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Autore: _Destinyan_    04/04/2018    2 recensioni
Inghilterra, 1945.
Antonio ha vissuto tutta la sua vita in un orfanotrofio, vorrebbe che la gioia trovata lì non finisse mai. Sarà però costretto a dover affrontare la realtà una volta capito che cosa significa crescere, conoscere il mondo... e affrontare qualsiasi tipo di viaggio pur di rivedere Lovino.
Genere: Angst, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Aprile, 1958

“Ok, ok, ricapitoliamo.” Arthur si poggiò al camino accanto al tavolo di casa mentre si massaggiava le tempie, disperato “Vi siete incontrati circa 3 ore fa e avete deciso di voler andare in Germania da Gilbert?”
Antonio  e Francis si guardarono e sorrisero. Arthur vedendo la scena alzò gli occhi al cielo.
“Fate come vi pare.” Sbuffò “Antonio, con quali soldi hai intenzione di andare?”
Francis intervenne “Ehy, io vengo da una famiglia benestante.” Disse quasi vantandosi.
“Sì. Lo so.” Rispose Arthur seccato. “Vi lascio perdere, almeno abbiate il buon senso di organizzarvi bene prima di partire.”
Antonio subito aggiunse “Io pensavo di partire fra qualche giorno in realtà.” frenetico.
Francis rise di gusto e Arthur scosse la testa, furioso, e li lasciò da soli.
“Pazzesco.” Francis disse sorridendo genuinamente. “Non è incredibile quello che sta succedendo?”
Antonio guardò il caffè nella sua tazza “Sì.” Lo disse quasi con tono malinconico “Dovresti parlarmi un po’ di te… cosa hai fatto in questi anni?” tornò a guardare il biondo.
Francis spense la sigaretta nel posacenere al centro del tavolo. “Va bene, da dove posso cominciare?”
“Da quando sei andato via.” Antonio terminò con una lieve risatina. Francis annuì.
“Non c’è molto da dire, ho fatto una vita ordinaria. I miei genitori, bhe, che dire? Brave persone, nulla di più. Sono grato per quello che hanno fatto per me.” Francis sorrideva mentre parlava, anche se aveva un tono così drammatico qualsiasi cosa dicesse, Antonio pensò che fosse un grande ablatore, doveva essere popolare. “Quando iniziai a frequentare la scuola ero elettrizzato, avevo seguito per tutta la vita solo le lezioni della signorina Braginskaya. Non pensavo certo di trovarmi in classe con Arthur.” Fece una risatina subdola prima di continuare a parlare “Fui felice di vederlo in realtà. Per un po’ di giorni passammo il nostro tempo insieme, ma ben presto iniziai a fare amicizia con altre persone… Lui invece rimase indietro.”
Antonio prese un sorso dal suo caffè e pensò che l’adolescenza di Arthur doveva essere stata difficile.
“Presto divenne il bersaglio di tutti, insomma, io lo facevo solo per scherzo, non pensavo la cosa gli pesasse tanto. In realtà io e lui restammo amici, sotto sotto.”
“Non credo Arthur ti abbia mai perdonato per gli scherzi.” Antonio affermò in tono freddo.
“Sì, me ne rendo conto. Io e i ragazzi del teatro sapevamo essere davvero cattivi.” Francis fece un sorriso amaro. Scosse la testa e cambiò discorso “Grazie al teatro ho conosciuto la mia fidanzata però.”
Antonio quasi si strozzò con il caffè “Tu… Hai una fidanzata?” disse fra un colpo di tosse e l’altro.
Francis rise vedendo la reazione dell’amico “Sì, ci sposeremo il prossimo anno!”
“Oh, wow.  Congratulazioni…” Antonio lo disse con tono perplesso, non sapeva bene come reagire. “Come si chiama lei?”
“Jeanne. È francese.” Francis lo disse con il miglior accento francese.
