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Autore: CrazyAF_    26/03/2018    2 recensioni
Sara lo aveva conosciuto solo attraverso i libri della sua saga preferita.
Lui che era il mostro dagli occhi rossi.
Lui che era stato un uomo, prima di cambiare completamente per amore del potere.
Lui che non aveva la minima paura di uccidere un innocente, di procurare dolore a chi si trovasse sul suo cammino.
Lui che provava piacere a fare del male e che sorrideva con malvagità ai suoi alleati, ai suoi seguaci, ai suoi servi.
Lui che era temuto da tutti, grandi e piccini.
Lui che aveva scelto Lord Voldemort come nome, perché Tom Riddle era un nome tutt'altro che adatto a qualcuno che avrebbe conquistato il Mondo Magico e che avrebbe sconfitto, una volta per tutte, la Morte, ottenendo l'immortalità.
Un sogno e Sara venne trascinata nel lontano 1943, quando il perfido Tom Riddle, era solo al suo quinto anno a Hogwarts. Un sogno che forse non è veramente un sogno, ma che potrebbe essere realtà.
E se...
Genere: Mistero, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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I rumori che caratterizzavano un temporale coi fiocchi l'avevano sempre affascinata e cullata. Avevano il potere di trascinarla in un mondo in cui la tranquillità regnava sovrana e dove lei, seduta su una poltrona nella veranda di casa, poteva riflettere con calma su ogni cosa. Spesso, al posto di ricordare diversi momenti della sua giornata, chiudeva gli occhi e respirava a pieni polmoni, rilassandosi come non mai e questo era quello che stava facendo proprio in quel momento – solo, non in veranda.

Sara se ne stava sdraiata sul suo comodo letto ad occhi chiusi, con un sorriso appenna accennato dipinto sulle labbra carnose e rosse. Fuori dalla finestra, che era alla sua sinistra, il temporale le faceva da ninna nanna.

Prima di coricarsi Sara aveva accuratamente lasciato la tapparella alzata, quel tanto che bastava alla luce dei lampi per entrare e illuminarle le stanza. Era una cosa che faceva fin da bambina e, nonostante sua madre le avesse sempre detto di far sparire quel suo brutto vizio, Sara non poteva farne a meno.

«Prenderai freddo, così!» le diceva spesso, quando si accorgeva che la tapparella non era stata abbassata con cura. «Vedrai: un giorno di questi ti lamenterai di un dolore improvviso e io sarò lì a dirti "Te l'avevo detto!". Ricorda le mie parole, signorina: il freddo non si fa scrupoli e un vetro non lo fermerà del tutto!»

Ma ogni volta Sara alzava gli occhi al cielo, sistemava meglio la coperta che aveva addosso e si girava, dandole le spalle.

Adesso, con la coperta che le arrivava sotto il seno, Sara si lasciò cullare dal rumore della pioggia battente, per un istante le sembrò persino di sentirne l'odore, forte e appagante. Non si accorse di essere ormai fra le braccia di Morfeo, ma quando riaprì gli occhi la prima cosa che vide fu una spessa tenda blu.

Forse era stata sua madre a portarla lì durante la notte, ma, se così fosse stato, il motivo qual era?

«Sara, sei sveglia?»

Una voce femminile a lei sconosciuta la chiamò e Sara, dopo essersi alzata sui gomiti, corrugò la fronte e guardò a destra e a sinistra. La tenda blu era ovunque, la circondava.

Nell'aria c'era odore di legno e... quasi di vecchio.

«Sì...?» fece Sara, ma quella parola era uscita dalle sue labbra più come una domanda che una risposta.

«E come mai questo tono confuso, allora?» domandò la voce femminile, delicata e dolce.

In quel preciso momento, alla sua destra, la tenda blu venne spostata e una ragazza dai capelli castani e il volto coperto di lentiggini fece il suo ingresso. Le labbra sottili erano piegate in un sorriso leggero, gli occhi marroni osservavano attentamente Sara.

Sara aprì un poco la bocca e subito la richiuse. La sua mente si riempì di domande a cui non seppe dare risposta, la sua espressione divenne lo specchio della perplessità e la giovane, che era ancora intenta a fissarla, si sedette sul letto e iniziò a preoccuparsi.

