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Autore: AnyaTheThief    06/02/2018    1 recensioni
Era l’estate prima del loro sesto anno e Ron ne aveva avuto abbastanza.
I giorni in cui non ricordava perché fosse arrabbiato, alla fine, erano i più piacevoli. Almeno riusciva a non pensare alla causa di tutti i suoi mali, al motivo per cui non riusciva più nemmeno a farsi una risata o a mangiare con appetito, o semplicemente a godersi una bella giornata di sole.
Lei sapeva, e lo stava ignorando di proposito. Sapeva tutto.
L’unica cosa di cui forse non sapeva nulla, era quanto seriamente e quante volte Ron avesse rischiato l’espulsione l’anno precedente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 1 - Anger


 

Era l’estate prima del loro sesto anno e Ron ne aveva avuto abbastanza.

C’erano giorni in cui non ricordava nemmeno più per quale motivo fosse arrabbiato, ma questo era lo stato d’animo che lo aveva accompagnato da quando era ritornato alla Tana.

Tutto gli dava fastidio ormai. Gli scherzi di Fred e George, il continuo parlare dell'arrivo di Bill e Fleur, Percy, oh Percy lo tirava scemo più di chiunque altro, pur interagendo meno del solito con il resto della famiglia. Pur non avendolo ancora visto, tutti non facevano che parlare di lui e di ciò che aveva fatto alla famiglia.

Sua madre, poi, non faceva che lamentarsi ogni giorno del suo cattivo umore e ricordargli con un fastidiosissimo conto alla rovescia che i suoi amici sarebbero arrivati presto, senza sapere che in quel modo non faceva altro che innervosirlo ancora di più. Per di più in casa c'era un continuo viavai di membri dell'Ordine e quasi tutte le sere avevano ospiti per cena, il che rendeva ancora più difficile per Ron trovare scuse per il suo broncio.

Poi c’era Harry. Su Harry avrebbe dovuto aprire una parentesi bella lunga, ma anche quella, come le sue lettere, sarebbe totalmente incentrata su di lui e Sirius e Silente e qualunque diavolo di problema lo stesse affliggendo in quel momento.

I giorni in cui non ricordava perché fosse arrabbiato, alla fine, erano i più piacevoli. Almeno riusciva a non pensare alla causa di tutti i suoi mali, al motivo per cui non riusciva più nemmeno a farsi una risata o a mangiare con appetito, o semplicemente a godersi una bella giornata di sole.

Poi c’erano giornate come quella, le peggiori: sapeva che il giorno seguente avrebbe dovuto mettere su un teatrino e fingere di essere il solito, vecchio Ron. Il caro amico di tutti, sempre disponibile, un po’ idiota, che si fa sempre prendere in giro e non si offende mai… Avrebbe voluto sotterrare quella persona che era diventato e lasciar spazio al vero se stesso, mostrare a tutti come si sentiva in quel momento, vedere le reazioni dei suoi amici quando avrebbero capito che lo avevano sempre dato per scontato...

Invece no. Perché lei stava arrivando. E lei non ammette questo genere di cose, oh, no, la signorina perfettina non può accettare di vedere il suo migliore amico immusonito e senza voglia di scherzare, tutto doveva sempre essere come lei comandava.

Ma lei non aveva la minima idea di cosa gli passasse per la testa, di quanto lo mandasse in bestia il fatto che lo trattasse sempre come un amico, che non aveva mai nemmeno provato a guardarlo sotto una luce diversa, che non gli aveva mai dato nemmeno una possibilità...

Nonostante tutti gli sguardi languidi che le aveva lanciato durante tutto il quinto anno, nonostante tutte le occasioni che lui aveva creato per stare insieme, da soli, e tentare di dire qualcosa, lei non aveva mai capito.

Oppure, come pensava Ron, lei sapeva benissimo ed aveva deciso di ignorare e calpestare i suoi sentimenti deliberatamente. Dopotutto lei sapeva sempre tutto, conosceva qualsiasi libro della biblioteca a memoria, era la più brava in pozioni, in storia della magia, nella vita… Era sempre un passo avanti a lui ed Harry. Per questo non poteva credere che non si fosse mai accorta di nulla.

Lo aveva accusato di essere insensibile, di non averle chiesto di accompagnarlo al Ballo del Ceppo, ma non aveva mai considerato che lui era dovuto stare lì a guardarla danzare, bellissima, con quell’idiota di Krum senza poter fare nulla. Non aveva mai considerato quanto la sua bellezza ed intelligenza lo intimorissero ogni anno di più. Perché mai non avrebbe dovuto chiederle di andare al Ballo con lui, altrimenti?