Antonio sorrise, era contento per il suo amico, avrebbe voluto avere lui la sua fortuna. In quel momento Francis lo sorprese con una domanda. “Tu invece? Cosa mi racconti?”
Cielo, cosa avrebbe dovuto dirgli? La sua vita non era niente di entusiasmante. “Sai...” disse timidamente “Non c’era molto da fare nell’orfanotrofio, poi quando sono andato via ho vissuto di lavori fatti qua e là, Arthur mi ha praticamente salvato.” Alzò le spalle “Solo questo.”
Francis annuì “Capisco.” Accese un’altra sigaretta. Antonio pensò che fumasse davvero troppo. “E dimmi, quante ragazze ti sei portato a letto fino ad ora?”
Il voltò di Antonio divenne completamente rosso “Oh… io…”
Francis scoppiò in una fragorosa risata “Andiamo, non essere timido!”
“Io… davvero…” Antonio si mise una mano sul collo e sentiva le sue guance ribollire  “Santo cielo.”  Sospirò alla fine.
La risata di Francis si affievolì e sembro imbarazzato anche lui “Antonio, tu non hai mai…?”
Antonio non riusciva a guardarlo negli occhi, fece un cenno con la testa e sussurrò “No.”
Francis fumò nervosamente la sua sigaretta e rimasero zitti per un po’. Antonio capì che sicuramente lo avrebbe trovato strano. L’unica persona che aveva mai baciato era Lovino. Non riusciva a fare niente del genere con nessun altro. Nemmeno i ragazzi gli interessavano. Francis e Antonio rimasero in silenzio, un silenzio quasi imbarazzante.
“Quindi..” Francis ruppe il silenzio “Con la Germania come si fa?”
Antonio cercò di tornare, aveva ancora il volto un po’ arrossato “Pensandoci bene dovremmo discuterne prima. Non ho molti soldi per potermi permettere un viaggio…”
Francis lo fermò prima che potesse finire “Te l’ho detto, la mia è una famiglia benestante! Ti offrirò io tutto.”
“Oh..” Antonio rispose sinceramente “No, grazie mille, ma non voglio essere in debito con te” La sua voce sembrava quasi commossa. Si avvicinò al suo amico e lo abbracciò, l’altro gli diede una pacca sulla spalla. “Dobbiamo solo decidere una data.”
“Appena sarai pronto!” Francis esclamò eccitato.
“Sono già pronto! Ma sarebbe meglio aspettare qualche mese forse.”
Francis sghignazzò “Bhe, allora buona fortuna!” si alzò in piedi e mise la giacca “Dovrei tornare a casa.”
“Ok, ci vediamo domani?”
“Certo.”
Si strinsero la mano con una forte stretta. Antonio accompagnò Francis alla porta e lo guardò allontanarsi dalla porta. Quasi si voltò per rientrare in casa si trovò davanti Arthur con le braccia incrociate e sobbalzò. “Dio, Arthur!” Esclamò. 
“Quindi? Avete intenzione di fare questa pazzia?” chiese seccato.
Antonio si massaggiò la fronte “Davvero. Non capisco perché te la prendi così tanto.”
“Non me la prendo.” Mise le mani in tasca e abbassò la testa “Credo solo che sia una pazzia.” Si avvicinò alla porta e prese la giacca dall’appendiabiti attaccato al muro.
“E adesso?” 
“E adesso vado a farmi un giro.” Mise la giacca e spalancò la porta.
Antonio fermò la porta prima che potesse sbattere “Ehy!” si affacciò e guardò Arthur allontanarsi con le mani in tasca. “Arthur. Dove vai?”
“A FARMI UN GIRO!” Arthur urlò senza voltarsi. La sua voce squillante risuonò in tutta la strada.
Antonio alzò lo sguardò al cielo e sbuffò “Ma che diavolo ti prende?” Urlò. “Arthur!” non si voltava “ARTHUR!” fece un passo indietro “Al diavolo.” Era a un po’ che non litigavano. Quando si voltò per rientrare in casa trovò delle persone a fissarlo quasi spaventanti, roteò gli occhi, entrò e sbatté la porta.