«Sara, va tutto bene?» le chiese infatti.

Gli occhi di Sara, due iridi marroni, con qualche pagliuzza gialla, si spostarono sulla sconosciuta dal viso lentigginoso.

Stava bene? Lei non ne era sicura.

«Io... io... non... non capisco» mormorò, tirandosi su a sedere. «Stava piovendo, ieri sera, e io ero in camera mia e... ho chiuso gli occhi e... devo essermi addormentata...»

Si passò una mano fra i capelli, una castaca d'oro che scendeva in boccoli morbidi fino ai gomiti, poi sbuffò e si prese il volto fra le mani. Non aveva idea di cosa stesse succedendo: la sera prima si trovava a casa sua, nel suo letto, e adesso era da tutt'altra parte e una ragazza, che lei non aveva mai visto in vita sua, le stava accanto quasi fossero amiche da sempre.

«Sara, così mi fai preoccupare!» disse la sconosciuta, mettendole una mano sulla spalla. «Vuoi che vada a chiamare qualcuno? Vuoi che ti porti in Infermeria? In effetti, sei un po' pallida e...»

«Ma tu, chi diavolo sei?!» esclamò improvvisamente Sara, interrompendola.

La sconosciuta corrugò la fronte e spostò la mano, lasciandola cadere sul morbido materasso sul quale lei e Sara erano sedute. Poi, come se avesse capito ogni cosa, scoppiò a ridere e si coprì la bocca con una mano.

«Hai bevuto così tanto, ieri sera, alla festa di Lumacorno? Per tutti i folletti, Sara, ti avevo detto di non esagerare!» disse, divertita come non mai.

Lumacorno? Aveva davvero fatto quel nome?

Allungando in fretta una mano, Sara spostò la tenta spessa alla sua sinistra e si ritrovò a guardare un letto identico a quello in cui aveva dormito – o meglio: identico a quello in cui si era svegliata. Si alzò e i suoi piedi si scontrarono col freddo pavimento in pietra; quella non era di certo la sua stanza e, se avesse aperto la pesante porta di legno che aveva davanti, avrebbe constatato che quella non era nemmeno casa sua.

Ma allora come ci era arrivata in quel luogo, che aveva l'aria di essere un dormitorio? Chi l'aveva portata fin lì, mentre lei dormiva tranquilla? Era stata sua madre? No, lei non aveva la forza di prenderla di peso e trascinarla chissà dove senza un aiuto...

E poi c'era quel nome...

Lumacorno. Dove l'aveva già sentito? ... O forse era meglio dire: dove l'aveva già letto?

«Ma certo!» esclamò ad alta voce, arrivando alla conclusione. «Certo! Come mi sono potuta scordare di Lumacorno! Lui è il professore che Silente e Harry incontrano all'inizio del Principe Mezzosangue!»

La saga di Harry Potter era una delle sue preferite. Non c'era stato giorno, infatti, dopo averla finita di leggere la prima volta, in cui Sara non si fosse affacciata alla finestra di camera sua in attesa di vedere un gufo all'orizzonte, con la sua lettera per Hogwarts nel becco. Però, sebbene in cuor suo la speranza che quel mondo magico fosse realtà era ancora viva, Sara sapeva benissimo che era tutta... finzione.

Joanne Rowling le aveva donato un mondo in cui scappare, aveva scritto di luoghi meravigliosi e di un bambino che, una volta cresciuto, avrebbe distrutto per sempre il Signore Oscuro. Ed era in quel mondo, a cui Sara poteva accedervi solo leggendo i libri o guardando i film, in cui esisteva il professor Lumacorno.

«Il professor Silente e chi, scusa?» domandò la sconosciuta, riportando l'attenzione di Sara su di sé. «Chi è questo Harry? È un ragazzo che hai conosciuto al Lumaclub, per caso?»

Sara si voltò verso la ragazza dai capelli castani e il viso lentigginoso. «Non conosci Harry Potter?»

L'altra scosse il capo. «No, per niente. Voglio dire, c'è un Potter qui a Hogwarts, nei Grifondoro, ma non si chiama Harry. Forse ti confondi con qualcun altro»

Sara si passò nuovamente una mano fra i capelli e tornò a sedersi sul letto, tentando in tutti i modi di capire che cosa le stesse capitando. Per un istante si sentì persino in imbarazzo: la ragazza castana conosceva il suo nome, la trattava come un'amica e lei, invece, non aveva neanche idea di chi fosse – per Sara, infatti, quella giovane era una sconosciuta e basta.

