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Autore: koan_abyss    04/02/2018    2 recensioni
Il percorso di cinque giovani Serpeverde attraverso le influenze e le aspettative delle famiglie, della comunità magica, di alleati e rivali dai primi anni di scuola al culmine della II Guerra Magica.
Gli anni immediatamente precedenti e quelli narrati nei libri della Rowling visti dagli occhi di Severus Piton: le sue esperienze, i suoi legami, la sua promessa.
Mentre i suoi studenti sfogliano le canzoni dell'innocenza, si confrontano con le tradizioni, costruiscono a poco a poco la loro identità, Severus Piton, incastrato nel suo doppio ruolo di Direttore di Serpeverde ed ex-Mangiamorte, diventa suo malgrado una figura importante per loro e le loro scelte future.
La fanfiction non intende discostarsi dal canon, ma anzi seguire fedelemente la storia originale del punto di vista verde-argento.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 2


“Non ce la fa.”
“Io dico di sì!”
“Si colpirà da solo con la mazza, ti dico!”
“Cinquanta galeoni su Plimmswood, per me!” fece Terence Higgs. “Olivier, che ne dici?”
Olivier diede un’occhiata di sfuggita a Tyrell, con la mazza da battitore appoggiata alle spalle e le breccia appese ad essa. Ricambiò il suo sorriso placido.
“Cento galeoni su Plimmswood, dopo un terzo bicchiere!” esclamò, levando il proprio.
Tyrell diede un grugnito esasperato e vuotò d’un fiato il bicchierino di liquore che gli porse Morgan. Gettò il bicchiere e si mise in posizione roteando la mazza, mentre Morgan si affrettava ad allontanarsi.
“Questo Ludo Bagman non lo sa più fare!” urlò agli amici.
Ghignando, un giovane uomo sui vent’anni stregò un bolide da allenamento perché filasse verso di lui come un proiettile.
Tyrell serrò la presa, roteò il bacino e colpì la palla con un whack impressionante, spedendola alta sopra le tende del campeggio, tra le urla e gli applausi stonati dei presenti.
“Cazzo, incredibile!”
“Sapresti rifarlo, Ty?”
Il bolide compì una curva poco naturale e ritornò a inscatolarsi docilmente ai piedi del tizio che lo aveva liberato: “Io gliel’ho visto fare decine di volte, agli allenamenti, ma da sobrio!”
“Devo ammettere che il tuo amico sembra bravo,” disse Richard Cartright a Olivier.
Olivier contemplò soddisfatto Tyrell.
“Un altro bicchiere e un altro tiro!” gridò. “Altri cento galeoni!”
Tyrell scrollò le spalle e girò la testa a destra e a sinistra per sciogliere il collo, poi si rimise in posizione.
“No, questa volta non ce la fa…lo prenderà in faccia!” commentò qualcuno.
Tyrell colpì di nuovo con sgomento dei presenti.
“Nooo…”
“Ma come fa?”
“Come sapevi che ci sarebbe riuscito?” chiese Cartright a Olivier. “Ti intendi di quidditch, alla fine?”
Olivier scosse la testa, sorridendo compiaciuto: “Mi intendo di quanto può bere Plimmswood prima di ritrovarsi in difficoltà. So quanto possono bere tutti i miei compagni prima di diventare inutili scimmie moleste. Abbiamo condotto numerosi, accurati esperimenti.”
Cartright rise.
“Dovremmo sul serio proporre una sfida a Bagman,” disse qualcuno.
Tyrell si lasciò sfuggire un sorriso di derisione e Liam, che era rimasto ad osservare i suoi exploit in silenzio, si disse fugacemente che la calma, inossidabile fiducia di Plimmswood (o quella di Higgs, se era per questo) nelle proprie capacità era la ragione per cui era adatto alla carriera professionistica e indubitabilmente destinato al successo. Era solo questione di tempo, prima che allenatori e dirigenti dei Cannoni di Chudley, o di qualche altra squadra di migliori speranze, se ne rendessero conto.
