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Autore: edoardo811    28/03/2018    1 recensioni
Quello che sembrava un tranquillo viaggio di ritorno alla propria terra natale si trasformerà in un autentico inferno per i Titans e i loro nuovi acquisti.
Dopo la distruzione del Parco Marktar scopriranno ben presto che non a tutti le loro scorribande nello spazio sono andate giù.
Tra sorprese belle e brutte, litigi, soggiorni poco gradevoli su pianeti per loro inospitali e l’entrata in scena di un nuovo terribile nemico e la sua armata di sgherri, scopriranno presto che tutti i problemi incontrati precedentemente non sono altro che la punta dell’iceberg in un oceano di criminalità e violenza.
Caldamente consigliata la lettura di Hearts of Stars prima di questa.
[RobStar/RedFire/RaeTerra] YURI
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XXII

I luogotenenti

 

 

Corvina accelerò, cercando di non pensare al fatto che Red X potesse avere bisogno di lei. Era un tipo sveglio, se la sarebbe cavata. Attraversò quel labirinto di corridoi, scese diverse rampe di scale, addentrandosi sempre di più nei meandri di quella nave, guidata da quella presenza che sembrava quasi la stesse chiamando a gran voce, più avanzava, più la sentiva avvicinarsi, più riusciva a percepirne la vera essenza. E più procedeva, più le sue certezze aumentavano.

Infine, si ritrovò in un’enorme stanza. Una stanza che conteneva probabilmente molto più oro e ricchezze di quante lei avrebbe mai potute vederne in tutta la vita. La maga spalancò la bocca, di fronte a tutto quel ben di dio. Vere e proprie pile di lingotti e monete d’oro, forzieri pieni straripanti di cristalli simili a diamanti, probabilmente il famoso raritanio di cui aveva sentito parlare, e altri quintali di pietre e gioielli preziosi. Quella doveva essere la stanza del bottino. Pareva quasi un hangar, tutto quanto interamente ricoperto da oro, era difficile perfino poterci camminare lì in mezzo, tant’era che era stato creato un sentiero di fortuna per permettere a chi entrava di poter passare da un lato all’altro della stanza senza difficoltà.

Tuttavia, non era dall’altro lato di quello spazio enorme che voleva andare. La presenza che aveva percepito, proveniva proprio da quella stanza. Più precisamente, da un oggetto particolare, disposto su un piedistallo. Non appena Corvina lo vide, sgranò gli occhi. L’artefatto aveva una forma piramidale, anche se a differenza delle vere piramidi, questa aveva solo tre facciate, ed era più stretto alla base ed allungato verticalmente. Sopra ogni facciata, si trovavano tre gemme di colore blu, ognuna delle quali brillava di luce propria. Strisce di colore bianco collegavano le gemme tra loro, mentre il colore dell’artefatto era nero, lucido. La corvina si avvicinò ad esso, meravigliata. Più avanzava, più lo sentiva farsi forte nella sua mente. Cominciò perfino a sentire quelli che parevano dei bisbigli, sempre nella sua mente, e sempre provenienti da quell’artefatto. Sembrava quasi che... stesse cercando di comunicare con lei.

La maga non poteva credere ai propri occhi. Ormai, non aveva più dubbi. Finalmente, riuscì a capire il significato della visione che aveva avuto. Quell’oggetto... quell’oggetto era...

«Trovato quello che cercavi?»

Una voce proveniente dalle sue spalle la fece sobbalzare. Si girò di scatto, con i sensi affinati al massimo, per poi ritrovarsi di fronte un bizzarro individuo antropomorfo dalla pelle blu.

«Spero di non averti spaventata» proseguì lui, per poi abbassare la visiera del proprio cappello, in un cenno di saluto. «Noi due non ci siamo ancora conosciuti, perciò permettimi di presentarmi: il mio nome è Von Walis Caruso. E quella...» Indicò l’artefatto. «... appartiene a me. Ti pregherei di allontanarti.»

A me...? si domandò Corvina, perplessa. Perché aveva parlato al singolare? Credeva che il bottino dei pirati appartenesse a tutti i pirati. Anche se quello, chiaramente, non era un bottino come gli altri.

Perché quella, era la Reliquia. L’artefatto in grado di donare la vita ad un intero pianeta. Ed era sempre stato lì, su quella nave. Proprio come la visione le aveva mostrato. Corvina strinse i pugni, sentendo la rabbia iniziare a pervaderla.

