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Autore: mart    28/06/2009    8 recensioni
Sakura è una ragazza di 26 anni, vuole diventare medico ed è circondata da amici e un fidanzato che le vogliono bene. Ma che cosa potrebbe accadere, se il ragazzo che ami da 3 anni la tradisse con la sua migliore amica? NaruSaku
[III classificata al concorso indetto da gaara4ever " Choose a sentence and start to write just what you dream!]
Introduzione modificata per uso scorretto del tag b.
Charlie_2702, assistente admin
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Ino Yamanaka, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Eccovi il secondo capitolo! scusate per l'immenso ritardo, ma anche se è arrivata l'estate sono iperimpegnata!! volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto il primo capitolo e rassicuro tutti coloro che seguono "elegance"! sono in iperritardo, ma ho deciso di risistemarla un po', perchè dopo averla riletta mi sono venuti i brividi dall'abominio che ho scritto!
Prometto che molto presto l'aggiornerò, bacioni!


Capitolo 2 -Solo quando incontri la persona giusta ti accorgi di come il passato ti avesse ingannato gli occhi. È un attimo, tutto cambia colore, si illumina e prende vita.


Se avevo bisogno di qualcuno con cui sfogarmi e mi desse dei consigli, la persona che faceva al caso mio era Hinata Hyuga: altruista, bella, intelligente e simpatica nella sua timidezza. Insomma, una persona d’oro. Viveva in un appartamentino vicino a villa Hyuga, la residenza d suo padre, non molto distante dall’appartamento di Sasuke.
Mi accolse a braccia aperte, come sempre d’altronde, e mi chiese anche di rimanere lì per un po’. Sapeva tutto. Riuscivo a capirlo dal rossore che imporporò le sue pallide guance quando mi presentai a casa sua. Quando mi nascondeva qualcosa, i sintomi erano sempre gli stessi: rossore, balbettio e contorsionismo delle mani. Proprio quello che stava accadendo in quel momento.
“Te l ha detto Ino?” chiesi osservando i suoi splendidi occhi grigi spalancarsi “g-già!”
“Come sospettavo! Beh Ino e Sasuke hanno fatto sesso selvaggio nel letto in cui avrei dovuto passare delle notti magiche in compagnia del mio unico, vero amore!” spiegai sarcastica, cercando di tranquillizzarla con un lieve sorriso.
“Mi dispiace!” disse prendendo dalle mie mani la valigia, dirigendosi verso la camera degli ospiti “Sono sicura che Ino si sente terribilmente in colpa! Q-quando mi ha telefonato era sconvolta!”
“Il suo stato d’animo non è affare mio!” dissi contrariata dal troppo interessamento sui sentimenti di Ino.
“Sakura, siamo amiche da più di 10 anni, è normale commettere degli errori. Sai anche tu che se non ci fosse stata Ino, molto probabilmente ce ne sarebbe stata un’altra! Sasuke ottiene sempre ciò che vuole!” preferì con convinzione, appoggiando la valigia sul letto.
“Hina, non ti facevo così scettica nei confronti di Sasuke!” esclamai, stupita da quelle parole così lontane dall’abituale suono dolce.
“L’amore ti aveva offuscato la vista. Lo ami ancora?” mi domandò, voltandosi a guardarmi.
“Forse si…ma non come prima.” Risposi sicura, passandomi una mano tra i capelli rosa e tenendo lo sguardo basso. Mi accorsi dell’avvicinamento di Hinata solo quando il dolce profumo di lavanda dei suoi lunghi capelli scuri mi inebriò le narici, e le sue braccia si avvinghiarono al mio corpo in un dolce abbraccio.