Il gioco sembrava finito. Da un lato, non era saggio protrarlo troppo a lungo per non attirare le attenzioni degli Auror sulle loro numerose violazioni delle norme di sicurezza anti-babbani, anche se neppure gli adulti presenti sembravano molto preoccupati; dall’altro, Wilkies, Cussler, Chudderley e altri, tra cui Will, erano tornati dal loro giro di perlustrazione del settore in cui avevano visto sparire un bel gruppo di studentesse straniere. Ora cantavano una ballata sconcia, ridendo sguaiatamente.
Liam li osservò con un sorrisetto mentre Will, quasi fuori di sé dall’eccitazione, rideva e parlava a voce altissima.
“Ehi, Warrington, noi andiamo al boschetto,” gli disse Higgs, passando assieme a Tyrell, Olivier e Morgan (che sbraitava a Chudderley di muoversi). “Andiamo a piazzare qualche scommessa con un paio di globlin.”
“Disgustosi semi-umani. Ma nessuno dà le quotazioni di un goblin!”
“Nessuno riscuote come un goblin!”
“Che c’è, hai paura?”
“Ci stai, Warrington?” chiese Olivier, mentre Higgs e Morgan si accapigliavano.
“Direi di no,” rispose Liam. “Non ho molto da scommettere, e abbiamo promesso di raggiungere le ragazze per cena, no?”
Olivier sbuffò: “McIver ha detto la stessa cosa. Dove ve lo siete fatto, il nodo, per non scordarvelo?”
“In un punto delicato,” ghignò Liam.
Tyrell rise brevemente, poi chiese: “Maddie starà bene? Forse dovrei tenerle compagnia…”
Olivier lo guardò incredulo, ma prima che potesse parlare, Liam ripose: “Non pianteremo in asso Maddie, tranquillo. Starà benone.”
Tyrell gli diede una pacca sulla spalla e Olivier si affrettò a portare via gli amici, prima di subire qualche defezione.
“Ehi, Warrington…”
Liam si girò al richiamo di una voce conosciuta: “Ciao, Draco…”
Draco Malfoy gli si fece incontro, impeccabile e più pomposo del solito. Certamente la ragione era l’uomo al suo fianco, che valutò Liam con un’occhiata al tempo stesso attenta e noncurante. Liam non lo aveva mai visto prima, ma non ebbe difficoltà a riconoscere Lucius Malfoy, e non solo a causa della somiglianza fisica col figlio: era l’atteggiamento, il modo di muoversi, la posa del mento, che suggeriva il loro stretto legame. Liam sapeva di dare la stessa impressione, quando presenziava agli incontri di lavoro del padre, e a volte il pensiero gli dava i brividi.
Rivolse un piccolo inchino al mago: “Signor Malfoy. È un onore conoscerla. Draco parla molto di lei.”
Draco si guardò i piedi per un attimo, imbarazzato, poi esclamò, spavaldo: “Ovviamente! Padre, ti presento Liam Warrington. Quest’anno sarà capitano della squadra di Serpeverde.”
Lucius Malfoy accennò un sorriso: “Ma certo. Ho ricevuto una tua lettera da parte della squadra, vero?”
Liam annuì: aveva scritto a Malfoy senior per ringraziarlo delle scope che aveva regalato alla squadra quando Draco era al secondo anno.
“Conosco anche tuo padre, naturalmente, anche se è diverso tempo che non lo incontro. D’altronde, i nostri affari sono fruttuosi e non necessitano il nostro diretto coinvolgimento, per ora. Tuttavia è un peccato che tuo padre sia diventato ancora meno socievole di un tempo. Mi sembra di capire che tu e Draco andiate d’accordo, ma non sei mai stato nostro ospite…”
Liam rifletté che era vero, lui e Draco andavano d’accordo, anche se di sicuro non erano amici: lui passava praticamente tutto il suo tempo con Isabel e Will, che detestavano il giovane Malfoy. Era una delle poche cose su cui erano sempre d’accordo.