«Può darsi» disse infine Sara, sospirando. «Può darsi»

«Senti, facciamo così: tu preparati con calma e raggiungimi nella Sala Grande, poi facciamo colazione insieme agli altri» propose la sconosciuta, sorridendo. «Va bene?»

Sara annuì, distrattamente.

«Bene» proseguì l'altra, tirandosi su a sedere. «Ci vediamo giù, allora!»

~ ~ ~

Hogwarts era proprio come se l'era immaginata la prima volta. Il castello era immenso, le pareti interamente coperte da quadri i cui protagonisti si spostavano a loro piacimento, le scale che si muovevano e cambiavano. Il suo cuore continuava a fare capriole e piroette, le sue labbra carnose erano costantemente piegate in un sorriso ampio e pieno di gioia e la cosa che la faceva sentir meglio era la divisa che portava.

Corvonero. Era una Corvonero.

Facendosi aiutare da una studentessa del secondo anno, Sara raggiunse finalmente la Sala Grande. Si era persa ben cinque volte, prima di incontrare qualcuno che fosse disposta ad aiutarla, ma questo non la demoralizzò affatto.

«Eccoti! Finalmente! Pensavo che qualcuno ti avesse rapita!» esclamò la sconosciuta, correndole incontro.

Io non ti conosco, pensò Sara, sorridendole, e sono più che certa che questo sia tutto uno scherzo, ma non sono disposta a smascherarti... non ancora, forse più tardi, perché è troppo bello essere qui, anche se per finta.

«Ho fatto come hai detto tu e mi sono preparata con calma, spero di non essere in ritardo!» disse Sara, acconsentendo alla sconosciuta di prenderla sottobraccio e di trascinarla verso la lunga tavola dei Corvonero.

«Sei in perfetto orario, Sara, non preoccuparti!» esclamò l'altra. «Matt e Lizzie non sono ancora arrivati, ma sai che loro ci mettono più tempo perché devono sempre divorarsi la faccia a vicenda, prima di scendere»

«Già,» replicò Sara, fingendo di sapere chi fossero i due personaggi che la sconosciuta aveva appena nominato. «i soliti vecchi Matt e Lizzie»

Le due ragazze presero finalmente posto, l'una accanto all'altra, e iniziarono a fare colazione. Sara si riempì una scodella di cereali, versò del latte fresco e afferrò un cucchiaio. Mentre mangiava, tranquilla e felice di potersi finalmente definire una studentessa di Hogwarts, seppur per scherzo, una coppia prese posto davanti a lei e alla sconosciuta – si tennero per mano fino a quando non iniziarono a mangiare.

La ragazza aveva capelli neri e due occhi azzurro cielo, profondi e bellissimi. Il viso aveva i lineamenti delicati, la pelle luminosa e liscia. Il ragazzo, invece, si rese conto Sara, le assomigliava: anche lui aveva occhi marroni con le pagliuzze gialle, i capelli dorati e le labbra carone.

«Buongiorno, come va Amy, sorellina?» il ragazzo salutò prima la sconosciuta, poi si rivolse a Sara.

Quindi adesso la sconosciuta aveva un nome, Amy, e lei, in questo scherzo che chissà chi aveva organizzato, lei aveva un fratello. Per poco, infatti, dopo essersi resa conto che quel Matt l'aveva chiamata "sorellina", Sara non rischiò di strozzarsi.

Matt, Amy e Lizzie corrugarono la fronte, contemporaneamente.

«Che ha?» chiese Lizzie, preoccupata.

«Reduce da una serata al Lumaclub, temo!» esclamò drammatica Amy, scoppiando a ridere subito dopo.

«Spero che quel Riddle si sia comportato da cavaliere, almeno, o dovrà vedersela con me!» fece Matt, diventando improvvisamente protettivo nei confronti di Sara.

«Matt, tesoro, lo sai benissimo anche tu che non ci si deve mettere contro quel Serpeverde per nessun motivo. Lui è... spaventoso» mormorò Lizzie, e chiuse gli occhi come se un brivido di terrore le avesse percorso la spina dorsale. «Ti farebbe del male»

«Ma se solo si permette di far soffrire mia sorella io lo...»