***

Vienna

Aprile, 1958

Lovino era completamente perso. Si rese conto dell’enorme stronzata che aveva fatto. Era terrorizzato, non sapeva cosa avrebbe dovuto fare. Prese in fretta la lettera che aveva messo in tasca e controllò per la decima volta l’indirizzo del negozio di Feliciano. Gli sembrava così incredibile, avrebbe rivisto suo fratello.
“Cazzo, cazzo, cazzo.” Iniziò a ripetere a voce bassa sembrando quasi pazzo, era nel panico. Avrebbe dovuto chiedere informazioni, quella città era troppo grande, non si aspettava niente del genere. Si andò a sedere su una panchina e osservò le persone che passavano. Al diavolo, avrebbe chiesto al primo che capitava. Cominciò ad esclamare tra la folla “Mi scusi! Mi scusi!” aspettando che qualcuno si voltasse, si sentiva estremamente stupido. Finalmente un ragazzo si fermò e lo guardò perplesso.
“Scusi, potrebbe aiutarmi?” Lovino chiese, ma si rese conto che lì non avrebbero capito tutti l’inglese. Il ragazzo stranamente annuì “Io dovrei andare qui.” E indicò l’indirizzo scritto sulla lettera.
Il ragazzo annuì di nuovo, si concentrò per un attimo “Non inglese!” Il ragazzo disse con un accento che Lovino trovò terribile, però rimase ad ascoltare. Lo sconosciuto iniziò a spiegare la strada nel modo migliore che poteva. Lovino appuntò tutto sulla lettera, ringraziò e andò via un po’ imbarazzato.
“Se mi perdo quel ragazzo è fottutamente morto.” Borbottò fra sé e sé mentre si allontanava.
Vagò per un po’ nelle strade della città, ne rimase affascinato, si perse nella bellezza dei palazzi e dell’atmosfera. Sarebbe dovuto andare con Feliciano. Dovette chiedere informazioni un’altra volta, per sicurezza. Quando finalmente arrivò nel vicolo che cercava si sentì mancare il fiato.
Il negozio di fiori era posizionato alla destra del vicolo, la decorazione era… deliziosa. I fiori era posti ovunque, sulla porta di ingresso c’era appesa una piccola tegola con delle orchidee disegnate sopra. Lovino guardò attentamente la firma e lesse chiaramente “Feli”
Sentì il suo cuore sussultare. Il fratello era lì dentro. Finalmente. Dopo 10 lunghi, noiosi, tristi anni. Rimase davanti la porta e prese un momento di riflessione, che gli sembrò durare anni. Non era il momento di andare nel panico, no, lui doveva aprire quella porta, doveva farlo.

***

Inghilterra

Antonio si lasciò cadere sul letto, non riusciva davvero a capire perché a volte Arthur si comportava in modo così strano.
“Che noia.” Sbuffò rumorosamente. Girò la testa e vide il suo portafogli poggiato sul comodino, lo aprì e prese la foto di Lovino, la guardò sorridendo. Non sapeva se era stupido sentirsi ancora così dopo tutto quel tempo. Non si vedevano più da tanto eppure quello che provava per Lovino non era mai cambiato.
Chissà se per lui era lo stesso.
Avrebbe voluto sentirlo.

***

Vienna

Lovino entrò nel negozio, sentendo improvvisamente un forte profumo di fiori. Il locale dava un senso di freschezza, era così accogliente. Non c’era nessuno nei paraggi. L’unico rumore che Lovino sentiva era quello delle persone all’esterno e il suono della radio tenuto molto basso, era lì solo come accompagnamento. Si guardò attorno e studiò il negozio. C’era qualsiasi tipo di fiori e alcuni dipinti decoravano le pareti, dovevano essere di Feliciano, sentì un’improvvisa gelosia. Si avvicinò infine al bancone. “C’è nessuno?” disse spaventato e timidamente.
“Eccomi!” una voce femminile rispose oltre una porta. Quando la donna, con in mano un vaso e le mani sporche di terra, uscì dalla porta, Lovino la riconobbe subito. “Perdoni se l’ho-“ si interruppe quando guardò Lovino negli occhi e il vaso le cadde dalle mani. “Santo cielo.” Disse lei. “Lovino?”
Il ragazzo fece un cenno, ma non sorrise.
Elizabeta guardò il disastro che aveva fatto, sembrava agitata. Andò verso Lovino e rimase senza parole. La donna era ancora molto bella, con i capelli lunghi come allora, castani. Rise imbarazzata “Oh Dio!” esclamò. Apparve il marito dalla porta dell’altra stanza “Elizabeta, cosa è successo?!” guardò spaventato il disastro sul pavimento. Si voltò e guardo Lovino a bocca aperta.
“Ciao.” Disse Lovino un po’ scontroso. Roderich si diede un tono, addrizzò gli occhiali e si avvicinò.
“Come… Cosa…” non sapeva bene da dove cominciare, poggiò una mano sulla spalla della moglie e le disse “Dovresti… dovresti chiamare Feliciano.”
Il cuore di Lovino sussultò. Ci era davvero riuscito.
Eliziabeta annuì e si allontanò, andò oltre una porta e cominciò a salire delle scale.
“Di sopra c’è lo studio di tuo fratello.”
“Oh, capisco.” Lovino disse con i pugni serrati e le spalle tese. Si guardò ancora una volta attorno… non sembrava fosse possibile. Stava succedendo sul serio?
Dal soffitto si sentivano rumori di oggetti che sbattevano e piedi che si muovevano velocemente.
“Credo stiano per arrivare.” Roderich disse sorridendo, sembrava nervoso anche lui come Lovino. Qualcuno stava ora correndo velocemente giù dalle scale.
“Feli! Così cadrai!” Elizabeta urlò dal piano di sopra. Un ultimo tonfo e Feliciano apparì sulla soglia della porta. Sorridente, con i capelli un po’ spettinati e sporco di pittura fresca.
“LOVINO!” Un urlò squillante rombò per tutto il locale e fulminò Lovino. Non sentiva la voce del fratello da troppo tempo e ora era così diversa. Feliciano iniziò a piangere e saltò al collo del fratello che invece non sapeva bene come reagire e rimase immobilizzato ad apprezzare l’abbraccio. Feliciano continuava a singhiozzare. “Come hai fatto?” iniziò a ridere senza riuscire a smettere “Sei straordinario, fratello.
L’italiano, non lo sentiva da troppo tempo, suonava quasi strano alle sue orecchie.
“Feliciano… tu…” Lovino non riusciva a trovare le parole, ancora non riusciva a credere che ci fosse riuscito, avrebbe potuto piangere, ma non poteva permettersi di piangere davanti a tutti. Guardò attentamente il fratello. Feliciano era gracile, non aveva segni di barba o di acne sembrava ancora un bambino. Poi notò un particolare. “…Sei diventato più alto di me.” Disse prendendo le misure. Feli era di qualche centrimento, almeno 3 o 4 più altro di lui. L’altro scoppiò a ridere “Sei il solito!” lo prese per mano e lo trascinò di sopra. “Vieni! Ho un sacco di cose da dirti!” Lovino non si rese nemmeno conto che stava ridendo e si trovò a saltellare le scale con il fratello.