I tacchi a spillo delle hostess producevano un ticchettare continuo, distinguibile nonostante il vociare di milioni di persone, leggeri ma veloci passi caratterizzavano le comode scarpe da tennis dei vacanzieri, mentre le eleganti e costose calzature accompagnavano i lavoratori verso una meta lontana. Milioni di persone con una storia diversa dalla mia, con una differente destinazione, con uno scopo dissimile.
Il mio scopo? Allontanarmi da lui, distaccarmi dalla solita e abituale routine.
La cucina di Hinata era uno dei luoghi che preferivo maggiormente: accogliente, elegante e allo stesso tempo intima. Il posto ideale in cui amavo confidarmi, ascoltare e consigliare.
Fu proprio in quella cucina che confessai alla padrona di casa di aver pensato di allontanarmi da Londra.
“È una buona idea!” mi incoraggiò Hinata la sera prima, voltando le spalle al lavandino pieno di piatti, sorridendomi amorevolmente “Hai già deciso dove andare?”
“Beh, non saprei” proferii pensando ad un posto adatto per dimenticare la tragica esperienza “Stavo pensando alla Francia! Potrei sempre incontrare un francesino che mi consoli.”
“No, la Francia è esclusa! Il cibo è pessimo e i Francesi sono così altezzosi” mi confidò, ottenendo in cambio una mia risata “Ti consiglierei Tokyo, più precisamente ad Akishima.”
Il silenzio s’ insinuò nella stanza. Non vedevo i miei genitori da due anni.
“È un ottima occasione per andare a trovare i tuoi genitori, è da molto che non li vai a trovare!”

Fu così che mi ritrovai in quel grande edificio, con una valigia e un biglietto rimborsabile per Tokyo, nel caso in cui avessi cambiato idea.
Decisi di aspettare. Avevo bisogno di incoraggiamento, di un altro buon motivo per partire. Mi sembrava sciocco lasciare un paese per un uomo.
Mi sedetti velocemente in un posto libero, l’unico disponibile. Pochi minuti dopo, con l’aereo per la Francia, il vicino mi diede l’occasione di appoggiare la borsetta sul sedile ed avere più spazio.
Italiani, Francesi, Indiani, Americani. Diverse lingue, differenti tradizioni e costumi distinti riuniti sotto un unico edificio. Era affascinante il chiassoso vociare di tutte quelle persone, interrotto ogni tanto dalla voce proveniente da un altoparlante “Il signor Michael Jones è invitato a presentarsi al banco informazioni, grazie.”
“Forza Maria, perdiamo l’aereo!” urlò un uomo sulla cinquantina rivolto alla moglie che, a causa della troppa mole, lo seguiva a fatica.
Mi venne subito in mente il viaggio in Italia con Sasuke: il continuo chiasso di Napoli, l’estrema bellezza di Venezia, il bellissimo mare della Sardegna e i gustosi piatti siciliani.
Abbassai lo sguardo cercando di levarmi dalla mente l’immagine del suo sorriso illuminato dal sole delle spiagge sarde, ma non occorse, perché un altro sorriso si sovrappose al suo, e quest’ultimo era più vivido e più reale che mai. “Scusa, è libero?” una voce profonda, ma allo stesso tempo allegra e solare m’invogliò ad alzare lo sguardo sul suo proprietario, molto probabilmente americano dato l’accento.
Alto, fisico atletico, capelli biondi leggermente scompigliati, occhi celesti da fare invidia al cielo estivo e un sorriso semplicemente incantevole.
Non so per quanto tempo rimasi lì a rimirarlo, sta di fatto che dopo un po’ mi rifece la stessa domanda, leggermente seccato “Ehm, allora posso sedermi?”
“C-certo!” balbettai, imbarazzata per essermi fatta beccare, spostando la borsa e facendolo accomodare.
“Mi chiamo Naruto Uzumaki!” si presentò, porgendomi la mano. Rimasi a guardare quello splendido sorriso per un attimo ancora, prima di balbettare il mio nome.
“Dove sei diretta?” mi chiese curioso, sistemando la valigia davanti a se “A Tokyo” risposi più calma “E tu?” domandai, mentre i suoi occhi si posavano sui miei.
“Wow! Che coincidenza! Anche io devo andarci! Sai è il compleanno di mio zio Jiraya e volevo fargli una sorpresa…” mi spiegò. Peccato che non ascoltai una sola parola: continuava a gesticolare animatamente, come se stesse raccontando un episodio davvero divertente, e mentre faceva ciò, potevo benissimo notare i suoi occhi vivacizzarsi ad ogni parola “…ed è per questo che nonna Tsunade ed io lo chiamiamo Ero-sennin. Ehi, mi stai ascoltando?” mi chiese, avvicinandosi al mio viso e scrutandomi, poco convinto della mia attenzione.
“C-certo che ti stavo ascoltando!”mentii, portandomi una mano dietro alla testa e sorridendo imbarazzata. Molto probabilmente in quel momento ero rossa come un pomodoro.
“Sei tutta rossa, c’è qualcosa che non va?” mi chiese avvicinando una mano alla mia fronte “Eppure non hai la febbre” affermò dopo averla toccata leggermente.
“N-Non preoccuparti!”
“Che strano!” disse, alzando leggermente le spalle e facendo finta di nulla. Con Sasuke ero abituata a venire capita immediatamente, solo leggendo l’espressione sul viso. Con Naruto era tutto il contrario: lui cambiava umore ogni due secondi e io ero troppo complicata per essere capita.
“Il signor Uzumaki è invitato a presentarsi all’imbarco…” di nuovo quella voce all’altoparlante.
“Ah, già! Me ne stavo dimenticando. Meno male che ho chiesto al centro informazioni di avvisarmi” disse alzandosi, afferrando la valigia.
Rimasi leggermente stupita: come puoi dimenticarti di prendere l’aereo all’AEROPORTO?
“Non vieni?” mi domandò a pochi passi da me, raggiunto poco dopo dal mio corpo e dal mio sorriso.