Ma Matt si interruppe e spostò lo sguardo su qualcuno alle spalle di Sara. Lei ripreso a respirare in modo corretto da poco e solo sentir nominare "Riddle" aveva fatto sì che i suoi occhi si spalancassero.

A quanto pare, collegando tutti i puntini, Sara in quello scherzo era una Corvonero, una studentessa che partecipava al Lumaclub e che, proprio la sera precedente, Tom Riddle in persona – o come lo conosceva meglio lei: Lord Voldemort – era stato il suo accompagnatore alla festa di Lumacorno.

«Non preoccuparti, Austen, non ho intenzione di fare alcun male a tua sorella» disse una voce profonda alle sue spalle.

Sara si voltò lentamente, la bocca ancora aperta e gli occhi spalancati. Il ragazzo che aveva davanti a sé non era affatto il mostro che Harry Potter avrebbe combattuto alla fine degli anni '90. I capelli neri gli incorniciavano un viso pallido, bello e dalle guance leggermente pronunciate, gli occhi scuri erano fissi su di lei e non davano segno di volersi spostare; la bocca era piegata in un accenno di sorriso e all'apparenza Riddle sembrava proprio felice di trovarsi lì, così lontano dalla sua tavola, quella dei Serpeverde.

Ma Sara, che aveva imparato a conoscere il vero Tom Riddle attraverso i libri, sapeva che era solo una recita la sua. Il giovane indossava una maschera sul suo volto, celando agli ingenui la sua vera e crudele natura; Sara si chiese se avesse già ucciso qualcuno, mentre lui le prendeva una mano e se la portava delicatamente alle labbra, baciandone poi il dorso.

Sara avrebbe dovuto averne paura, avrebbe dovuto tirare indietro immediatamente la sua mano e scappare il più velocemente possibile, eppure non riuscì a non spostare lo sguardo da quelle due iridi scure e profonde. Ne era affascinata, ammaliata e sapeva che era sbagliato.

Ma se questo è tutto uno scherzo, si disse, senza ricambiare il sorriso di Riddle, allora non c'è alcun pericolo. Questo ragazzo qui è solo un attore, proprio come Matt, Lizzi e Amy.

E mentre pensava a quanto fosse perfetto il Tom Riddle che avevano scelto, la sua vista si appannò e il suo mondo divenne tutto nero.

Quando riaprì gli occhi, Sara sentì il canto di un uccellino provenire dalla finestra alla sua sinistra. Lentamente si voltò e vide che era giorno e che in realtà non aveva mai lasciato il suo letto, né tantomeno camera sua. Aveva smesso di piovere.

«Sara?!» esclamò sua madre, bussando alla porta. «Vuoi spegnere quella dannata sveglia? È da dieci minuti che suona e poi si ferma, e poi risuona e si ferma ancora! Vorrei ricordarti che è domenica e che oggi, dato che è praticamente il mio unico giorno libero, vorrei riposarmi e dormire fino a tardi!»

Sara corrugò la fronte e allungò la mano, cercando sul comodino, senza guardare, il suo cellulare. Quando lo trovò disattivò la sveglia. Nella sua mente c'era ancora il volto di Tom Riddle, il suo sorriso appena accennato e il modo affascinante in cui le aveva preso e poi baciato la mano.

Era tutto un sogno, Sara!, si disse infine, sorridendo con malinconia e girandosi su un lato, con l'intento di riprendere sonno. Torna a dormire!
 

~ ~ ~
 

ANGOLO AUTRICE
Dunque, so che sono già in ballo con un'altra fanfiction ("Fino alla fine"), ma dopo aver letto un sacco di storie sul giovane Tom Riddle, non ho resisito e ho provato anch'io a buttar giù qualcosa. Questa, quindi, è un po' una prova: devo fare in modo che Riddle sia perfetto (spietato, con una maschera da bravo ragazzo sul viso e molto altro ancora) e, in più, c'è questo "e se...". Non dirò altro perché SPOILER!
Se avete consigli da darmi, critiche costruttive o altro, scrivetemi pure! Attenderò con ansia!
Beh... alla prossima!

   
 
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