“Non c’è mai stata occasione per un invito…” bofonchiò il ragazzino.
Liam annuì: “È vero. Purtroppo le vacanze estive sono sempre più dense di impegni, per me.”
“Possiamo sperare di averti ospite per Capodanno?” chiese Lucius Malfoy, mettendo un braccio intorno alle spalle del figlio.
Liam esitò: “Temo di no. Solitamente passo il Capodanno in casa Gascoyne-De Atienza.”
Era la verità, e dato che ormai Isabel era stata presentata ufficialmente (seppur con poca soddisfazione delle parti) a suo padre, il loro impegno diventava pubblico. Tuttavia si sentiva restio a far sapere a Lucius Malfoy che era sotto la sfera di influenza dei Gascoyne, cugini e rivali dei Malfoy.
Da sempre le famiglie purosangue si contendevano una posizione di forza, da raggiungere con alleanze e amicizie, quando non direttamente con matrimoni attentamente studiati. Liam non aveva certo riflettuto sulla questione, quando Isabel l’aveva baciato la prima volta, in sala comune, alla festa per la vittoria della Coppa del Quidditch, ma di sicuro lo aveva fatto in seguito.
Comunque Malfoy non parve turbato dal rifiuto: “Peccato. Ma gli amici di Draco sono sempre i benvenuti. E capisco…anche io e la madre di Draco ci siamo conosciuti a scuola, e avevamo fretta di sposarci.”
Draco scoccò al padre un’occhiata irritata e una furtiva a Liam. Doveva aver raccontato lui al padre che Liam era fidanzato con Isabel Gascoyne-De Atienza.
Liam sorrise: “Mio padre dice che potrò vantarmi dell’antichità del nostro nome solo quando avrò provveduto a trasmetterlo. Ma onestamente, io non ho tutta questa fretta…”
Né l’aveva Isabel.
“Chi pensi che vincerà la finale?” sono certo che sarà l’Irlanda,” intervenne Draco, per distoglierli da quei discorsi noiosi.
“Ma i Bulgari hanno Krum,” ripose Liam. “È un giocatore imprevedibile.”
Draco sbuffò: “Sì, non è niente male. Certo, sarebbe stato meglio arrivare in finale con una squadra inglese…”
Liam osservò divertito Lucius Malfoy rassegnarsi con un sorrisetto ad ascoltare la tirata del figlio.
“War!” lo chiamò Will strillando dall’altra parte della radura.
Draco si interruppe.
Will li raggiunse quasi di corsa.
“Sono quasi le otto! Quasi le otto! Sai cosa vuol dire?” chiese, aggrappandosi a un braccio di Liam e scrollandolo ritmicamente.
“Sì, lo so,” ridacchiò Liam, senza levare le mani dalle tasche. Si lasciò sbatacchiare senza opporre resistenza.
Will rivolse appena un cenno del capo ai Malfoy, poi riprese a sproloquiare: “Le ragazze ci aspettano a cena e io ho voglia di dolce. Non vedo l’ora.”
“E io a che ti servo?” gli chiese Liam con aria sorniona.
“Mi servi perché dobbiamo andare a cena!” rise Will.
“Arrivo,” lo placò Liam.
Will marciò via, a scambiare ancora qualche battuta con i compagni di Casa e gli amici già diplomati.
“McIver…” commentò Draco con disprezzo.
“Scusatelo. È un entusiasta,” fece Liam, scuotendo la testa.
Lucius Malfoy sorrise magnanimo.
“Ma di che parlava?” chiese Draco.
Il sorriso di suo padre si allargò: “Se non l’hai capito, sei troppo giovane per parlarne.”
Draco lo fissò indispettito, poi guardò Liam.
Il ragazzo più grande si chinò confidenzialmente verso di lui.
“…No, non te lo spiego,” disse invece, raddrizzandosi.
