della fata della tecnologia nella rubrica. Si sedette, lasciando squillare il telefono un po’ di volte.
Era piuttosto plausibile che non rispondesse, data l’ora. Decise di lasciarle un messaggio in segreteria telefonica.
Se le sue deduzioni fossero state corrette, le Winx sarebbero presto state in grado di comprendere quale pista seguire.
 
«Stai dicendo sul serio?» chiese, dubbiosa.
Tappò un orecchio con l’altra mano, cercando di isolare quel gran chiacchiericcio che risuonava per i corridoi dei dormitori. Torrenuvola si animava presto ogni giorno, e le sue studentesse si mostravano esuberanti sin dalle prime ore.
Maria non aveva mai sopportato la loro incapacità di recarsi a lezione senza belare come una mandria di pecore.
«Certo! Ti pare che mi sia inventata tutto?» dall’altro capo del telefono, Musa si fece un po’ infastidita. «So che avrai altro da fare, ma… appena hai un po’ di tempo, potresti fare un tentativo? Ieri abbiamo messo a soqquadro la biblioteca per un’intera giornata, ma non abbiamo trovato nulla»
«Ci proverò, appena posso… ma non so quanto riuscirò a trovare. Se non c’è traccia di documenti simili ad Alfea, dubito ci sarà qui. I testi di storia sono gli stessi» fece notare. «Posso sempre guardare nella sezione più vecchia»
Strinse tra le dita la sacca in cui teneva i libri. Notò che un paio di ragazze del primo anno la guardavano insistentemente; appena incrociò il loro sguardo, lo distolsero.
A Torrenuvola vigeva la pessima abitudine di farsi i fattacci di chiunque anche quando il soggetto in questione era al telefono. Le sue coetanee avevano imparato che era meglio girarle a largo, ma le novelline ancora non lo sapevano.
Rise tra sé e sé. Un rapido incantesimo sottovoce, e le due malcapitate si trovarono con delle chiome di colori assurdi; avrebbe solo voluto poter essere lì ad assistere alle loro urla di fronte allo specchio.
«Grazie, Maria. Non sappiamo come sdebitarci» la richiamò la voce della fata.
«Sdebitarvi di cosa? È mio dovere. Non ho ancora perso tutti i miei buoni propositi di dimostrare di che pasta sono fatte le streghe» rispose, seria. «E poi, è divertente»
E mi dà una vaga idea di come sia sentirsi parte di un gruppo, sapere che qualcuno si fida di me abbastanza da chiedermi aiuto…
«Beh, mi sembra un po’ brutto chiedertelo ora… dopotutto, credo non sia un momento molto felice» sospirò l’altra, imbarazzata.
Le veniva sempre difficile ammettere di essersi immedesimata in faccende che non la riguardavano direttamente. «Va tutto bene, Musa. Se ti riferisci a Jared, puoi stare tranquilla» sorrise, cercando di celare la punta di amarezza che l’aveva assalita. «Non mi interessa più nulla; abbiamo provato e non ha funzionato. Francamente, credo di aver fatto già abbastanza»
«È proprio questo, che intendevo…» replicò.
«Sono serena. Davvero» ripeté. «Ti terrò aggiornata appena riuscirò a scoprire qualcosa. A più tardi»
Sospirò a sua volta, estraendo dalla borsa il libro di testo per la prima lezione mattutina.
Proprio non sopportava il modo di spiegare di Zarathustra, unico membro del corpo docente in grado di rendere mortalmente noiosa una materia del calibro di arti oscure. Sbuffò appena, prendendo posto al primo banco.
Sorrise sotto i baffi, perché nessuno sedette accanto a lei. L’unica che avesse mai sopportato come compagna era Jena, che però aveva ben pensato di farsi venire un’intossicazione con i da lei tanto decantati filtri antiacne di quella Trisha.