«Hai idea... del valore inestimabile che questo oggetto possiede?» domandò, contenendo a stento le vene di irritazione nella sua voce. «Senza di questo, Quantus rischia di morire!»

«Sì, ne ero a conoscenza» rispose il pirata, con un sorrisetto incurante. «Già all’epoca me ne resi conto. Mi chiamavano ancora... Bleck Jeck.»

«Mai sentito.»

Caruso ridacchiò. «Naturalmente. Per una che non è abituata a viaggiare per la galassia è normale. Ma... credimi, ero piuttosto famoso un tempo. Tuttavia, la fama è un’arma a doppio taglio e individui come Slag, o Darkwater, non l’hanno mai voluto capire. A volte... è meglio volare bassi, mia bella terrestre. È l’unico modo per potersi impadronire del vero potere.» E non appena finì di parlare, tese una mano verso la Reliquia. I suoi occhi si illuminarono di blu, la medesima luce sulle pietre preziose dell’artefatto, e l’oggetto si sollevò in aria autonomamente, per poi fluttuare verso il pirata, che lo afferrò saldamente.

Corvina sgranò gli occhi.

«Cambiando identità, ed entrando a far parte di questa ciurma di scarti metallici, ho imparato molte cose su questo artefatto. Come controllarlo, ad esempio. Permettimi...» Caruso sollevò l’altro braccio, questa volta rivolgendolo verso di lei. «... di farti una dimostrazione!»

Un raggio di luce azzurra accecante si proiettò dal palmo della sua mano, dirigendosi verso la corvina a gran velocità. La Titans si scansò fluttuando da terra, evitandolo per un soffio. Il raggio di luce esplose contro una pila di monete d’oro, facendole schizzare da tutte le parti. Molte rimasero carbonizzate, altre, invece, furono addirittura squagliate, diversi mucchi presero fuoco.

«Ops» osservò Caruso, sempre con quel sorriso divertito. «Credo che quella fosse la paga di Shyltia...»

La maga osservò il pirata, atterrita. Sapeva... sapeva controllare la Reliquia. Quell’oggetto così potente da dare vita ad un intero pianeta, era nelle mani di un pazzo pirata che sapeva sfruttarlo. Come diavolo poteva sperare di avere una possibilità contro qualcuno di simile?!

Un altro raggio di luce la costrinse a scansarsi nuovamente, distogliendola da quei pensieri. Un altro mucchio di monete e gemme preziose andò in fiamme, anche se Caruso non sembrò dargli molto peso.

«Facciamo così, terrestre» cominciò il pirata, scagliandole l’ennesimo raggio. «Io lascio andare te e i tuoi amici, e vi fornisco anche un Torpedo con cui lasciare il pianeta, e tu fingi di non aver mai visto la Reliquia in questa stanza. Che te ne pare? A me sembra un’occasione da cogliere al volo.»

«E tradiresti così i tuoi amici pirati?» domandò lei, con il fiato grosso.

«"Amici".» Caruso ridacchiò. «Questa sì che è bella. Non mi importa assolutamente niente di loro, né di Slag, né di Shyltia, né di nessun altro. L’unico per cui potrei dispiacermi è Shamus, ma solo perché è troppo tardo per riuscire a rendersi conto di essere sfruttato come uno schiavo. Ti consiglio di accettare la mia proposta, anche perché se non lo facessi non sopravvivresti comunque ad oggi.»

«Non posso abbandonare i fongoid» rispose Corvina, evitando l’ennesimo colpo.

«E perché no? Vi hanno tenuti prigionieri sul loro pianeta morente, costringendovi a prendere parte ad una battaglia che non era nemmeno vostra. Tu non devi loro alcun favore.»

Rachel storse le labbra. Caruso aveva ragione, i fongoid li avevano intrappolati lì su Quantus, ed inoltre Canoo le aveva impedito di aiutare i suoi amici quando ne avevano avuto bisogno, addirittura sacrificandoli ai pirati, solamente per poter proteggere lei e, di conseguenza, salvare suo pianeta. Per non parare di quello che aveva fatto Galvor. Per quanto gentili e disponibili i fongoid potessero essere sembrati, in realtà anche loro volevano semplicemente qualcosa da lei.