“Perché?” strillò Draco, mentre il padre cercava di non ridere: “Temo che tu sia troppo giovane per godere appieno di tutte le esperienze che potrebbe offrire quest’occasione, Draco.”
“Io e Will siamo i più giovani del gruppo. Non sai quante volte negli ultimi due giorni gli altri ci hanno cacciati sul più bello perché siamo dei mocciosi,” gli disse Liam, scrollando le spalle. “Ora sono andati a scommettere con dei goblin…”
“Goblin?” chiese il ragazzino, affascinato.
“Non ci pensare nemmeno,” lo ammonì il padre.
“Figuriamoci…perché dovrebbe importarmi di un goblin cencioso e puzzolente,” corresse subito lui.
“Magari la prossima volta partirai assieme a noi…” gli disse Liam.
“La prossima volta…tra quattro anni!” si lamentò Draco.
“Forse tra quattro anni invece di assistere alla finale la giocherete,” suggerì suo padre. “Anche tu hai aspirazioni professionistiche, come Draco, Warrington?”
“Non proprio, signore, no. Tra quattro anni quasi certamente saremo io e lei a parlare di affari,” gli assicurò Liam.
Di lì a quattro anni contava di sostituire suo padre alla guida della famiglia e nella gestione delle proprietà. E nonostante i suoi legami con i Gascoyne, non vedeva ragioni di rifiutare l’amicizia che Lucius Malfoy gli aveva offerto perché era simpatico al figlio.
Il mago gli rivolse uno sguardo soddisfatto, come se avesse apprezzato la sua dichiarazione e ne avesse compreso i sottintesi. Quasi certamente era così: non si diventa la figura di maggior influenza del Ministero senza la capacità di leggere tra le righe, di percepire il sotto testo. O magari il biondo era un Legilimens come Piton. Poco cambiava.
Liam si congedò dai Malfoy. Will gli si affiancò all’istante.
“Merlino, stai praticamente saltando sul posto, Wallace!”

Le ragazze avevano passato il pomeriggio ad esplorare il campeggio, incrociando praticamente tutta Hogwarts.
Roger Davies e Madeline avevano discusso della partita della sera dopo per un tempo infinito, secondo Isabel.
“C’è qualcosa sotto, Maddie?” aveva cinguettato.
Madeline aveva minacciato di affatturarla.
Maghi e streghe continuano ad arrivare, ma i dipendenti del Ministero sembravano avere tutto sotto controllo: regnava ancora un’aria di ordine e calma eccitazione.
Euriale ascoltò la conversazione di un gruppo di studenti stranieri e la ripeté alle amiche: “Sembra che loro siano qui in compagnia della Preside della loro scuola…immaginate essere qui assieme a Silente?”
Isabel si coprì gli occhi con le mani: “Che cosa hai fatto! Ora lo immagino vestito da babbano con lo stesso gusto che sfoggia a scuola!”
Le altre scoppiarono a ridere.
Tornando alla loro tenda incrociarono alcuni dei loro ex-compagni di Casa: quasi tutti avrebbero cenato sotto il padiglione bianco e argento, insieme alla maggior parte dei purosangue che avevano piantato le tende in quella parte del campeggio.
“Quelli del Ministero sono venuti a dirci che gli elfi domestici non sono accettabili!” si lamentò un uomo che non aveva fatto alcuno sforzo di travestirsi da babbano.
“Come pretendi che dei mezzosangue capiscano cosa è accettabile o necessario?” gli rispose un bell’uomo, alto e biondo, con un bastone da passeggio. “Speravo di non doverne vedere così tanti, in ogni caso.”
“Anche uno solo sarebbe troppo. Se penso ai tempi in cui non avrebbero osato mostrarsi in mezzo a noi…”
“Quello era Lucius Malfoy,” disse Isabel stringendo le labbra. “Scommetto che Draco ha provato ad appiccicarsi a Liam!”
Ma quando Liam e Will le raggiunsero alla tenda erano soli.