In verità, Jena non era stata l’unica; ma Darcy era ormai un ricordo lontano, così come lontani sembravano i giorni in cui avevano condiviso qualcosa, fosse stato anche solo un po’ di spazio.
Prese appunti meccanicamente, non prestando veramente attenzione alla spiegazione; la mente restava proiettata alla conversazione con Musa ed al racconto di quello che era avvenuto su Solaria. Il resoconto l’agitava un po’, iniettandole sotto pelle un’emozione che non avrebbe saputo se etichettare come positiva o negativa.
Sapeva solo di avere una gran voglia di spulciare un po’ le ammuffite carte dell’archivio di Torrenuvola. Decise di marinare le lezioni pomeridiane – avrebbe inventato qualche scusa, o avrebbe usato lo stesso medicamento che aveva intossicato Jena – e di procedere subito con la sua ricerca.
Proprio come aveva immaginato, la sezione di storia non diceva nulla di più di quanto già non si sapesse. Doveva cercare qualcosa di più dettagliato che, più o meno alla pari dei documenti trovati da Tecna per caso, contenesse aspetti che l’impostore aveva voluto censurare, per qualche motivo.
Si guardò alle spalle. Ogni corridoio era deserto e, sotto una certa prospettiva, era estremamente comoda la totale assenza di custodi o bibliotecari.
Sapeva perfettamente che la Griffin avrebbe potuto osservarla dalla sua inquietante sfera di cristallo ma, dopotutto, lei non sapeva nulla della vicenda e delle ragioni che potessero spingerla a setacciare il reparto dei libri più antichi.
Si trattava di una sezione limitata, confinata in uno spazietto angusto che, lì per lì, assomigliava più ad un ripostiglio con degli scaffali. Per qualche strano motivo, la preside sembrava voler ripudiare tutti i volumi conservati lì; o, forse, non c’era abbastanza spazio?
È una strega…
Forse non era il momento di riflettere su quel dettaglio…
…Una delle più potenti dell’intera dimensione. Perché non ingrandire le sale o aggiungere scaffali?
Fece scrocchiare le dita, per poi stiracchiarsi. Non era il caso di farsi troppe domande sulle stranezze di quella donna; probabilmente, cercare di capirle sarebbe equivalso a fare dei grossi buchi nell’acqua.
Era per quella ragione, che Tecna diffidava tanto da Faragonda?
Troppo complessa ed apparentemente ingenua?
La maggior parte dei volumi era rilegata in una pelle ormai consunta in svariati punti. Uno addirittura pareva essere stato ricucito a mano.
Ricucito a mano?
Con le dita percorse lentamente i sottili nastri che tenevano insieme il retro ed il dorso; ne era abbastanza sicura: non si trattava di un incantesimo. Il lavoro era piuttosto grossolano in diverse zone, ed il filo era di colori diversi, come si fosse esaurito inaspettatamente nel corso dell’operazione.
Un libro ricucito da una creatura non in grado di adoperare la magia?
Maria era ben consapevole dell’esistenza di soggetti che, nonostante gli indubbi natali su pianeti o regioni impregnate degli incanti più antichi, non avevano in sé alcun tipo di potere. Vera era una di quelle, e la stranezza consisteva principalmente nella sua ascendenza, fitta di maghi e personaggi illustri.
L’editoria di un testo, però, - e di questo era certa, dato che suo padre adottivo se ne occupava – era affidata ad individui in grado di servirsi di appositi incantesimi. L’autore ed editore di quel tomo era uno di quelli a cui era preclusa la magia nonostante la provenienza? O, forse, era addirittura qualcuno di proveniente dalla dimensione dei non magici?
Forse lo sono tutti? Che sia per questo che la Griffin non vuole che questi libri stiano con gli altri?
Aprì il volume, scoprendo una grafia tozza e quasi del tutto illeggibile, un po’ per lo stato pietoso delle pagine ed un po’ per i caratteri irriconoscibili di alcune parole. Sfogliandolo un po’ con cautela, si accorse di non conoscere la lingua in cui il testo era stato composto.
