~Diari~
1921 ~ Mamma
Il tempo passò. Imparai a
controllarmi. Imparai anche a reprimere i miei istinti, anche se a volte
litigavo con Carlisle perché pensavo che in fondo uccidere vite umane era nella
nostra natura e che nessuno ci avrebbe additati per quello.
“Noi siamo quello che decidiamo di
essere.” mi rispondeva così ogni volta che ci eravamo trovati a
discutere su quell’argomento.
In quegli anni mi dedicai allo
studio. Lessi molti libri, imparai nuove lingue. Imparai a suonare.
Approfondii la mia cultura sui
vampiri. Scoprii che potevamo avere doti supplementari. Queste doti derivavano
da tratti del nostro carattere umano, e che nella nostra nuova vita erano
amplificate e ci permettevano di essere particolari.
Io da umano ero molto sensibile
all’umore della gente che mi circondava, forse per questo potevo leggere nella
mente degli altri.
“Sapevo da subito che saresti stato
speciale.”riuscì a dire Carlisle quando gli rivelai cosa ero in grado di fare.
Ci trasferimmo nel Wisconsin.
A causa della nostra natura
immortale eravamo costretti a spostarci spesso per non destare sospetti nella
gente che ci vedeva rimanere immutati dal tempo.
Fu lì che un nuovo membro si
aggiunse alla nostra famiglia.
“Stava morendo Edward. La credevano
morta ed ho pensato che una seconda possibilità la meritava.”disse, quando
portò quella donna bellissima nella nostra casa.
Era a pezzi. Aveva tentato di
uccidersi buttandosi da una rupe. Quando si svegliò cercammo di spiegarle cosa
era diventata.
Si adattò in fretta alla sua nuova
natura e quando fu in grado di parlarne, ci spiegò i motivi di quel suo insano
gesto.
“Sono nata nel 1895 e vivevo nei
pressi di Columbus.
Ho studiato per diventare insegnante
e all’età di 22 anni mi sono sposata. Mio marito ed io non andavamo molto
d’accordo e spesso alzava le mani su di me.
Respirai solo quando lui fu chiamato
al fronte. Quando ritornò scoprii di
essere incinta e per amore di mio figlio scappai da quell’uomo violento.
Mi sono trasferita qui ed ho
coronato il mio sogno. Finalmente ero una insegnante. Adoravo i bambini e
finalmente stavo per averne uno tutto mio.
Pochi giorni dopo la sua nascita
morì. Ero distrutta dal dolore e sapevo che non sarei stata in grado di
sopravvivere. Così un giorno mi buttai dalla rupe. E se non fosse stato per te
Carlisle a quest’ora non avrei avuto la mia nuova famiglia.” Disse.
Se avesse potuto piangere l’avrebbe
fatto. Si voltò verso Carlisle.
“È la seconda volta che ti prendi
cura di me. Ricordi? Ero solo una bambina. Mi hai curato la gamba quando mi
ferii nel tentativo di arrampicarmi su un albero.” Carlisle annuì.
Leggevo i suoi pensieri e non potei
non sentire l’amore che lui provava per quella donna.
L’amore che Esme, nonostante il suo
tentato suicidio, aveva per la vita, fece di lei una figura materna per me. Mi
insegnò ad amare me stesso e coloro che mi stavano attorno.
In breve tempo si sposarono. Era
bello condividere con loro quell’affetto e desideravo che anch’io un giorno
potessi avere una compagna come Esme.
Passò altro tempo. Conducevamo una
vita abbastanza normale, o perlomeno agli occhi degli altri. Io mi dedicavo
come sempre allo studio. Mi ero iscritto alla facoltà di medicina e di tanto in
tanto aiutavo Carlisle in ospedale. Potevo aiutarlo solo quando non era coinvolto
sangue umano.
Una notte ero in giro per la città e
incontrai un uomo. Lessi nella sua mente cosa aveva appena fatto. Aveva abusato
e ucciso una donna, l’aveva lasciata a terra senza preoccuparsi di nulla. Fui
preso dalla rabbia e dal desiderio di ucciderlo. Lo feci e per la prima volta
assaporai l’essenza del sangue umano.
Fu un’esperienza unica. Niente a che
vedere con il sangue animale. Non riuscivo ad associarlo a nessun cibo umano.
Riuscivo solo a sentire un dolce aroma fruttato. Mi sentii bene in quell’istante,
ma appena ripresi lucidità capii cosa avevo fatto.
Corsi come il vento e tornai da mio
padre. Ero spaccato in due: il mostro che era in me esultava, gioiva per il suo
piatto preferito, l’uomo che ero, invece, si vergognava.
Raccontai tutto a Carlisle.
Discutemmo e il mostro che era in me vinse ed ebbe l’ultima parola.
“Carlisle so che forse ti deluderò,
ma ho bisogno di una vita mia, di essere ciò che sono. Voglio trovare da solo
la strada che mi è stata destinata.” dissi.
Mi guardò e non disse nulla.
“
Vai figliolo, se pensi che questo possa
aiutarti a capire meglio te stesso vai pure. Noi ti aspetteremo e saremo felici
se un giorno tornerai da noi.“ Sapevo perfettamente cosa mi stavano dicendo i
suoi pensieri. Così raccolsi le mie cose e partii.
Mentre correvo verso la mia nuova
vita scesi a compromessi con il mostro: avrei ucciso solo chi lo meritava.
Assassini, stupratori, molestatori. Sarei stato il giudice in terra del bene e
del male.
Passarono i giorni. Uccisi molta
gente.
Lo meritavano tutti. Diventai
l’assassino degli assassini.
Una sera mi fermai sulla riva del
fiume a guardare la luna. Ripensavo alla mia scelta. Mi sorpresi di scoprire
che non ero felice in quel modo. Vivere da solo mi aveva reso rabbioso. Non
avevo una vita. Poi si insinuò in me una nuova sensazione: il senso di colpa.
Anche se gli umani che uccidevo lo
meritavano, io non ero nessuno per decidere la loro sorte. Ero combattuto
perché non sapevo cosa fare. Non sapevo se stavo facendo la cosa giusta.
Passarono altri giorni. Il mio senso
di colpa aumentava sempre di più. Sapevo perfettamente che la giustificazione
che avevo dato a me stesso era banale. Ero diviso in due. Avevo bisogno di
Carlisle.
Il mio mentore.
Mi fermai a pensare di nuovo, volevo
capire ciò che era giusto per me. Mi ero trasformato in un mostro. Dovevo solo
decidere se essere un mostro oppure no.
Impiegai pochi secondi per dare a me
stesso la risposta che cercavo.
Non volevo essere un mostro.
La cosa giusta per me era tornare a
vivere una vita che il più possibile si avvicinasse a quella umana. Volevo
tornare a casa ma non avevo il coraggio per farlo. Passò altro tempo e
ricominciai a cacciare animali.
Pian piano ripresi in mano la mia
esistenza e decisi che era arrivato il momento di tornare a casa.
Carlisle ed Esme erano felicissimi.
Mi accolsero con il loro amore. Mi vergognavo per quel che avevo fatto loro.
Soprattutto per il dolore causato ad Esme.
Come potevo aver fatto del male a
mia madre? Perché lei era come una madre per me ed io non ero riuscito ad
essere il figlio che lei voleva.
Ritornai in fretta alla mia vita normale. I miei genitori
adottivi non mi fecero mai pesare quella scelta sbagliata. Il loro amore era
troppo per me e in fondo al mio cuore che ormai non batteva più sapevo di non
meritare tutta la loro benevolenza.
Ero felice.
Ero felice
come può esserlo un vampiro.
Edward