Euriale si era sentita tranquilla tutto il giorno, ma improvvisamente non riusciva a smettere di tormentare una ciocca di capelli e il suo potere le sfuggì di mano per un istante, quando Will le fu più vicino. Lui avvertì la sua scarica di adrenalina.
“Ehi,” sorrise, “devo restare a distanza?”
Se anche lui era nervoso, si controllava molto meglio di lei. E questo non era accettabile.
“Stupido…” gli sussurrò, chiudendo la mente.
Will la abbracciò, sospirando beato nei suoi capelli.
“Non abbiamo intenzione di cenare qui, in mezzo a tutti questi vecchi puritani nostalgici, vero?” chiese Madeline. “Non voglio sopportare uomini dell’età di mio padre che si ubriacano e si commuovono al pensiero dei bei tempi andati…”
Liam e Will si scambiarono un’occhiata.
“Non è propriamente quella, l’atmosfera, qui, da quello che abbiamo visto,” fece Will.
“Però non sarebbe male cenare lontano da chi ci conosce e ha ragione di impicciarsi dei nostri affari…” convenne Liam.
Sussurrò qualcosa all’orecchio di Isabel e lei sospirò teatralmente: “Non devo preoccuparmi di mio fratello ma del giudizio dei vicini di casa! Ridicolo!”
“Andiamo al padiglione del Ministero,” suggerì Euriale. “Devo far sapere a mio zio dove sono e nessuno baderà a noi: sono troppo presi con l’arrivo della delegazione bulgara.”
Aveva ragione: ogni dipendente del Ministero sembrava alle prese con decine di problemi alla volta: “Quattro passaporte arrivate deserte! E subito sono cominciati ad arrivare i gufi dei ritardatari perché gliene preparassimo un’altra!”
“Qualcuno deve dire agli Irlandesi di darsi una calmata…”
“Vorrei che qualcuno capisse quello che dico! Maghi da tutto il mondo arrivano in Inghilterra e si preoccupano forse di prepararsi un Incantesimo Frasario per le informazioni più comuni? No!”
“Per quei pavoni…è vero che i babbani li allevano come animali domestici, a volte, però…”
“Gli Auror hanno bloccato altri due commercianti abusivi che cercavano di intrufolarsi. Avremmo dovuto rendere irraggiungibile il posto a chiunque sia sprovvisto di biglietto per la partita!”
Il Ministro Caramell era nella stessa situazione di quella mattina, ma il suo mantello era più spiegazzato e l’entusiasmo con cui accolse l’interruzione della nipote ancora maggiore: “Elly! Ragazze! Vi state divertendo?”
“Molto,” rispose Euriale. “Zio, questo è Liam Warrington, nostro amico e compagno di Casa, e questo è William McIver, il mio fidanzato.”
Sorrise orgogliosa, quando Will fece un passo avanti e un inchino.
Prevedibilmente furono invitati a cena.
“Potremo assaggiare in anteprima il menù che offriremo ai Bulgari, domani,” disse Caramell.
Per l’occasione erano stati ingaggiati due cuochi dal miglior ristorante magico di Londra, che avrebbero cucinato davanti a loro. Isabel conosceva il posto e concesse al Ministro i suoi complimenti per la scelta, ma Liam pareva poco entusiasta di veder manipolare il proprio cibo giusto sotto i suoi occhi.
“Tuo zio non si ricorda dell’ultima volta che ci ha visti?” disse Madeline a Euriale e Will. “Me lo sono già chiesta stamattina…sembra che non ci abbia riconosciuti.”
“Be’, eravamo bambini,” replicò Will, stringendosi nelle spalle.
Era passato un secolo dal I Torneo ‘Cupida Certamina Iuventus’ organizzato da Vitious.
“E stai sicura che mio zio ha fatto di tutto per rimuovere dalla sua memoria quella giornata,” aggiunse Euriale.
La cena non si protrasse a lungo. Presto il Ministro annunciò di dover tornare a Londra.