Sospirò, riponendolo al suo posto.
La sezione era nel complesso così esigua che impiegò meno di due ore a setacciarla da cima a fondo, per scoprire di non aver infine nulla di utile da riferire a Musa. Ciò che aveva trovato erano lunghi elenchi di incantesimi ora irrealizzabili e di nomi di streghe che, nel mondo da cui proveniva Bloom, erano state arse vive secoli prima.
Proprio come prese in mano il cellulare, questo iniziò a vibrare.
La fata della musica le stava telefonando.
«Maria? Mi senti?» fece.
La sua voce giungeva a scatti, come se ci fossero state delle interferenze. «Io sì, ma tu? Dove ti trovi?»
«Siamo sotto Alfea» disse, lasciandola perplessa. «È una cosa un po’ complicata, più tardi ti spiego tutto. Forse abbiamo cercato qualcosa che possa fare al caso nostro; tu hai trovato nulla?»
Maria dissentì, volgendo l’ennesima occhiata sconsolata allo sgabuzzino. «No, purtroppo. Ma tienimi aggiornata» sorrise. «Cosa ci fate sotto Alfea?»
«È stata Vera a suggerircelo»
Quando la Specialista aveva contattato Tecna, quella mattina, le aveva suggerito di vedere se esistesse ancora quella stanza in cui, l’estate prima, Darcy aveva soffiato da sotto il loro naso il talismano.
«Vera non sapeva se, dopo che avevi lanciato l’incantesimo per ripristinare la scuola, anche quell’area fosse tornata in piedi» spiegò. «Ma la ricordava come zeppa di libri potenzialmente utili»
Avevano rinvenuto lo stanzone con le stesse modalità dell’anno precedente e, allo stesso modo, lo avevano trovato tremendamente buio. Il piedistallo su cui avevano riposato i cinque specchi, un tempo, era ora sgombro.
«Non so quanto impiegheremo, ma deve pur esserci qualcosa» concluse la fata, guardando le compagne che si davano da fare. C’era anche Looma. «A dopo»
«Non possiamo usare uno di quei filtri che ci sono in biblioteca?» sbuffò Stella, sfogliando un volume svogliatamente. «Ci vorrà un’eternità, così»
«Certamente. Tuttavia la ricerca risulterà più accurata» controbatté Tecna.
Le sembrava di essersi ormai abituata a consultare libri, testi e qualsiasi documento. La mente tornò su Zenith; e parve essere trascorso molto più tempo di quando non ne fosse passato in realtà.
«E poi la magia potrebbe non capire la nostra richiesta» fece notare Flora, chiamando due tomi verso il cantuccio in cui era seduta a gambe incrociate.
La principessa sbuffò ancor più sonoramente, chiudendo di scatto il libretto che aveva sulle ginocchia. Si alzò, prendendo a trascinare i piedi per la stanza, pensosa.
«Ci sbrigheremmo se tu ci aiutassi più concretamente, Stella» fece notare Bloom.
L’altra, di rimando, assottigliò gli occhi. «Non capisco ancora cosa ci facciamo qui. Ecco tutto»
«Te lo abbiamo spiegato venti volte. Lo abbiamo anche ripetuto prima a Looma, quando l’abbiamo incontrata» sospirò l’amica, esasperata. «Dobbiamo cercare un maledetto libro che contenga pressoché le stesse informazioni dettagliate dei documenti di Tecna. Solo così possiamo capire per quale motivo l’impostore volesse depistarci e, soprattutto, da cosa»
«Certo che ne succedono, di cose, quando ci siete di mezzo voi» scherzò Looma, sporgendosi appena dalla scala a ridosso di una libreria.
In realtà, aveva detto il vero. Quelle cinque erano una sorta di calamita per eventi improbabili e nemici altrettanto improbabili. «È che ce le andiamo a cercare» commentò Musa.
