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Autore: Bad Devil    14/03/2018    1 recensioni
Mille domande affollavano la sua mente, mille questioni sul come e perché fossero arrivati lì, ma quando la tenebra calò completamente, furono i sussurri a distrarlo.
"Molto maturo da parte tua." Replicò nervoso, ormai quasi del tutto immerso nell'oscurità. Quei cupi sibili avevano completamente pervaso l'ambiente, andando a sommarsi ad un tetro vociare quasi litanico, ripetuto, ostile e terrificante.
"...li senti anche tu?"
[Scriddler / RiddleCrow][Slowbuild relationship][From Enemies to Friends / Lovers (?)][Slash]
[Don't Starve - AU][La lettura non richiede conoscere il videogioco]
Genere: Avventura, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: L'Enigmista, Scarecrow
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Titolo: “What lurks in the shadows”
Autore: Cadaveria Ragnarsson
Fandom: Batman
Personaggi: Jonathan "Scarecrow" Crane; Edward "The Riddler" Nygma
Pairing: Pre-Scriddler
Genere: Missing Moments, Slice of Life,
Rating: Arancione (per sicurezza, può variare)
Avvertimenti: Don't Starve AU
Disclaimer: I personaggi presenti in questa storia non sono reali, né di mia proprietà. Inoltre sono maggiorenni. Non ho nessun diritto legale su di loro a differenza degli autori e, dalla pubblicazione di questo scritto, non vi ricavo un benché minimo centesimo.

Note: Don't Starve è un videogioco prodotto dalla Klei Entertainment nel quale pochissimi elementi vengono forniti al fine di comprendere la storia vera e propria. Come dice il nome stesso, lo scopo è non morire di fame, mentre tutto quello che il giocatore compie per sopravvivere è vissuto come una scoperta. Per la mia storia ho scelto di utilizzare l'ambientazione del gioco: vi saranno alcuni elementi di riferimento ad esso, ma saranno descritti e vissuti anche dai due sfortunati protagonisti, pertanto non è necessario conoscere la serie per poterla leggere e, spero, apprezzare.



Dagon



L’indomani, alle prime luci dell’alba, la palude si presentò ai loro occhi come il luogo di disabitata desolazione che l’imbrunire aveva mostrato. Sul suolo, le carcasse abbondavano, riverse a terra e dilaniate, mentre a perdita d’occhio si estendeva quel terreno che sembrava potesse ribollire da un momento all’altro, pronto a punire severamente chiunque osasse calpestarlo. Crane si era alzato in silenzio da terra, spolverandosi gli abiti con disinvoltura, mentre al suo fianco il ragazzo sembrava ancora scosso dalla notte trascorsa, quasi non osasse muovere un solo passo.

“Andrà tutto bene.” Gli disse il dottore, senza incrociare il suo sguardo.
A quelle parole, il rosso aveva risposto con un sorriso cortese e forzato.

“Non devi dirlo per forza, non sono un bambino.”

Allora smettila di piangere, avrebbe desiderato replicare, ma privilegiò il silenzio, schiudendo le fauci di Chester per prendere qualcosa da mangiare. Edward si costrinse ad accettare quel boccone di carne cotta, sapendo perfettamente che, nonostante lo stomaco chiuso, la fame l’avrebbe divorato durante il giorno. Lo sguardo vagava distante, quasi volesse studiare con gli occhi verdissimi ciò che la fitta nebbia gli negava. Non vi era molto di più da scoprire, nella palude; nulla oltre alla vegetazione arida e assente, nulla oltre quei pezzi di carne mutilata in terra.

“E’ una casa, quella?” Soffiò debolmente, indicando un punto quasi precluso alla vista dal manto di nebbia.

“...hm?” Il dottore si era sistemato gli occhiali sul naso sottile e un po’ appuntito, aguzzando la vista per scorgere il punto indicato dall’altro.

“...sembra distrutta.”

Con attenzione e a passo sostenuto, Crane si era fatto strada lungo il sentiero, attento ad ogni minimo movimento del terreno affinché gli annunciasse per tempo il pericolo. A pochi metri dall’abitazione, sentì Edward chiamare il suo nome con apprensione. “Jonathan!” aveva pronunciato con timore, mentre sotto di lui il suolo sembrava aprirsi come la notte precedente. Si fece da parte rapidamente, distanziandosi con uno scatto e, quando il tentacolo violaceo riemerse, si ritirò pochi istanti dopo con la stessa velocità con cui era sorto. Più sicuro della propria posizione, il dottore prestò la propria attenzione all’abitazione di fronte a lui.
Forse definirla casa era un eccesso, in quanto la struttura in sé sembrava più simile ad un piccolo capanno per gli attrezzi, appena sufficiente per ospitare un uomo adulto in quello che approssimativamente poteva essere un metro di quadro di spazio. Era in pessime condizioni, diroccata al punto da cadere a pezzi, ma quando provò ad aprire la porta, una creatura bipede e dalla pelle ricoperta di scaglie saltò fuori da essa, aggredendolo. La sua stazza era paragonabile a quella di un uomo di mole imponente, più ampio sulla parte superiore del corpo, che non sulle gambe. Il dorso era ricoperto da una cresta tipica delle creature anfibie e marine, mentre i grandi occhi vacui e privi di palpebre lo osservavano con timore. L’urlo di Edward passò quasi in secondo piano, mentre il dolore per il pugno di quella bestia era riuscito a piegare Crane con le braccia strette allo stomaco. La bestia, quasi ferita dalla luce del sole, si era rifugiata nuovamente in casa, chiudendo la porta con forza e scoraggiando in questo modo il suo curioso invasore a disturbarlo nuovamente. Il dottore era senza parole. Mai aveva visto con i propri occhi qualcosa di così... diverso, e sì che aveva conosciuto Waylon Jones.
Con attenzione fece ritorno da Edward, che lo fissava con la stessa lucidità di un gatto spaventato.