“Domani è il grande giorno, finalmente! Non vedo l’ora di potermi accomodare a seguire la partita! Sperando che la maledetta Tribuna d’Onore abbia spazio a sufficienza anche per me…”
Il campeggio si era a poco a poco acceso di lanterne e lampade. Qui e là si intravedevano bagliori colorati e innegabilmente magici.
“E ora?” chiese Euriale a Will mentre si avviavano per il sentiero di ghiaia bianca che attraversava il campeggio fino alla spiaggia.
“Ora andiamo al falò, no?” sorrise lui.
“Falò?”
“Sul serio?” chiese Isabel deliziata. “C’è un falò?”
“Più d’uno, in realtà.” Rispose Liam.
Sul versante ovest della collina, da dove era possibile vedere il mare, erano accesi cinque o sei fuochi magici: le fiamme erano alte almeno quattro metri e scintillavano di verde, viola, azzurro e bianco. Maghi e streghe vi giravano attorno, cantando o recitando incantesimi, a volte gettando piccoli oggetti tra le fiamme. Qualcuno celebrava i riti dell’estate.
Uno dei fuochi era dedicato ai più piccoli: una decina di bambini osservava incantata la storia che scintille e tizzoni raccontavano, le figure dei protagonisti delle fiabe più famose che si muovevano nel crepitio delle fiamme.
I cinque ragazzi si sedettero un po’ in disparte dal resto dei loro amici che facevano chiasso intorno a un falò verde smeraldo, abbastanza vicini da avvertire il calore ma sufficientemente lontani da aver un’ampia visuale della spiaggia.
Will intrecciò le dite con quelle di Euriale e posò le loro mani sul suo ginocchio, premuto contro quello di lei.
“Ti piace?” le chiese.
“Molto,” sorrise Euriale.
“Bene. Non ne ho alcun merito, ma speravo davvero facesse colpo!” esclamò lui.
I gridolini di stupore dei bambini e le risate ubriache dei ragazzi non si erano ancora spente, quando si alzarono per tornare alla tenda, abbracciati stretti.
Scostarono i lembi di tessuto e attraversarono l’ampio ingresso e il salotto circolare in cui la sera prima Will e Liam erano rimasti a parlare fin quasi all’alba di sciocchezze che sembravano profonde, viste attraverso la sfumatura dorata della birra.
Euriale portò Will nella stanza che aveva scelto, sul fondo della tenda.
“Olivier e Tyrell occupano le prime due camere a destra, vero?” chiese.
Will annuì: “Sempre che rientrino a dormire!”
Euriale si strinse nelle spalle: “Non verranno certo a disturbarci.”
Will sorrise e chiusa la porta dietro di loro. No, gli amici non li avrebbero disturbati. Erano soli, la porta era chiusa (e lui non escludeva che Euriale avesse preparato un talismano per impedire l’ingresso a chicchessia), non dovevano coordinarsi con gli orari degli allenamenti di quidditch, le ronde dei Prefetti, le visite improvvise degli elfi di casa.
Euriale studiava la stanza con occhio critico. Per Will l’unico dettaglio degno di nota era che ci fosse un letto. Baciò la nuca della sua ragazza, lasciata scoperta dai corti ricci scuri.
“È tutto perfetto?” le chiese. “Devo fare qualcosa? Bere una pozione, fare un incantesimo…”
“Già fatto,” rispose Euriale. “È tutto perfetto,” confermò a bassa voce.
Will sorrise ancora, stringendole i fianchi: “Bene.”

Isabel, Madeline e Liam avevano lasciato agli amici qualche minuto di vantaggio, poi anche loro si erano allontanati dalla spiaggia.
“Non serve che restiate con me, ragazzi,” aveva protestato Madeline. “Capisco che morite dalla voglia di andarvene a letto.”
Isabel e Liam si erano scambiati un sorriso tranquillo.
“Non vogliamo lasciarti sola!” rispose Isabel.