Tuttavia, lei non poteva abbandonarli. Anche le persone che aveva salvato a Jump City non erano sue care. Lei non aiutava la gente aspettandosi qualcosa in cambio, o perché doveva loro dei favori, o perché le conosceva personalmente, lei lo faceva perché era quello il loro dovere: era una Titan. E in quanto tale, doveva aiutare il prossimo, senza distinzioni. Proprio come avrebbe aiutato i fongoid, sconfiggendo quel pirata e riportando la Reliquia al luogo a cui apparteneva.

«Non ho ancora sentito una risposta. Sì, o no?» proseguì Caruso, sferrandole l’ennesimo attacco.

Corvina evitò pure quello, serrando la mascella. Quel tizio ora le stava facendo davvero perdere la pazienza. «Vuoi una risposta?» domandò, seccata, per poi puntargli una mano a sua volta. «Eccotela qui!»

Caruso scoppiò a ridere. «Ma cosa credi di fare, terrestr...»

Il raggio di luce nera che si liberò dal palmo della corvina fece ammutolire il pirata, che si gettò a terra per evitarlo, con un urlo di sorpreso. Walis si rimise poi in piedi, osservando basito la giovane. «Che razza di terrestre sei, tu?» domandò, facendosi improvvisamente serio.

Entrambe le mani di Corvina si illuminarono di luce nera, mentre i suoi occhi si fecero bianchi come il latte. «Non il genere di terrestre che credi.»

Il pirata osservò l’energia oscura crescere ed avvolgere il corpo della maga come un’aura. «Mh. Forse ti ho sottovalutata.»

Corvina urlò con quanto fiato aveva in corpo, poi congiunse le mani e scagliò un altro raggio di energia verso di lui. Caruso rimase immobile, mentre questo si avvicinava sempre di più. Un attimo prima di venire coperto da esso, sorrise. «Sarà una battaglia interessante.»

 

***

 

«Da che parte?» domandò Terra, quando si ritrovarono di fronte a quella biforcazione che conduceva a ben tre corridoi diversi.

«Bella domanda» replicò Rosso, mettendosi le mani sui fianchi, facendo vagare lo sguardo tra una direzione e l’altra. L’allarme continuava a suonare sulle loro teste, ormai la geocinetica non si ricordava nemmeno più come fosse la vita prima di quel frastuono infernale. L’aliena la tirò improvvisamente per la maglietta, facendola voltare verso di lei. «Cosa c’è?»

Quella cominciò ad indicare con insistenza uno dei tre corridoi, quello che proseguiva dritto. «L’uscita è di lì?» chiese Terra, confusa. «Come fai a... no, non importa. Tanto non potresti comunque rispondere.»

L’aliena nel frattempo scosse la testa, per poi ricominciare a gesticolare. Terra la osservò perplessa. «Ma come, non c’è un’uscita? E allora cosa...»

La ragazza continuò a mimare, ignorandola. Non capiva un accidente di cosa stesse facendo. Muoveva le mani, le alzava e le abbassava, sollevava le dita freneticamente; Terra non conosceva il linguaggio dei segni terrestre, figurarsi quello alieno. Non sarebbe mai riuscita ad interpretare l’aliena di quel passo.

«Sentite, perché non proseguiamo dritti e non lo scopriamo da soli che cosa c’è?» propose BB. «Voglio dire, non mi sembra che ci siano molte alternative...»

«Aspettate, e Robin? Vi siete dimenticati di lui?» Stella incrociò le braccia. «Io non me ne vado finché non lo trovo.»

«E anche Corvina è sulla nave...» borbottò Rosso.

«Corvy?» domandò Terra, sgranando gli occhi. Si rese conto di aver esagerato quando notò gli sguardi stupidi dei suoi compagni posati su di lei. «Ehm...» Si schiarì la voce, pregando di non essere arrossita. «Voglio dire... che ci fa anche lei qui?»

«Come credi che io sia salito, saltando?» rispose Red X. «Mi ha portato lei. Ci siamo divisi per trovarvi. Chissà dove diavolo è finita... non ci siamo neanche accordati su cosa fare se uno di noi vi avesse trovati...»

«E quando pensavi di dircelo?! Stavamo per andarcene senza di lei!» esclamò Amalia, accigliandosi.

«Non sarebbe successo» replicò l’ex criminale, anche lui piuttosto infastidito. «Mi credi davvero così stupido?»

«Mh, non saprei. Vuoi che ti dica la verità?»

«Era una domanda retorica!»

«Anche la mia!»

