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Autore: Laura Taibi    11/03/2018    3 recensioni
"Questa è una storia che parla di coraggio, d'amore e di sacrificio. Una storia che nessuno ha mai raccontato.
La storia di come Parigi fu salvata e, con essa, il mondo intero.
La storia di come un gatto uccise una coccinella."
Questa fanfiction è disponibile anche in audiolibro sul canale youtube degli ambrogisti anonimi, che ne detengono i diritti di pubblicazione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è una storia che parla di coraggio, d’amore e di sacrificio. Una storia che nessuno ha mai raccontato.
La storia di come Parigi fu salvata e, con essa, il mondo intero.
La storia di come un gatto uccise una coccinella.
 
Capitolo 1
Le luci della sera illuminavano Parigi a giorno, facendola risplendere di un affascinante bagliore argenteo.
Su uno dei tetti di Parigi, lontana da occhi indiscreti, Ladybug provò per l’ennesima volta a fare una chiamata al suo compagno d’avventure, senza però avere successo.
Era passato già quasi un mese. Un mese intero senza che di Chat Noir vi fosse alcuna traccia.
All’inizio si era detta che era stato un caso, che probabilmente al ragazzo che si nascondeva dietro la maschera era venuto un brutto raffreddore, ma adesso cominciava a temere davvero il peggio.
La sirena di un’ambulanza non molto distante la riscosse dai suoi pensieri. Non poteva permettersi nessuna distrazione, la città era in preda al caos più totale e la gente aveva bisogno di lei.
In contemporanea alla scomparsa di Chat Noir anche i disordini a Parigi erano aumentati, quasi come se Papillon sapesse esattamente quello che stava accadendo.
Ladybug lanciò lo yo-yo e, volteggiando da un tetto all’altro, cercò di fare ordine e ripercorrere ciò che era accaduto il giorno della scomparsa del suo partner.
 
 
Quella mattina Marinette si svegliò tardi.
«Andiamo, è ora di alzarsi, la sveglia è già suonata!» le disse Tikki all’orecchio.
Lei l’allontanò, girandosi dall’altro lato. La sera prima lei e Chat avevano combattuto l’ennesima akuma di Papillon e non aveva dormito che poche ore.
«Non ce la faccio oggi» iniziò a lamentarsi, «credo… credo che resterò a casa.»
Tikki mise le manine ai fianchi, spazientita, poi le venne un’idea: «se non vai a scuola,» disse, «non potrai vedere Adrien.»
Marinette si voltò verso il kwami e la guardò da sotto le coperte. «E se lui non venisse?»
Tikki sorrise. «Non si assenta mai, lo sai benissimo.»
Marinette emise un lamento, scostò il piumone con un calcio e si mise in piedi, stropicciandosi gli occhi.
Le ci volle un miracolo per districare i capelli e raccoglierli nelle due solite codine e, quando scese al piano di sotto, si rese conto che non avrebbe fatto in tempo a fare colazione. Lamentandosi con se stessa per aver fatto tardi, afferrò un toast e se la fece di corsa fino a scuola.
I suoi compagni erano già in classe quando entrò. Anche Adrien.
Chloè la guardò con il suo solito disgusto mentre Alya le faceva cenno con la mano. Lei vi si sedette al fianco, poggiando la cartella e lasciandosi scivolare sul banco con aria assonnata.
«Che faccia distrutta» esclamò Alya, «prima o poi dovrai spiegarmi come fai a ridurti così!»
Marinette sorrise a disagio. «Avevo dimenticato di fare i compiti e li ho finiti a tarda notte» inventò sul momento.
«Sei sempre la solita!»
La professoressa entrò in classe ed iniziò la lezione ma Marinette faticò a concentrarsi, non solo per la lunga nottata in bianco, ma anche perché come al solito, i suoi pensieri erano rivolti al banco davanti, dove Adrien prendeva diligentemente appunti. Riusciva quasi a vederla, l’espressione concentrata e bellissima che in quel momento doveva avere e che lei aveva imparato a conoscere ed amare.
Si ritrovò a sognare ad occhi aperti, a vagare con la mente ai suoi bellissimi capelli biondi, al suo bellissimo sorriso, agli occhi verdi e profondi, verdi come quelli di Chat Noir… fu a quel punto che si ritrovò suo malgrado a ripensare alla sera prima, durante la battaglia: l’ennesimo poveretto akumizzato era stato appena salvato e tutto era tornato alla normalità ma lei, nella lotta, si era storta una caviglia. Nulla di grave ma si era ritrovata a zoppicare leggermente.
Chat Noir le era corso incontro, preoccupato. «Tutto bene? Sei ferita?» le aveva chiesto.
Lei aveva scosso la testa, tentando di sorridere. «Tutto ok, non è nulla di grave.»
«Riesci a camminare?»
Lei aveva annuito ma dopo pochi passi si era resa conto che non sarebbe stato così semplice.
Chat Noir le era corso incontro e, senza preavviso, le aveva avvolto un braccio in vita, passando l’altro intorno al suo collo.
«Chat ma che fai?»
«Ti aiuto mylady.»
«Ce la faccio, davvero, e poi stiamo quasi per ritrasformarci…» aveva iniziato a dire, tentando invano di sciogliersi dalla presa.
«Ti accompagno solo in un luogo tranquillo e poi vado via. Ti prometto che non rimarrò qui e il tuo segreto resterà al sicuro.»
Ladybug stava quasi per ribattere ma gli occhi di Chat, così grandi e sicuri e il suo viso, talmente vicino che poteva avvertire il respiro caldo sulla sua guancia, la fecero esitare.
Qualche minuto più tardi lei e Chat Noir si ritrovarono all’incrocio tra due strade più isolate a pochi passi dalla fermata della metropolitana e, benché Chat non lo sospettasse, anche a pochi passi da casa di Marinette.
«Grazie» disse lei, poggiandosi al muro.
Chat alzò le spalle con il suo solito modo di fare spavaldo. «Al tuo servizio, mylady.»
«Dovresti smetterla di chiamarmi così… lo sai, ne abbiamo già parlato…»
Chat Noir divvene istantaneamente più serio. «Ricordo quello che mi hai detto» disse, senza guardarla, «ma non cambierò il mio modo di fare nei tuoi confronti solo perché sei innamorata di un altro.» Fece qualche passo verso di lei e poggiò la mano sul muro alle sue spalle, ritrovando in un secondo il suo solito modo di fare. «Sai, il fatto che tu non voglia dire il suo nome potrebbe indurmi a credere che sia solo una scusa.»
Lei sorrise, incrociando le braccia. «Non ti mentirei mai, Chat. Noi siamo una squadra.»
L’anello di Chat prese a suonare.
«Ora dovresti andare» disse Ladybug.
Chat Noir le scoccò un’ultima occhiata, dopodiché voltò l’angolo. Proprio in quell’istante entrambi i ragazzi si ritrasformarono.
I passi di Chat iniziarono a rimbombare nella notte silenziosa. Lei rimase immobile a fissare a terra, pensando alle parole che il suo partner aveva appena detto. «Chat» chiamò lei.
I passi si fermarono.
«La… la prossima volta che ci vedremo prometto che ti dirò il suo nome, ok?» disse.
Oltre l’angolo sentì Chat ridere sommessamente. «Va bene. Ci conto.»
Marinette era rimasta a lungo poggiata quel muro, chiedendosi per quale assurdo motivo aveva fatto una promessa simile.
 