***

Inghilterra

Antonio sentì la porta di casa aprirsi e aprì gli occhi. Riconobbe il rumore dei passi di Arthur e uscì dalla sua stanza.
“Ah, ti sei deciso a tornare.”
Arthur non rispose, girò la faccia e andò verso la cucina.
“Posso capire perché adesso ti stai comportando in questo modo?” Antonio disse “Ne ho le palle piene!”
In quel momento anche Arthur perse le staffe. “Lo vuoi sapere?” alzò la voce “Io odio Francis!”
Antonio sbuffò “Ti stai comportando come un bambino.”
“Tu non sai cosa significa essere me!” Arthur si avvicinò e lo prese per la camicia “Non ho passato un solo momento della mia vita in pace per colpa sua e di quegli altri imbecilli, ok?”
Antonio afferrò la mano del suo amico e la allontanò “Ehy, calmati adesso.” Si spaventò. “Che succede?”
Arthur si coprì il volto “Io non te lo posso dire, ma hanno reso la mia vita un inferno.”
L’altro gli poggiò le mani sulle spalle “Arthur.” Iniziò a parlare “Ti sono molto grato per quello che hai fatto per me, Francis non cambierà nulla.”
Arthur sorrise “In realtà mi mancherà averti in giro per casa.” Antonio rise e Arthur indietreggiò imbarazzato.
Gli sarebbe mancato anche lui.

***

Vienna

Aprile, 1958.