Il secondo giorno di scuola volò, lasciando un senso di delusione sempre crescente nelle ragazze; il pomeriggio non era stato fruttuoso come sperato ed ora le Winx collassavano sui divani e sui letti del loro appartamento, pensierose.
Stella passava lentamente le setole di una spazzola tra i capelli, un’espressione indecifrabile in viso; di tanto in tanto scoccava occhiate al cellulare, come se stesse attendendo una telefonata. Accanto a lei, Tecna digitava rapidamente i tasti di un portatile, senza rivolgere nemmeno una parola alle altre.
Bloom aveva forse avuto la reazione più preoccupante, dal momento che stava sdraiata a pancia in giù sul pavimento, scarabocchiando qualcosa su un foglio. Teneva gli occhi fissi nel vuoto e sgranati, conferendo al suo viso sottile l’aria di un folletto costantemente turbato.
Avrebbe voluto riuscire a dormire, come Flora; ma la sensazione che provava la imprigionavano in uno stato di inquietudine che le impediva di distendersi e lasciarsi andare ad un sonno senza preoccupazioni.
Forse, pensava, l’impostore le stava osservando anche da lì, escogitando l’ennesimo modo per mettere loro i bastoni tra le ruote.
«Che fine ha fatto Musa?» chiese, dopo un po’.
«Dopo le nostre ricerche sarebbe stata da Looma per studiare con lei» fece Stella. «Se la cava bene con Galateo e domani c’è l’esame»
«Sei sicura? A me pareva avrebbe studiato con Pia» rifletté Tecna, alzando lo sguardo dallo schermo.
«Beh, non so. Looma mi aveva detto che avrebbero studiato insieme» insistette l’altra.
Si guardarono, perplesse. Che stava succedendo?
Proprio in quel momento, la porta dell’appartamento si aprì piano, rivelando l’esile figura di Musa, che si sporgeva appena il necessario per constatare che le sue amiche erano ancora sveglie. «Pensavo di trovare le luci spente. Che ci fate, ancora in piedi?»
«Oh, ci stavamo appunto domandando dove fossi!» esclamò Stella.
La ragazza lanciò un’occhiata interrogativa alla compagna di stanza. «Non ti avevo detto che sarei stata da Pia per Galateo?» chiese, confusa.
Tecna annuì. «È quello che mi avevi detto che avresti fatto. Tuttavia, Stella era per qualche ragione convinta che avresti studiato con Looma»
«Si sarà sbagliata… o forse hai capito male tu. Non vedo Looma da quando siamo uscite da quella stanza infernale» spiegò, stringendosi nelle spalle. «Domattina le parlerò. Adesso ho solo un gran sonno e tante pagine da ripetere»
Sbadigliò, trascinandosi fino alla sua stanza.
Avendo ormai deciso che era ora di ritirarsi, anche Bloom entrò di soppiatto nella camera che divideva con Flora. La fata dormiva serena e supina, stretta nel piumone candido del suo letto.
Invidiava molto i sonni tranquilli della sua amica.
Per lei era difficile farne da quando aveva sperimentato quel brutto incubo, l’anno prima. In verità, riusciva ad addormentarsi e svegliarsi riposata più spesso, da qualche tempo a quella parte.
Iniziava non a dimenticare, ma a perdonare – a perdonarsi – ed i sogni erano molto più nitidi e piacevoli proprio nei momenti in cui lei non guardava indietro e si rallegrava di tutta la meraviglia che la circondava.
Sapeva perfettamente di dover ricondurre quella scoperta principalmente a se stessa; tuttavia, sapeva anche che non sarebbe riuscita a muovere nemmeno un passo, in quel percorso, se non fosse stato per le ragazze e per Sem.
La presenza di loro e l’esperienza di lui in merito avevano mosso qualcosa. Tuttavia, ancora, ogni tanto le sue notti erano infestate da quelle stesse immagini di cui aveva parlato con Helia… e, prima di andare a dormire, si domandava come sarebbero stati i propri sogni.