“Stai bene?” Aveva chiesto, scrutandolo con severa apprensione.
“Non avevo idea fosse abitata! Io non- Dagon.” Aveva farfugliato.
“Quello era Dagon.”

“Dagon?”

“Una creatura Lovecraftiana... uomini pesce. Dio. Stai bene?”
Il dottore gli posò una mano sulla spalla, provando a rassicurarlo.

“Respira, Edward.”

“Non ce la posso fare, io... non posso.” Il ragazzo si era portato le mani al volto, piegandosi poi sulle proprie gambe, quasi volesse accucciarsi a terra.

“Non sembrava ostile... devo averlo spaventato.”

“AH! Tu l’hai spaventato. Spaventato, dice.” Borbottò con le mani ancora premute contro il volto.
“Come se davvero qualcosa del genere potesse avere paura di te.”

“Fingerò di ignorare le implicazioni di quest’ultima affermazione, Nygma!” decretò contrariato il più grande, portandosi poi una mano tra i capelli corvini.
“Dobbiamo andare ora, alzati, forza.”

Edward, però, parve non ascoltarlo. Sembrava smarrito nei propri pensieri e timori. Il respiro era affannato, rapido e le mani strette alle proprie spalle sembravano tremare visibilmente. I sintomi, per il dottore, furono fin troppo chiari: un attacco di panico.

“Edward, ascoltami. Riesci a sentirmi?” Si portò alla sua stessa altezza, piegandosi sulle lunghe gambe.
“Ho bisogno che tu mi dica come ti senti.” Il ragazzo alzò il capo, cercando il suo sguardo con il proprio, smarrito.

“...sto morendo. Mi fa male il petto. Non riesco a-” aveva inalato profondamente, ma con difficoltà. “... a respirare. Non riesco a respirare, io non-”

Hush, ragazzo.” Lo ammonì gentilmente il dottore.
“Non stai morendo. Stai avendo un attacco di panico, d’accordo?” Parlava con calma, Crane, provando a rassicurarlo per farlo riprendere.
“Va tutto bene, Edward, cerca di respirare lentamente.”

“Non-”

“Hush.” Lo silenziò di nuovo. “Non parlare, guardami.” Il ragazzo, fece come richiesto, osservando il dottore.
“Guarda.” Inspirò lentamente e, sempre lentamente espirò.
“In questo modo, così.” Gli mostrò nuovamente come respirare, lieto di riuscire almeno a comunicare con lui.
“Stai andando bene.” Lo lodò falsamente, cercando di incoraggiarlo.
“Con calma. Va tutto bene.” Il respiro del ragazzo era ancora corto e rarefatto, quasi spezzato nella sua gola, ma questi almeno sembrava provare ad eseguire i consigli dell’altro.

“So che fa male, ragazzo mio, ma è temporaneo.” Gli disse.
“A breve tutto sarà finito e ti sentirai meglio. Continua a respirare lentamente.”
Dopo qualche minuto, Edward sembrò avere maggior controllo sul proprio respiro.

“Ti senti meglio?” La testa rossa si mosse in dissenso, ma era innegabile che la situazione fosse migliorata.

“Puoi farcela. Possiamo farcela a sopravvivere in questo mondo.” Gentilmente scostò una ciocca rossa dalla fronte del ragazzo, quasi imperlata di sudore.
“So che sei forte abbastanza da potercela fare. Respira.”

Il ragazzo annuì debolmente, visibilmente più calmo. Si asciugò la fronte con la manica della camicia, espirando poi definitivamente. Volse un’occhiata stanca al dottore, ma dopo poco gli sorrise appena.
L’uomo ricambiò il gesto per un solo istante, lieto di essere riuscito a calmarlo.

“Ora usciamo di qui, va bene?” Gli propose.
“Lasciamo questo maledetto posto e troviamone uno più tranquillo.” Porse la sua mano al ragazzo, invitandolo a stringerla nella propria per farsi guidare lontano da quel territorio ostile.

Prima se lo sarebbero lasciato alle spalle, prima Edward sarebbe stato meglio.




Continua...
Cadaveria Ragnarsson




Note:
Grazie a La Dama di Picche per il sostegno e a tutti voi per la lettura <3

CadaveriaRagnarsson
  
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