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Autore: queenjane    14/03/2018    4 recensioni
Fu il fondatore di una dinastia nelle terre dell'Est, la Russia fu il suo altrove. Era un guerriero, un pirata, un amante leggendario. Aveva gli occhi di ambra e miele. Si chiamava Felipe de Moguer, nelle battaglie conquistò titoli e onori, diventando il principe Rostov-Raulov, una fenice multiforme, come la sua discendente, Catherine Raulov.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“… Esigiamo che il ribelle Pugacev, il sedicente Paolo III, impostore e millantatore, dato che il Nostro sposo è morto, venga catturato … (…) egli dopo avere combattuto nelle Nostre truppe e avere militato contro i turchi a Bender, nel 1770, ove fu nominato ufficiale, si è congedato dall’esercito (..)  Arrestato per vagabondaggio, …”
“.. le regioni del Volga sono messe a ferro e fuoco da lui e dai suoi cosacchi” .
Scorro le mappe geografiche tenute ferme sul tavolo da alcune pietre scabre, leggo, a mezza voce i vari rapporti e gli ukase,traduco,  i decreti imperiali, impilati in un angolo.
“Le rivolte si sono estese, lui millanta di essere il defunto Zar, che si è nascosto per oltre dieci anni, in attesa della sua occasione …”
E’ un impostore,  tranne che molti scontenti gli vanno dietro, la vogliono buttare giù dal trono.
Ha organizzato un simil esercito, emana decreti firmandosi Pietro III, autocrate di tutte le Russie, offre sale, che qui è considerato un lusso, e terre e meno tasse a chi lo segue, morte a chi sostiene la zarina.
Dove si sarà cacciato, potrebbe essere in un posto impreciso tra Volga e Urali, come a dire dappertutto, è un territorio sterminato, immenso come due o tre nazioni, rifletto. Buttano giù  chiese e monasteri, distruggono i villaggi che non seguono la rivolta, lei, la zarina, dico nella sua corrispondenza con Voltaire parla di una piccola rivolta, ma è una balla. Da quando era salita al trono era  la bega più grossa mai capitata, se Pugacev conquistava Mosca era la fine.  

 
 Altro che zar misericordioso, quel piccolo angolo era un inferno in terra, chi era sopravissuto era stato seppellito, in una buca scavata per terra, i corvi banchettavano con le teste che spuntavano dal terreno.. vidi un bambino, non dimostrava più di dieci anni ed era privo di vita.. Mi chinai sui talloni, chiusi le palpebre sui suoi occhi spalancati nella morte. Un tempo era stato vivo, magari come me aveva corso nei boschi, riso e saltato, ora era quiete e gelo.
“Pater noster…”
“Seppelliamoli e diciamo una preghiera”ordino, ma la decisione è unanime, dobbiamo fermarci a inumare i morti, variano le fedi, io cattolico, i soldati ortodossi, ma questo è un atto di misericordia.

Poi giunse la soffiata decisiva.
FUENTES, ahora y por siempre!!
Lo urlai a squarciagola, sotto i freddi cieli di marzo, immensi come il mare quando si perde lungo la linea dell’orizzonte, il grido di guerra dei Fuentes, in cui si lanciavano negli scontri, negli assalti, Fuentes fino alla fine del mondo e del tempo. 
Mi hanno poi raccontato che parevo una Furia,  combattendo nel corpo a corpo, via, via, una collera fredda e lucida, oltre il limite ed il dolore.
Quel bambino morto e straziato potevo essere io.
Abbandonato e negletto.
E non mi importava di morire.
 
Io sono un FUENTES. 

Questa è la mia battaglia.
Non mi importa di morire  
  
I seguaci furono presi, ma LUI mancava, se fuggiva eravamo punto e a capo, mi lanciai all’inseguimento.
“Ammazzami, su..”
“…Ti dichiaro in arresto in nome della zarina”Scandendolo in russo.
Ecco  le oscenità, sono un demonio, un figlio di puttana,  un bastardo, risi come un  matto, ha ragione, lo sono, un bastardo, strabuzzò gli occhi quando glielo confermai,  intanto gli ho puntato lo stiletto contro la gola ed un gioioso calcio all’inguine, ben venga, io ho vinto, lui ha perso.
Sangue, ferro e polvere da sparo.
 HO VINTO.
Poi realizzo che sono ferito, la stoccata ha mancato di poco l’arteria radiale, se la prendeva ero morto.
“Avete catturato Pugacev.”
“Ai ceppi e torniamo nella capitale …”
Lo portammo di villaggio  in villaggio, chiuso in una gabbia di ferro, deriso da tutti, la zarina decise  che sarebbe stato processato, intanto si godeva il soggiorno nella fortezza dei Santi Pietro e Paolo, la più temibile prigione del regno.