E poi c’era il fatto che nonostante tutti gli interrogatori che le avevano fatto, non avesse mai rivelato se avesse dato il suo primo bacio a Krum. Ma giudicando da come arrossiva ogni volta che ci scherzavano sopra, nella sua mente aveva preso forma l’immagine di Hermione e il giocatore di Quidditch avvinghiati che si scambiano un passionale bacio alla luce di un tramonto.

Anche Harry lo pensava, anche se sicuramente non si era creato una fantasia come la sua a riguardo.

Ron ne aveva avuto abbastanza.

Lei sapeva, e lo stava ignorando di proposito. Sapeva tutto.

L’unica cosa di cui forse non sapeva nulla, era quanto seriamente Ron avesse rischiato l’espulsione l’anno precedente.

Di quante volte avesse aspettato che tutti si addormentassero per poi prendere il Mantello dell’Invisibilità e sgattaiolare fuori dal Dormitorio e verso il terzo piano.

Il suo primo tentativo era andato a vuoto: per quanto avesse cercato, non era riuscito a trovarla. Ma poi, dopo lunghe riflessioni, era arrivato alla conclusione più ovvia: camuffata per apparire come il pavimento in pietra, con un semplice incantesimo nel punto giusto, era riuscito a far ricomparire la botola. La stessa botola nella quale avevano vissuto la loro prima, vera avventura assieme. Era ridisceso superando il Tranello del Diavolo ormai tutto rinsecchito e la Scacchiera immobile, e l’aveva ritrovato.

Inizialmente non poteva crederci, ma lo specchio delle Emarb era lì, davanti a lui. Era rimasto lì per tutti quegli anni, dove nessuno poteva più trovarlo… Soltanto chi conosceva l’ubicazione dell’entrata di quella stanza e fosse stato abbastanza determinato da ritrovarla, avrebbe potuto scoprirlo. Dopotutto Silente doveva aver pensato che fosse meglio nascosto lì che nella Stanza delle Necessità.

L’unico pensiero che gli aveva dato il coraggio per scendere lì tutto solo, in piena notte, era stata l’idea di poter vedere, almeno in un riflesso, ciò che non si sarebbe mai potuto avverare nella realtà.

Se al primo anno il suo sogno era diventare migliore dei suoi fratelli, ora le sue priorità erano decisamente cambiate. Il cuore gli batteva all’impazzata ogni volta che al suo fianco, nello specchio, compariva una languida Hermione che lo teneva per mano e lo baciava sulla guancia, sul collo, sulle labbra, e lo guardava come mai l’aveva vista guardare nessun altro, nemmeno Krum.

Quell’immagine valeva l’espulsione, valeva qualsiasi punizione la Umbridge gli avrebbe inflitto se lo avessero beccato, valeva anche rischiare la lite con Harry nel caso in cui avesse scoperto che usava il suo mantello per un motivo così futile.

Quell’immagine era tutto ciò che aveva.

E il fatto che non riuscisse in alcun modo a farle capire quanto desiderasse con tutto il suo cuore che si avverasse, lo aveva reso inizialmente molto malinconico, poi frustrato, e infine furente con lei, tanto che la rabbia e tutto ciò che lo faceva innervosire di lei avevano preso il sopravvento sulla scena riflessa nello specchio, che restava quasi un ricordo nella mente annebbiata di Ron.

Quel giorno stette chiuso in camera sua per la maggior parte del tempo. Avrebbe avuto voglia di gridare, di spaccare qualsiasi cosa, invece poteva limitarsi solo a fissare il soffitto con occhi vacui e, di tanto in tanto, prendere a pugni il cuscino.

Venne la notte e non fu molto diversa dal giorno. Non chiuse occhio se non verso le prime luci del mattino.

E poi, quando gli sembrava di essersi appena addormentato, fu svegliato di soprassalto dalla porta della sua camera che si apriva di scatto, sbattendo contro al muro.

“Ron!”

Non era un incubo. Era la realtà: lei era lì. Indossava ancora la giacca, doveva essersi precipitata lì non appena aveva saputo che lui non si era ancora svegliato.

“Che fai ancora a letto, dormiglione?!” rise innocentemente gettandosi poi su di lui, ancora mezzo sdraiato, che solo in quel momento iniziò a realizzare cosa stesse succedendo.

Lo strinse in un abbraccio affettuoso, mentre lui si perdeva nel profumo dei suoi capelli.

“Ho un sacco di cose da raccontarti!” esclamò lei, andando a sedersi sul letto.

Lui le sorrise dolcemente, ma si sentiva morto dentro.

“Abbiamo tutta l’estate.”  

  
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