Bloom si rannicchiò sotto le coperte, avvicinando le ginocchia al petto.
Sospirò, ripensando a quanto era avvenuto su Solaria.
Tralasciando la brutta serata di Alan e la fugace comparsa di una nuova ombra, non poteva negare di aver percepito un sussulto quando i primi fuochi d’artificio avevano dato spettacolo nel cielo ed aveva letto la propria stessa emozione negli occhi di lui.
Sembrava trascorsa un’eternità, da allora; eppure, si era trattato solo della settimana precedente. Non aveva notizie sue e di Alan da allora.
Del gemello sapeva, grazie a vaghe informazioni che Brandon passava a Stella, che era riuscito in parte a rimettersi nonostante avesse preso a guardarsi attorno con molta più circospezione.
Nessuno avrebbe potuto dire con certezza cosa gli fosse successo, la notte in cui qualcuno aveva assunto il suo aspetto e lo aveva rinchiuso in uno sgabuzzino del castello. Lo avevano trovato in uno stato pietoso, ma sembrava aver subito una violenza che aveva a che fare con la sua interiorità.
Era stato come se la sola presenza di quel che aveva visto avesse potuto suscitare in lui uno sgomento tale da prosciugarlo di tutte le sue parole.
Si rigirò nel letto un’altra volta, afferrando il cellulare dal comodino. Con le mani che le tremavano, cercò in rubrica il numero di Sem; aveva anche quello di Alan, ma dubitava le avrebbe risposto a quell’ora e di buon grado.
Si fece forza ed inviò il messaggio; ma non avrebbe saputo dire se lo avesse fatto più per chiedere notizie del biondo o per scambiare qualche parola con l’altro.
Sapeva solo che il cuore le stava esplodendo in gola e che lo aveva sentito fare una capriola nel momento esatto in cui il ragazzo le aveva risposto. Non si era davvero aspettata che lo facesse.
Stava bene, a quanto pareva. Alan era ancora un po’ scosso, ma sembrava avesse ripreso un po’ di tono – e la voglia di fare del sarcasmo.
Non aveva mai parlato a Sem attraverso il telefono, ora che ci rifletteva. Anzi, non lo aveva fatto con nessun ragazzo che non fosse stato Andy, o al massimo Sky.
Lui era esattamente come nella realtà: parole precise, espressioni concise. Non che avesse ritenuto possibile il contrario…
Poi lo schermo si illuminò nuovamente, rivelando che entrambi erano a conoscenza delle ricerche di quel pomeriggio e che, insieme agli altri, si erano mobilitati al fine di essere d’aiuto. Era stata Looma, ad avvisarli.
Sorrise, intenerita per qualche ragione. Conosceva i due gemelli da così poco che pareva curioso il modo in cui questi fossero riusciti ad avvicinarsi a lei, a loro, con così tanta rapidità e genuinità.
Si chiese dove fossero stati fino ad allora e come le cose sarebbero andate se ne avesse fatto la conoscenza prima. Lo stesso valeva per la loro amica d’infanzia.
A poco a poco, avvertì gli occhi farsi stanchi e le palpebre più pesanti. Inviò un ultimo messaggio e, subito dopo, fu buio.
Il giorno successivo, le allieve del secondo anno si apprestavano alla prima sessione d’esame: un compito su sei capitoli interi del manuale di Galateo e su una ricerca svolta durante le vacanze.
Stella e Tecna erano abbastanza rilassate.
La prima non aveva avuto bisogno di impegnarsi chissà quanto, dal momento che l’educazione impartitale l’aveva costretta a conoscere il bon ton alla perfezione; la seconda, naturalmente, aveva studiato tutto a tempo debito.