Nelle memorie che Stanislao Poniatowski, deposto re di Polonia nonché suo ex amante, va scrivendo concordo sull’aspetto dell’imperatrice. I capelli scuri, la carnagione luminosa, grandi occhi azzurri, il naso .. va bene è imperioso, ha l’abitudine al comando, tutto in lei è prestigioso, pare la regina del mondo, anche se non è più la giovane granduchessa di quell’estate luminosa, in cui ha preso il potere.
“Per mare e per terra siete un portento”
“Sono fortunato, Maestà imperiale”
“Sono orgogliosa di voi, Monsieur, chiedete quanto volete”
“Posso tornare per mare?” Altri avrebbero chiesto soldi e prebende, io di tornare a combattere,
 
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 Nel mese di giugno 1774 vi è stata l’ultima battaglia della sesta guerra contro i turchi e io, as usual, ero nel mezzo.
Ho rimediato una sciabolata sul fianco, leggera, poco importa, mi sono preso altri due encomi e la carica di capitano di fregata della marina.
A luglio è stato siglato il definitivo trattato di pace, vari territori sono stati annessi alla Russia, che ha avuto a titolo di indennizzo la favolosa somma di quattro milioni di rubli, cifra iperbolica.
Ora sono un buon partito, mi canzono tra me e me, in ottimi rapporti con la sovrana, tuttavia ancora aspetto, sono di molte per non essere di nessuna, penso tra me. Intanto, sono una specie di Ulisse, che viaggia per mare e per terra, Fuentes anche in questo, che loro erano viaggiatori instancabili.
 
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Presento i miei omaggi al Conte di Aranda, ambasciatore originario dell'Iberia del re della mia terra natale,a Parigi  poi passo all’ambasciatore russo, che mi invita ad un festoso ballo organizzato dalla regina Antonietta per festeggiare la prossima ascesa al trono, Luigi XV è morto il 10 maggio 1774, l’incoronazione è prevista per il giugno 1775 a Reims.
 
Il tema è la primavera, la regina ha richiesto che tutti vengano vestiti di verde.
 
Osservo le siepi tagliate a guisa di animali, ornate di lampade decorative, per dare più bagliore la ghiaia dei viali è stata dipinta d’oro, infinite lampade di carta ondeggiano tra i cespugli.
 
Conto 43 candelabri nella Galleria degli Specchi, su cui vi sono infinite candele, le fiammelle che si uniscono ai singolari effluvi degli aristocratici francesi.
La sovrana è un oceano di seta verderame, le ciocche raccolte in un pouf che rappresenta un giardino di rose tee. Bella è bella, maestosa, ma di profilo è imperiosa, il mento sporgente, il labbro inferiore pronunciato, tratto tipico degli Asburgo.
Osservo e sono osservato, sono alto circa un metro e ottantatre, un poco più del marchese  mio padre, occhi e capelli scuri, abbronzato per le ore trascorse all’aperto, so di fare la mia figura, mi piace essere ammirato, il piccolo Felipe ne ha fatta di strada. Sempre un diverso, che rimane somigliante solo a se stesso. E tanto ho il mio onore, avevo sempre il mio onore, anche quando ero solo il piccolo Felipe, sono un Fuentes e questo vale più di ogni ricchezza.
Penso a mia madre, Juana Machado, da dire c’è poco o troppo. Il marchese la mise incinta e non la sbatterono fuori di casa giusto per ordine espresso dei Fuentes. Prima le era gradito Huesca Machado, e viceversa, tranne che sul momento la gente pensava che una seduttrice non fosse per lui un buon affare. Ma a lui non importava.. Alla fine, hanno avuto il loro lieto fine, si sono sposati, hanno avuto altri sette figli, non le ho rovinato la vita. E magari ero io a pretendere troppo, non so, tranne che da quando andai a vivere fisso al castello è stato un sollievo.
Reciproco, suo e mio. E nel ’70, quando sono tornato per un poco, ero un conte, un vero nobile, un cavaliere, non più il suo disonore, uguale ai figli di Xavier Fuentes e sopra ai suoi sette legittimi … Una soddisfazione, amara come assenzio e cenere.
 
   
 
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