“Specie in mezzo a tutti questi ubriachi,” aggiunse Liam.
E poi, anche se di sicuro non avrebbero perso l’occasione, cominciavano a sentirsi rilassati riguardo al sesso. La presentazione ufficiale a Damian Warrington e l’inusuale, anche se mai entusiasta, libertà che l’uomo cominciava ad accordare al figlio avevano reso i Gascoyne-De Atienza più che mai prodighi di inviti, recentemente. Isabel aveva finalmente potuto mostrare a Liam l’osservatorio nascosto nel folto del parco.
Madeline si fermò all’entrata della tenda: “Io resto in veranda Voglio guardare ancora un po’ le stelle.”
“Oh, d’accordo,” fece Liam.
“Se hai bisogno di qualcosa, chiama Melion, l’elfo domestico,” disse invece Isabel.
Madeline annuì, poi si sedette su una poltrona da giardino annusando il fumo dei falò nell’aria fresca. Estrasse la bacchetta e fece apparire un golfino per coprirsi in poco. Usare la magia, ignorando le disposizioni di sicurezza e soprattutto il divieto di servirsi della bacchetta fuori da scuola la riempì per un attimo di gioia. Ma avvolgersi nella stoffa morbida era molto meno soddisfacente che sentirsi mettere un braccio intorno alle spalle. Appoggiarsi allo schienale della poltrona non era come appoggiarsi al petto di qualcuno per guardare le stelle assieme.
Sbuffò, infastidita da quei pensieri. Prese a tormentarsi una ciocca di capelli, scrutando un po’ il cielo, un po’ il via vai di maghi e streghe a Auror in borghese che passavano, mentre l’ora si faceva sempre più tarda. La sua mente cominciò a vagare, allontanandosi dall’invidia per i suoi amici, fino ad arrivare alla partita dell’indomani.
Praticamente tutto il mondo magico vi avrebbe assistito. Roger Davies era convinto che la Bulgaria avrebbe vinto.
Madeline gli aveva risposto che il capitano di Corvonero non avrebbe dovuto essere così ottuso proprio riguardo al quidditch: “Sei meno bravo con i pronostici di quidditch che con quelli di duello. Ed è tutto dire.”
Roger le aveva rivolto il suo sorriso, quello per cui morivano tutte le Corvonero: “Resto della mia idea: la Bulgaria vince, e un giorno io ti batterò in duello, AshenHurst.”
‘Mh, la vedremo’, si disse Madeline, sbadigliando e sorridendo allo stesso tempo.

Olivier stava ritardando un po’ il momento di prendere la sua dose giornaliera di Pozione Inibente.
Il posto cominciava ad essere affollato e fin dalle primissime ore del mattino aveva iniziato a sentir premere su di sé emozioni estranee: gioia, entusiasmo, esaltazione e ansia. Se l’aspettativa degli spettatori per la finale era sfiancante, le preoccupazioni dei dipendenti del Ministero che temevano disordini erano quasi divertenti. Quasi. Olivier le avrebbe volentieri messe a tacere con la sua pozione, ma per il momento sopportava.
Era curioso di sapere come si sentivano Heartilly e McIver. Anzi, era certo di sapere come si sarebbe sentito McIver, gli interessava di più vedere come Heartilly avrebbe tenuto a bada il suo potere, se ci sarebbe riuscita. Meditava già di prenderla in giro se così non fosse stato, di chiederle se le piaceva sentirsi così ebbra d’amore, se era così orgogliosa di quello che aveva fatto da volerlo condividere con l’intero campeggio.
Quindi aspettava, deciso a servirsi della propria empatia sull’altra empate non appena i due piccioncini si fossero alzati. E poi su Plimmswood, che aveva perso di vista a lungo, la sera precedente.