«Dateci un taglio, tutti e due!» esclamò Cyborg, il quale fino a quel momento era rimasto in disparte. Perfino l’aliena smise di mimare per tapparsi entrambe le orecchie con i palmi delle mani, facendo una smorfia quasi di dolore.

«Ehi.» Il Titan bionico attirò la sua attenzione prendendola per una spalla. Accennò con il capo al corridoio. «Da quella parte, c’è l’hangar della nave, giusto?»

La ragazza annuì, sorridendo entusiasta.

«D’accordo, allora propongo di dividerci. Io, BB e la ragazza andiamo all’hangar e vediamo di recuperare una navicella per scappare, e che magari possa anche aiutarci a tornare sulla Terra quando questa storia sarà finita, mentre voi dovrete andare a cercare Corvina e Robin. Noi vi aspetteremo.»

«Non ce n’è bisogno» disse Amalia, con un sorriso sicuro. «Io e Kori possiamo volare, se troviamo Robin lo porteremo in salvo noi.»

«E Corvina può teletrasportarsi» esordì Terra. «Ma è perfetto! Possiamo lasciare questo posto anche senza navicella!»

«D’accordo allora» annuì il Titan bionico. «Stella e Amalia, trovate Robin. Immagino che l’abbiano portato di sopra, perciò dovrete salire. X e Terra, voi cercate Corvina qui nei piani inferiori. Tutto chiaro?»

Il gruppo espresse il proprio consenso, al che Cyborg sorrise. «Bene. State tranquilli ragazzi, ce la faremo. Prendiamo a calci qualche culo di metallo!»

Terra sorrise, annuendo. Il suo sguardo cadde poi sull’aliena, che osservava Cyborg quasi estasiata. Tra un poco le apparivano perfino dei cuoricini al posto degli occhi. Qualcuna si era presa una bella sbandata, a quanto pareva. La geomante trattenne a stento una risatina di fronte a quella scena, poi si voltò verso Rosso, dandogli un pugno alla spalla. «Andiamo?»

«Sì...» rispose lui, nonostante il suo sguardo fosse ancora inchiodato su Amalia, la quale ormai si era già allontanata volando insieme alla sorella.

«Ti perdonerà, vedrai. Lasciale solo sbollire la rabbia» cercò di consolarlo. Quello non era il momento migliore per far sì che un componente della squadra valido come X si lasciasse demoralizzare da quella faccenda. Inoltre, a Terra spiaceva vedere quei due litigare: Amalia era sua amica, e la geomante rispettava Rosso per quello che aveva fatto per lei, in passato, perciò non voleva che quei due soffrissero l’uno per la mancanza dell’altra.

«Non ne sarei così sicuro» borbottò tuttavia X, per poi voltarsi e dirigersi verso il corridoio destinato a loro due, senza perdersi in ulteriori chiacchiere.

Terra sospirò, poi cominciò a seguirlo. Non dissero più nulla per tutto il tratto che percorsero. Quel silenzio non le dispiacque, anche se la bionda sentiva che più si sarebbero addentrati nei meandri di quella nave, più sarebbe stato difficile uscirne.

Proseguirono per diversi minuti, quando finalmente l’allarme sopra le loro teste si zittì. Il silenzio che si susseguì dopo fu quasi assordante. Rosso drizzò il capo, guardando verso il soffitto. «Ha smesso.»

«Ho notato. Cosa pensi significhi?»

«Non ne ho idea. Forse si spegne da solo dopo un po’. O forse significa che la situazione è sotto controllo.»

«Che intendi dire?»

«Intendo dire...» Rosso si voltò verso di lei, sempre senza smettere di correre. «... che stiamo andando esattamente dove vogliono loro.»

«Wow... macabro» commentò Terra cercando di sdrammatizzare, anche se quelle parole davvero non promettevano niente di nuovo. Inoltre, il fatto che ancora non avessero incrociato alcun pirata da quando erano stati liberati da X non faceva altro che lasciare ancora più perplessa la bionda. Non dovevano abbassare la guardia. Erano liberi, certo, ma erano ancora su quella gigantesca e labirintica nave. Era ancora troppo presto per cantare vittoria.

Questo pensiero non fece che rafforzarsi quando raggiunsero un’enorme stanza diversa da qualsiasi cosa avessero visto fino a quel momento all’interno della nave. Per prima cosa, era talmente grossa da poter contenere almeno una mezza dozzina di Torpedo – se era quello il giusto nome – inoltre era ricoperta da zolle di fango, muschi e pozze di acqua stagnante la cui profondità era difficile da intuire.