Sull’aereo il destino ci separò. Lo salutai con un cenno della mano, non sapendo cosa dirgli e lui fece altrettanto, illuminandomi con un sorriso. Quando raggiunsi il mio posto, però, notai che una donna, estremamente pallida e con la mano stretta in quella del vicino, occupava il mio posto.
“Ehm, scusi!” dissi, richiamando l’attenzione su di me “quello è il mio posto!” dissi indicando la signora.
“Signorina, mia moglie soffre il mal d’aria! Le dispiacerebbe prendere il mio posto?” mi chiese agitato.
“No, non c’è nessun problema!” esclamai gentilmente, dirigendomi, dopo aver saputo il numero, alcuni posti più in là. “A7!” seguii i numeri con attenzione e quando raggiunsi la mia postazione, il mio cuore si fermò per un minuto “Naruto!”
“Con questo direi di aver trovato la donna della mia vita! Il destino vuole così!” a quell’affermazione arrossii, ma riuscii a nasconderlo mettendomi seduta al posto che mi spettava.
Durante quel viaggio mi ritrovai a raccontare della mia vita, e ad ascoltare con attenzione quella di Naruto. Mi sembrava di conoscerlo da anni: come se tutto fosse nato su quell’aereo. Come se ciò che avevo vissuto fino a quel momento fosse svanito nel nulla, nell’istante in cui incontrai i suoi occhi celesti. Mi raccontò della sua vita, di come aveva perso i suoi genitori all’età di 3 anni e di come era cresciuto, accudito dalla nonna. Pensai a quanto fossi stata egoista e stupida, a piangere e a disperare per uno stronzo come Sasuke, quando davanti avevo una persona che nonostante tutto mi sorrideva felice.
Mi raccontò delle sue avventure con Kiba (il cagnaccio bastardo) e Shikamaru (il misogino).
Non riuscii a distogliere gli occhi dai suoi. Ero tanto assorta, che non mi resi neanche conto dell’arrivo all’aeroporto di Tokyo!
Tokyo. L’arrivo. Questo significava non vederlo più, non ascoltare più i suoi aneddoti stupidi o la sua risata coinvolgente. Mi accorsi di non volermi separare da lui.
“Ehi, che hai?” mi chiese, mentre l’aereo si apprestava ad atterrare “Niente!” risposi prontamente osservando triste la pista di atterraggio.
“Mi dispiace, ma dopo tre ore in mia compagnia non puoi avere più segreti!”
“Ti dico che non ho niente!” risposi seccata. Quando insisteva era davvero insopportabile!
“Dai Sakura-chan!” brontolò, mettendomi il broncio come un bambino di due anni. Inaspettatamente, la mia reazione non fu quella che mi aspettavo: gli tirai un pugno, colpendolo su un braccio. Avevo colpito un ragazzo che conoscevo da appena tre ore! E dire che ero violenta solo con Ino, a cui ho dato il nomignolo di regina dei rompipalle.
“Ahi!” si lamentò, guardandomi con due occhioni da cucciolo ferito “Sakura-chan, non volevo farti arrabbiare!”
“Scusa, non volevo!” proferii, abbassando lo sguardo e arrossendo nuovamente in quella giornata.
“Allora mi puoi dire che cos hai!”
In fondo, quel pugno non era stata una cattiva idea per farlo star zitto.