Poi avrebbe preso la Pozione Inibente e forse sarebbero andati a tirar fuori dai guai Throckmorton, Chudderley e l’altro Plimmswood, il cugino venticinquenne di Tyrell, che stando a quanto gli era stato riferito la sera prima si erano resi talmente molesti da spingere un paio di Auror a intervenire. E mancavano ancora ore alla finale! Olivier scommetteva che la pressione provata dal Ministero sarebbe salita costantemente coll’avanzare della giornata. Sarebbe stato divertente vederne i segni senza doverla provare a sua volta.
Quanto contavano di dormire ancora, quei ragazzini? Sua sorella, Warrington e AshenHurst si alzarono, e cominciarono a chiedersi la stessa cosa.
Olivier sorrise d’anticipazione, quando sentirono finalmente del movimento all’interno della tenda. Ma rimase molto deluso quando Heartilly e McIver uscirono. Il ragazzo marciava nella bolla di compiaciuta incredulità che Olivier aveva immaginato, ma Heartilly aveva la mente chiusa, sigillata dietro uno scudo inscalfibile, il cui luccichio metallico quasi si intravedeva dietro gli occhi della ragazza.
Heartilly ignorò le occhiatine maliziose degli amici e guardò Olivier dritto in faccia: “Buongiorno. Va tutto bene, Olivier? Mi sbaglio o sei…indispettito?” Sollevò un sopracciglio: “Forse dovresti usare l’Occlumanzia. Questo è davvero un bel posto per fare partica.”
Il ragazzo le rivolse un sorriso affilato, mentre gli altri sogghignavano: “Mi hai colto in fallo, questa volta. Goditela.” Al diavolo. E Plimmswood, era morto? “Plimmswood! Se non sei in compagnia, datti una mossa a venire fuori!” chiamò.
Il suo amico uscì poco dopo, con aria tranquilla: “Che ci fai già in piedi?”
“Resta deluso,” rispose allegra sua sorella.
Olivier la fulminò con lo sguardo. Si alzò: “Si va, ragazzi?”
Warrington e McIver lo fissarono: “Eh?”
“Vuoi rapirli anche oggi?” chiese Plimmswood. “Perché non li lasci tranquilli con le ragazze?”
Olivier scosse la testa, caparbio: “A-ah. Affatto. Sono i nostri protetti ed è loro diritto e loro dovere stare con noi. Scusate, ragazze. Oltretutto, sarebbe piuttosto cafone, se McIver dovesse discutere i particolari di quanto è successo stanotte davanti a te, Heartilly,” aggiunse sottovoce.
Heartilly strinse le labbra, ma niente increspature sul suo scudo.
“Io non…discuterò un bel niente!” ridacchiò McIver.
“Possiamo almeno fare colazione insieme?” domandò Isabel, buttando all’indietro i capelli tinti.
Olivier accordò il permesso con un gesto della mano: “Poi raggiungeteci, ragazzi. Plimmswood, tu ed io dobbiamo andare fino alla guardiola…”
“Noo! Chi?” chiese Plimmswood. Olivier glielo disse. “Quei tre coglioni…” mugolò Plimmswood, premendosi le mani sugli occhi. “Io non ti servo, vai da solo.”
“Certo che mi servi. Gli Auror non si lasciano corrompere da un ragazzino ricco. Ma se siamo fortunati, qualcuno sarà un fan dei Cannoni di Chudley…” gli rispose Olivier ghignando.
Era il momento di prendere la sua pozione. Non aveva testa di ricorrere all’Occlumazia, quel giorno.
“Andiamo!” ordinò.
“Vuoi venire a salutare Benedict, Maddie?” chiese Plimmswood alla cugina.
Lei scosse il capo: “No. Ma digli pure che lo saluto, e che alla cena di Natale insisterò perché mi racconti tutto, di questa esperienza…”
Olivier sentì l’amico ridere e poi accodarsi a lui.

Note:
Già un nuovo aggiornamento perchè non avrebbe senso farvi aspettare due settimane un capitolo che è una diretta prosecuzione del precedente. Ancora vita di campeggio! E scarsi avvenimenti. Perdonatemi.
   
 
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