«Ma... che razza di posto è questo?» domandò Rosso, un istante prima che la porta da cui erano passati si serrasse alle loro spalle, facendoli sobbalzare. «Oh, merda...» rantolò il ragazzo, cercando di riaprirla inutilmente. «Non mi piace, non mi piace per niente...»

«E fa bene a non piacerti!» annunciò una voce sconosciuta, femminile.

Terra si voltò verso una delle pozze, dalla quale strisciò fuori una figura che la bionda scambiò in un primo momento per una sirena, per poi rendersi conto della realtà dei fatti inorridita.

«A noi non piace quando i nostri prigionieri cercano di scappare» annunciò la nuova arrivata, facendo guizzare la lingua biforcuta al di fuori delle labbra. «Non ho idea di come abbiate fatto ad uscire dalle celle, ma... un momento. Tu non c’eri prima» disse, indicando Red X con la sua mano squamosa. «Sei stato tu a liberare i prigionieri? Ma come hai fatto a salire fin qui? E perché quel costume è così sexy?»

«Sì per la A, mi ha aiutato un’amica per la B, e per la C... preferirei fingere di non aver sentito niente» borbottò Rosso, mentre le lame esplosive apparivano tra le sue dita.

«Mh... sei uno dei due terrestri che mancavano all’appello» osservò ancora la donna rettile, prendendosi il mento, per poi sorridere meschinamente. «Quindi se ti catturò potrò dimostrare a Slag che valgo tanto quanto quel leccapiedi di Caruso... e ovviamente dovrò rinchiudere di nuovo in gabbia anche te, mocciosa.»

«Non sono una mocciosa!» esclamò Terra, stringendo una mano a pugno. Non aveva mai visto quell’essere prima, ma a quel punto non le era difficile immaginare che facesse parte della ciurma di Slag. Ed inoltre, anche se l’aveva appena conosciuta, già la odiava.

«Uh, accidenti, hai perfino il coraggio di negare la realtà! Quasi mi dispiace doverti mangiare la faccia. Quasi.» La donna si ritirò di nuovo nella pozza, ridendo di gusto.

Terra sollevò un sopracciglio. «Ma... ma cosa...»

«Attenta!» gridò Rosso, saltandole addosso e spingendola via, lontana dalla pozza alle sue spalle, dalla quale la donna rettile sbucò fuori, sferzando l’aria esattamente dove un attimo prima si trovava la ragazza bionda.

Notando lo scampato pericolo, la bionda deglutì. «G-Grazie...»

«Non ci sarò sempre per salvarti la pelle» ribatté X, sollevandosi in piedi, il costume sporco di fango. «Devi iniziare a svegliarti un po’.»

Terra sentì le guance pizzicare. Cos’era, le aveva appena fatto la predica? «So badare a me stess...»

«VENITE QUI!» gridò la donna serpente tornando alla carica, sollevando gli artigli delle mani.

Terra e Red X saltarono all’indietro, evitandola una seconda volta, dopodiché il ragazzo le scagliò le proprie lame. Queste esplosero su di lei, scaraventandola via e strappandole un grido di sorpresa misto a dolore. Ma era troppo presto per cantare vittoria, perché quella si rialzò immediatamente, con i capelli arruffati e diverse bruciature sul corpo. Non c’era più alcun sorriso sul suo volto, bensì un’espressione furente. «Oh, quindi volete la guerra» rantolò, stringendo le mani a pugno. «Benissimo, guerra avrete!»

I due giovani si misero in posizione, pronti a riceverla. Terra si concentrò sull’ambiente che la circondava. Quel fango avrebbe potuto fare al caso suo; non era molto, ma era comunque meglio di niente. Avrebbe aiutato Rosso al meglio delle sue capacità.

L’aliena fletté la coda, poi scattò verso di loro a velocità disumana, spalancando le fauci e mostrando i suoi tre incisivi lunghi ed affilati. Ma un secondo prima che potessero rispondere all’attacco, quella si gettò a terra, gridando quasi terrorizzata. Terra sollevò un sopracciglio, perplessa, e anche Rosso parve per un attimo incerto sul da farsi.

«Vi prego... non fatemi del male...» sussurrò, con voce implorante. Una voce totalmente diversa da quella che aveva usato poco prima. Non era più acida, acuta, fastidiosa, ora era calda, melodiosa, soave.