Flora, invece, sgranocchiava nervosamente il cappuccio della penna che teneva in mano, nonostante non fosse giunta impreparata. Le altre due erano ormai rassegnate, l’una all’idea di dover far affidamento sulla logica per racimolare la sufficienza e l’altra a quella di dover cercare di ricordare più informazioni possibili tra tutte quelle apprese nelle ultime ore.
Gli esami ad Alfea non erano mai particolarmente impegnativi, nemmeno quando la materia presa in considerazione era quella di Griselda; tuttavia, i test architettati dalla Du Four erano notoriamente fonte di ansie e dispiaceri per tutte le studentesse.
«È una materia così inutile» ripeteva Musa, mentre sfogliava freneticamente il libro di testo, seccata. «E ci affanniamo più per questa che per le altre»
«Solo una vera principessa può eccellere in questo campo» commentò Stella, scherzosa.
L’altra la fulminò con lo sguardo, chiudendo il manuale di scatto. L’insegnante era infine entrata ed al suo seguito fluttuava una pila di fascicoli intonsi.
«Appunto. “Una vera principessa”, non una fata» sussurrò poi all’amica, mentre la professoressa era distratta. «Questa roba non riguarda tutte noi»
Du Four intercettò Musa e le fece lo stizzito segno di tacere.
Distribuì i fogli e, come questi si depositarono sul banco di ciascuna allieva, comparvero domande diverse per ogni fila. «Non c’è bisogno che vi rammenti che è impossibile copiare. Iniziate»
Bloom si morse appena il labbro inferiore, constatando di dover lasciare indietro i primi quattro quesiti. “Qual è la prima persona che deve porgere la mano in una presentazione?”
Scosse la testa, maledicendosi per tutti quei pomeriggi spesi a Gardenia a non fare nulla – nemmeno aiutare sua madre in negozio – se non pensare, disegnare e procrastinare all’infinito gli impegni scolastici.
Voltò il capo alla sua destra e, senza che nemmeno se ne sorprendesse, vide la penna di Tecna scorrere sul foglio in un unico ed ininterrotto movimento fluido. Non avrebbe potuto chiederle alcun suggerimento per svariati motivi.
Davanti a sé, Musa si teneva una mano tra i capelli nel tentativo di spremersi le meningi. Guardò l’amica con la coda dell’occhio e, quando Du Four non la vide, si girò.
Riassunta la posizione iniziale, mosse di poco la sedia a sinistra, spostando il fascicolo a destra. Bloom sorrise. «Grazie mille»
L’altra ricambiò il gesto, fingendosi poi pensierosa non appena la professoressa riprese a guardarla. Sperò che la sua compagna fosse riuscita a leggere qualcosa.
Mentre scribacchiava, la fulva lanciò un’occhiata oltre il banco di Musa, sulla destra; generalmente era occupato da Looma, che non si permetteva mai di seguire una lezione di Galateo senza essere in prima fila.
Tuttavia, quel giorno era assente.
La constatazione la turbò, soprattutto perché conosceva la fata abbastanza da sapere che quella era stata l’unica materia per i cui esami si era preparata a dovere.
Che fosse malata? Doveva essersi trattato di un malanno improvviso, perché il giorno precedente le era parso sprizzasse energia da tutti i pori.
Lasciò che quell’ora trascorresse così, tra sprazzi di risposte al compito, riflessioni sulle sorti di Looma, sulle loro ricerche e su ciò che ne era di Sem, che non le aveva più contattata.
Quando infine consegnò lo scritto, chiese subito di uscire.
Nell’aula erano rimaste solo Pia, Amaryl, Flora – che non si alzava mai prima dello scadere del tempo – ed altre quattro studentesse. Come varcò la soglia, cercò con lo sguardo le sue amiche.
Tecna e Stella confrontavano i quesiti e le risposte, scoprendo via via che la cara professoressa ne aveva soltanto cambiato l’ordine, e non il contenuto. Musa si era tappata le orecchie per non starle a sentire e ricambiò l’espressione distrutta di Bloom appena la vide.