Fino all’uscita dall’aeroporto si lamentò, e per far in modo che non gli arrivasse un altro pugno, cercava sempre di distrarmi con qualche battuta.
Un taxi si liberò davanti a noi, ma non l’avremmo preso. Odiavo gli addii.
“Siamo giunti al capolinea. C’è mio zio che mi aspetta” mi rivelò indicando un uomo con lunghi capelli bianchi e un viso piuttosto giovane per dimostrare 50 anni “Allora, spero di rivederti! Sarà il destino a farci rincontrare!”
Non sapevo cosa dire.
E se fosse lui l’uomo della mia vita? E se non l’avessi più incontrato?
“Non posso avere il tuo numero?” gli chiesi, sperando in un’affermazione, che non sarebbe mai arrivata “No, ma in cambio ti lascio con una promessa”
“Che promessa?” gli domandai curiosa, mentre il suo viso si rilassava in un sorriso. Essendo più alto di diversi centimetri, lo vidi chinarsi su di me, avvicinando il suo viso al mio.
“Ci rincontreremo…” mi sussurrò a pochi centimetri dalle mie labbra. Ero senza fiato e il bacio che mi diede me lo mozzò definitivamente. Un bacio leggero quasi a fior di labbra, contenente una promessa. Quando si allontanò dalle mie labbra, riuscii a sentire solo una frase prima che scappasse raggiungendo lo zio “…se il destino lo vorrà!”
Quel giorno avrebbe fatto invidia a chiunque. Soprattutto a Neji Hyuga: cosa puoi volere di più dalla vita oltre a un incontro con il tuo destino?

Akishima.
Nel mio paese d’origine c’erano due posti che mi erano mancati moltissimo: il parco e casa mia.
In primavera amavo passeggiare tra gli splendidi tulipani e gli eleganti gigli, odorare le bellissime rose e sfiorare le candide calle. Mi riposavo sempre sulla panchina accanto ad un folto salice e vicino al laghetto, dove solitamente nuotavano graziosi pesci rossi e qualche papera starnazzante. Ed è proprio qui che passai prima di dirigermi a casa: il salice aveva perso tutte le foglie e i bellissimi fiori erano stati sostituiti da rametti secchi e malinconici. Uscii immediatamente da quel luogo, così irriconoscibile in quel momento, dirigendomi verso il posto che fin dall’inizio mi aveva accettato incondizionatamente e accogliendomi sempre a braccia aperte. Casa mia era poco distante dal parco, circondata da strade trafficate e dai rumori della città. Il cancello di ferro racchiudeva al suo interno il piccolo giardino e una casa di medie dimensioni, provvista di portico. Era semplice e graziosa. Da quando me n’ero andata non era cambiata per niente, a parte il posizionamento di un dondolo vicino al melo.
Premetti il pulsante accanto al mio cognome e, pochi minuti dopo, la voce di mia madre mi domandò chi fossi. “Mamma, sono Sakura!” gli dissi, aspettando che mi aprisse il cancello.
La mia attesa durò poco, visto che la porta si spalancò all’improvviso, mostrando la figura di mia madre: una donna di mezza età, i capelli biondi raccolti in una coda bassa, gli occhi verdi spalancati per la sorpresa e il fisico asciutto avvolto da un maglione e da dei comodi jeans.
“Sakura!” esclamò venendomi incontro con un sorriso splendente.
Aprì il cancello e mi strinse in un tenero abbraccio, inebriandomi con il suo profumo e sussurrandomi “Sono felice che tu sia tornata”
Quando ci separammo, un sorriso era dipinto sulle labbra di entrambe e le parole uscirono spontanee “Mi sei mancata!”