Terra batté le palpebre, confusa, cominciando a sentire la testa girare. Cercò di rimettere a fuoco la vipera, ma quando lo fece, non vide più la sua pelle squamosa e gialla, non vide più gli incisivi appuntiti od i capelli verdi. Non vide più quel ripugnante ibrido tra una donna ed un serpente, vide una donna e basta. Una donna bellissima, con i capelli castani, gli occhi color oro, la pelle rosa ed un’espressione dolce, indifesa, sensuale.

La ragazza bionda rimase immobile, paralizzata, con le labbra dischiuse. La sua mente rifiutava di collaborare con lei. Ma che stava succedendo? Da dove saltava fuori quella donna? Dov’era finita la vipera? Accanto a lei, perfino Rosso sembrava star pensando le stesse cose. Ma non poterono rifletterci a lungo, perché quella si gettò su di loro di scatto, sollevando le mani. Prima che Terra potesse anche solo rendersi conto di cosa stesse succedendo, si ritrovò stesa sul suolo, con un taglio terribilmente doloroso sulla guancia.

Poté udire la donna ridere, ma questa volta, anziché quella voce melodiosa, udì di nuovo quella fredda della vipera. «Troppo facile!»

Terra cercò di risollevarsi, con la guancia che doleva e sanguinava terribilmente. Accanto a lei, perfino Rosso si rimise in ginocchio, la maschera strappata che lasciava scoperto il suo volto altrettanto martoriato. «Ma come diavolo ha fatto...?» rantolò.

«Che... che intendi dire?»

«Quella donna... non è reale. È... è sempre lei. È un’illusione!»

La geocinetica sgranò gli occhi. Tutto quanto le era sembrato così reale... e quella donna così... così bella...

«Taci!» gridò ancora la vipera, frustando il moro con la propria coda, scaraventandolo di nuovo a sul fango.

«R-Rosso...» sussurrò Terra, voltandosi di nuovo verso l’aliena, anche se al suo posto trovò, nuovamente, la donna di poco prima, che le sorrise. «Non ascoltarlo, ti sta mentendo. Io sono davvero qui.»

La bionda scosse la testa, confusa, con le tempie che quasi le facevano male per lo sforzo di concentrarsi e capire che cosa diamine stesse succedendo. Quella esitazione, tuttavia, le costò cara: ricevette un ceffone dritto sulla guancia martoriata, strappandole un grido di dolore e facendola crollare di nuovo a terra. Udì poi un sibilo, ed un istante dopo la sua schiena stava bruciando terribilmente. Sollevò il capo ed urlò nuovamente con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre sentiva la propria schiena quasi venire arsa da un tizzone ardente.

«In genere la mia illusione non funziona sulle altre donne» gracchiò l’aliena, frustandola con la coda una seconda volta, strappandole un altro grido. «Ma direi che questa volta sono stata baciata dalla fortuna!»

«T-Terr-AH!» Anche Rosso fu colpito nuovamente, con la risata deliziata della vipera in sottofondo.

«Silenzio, bocconcino.»

La geocinetica cercò di risollevarsi, con le braccia che tremavano a causa del dolore e le lacrime agli occhi. Ancora una volta, di fronte a lei vide quella donna bellissima. Del mostro con cui stavano combattendo, nessuna traccia.

«D-Devi combatterla, Terra. D-Devi... AGH!» Un’altra frustrata costrinse Red X ad interrompersi, prima che anche la stessa bionda ne ricevesse una, sull’altra guancia. Terra crollò ancora una volta, con il sapore metallico del sangue in bocca e la vista appannata, sia dalle lacrime che dal dolore straziante che le divorava la schiena ed il volto.

«Tra l’altro, non mi sono ancora presentata: mi chiamo Shyltia.» La donna prese la bionda per le guance, sollevandole la testa e costringendola a guardarla. Ancora una volta, Terra si smarrì negli stupendi occhi color oro di quella donna stupenda. «E questa qui, è la mia sala giochi. Volete sapere quali sono i miei giochi preferiti?» Leccò la guancia della bionda, facendo passare la sua lingua umida sulla ferita che ancora sanguinava a dirotto. Terra provò un bruciore intenso e gemette, ma, allo stesso tempo, brividi di ogni genere le attraversarono la schiena. «Gli esseri umani» concluse Shyltia, per poi morderle il labbro con forza.