 
La campanella suonò, avvertendo gli alunni del cambio dell’ora e ridestandola dai suoi pensieri.
«Allora ragazze» esordì Nino, il migliore amico di Adrien, rivolto a lei ed Alya «che programmi avete per questo pomeriggio?»
«Perché, avete qualche proposta?» chiese Alya.
Marinette abbassò per un attimo lo sguardo e i suoi occhi incontrarono quelli di Adrien, che le sorrise. Lei si affrettò a spostare lo sguardo ma non prima che una vampata di calore l’avvertisse di aver assunto il colorito di un pomodoro maturo.
«Si da il caso che oggi pomeriggio ci sarà l’inaugurazione del nuovo centro commerciale al quale parteciperà Jagged Stone come ospite d’onore» disse Nino sorridendo, «e che il nostro caro Adrien abbia casualmente quattro pass per incontrarlo!»
«Stai scherzando?!» esclamarono contemporaneamente Alya e Marinette, scattando in piedi con gli occhi luccicanti.
«Beh, in realtà li hanno dati a mio padre» disse Adrien, grattandosi la nuca, a disagio «una delle boutique del centro commerciale fa parte della sua linea di abbigliamento, ma diciamo che lui non è il tipo da feste mondane.»
«L’appuntamento è alle cinque in punto. Allora, siete dei nostri?» chiese Nino.
Alya si voltò verso Marinette, guardandola con occhi luccicanti.
«Ehm, direi che…» inizio lei.
«Certo!» concluse Alya.
Ritornarono ai posti per seguire la lezione di matematica con madame Mendeleiev. Alya aspettò che la professoressa si voltasse verso la lavagna, dopodiché si avvicinò all’amica.
«Che fortuna inaspettata, vero?» disse sottovoce.
Marinette annuì sorridendo, mentre il cuore iniziava a batterle all’impazzata al solo pensiero.
«È la tua occasione per restare sola con Adrien» continuò l’altra.
Marinette si voltò di scatto verso di lei. «Soli?!» esclamò a voce un tantino troppo alta. La professoressa per un attimo si voltò a guardarle per un secondo, prima di concentrarsi nuovamente sulla lavagna.
«N-Non credo che avremo modo di stare soli» continuò Marinette, qualche attimo dopo. «E poi, non saprei come comportarmi. Lo sai che sono una frana!»
«Sta tranquilla» rispose l’amica, «a organizzare tutto ci penso io, tu cerca solo di essere te stessa.»
«No Alya, ascolta, io davvero non…»
«Miss Dupain-Cheng, miss Césaire, a meno che non abbiate intenzione di scrivere i vostri discorsi sul compito di matematica della prossima settimana vi consiglio di prestare attenzione alla lezione» disse la professoressa, con cipiglio severo.
«Scusi» dissero entrambe.
   
 
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