«Questo è andato veramente male» disse all’amica. «Penso che, se non fosse stato per i tuoi suggerimenti, avrei lasciato la prima pagina vuota»
«Beh, non credo di aver avuto più fortuna. Punto al minimo» replicò, rassegnata. «Ma sono felice di non essermi assentata come avevo pensato di fare. La Du Four sarà ancora più crudele con quelle che se la sono balzata allegramente»
«A proposito di questo…» fece la rossa, richiamando l’attenzione delle altre due. «Voi sapete che fine ha fatto Looma? Oggi non c’era»
Proprio mentre diceva così, dalla classe giunsero stremate anche Amaryl ed un’altra fata. Per quanto le costasse rivolgersi a quell’arpia, Bloom fece uno sforzo e le si avvicinò.
Lei e Looma condividevano l’appartamento perciò, forse, avrebbe saputo dirle qualcosa di più. «Ehi, Amaryl…» fece, non sapendo da dove iniziare. «Com’è andata?»
La bionda corrugò la fronte, più annoiata che sorpresa. «Bene» mentì. «Perché?»
«Così… per fare un po’ di conversazione…» biascicò, scocciata. Era davvero impossibile averci a che fare senza soddisfare il desiderio di strozzarla.
«Oh, ti prego… non credo davvero ti interessi parlare con me» disse, con ovvietà. «Cosa vuoi?»
Respirò a fondo. L’orgoglio non aveva mai pulsato così. «Mi chiedevo dove fosse Looma. Non si è presentata all’esame»
Amaryl rise, con quel suo goffo modo di schernirla. «Che te ne importa? Avrà deciso di marinare, oggi»
«Ero solo preoccupata per lei, e dovresti esserlo anche tu. È la tua compagna di stanza» le fece notare, irritata. «Pensavo non si fosse sentita bene di notte e pesavo tu te ne saresti accorta. Ma, come al solito, dimenticavo che hai i prosciutti sugli occhi per qualsiasi cosa riguardi gli altri»
Si allontanò, scocciata e dandosi della stupida per aver pensato di poter intavolare una conversazione normale con una vecchia gallina come quella. Mentre sbraitava – ampiamente sostenuta da Stella – le risate insopportabili di Amaryl non accennavano a voler cessare.
«Quasi quasi le raso a zero i capelli, una notte di queste» ragionò Musa, mentre scendevano per le scale. «Avresti dovuto chiedere a Pia, sai che è più disponibile di quella scervellata»
Bloom annuì, sospirando.
Non voleva vedere complotti ovunque, ma le ultime vicende l’avevano frastornata un po’. Forse Looma avrebbe saltato solo la prima ora, pensò.
Giunte nell’aula di Metamorfosimbiosi, si sedette al suo solito posto e diede una rapida occhiata al cellulare. Sem le aveva risposto e, a quanto pareva, era giorno di esami anche a Fonterossa.
Improvvisamente, Bloom ebbe l’illuminazione. Rapida, chiese al ragazzo se sapesse qualcosa della loro amica, se l’avesse più sentita da quando aveva informato lui e gli altri delle loro ricerche.
«Vedo che tra voi procede a gonfie vele» Stella la fece sobbalzare sulla sedia, scatenando le risa delle altre. «Da quand’è che avete preso a messaggiare?»
«Non è mica un’abitudine» protestò, rossa in volto. «Gli stavo solo chiedendo se avesse notizie di Looma, ecco tutto»
E Looma non si presentò all’esame di Wizgiz, né alle lezioni successive; Sem ed Alan non avevano la più pallida idea di cosa potesse esserle successo, perché non rispondeva nemmeno a loro.
Pia, con cui condivideva la stanza, disse di non averla vista rientrare, la notte precedente. Pareva che la fata le avesse detto che sarebbe rimasta a dormire da Stella e, anzi, l’altra era convinta che loro ne sapessero di più.
Una serie di versioni differenti che la ragazza doveva aver rifilato loro per uno scopo ben preciso, anche se non era chiaro di cosa si potesse trattare.