Dopo due giorni passati con i miei genitori mi risentivo una diciassettenne problematica.
Avevo rivisto tutti i compagni delle superiori e quando ritornavo a casa, non perdevo l’occasione per criticarli in compagnia di mia madre.
C’era ancora qualcosa che mancava. A due giorni di distanza, mi ero accorta di essere stata una stupida per non aver insistito con quel numero di telefono.
“Sakura, è successo qualcosa?” mi chiese mia madre, troppo brava come osservatrice per poterle sfuggire la mia espressione triste “No, nessun problema! A proposito di vecchie fiamme, ho incontrato Sai!”
“Oh mio dio! Quel ragazzo era la vostra ossessione, tu ed Ino vi siete quasi ammazzate per uscirci!” esclamò, osservando mio padre salire le scale. Quando il discorso si trasformava da “generale” a “per sole donne”, mio padre se ne andava indisturbato, lasciando le donne da sole.
“Già!” risposi, abbassando lo sguardo verso la bistecca mangiucchiata. Se non fossero esistiti gli uomini a quest’ora sarei ancora con lei, rimuginai punzecchiando il cibo con la forchetta.
“È successo qualcosa con Ino?” possibile che per quella donna fossi un libro aperto? Rimasi stupita per un attimo. Non volevo raccontargli di Sasuke ed Ino, ma sapevo anche che, prima o poi, ne sarebbe venuta a conoscenza in un modo o nell’altro: mai sottovalutare il potere delle madri!
Così iniziai il mio racconto. “Questa sera dovresti uscire! Ti farebbe bene!” mi consigliò mia madre, appoggiando la sua mano sempre calda sulla mia “Potresti chiedere a Karin di accompagnarti a fare un giro!”
“Karin? Ma se non ci parliamo dalle medie!” risposi allibita, sbarrando gli occhi.
“È un ottima scusa per rimettere insieme il vostro rapporto!” rispose tranquillamente. Era inutile continuare a discutere! Quando mia madre si metteva in testa qualcosa, doveva essere fatta a tutti i costi, e se io quella sera sarei dovuta uscire, beh, sarei stata costretta ad uscire con il mio peggior nemico pur di svagarmi.
“Rock Lee!” esclamai all’improvviso “è in città?” chiesi speranzosa, guardando mia madre con occhi dolci. Tutto pur di non uscire con Karin. “Mi sembra di si!” mi rispose, portandosi una mano sul mento e pensando attentamente, mentre io facevo salti di gioia. “Ieri ho visto Gai togliere l’attrezzatura da escursione dal bagagliaio!”
“Bene, chiederò a lui!” proferii, catapultandomi a prendere il telefono e rubrica telefonica, per poi sparire nella mia camera.