La bionda sgranò gli occhi per il dolore e per la sorpresa. Cercò di dimenarsi, ma più lo faceva, più le labbra le bruciavano. Sembrava quasi che stesse per strappargliele via dal volto. Sentì la saliva dal sapore dolciastro della donna mischiarsi con la sua e le venne un conato di vomito. Quando, finalmente, Shyltia la lasciò andare, Terra cadde esanime, percependo un forte pizzicore al labbro inferiore. Le sembrava quasi che si stesse gonfiando, come se lo avessero appena anestetizzato. Era una sensazione stranissima.

«E una è sistemata» commentò Shyltia, ancora nel suo campo visivo, per poi voltarsi verso Rosso ed inumidirsi le labbra, quasi eccitata. «Ora però tocca alla portata principale...»

Quando Terra cominciò a realizzare cosa stesse davvero accadendo, ormai non riusciva già più a muoversi. Tentò di chiamare Rosso, di avvertirlo, ma dalla sua bocca non uscì altro che un sussurrò impercepibile. Sentiva i propri sensi ridursi sempre di più man mano che passava il tempo, il suo respiro si faceva sempre più profondo ed irregolare e le era sempre più difficile tenere gli occhi aperti. Cercò di resistere, di trovare la forza per rialzarsi e combattere, ma non ci riusciva. Provò e riprovò, fino a quando non si rese conto che, forse, poteva concederselo un momento per riposare. Solo un attimo, pochi minuti, e dopo si sarebbe rialzata di nuovo, più forte che mai.

Chiuse gli occhi, accennando un sorriso. Sì, poteva riposarsi un attimo. 

 

***

 

«Come hai fatto a capire che intendesse che da questa parte ci fosse l’hangar?» domandò BB, mentre correva a fianco di Cyborg e dell’aliena.

«Da qualche parte dovranno pur provenire tutte quelle navicelle che ci hanno scagliato contro la prima volta, no?» replicò Cyborg.

«Beh... non fa una piega» ammise il mutaforma, per poi rivolgersi all’aliena. Non voleva ammetterlo apertamente, ma quella era una delle ragazze più carine che avesse mai visto. «E come facevi a sapere che proprio da questa parte c’era l’hangar?»

Quella lo guardò perplessa. Solo in quel momento BB ricordò che non poteva parlare. Continuava a scordarlo.

«Avrà memorizzato il tragitto» rispose Cyborg al suo posto, ottenendo un cenno di assenso del capo da parte dell’aliena, che sorrise gioiosa. Sembrava felice che qualcuno riuscisse finalmente a capirla. A Beast Boy sarebbe piaciuto moltissimo chiederle anche perché i pirati l’avessero catturata, ma dubitava che sarebbero riusciti a comprendere la risposta, questa volta. E comunque, non avevano tempo per perdersi in chiacchiere.

Finalmente raggiunsero l’hangar al fondo del corridoio. Non appena lo fecero, BB rimase a bocca aperta. Aveva immaginato che fosse grande, ma non così grande. Si trovavano su una passerella sopraelevata, che si affacciava su uno spiazzare grosso come un campo da football ed era pieno zeppo di quelle piccole navi – i Torpedo, se la memoria non lo ingannava – disposti gli uni affianco agli altri ai lati dell’hangar, sopra delle pedane sollevate da terra di almeno quattro metri. Al fondo di quell’enorme spazio, potevano notare un enorme portellone chiuso, in diagonale, sicuramente la rampa da cui le navicelle partivano. In centro, infine, si trovava parcheggiata una nave grossa almeno dieci volte le altre, sembrava un cargo.

«D’accordo» esordì Cyborg, mentre i tre avanzavano per l’hangar. «Cercherò di far partire una di queste navi, dopodiché ci occuperemo di quel portone.»

BB si guardò attorno, perplesso. «Mh. È stato facil...»

«Ehi, voi!» esclamò una voce all’improvviso, facendolo trasalire. Da dietro la nave cargo sbucarono un gruppetto di pirati, capitanati da uno grosso quanto tutti gli altri messi insieme. Quando lo vide, il verdolo spalancò gli occhi. Quello era il luogotenente che lo aveva catturato, Shamus. A quel ricordo, il mutaforma strinse i pugni per la rabbia, sentendo il proprio sangue ribollire nelle vene. Lo aveva sconfitto solamente perché era stato attaccato alle spalle, se non avesse giocato sporco probabilmente non lo avrebbero mai catturato, anzi.