Fatto stava che Looma era scomparsa e, più la giornata scorreva e di lei non si sapeva nulla, più le preoccupazioni aumentavano.
Così, al calare del Sole e dopo circa due passate a setacciare la scuola da cima a fondo, le Winx si incontrarono nel loro punto di ritrovo.
La gradinata del cortile era a quell’ora investita da una luce purissima, dalle striature dei colori del tramonto; l’aria andava via via rinfrescandosi e le ragazze dovettero stringersi un po’ nei loro cappotti. Era quasi ora di cena e ben poche studentesse erano rimaste lì fuori, a godersi gli ultimi istanti del giorno.
«Non abbiamo trovato nulla, vero?» sospirò Flora, facendo più una constatazione che non una domanda. «Io ho chiesto a chiunque, ma nessuno ha saputo dirmi qualcosa»
«Idem» borbottò Musa, calciando un sassolino. «Mi chiedo quando finirà tutto questo gran cercare per nulla»
Tecna stava corrucciata con il naso incollato al palmare, non prestando davvero attenzione alle altre. Le aveva pensate tutte ma, a quanto pareva, la sonda non era stata in grado di rinvenire Looma da nessuna parte.
Scomparsa; come fosse stata un fantasma.
Sbuffò, concentrandosi finalmente sulla discussione delle sue amiche. Lasciò vagare lo sguardo sul cortile e lo incrociò con quello della principessa Aisha che, da lontano, correva verso di loro.
Non aveva quasi più avuto la possibilità di averci a che fare, dopo gli eventi delle rovine di Fonterossa. Le aveva spiegato la situazione e le modalità con cui era stata risolta; dopodiché, aveva perso ogni contatto.
Ora non poteva non dirsi sorpresa di vederla rivolgersi a lei ed alle altre con tutta l’urgenza che le si poteva leggere negli occhi.
«Tecna, Bloom…» fece, cercando di ricomporsi. «So che è scortese esordire in questo modo, ma… mi hanno detto che stavate cercando una vostra compagna»
«Looma» annuì Bloom. «L’hai vista?»
«È quella piccolina, con un anello infilato tra le trecce e l’abitudine di salutare chiunque?» si accertò la principessa.
Le cinque fate si guardarono. «Sì!» dissero all’unisono.
«Allora forse l’ho vista, ieri sera. Mi pare fosse nei pressi di quell’ala del castello in cui c’è solo un ripostiglio… quella vicina all’infermeria» spiegò. «Io l’ho incrociata perché aspettavo che la mia compagna di stanza finisse la visita medica»
Raggelarono sul posto. Perché non ci avevano pensato prima?
Looma doveva aver deciso di continuare le loro ricerche senza dire nulla.
«Non so cosa ci facessi lì, ma non l’ho più vista uscire»
 
At last the arm is straight, the hand to the loom
Is this the end or just begin?
All My Love, Led Zeppelin
 

Aisha torna alla ribalta... ogni tanto mi piace riportarla in vita!
Sì, gli esami sono palesemente inventati, ma il Galateo e Du Four no. E sì, in questo capitolo Bloom copia; chi non lo ha mai fatto?
Diciamo che il loro test capita a fagiolo se comparato alla mia situazione attuale, dato che tra qualche giorno faremo l'ennesima simulazione di terza prova (che bello che gioia che bello) e il mio rapporto con la matematica è pressappoco quello che Musa ha con il Galateo. Uffi...

Lo sgabuzzino che dà accesso allo stanzone è (per chi non lo sapesse o non lo ricordasse) quel posto che nella storiella precedente ospitava un/il talismano. Ma ci sarà davvero stato solo quello?
Che fine avrà fatto, Looma?
Ah, sì, ovviamente anche questa volta sono in anticipo di qualche ora, ma ormai non ci fate nemmeno più caso, vero?

7th
  
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