Conoscevo Rock Lee dai tempi delle medie, eppure, nonostante fossero passati anni, il suo abbigliamento e la pettinatura non erano cambiati per niente: il caschetto folto era sempre abbinato alle folte sopraciglia, seguito dalla solita tuta verde con scaldamuscoli arancioni.
“Sakura, mi fa molto piacere rivederti!” disse mentre camminavamo lungo il marciapiede, diretti verso il pub che frequentavamo alle superiori “Mi sei mancata molto!”
Raggiungemmo il locale dopo 10 minuti, nei quali il mio compagno non smise un secondo di parlarmi delle sue escursioni e del suo duro allenamento con zio Gai.
Il “Black Sisters” era il ritrovo per tutti i giovani della città e in quel momento non riuscii a fare a meno di notare tutti i bei ragazzi presenti nel locale.
Peccato che colui a cui pensavo continuamente non ci fosse. La pista da ballo era già stracolma di corpi ondeggianti e i tavolini intorno alla pista emanavano gonfie nuvole di fumo e chiassose risate.
“Ehi, ti va di ballare?” propose urlando Rock Lee iniziando a muoversi, illuminato dalle luci psichedeliche “Ok!” Mi prese la mano e impaziente, mi trascinò in mezzo alla pista. Cominciò a ballare immediatamente, provando ad avvicinarsi ad ogni essere umano di sesso femminile, venendo poi rifiutato malamente.
Un ragazzo si avvicinò a me, ma mi allontanai non dandogli la possibilità di strusciarsi sui miei fianchi. Mi lasciai completamente andare alla musica, non badando alle dolorose scarpe con il tacco, che quella sera indossavo, e alle persone al mio fianco. Muovevo i fianchi a ritmo di musica, alternandolo con qualche passo e a qualche movimento delle braccia, ma qualcosa andò storto, visto che ad un tratto mi ritrovai scaraventata tra le braccia di uno sconosciuto.
Le urla di due ragazzi sovrastarono per un attimo la musica, e subito quelle braccia mi portarono fuori dalla massa, salvandomi dalle spinte e i colpi che ormai riempivano la pista. Ripresami dallo shock, alzai lo sguardo verso il mio salvatore e in quel momento non fui mai stata più felice di aver quasi partecipato a una rissa.
Un ragazzo biondo, con familiari occhi celesti, ora impreziositi da mille sfumature a causa delle luci, mi teneva tra le sue braccia “Naruto!”
“Lo dicevo io: siamo destinati!” proferii non distaccando gli occhi dai miei, mentre un sorriso faceva spazio tra le sue labbra. Sentii il mio cuore scoppiare dall’eccitazione e il caldo aumentare notevolmente “Visto che ho mantenuto la promessa!”
“Grazie!” gli dissi avvicinandomi al suo orecchio “Perché?” mi domandò, osservandomi perplesso.
“è una storia lunga. Ti dico solo che sei entrato nella mia vita nel momento giusto!”
Era così diverso da Sasuke: solare, sciocco, esuberante, divertente. Lo avevo pensato così tanto durante quei due giorni che, ad un certo punto, mi sembrava di sentire qualche volta la sua risata.
Non potevo essere innamorata, ma ero sicura che questa volta non sarei stata ingannata.
Non mi affidai al cuore, che aveva già sbagliato abbastanza, ma ai suoi occhi, così limpidi e sinceri.
Si avvicinò alle mie labbra lentamente, osservandomi negli occhi, calcolando ogni mio gesto.
Sfiorò la mia bocca con le sue labbra, avvolgendola in un perfetto e dolce bacio. Mi sentii piena di vita, come non lo ero mai stata, e solo allora capii di avere trovato colui che non mi avrebbe mai ingannata, che mi avrebbe illuminato la vita e che mi avrebbe amata veramente. L’uomo della mia vita.

Solo quando incontri la persona giusta ti accorgi di come il passato ti avesse ingannato gli occhi. È un attimo, tutto cambia colore, si illumina e prende vita.





FINE! Cosa ne pensate?? ringrazio Nana (che non sento da un bel po'!!) per aver recensito il primo capitolo e tutti coloro che hanno letto la mia storia
Alla prossima! Baci, Mart
  
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