Sono pirati. Cosa ti aspettavi da loro, una stretta di mano e niente colpi sotto la cintura?

«Ma perché non ti tappi mai la bocca?» borbottò Cyborg nel frattempo, mentre il gruppo di robot si avvicinava a loro, bracciando le armi. Il trio si strinse e BB si ritrovò accanto alla ragazza, che gli scoccò a sua volta un’occhiata accusatoria. Il mutaforma si sentì avvampare.

«Che c’è? Andiamo, sarebbe successo anche se non avessi detto niente!»

«Che avete da confabulare? E come avete fatto ad uscire dalle celle?» domandò ancora Shamus, per poi posare lo sguardo su BB. A quel punto, grugnì per la sorpresa. «Ma tu... io ti conosco. Sei il moscerino che ho schiacciato nel villaggio!»

BB serrò la mascella. «Solo perché ti sei fatto aiutare dai tuoi schiavetti!»

«Bada a come parli, se non vuoi che ti sprema la testa come un foruncolo!»

«Chiederai aiuto ai tuoi leccapiedi anche per questo?»

«Ora mi hai stancato. Catturateli!» I pirati si avvicinarono a loro, sollevando le sciabole e sghignazzando.

«Cy, ci penso io a loro. Voi due occupatevi della navicella!»

«Ne sei sicuro, BB?» domandò il robot, tramutando il braccio nel cannone. «Se vuoi posso provare a...»

«No, Cyborg. Non rischiare di scaricarti. La tua vista ci serve.»

Il titan bionico lo osservò perplesso per un breve istante, poi sospirò. «Spero tu sappia quello che stai facendo.»

«Fidati di me» sorrise BB, sicuro di sé.

Cyborg annuì, poi lui e l’aliena si allontanarono di corsa, al che Shamus parve indignarsi. «Che state facendo?! Tornate qui! Prendeteli!»

I pirati fecero per rincorrerli, ma Beast Boy si frappose tra loro. «Oh no. Sono io il vostro avversario!» Si trasformò in un gorilla e saltò addosso ai robot ruggendo furibondo. Questi, colti alla sprovvista, non riuscirono a reagire in tempo. Il primate strappo i loro arti come se fossero di pasta frolla e li colpì uno dietro l’altro mandandoli al tappeto come birilli. Non ci mise molto a sistemare tutti i piccoletti, e quando anche l’ultimo crollò a terra senza braccia, gambe e testa, rimasero solamente più lui e Shamus, interdetto.

«Ma... ma come...»

«Pensi ancora che io sia un insignificante terrestre?!» lo incalzò BB, tornando normale. «Ti farò a pezzi e ti trasformerò in una lattina!»

Shamus grugnì di rabbia. «Quei pirati erano un branco di incapaci! Ti faccio vedere io cos’è un vero pirata della ciurma di Slag!»

Il luogotenente partì alla carica, muovendosi sulle sue gambette minuscole ed aiutato anche dal lungo braccio usato a mo’ di bastone. BB quasi scoppiò a ridere di fronte a quel suo modo ridicolo di spostarsi. Se quel tizio credeva si spaventarlo, si sbagliava di grosso. Saltò all’indietro, evitando un pugno che sfondò il pavimento metallico, poi si tramutò in falco e si fiondò sul volto del luogotenente, piantando i suoi artigli sulla sua testa minuscola e grinzosa, strappandogli dei grugniti infastiditi. «Ehi, scendi subito! Falla finita, pidocchio!» Riuscì a scacciarlo colpendolo con una mano, facendolo cadere a terra e mugugnare di dolore, ma non ci mise molto a rialzarsi e ad evitare di essere calpestato.

«Tutto qui quello che sai fare, moscerino?»

«Ho appena iniziato, lattina!»

All’urlo rabbioso del pirata, BB sorrise. Fargli perdere il controllo era uno scherzo. E il piatto forte doveva ancora arrivare. Si incurvò su sé stesso ed iniziò a gridare per lo sforzo, mentre Shamus rimaneva fermo, attonito, di fronte a lui. Le braccia, le gambe, il busto, l’intero colpo del mutaforma cominciarono ad espandersi. Aveva fallito una volta quella trasformazione, ma ora, senza nessuno che potesse interferire, nulla avrebbe impedito alla Bestia di poter di nuovo prendere vita.

   
 
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