Quando Lovino aprì gli occhi la prima cosa che vide fu il soffitto candido della camera di Feliciano. Quando guardò alla sua destra, in alto, c’era Feliciano che dormiva beato nel suo letto, mentre lui dormiva su una piccola brandina a terra. Ancora non gli sembrava vero. Nella foga del giorno prima non era riuscito a dire quasi nulla al fratello e la sera, troppo stanchi dalla passeggiata in giro per Vienna, crollarono prima delle undici. Feliciano aprì gli occhi dorati e guardò il fratello per qualche secondo.
“Ciao, Lovi.” Disse con tono quasi infantile e in italiano. Lovino sorrise e si stiracchiò.
Buongiorno, Feli.” Disse mentre strizzava gli occhi. Rimasero un po’ a parlare, poi si alzarono insieme e andarono in cucina. Quando entrarono nella stanza a Lovino sembrò di vedere sua mamma, di spalle, mentre preparava la colazione. Sorrise senza pensare davvero a cosa stesse vedendo.
“Buongiorno mamma.” Disse Feliciano gentilmente. La donna si voltò e Lovino vide il volto di Elizabeta. Il suo sorriso si spense subito dopo.
“Dormito bene ragazzi?” chiese lei sorridente. Feliciano si sedette al tavolo e sbadigliò rumorosamente prima di riuscire a rispondere alla domanda. Elizabeta guardò verso Lovino, che era ancora in piedi dietro Feliciano. “Lovi, accomodati!”
“Lovino.” Rispose subito.
“Sì, certo.” La donna sembrò un po’ imbarazzata “Lovino.” Si corresse.
Il ragazzo si accomodò sulla sedia e davanti a lui si presentarono le pietanze ancora calde. Elizabeta diede una bacio sulla testa di Feliciano mentre passava e quello si passo una mano nei capelli scompigliandoli ancora di più. “Sto andando in negozio ora, ho aspettato che vi svegliaste per raggiungere Friederich.”
“Va bene, mamma.”
“Ci vediamo più tardi. Divertitevi!” Sentirono la donna urlare prima di chiudere la porta.
Lovino e Feliciano continuarono a mangiare, silenzio. Lovino rifletteva ancora su quanto poteva essere assurdo che era riuscito davvero a incontrare di nuovo suo fratello, rifletteva a quanto era stata assurda alla sua vita e al fatto che ora Feliciano avesse due mamme.
“Non abbiamo parlato molto del passato.” Feliciano disse in tono pensieroso mentre giocava con i resti di uova strapazzate nel piatto. “Che hai fatto in questi anni?”
“Nulla.” Lovino rispose aspramente, ma era la verità. Sentiva davvero che la sua vita era stata insulsa rispetto a quella degli altri ragazzi della sua età. Feliciano lo guardò affranto.
“Perché non sei mai voluto venire con me?”
Lovino spalancò gli occhi e si alzò in piedi. “Non mi va di parlarne.”
“Lovi… è una vita che mi domando perché non sei mai voluto venire con noi.” Feliciano gli prese una mano, sembrava che davvero volesse una risposta.
“Io…” Lovino provava a rispondere, ma non ci riusciva “Non volevo… questo!”
Lovino e Feliciano riuscivano a capirsi senza dover spiegare troppo, era sempre stato così.
“I nostri genitori non potranno mai più tornare lo sai?” gli disse il fratello. Lovino lo guardò negli occhi dorati. L’ingenuo Feliciano era sempre stato più maturo di quanto lui non fosse stato.
“Lo so.” Disse abbassando lo sguardo. “Non posso accettare che degli estranei siano la mia famiglia. Non resterò qui con loro, mai.”
Feliciano sorrise e annuì, non voleva infastidire ancora il fratello. Portò i piatti in cucina e quando si voltò, Lovino era già vicino la finestra a cercare di accendere una sigaretta. Nervoso e agitato cercava in tutti i modi di far partire la fiamma dell’accendino. Quando ci riuscì emise un “Cazzo.” E lanciò l’accendino a terra.
“Non sapevo fumassi” affermò Feliciano “Posso provare?” si avvicinò raccogliendo l’accendino.
“A fare cosa?” Lovino chiese sgarbato.
“Fumare.” Rispose l’altro, tossendo solo a sentire l’odore del fumo.
Lovino rise “Non pensarci nemmeno.” Non si addiceva proprio a suo fratello. Fece accomodare Feliciano accanto a lui, forse era arrivato il momento di parlarne. Elizabeta e Roderich non erano in casa, quindi non avrebbero avuto interruzioni. Quando gli spiegò che avevano un nonno in Italia Feliciano rimase a bocca aperta, fra la gioia, lo stupore e la paura.
“Vogliamo andare insieme a cercarlo?” Lovino chiese alla fine e Feliciano si spaventò.
“Dovrei parlarne prima con i miei genitori, ci tengono tanto a me.”
“Feliciano!” Lovino urlò. “Non capisci? Possiamo ritrovare la nostra famiglia.” Si stava innervosendo di nuovo.
“Sì, questo lo capisco…” Andò nel panico. “Va bene, andremo. Però io tornerò ogni tanto, non posso fare una cosa a Elizabeta e Roderich.”
Lovino cercò di capirlo, ma prima che potesse parlare Feliciano lo interruppe di nuovo “Io però sto ancora finendo la scuola!” Sobbalzò “Non posso lasciare la scuola.”
Lovino sospirò rumorosamente “Va bene, andremo quando avrai finito il liceo.” Sorrise. “Risolto?”
Feliciano sorrise e annuì. Poi d’un tratto sobbalzò di nuovo “E i miei amici?!”
“Oh, santo cielo.” Lovino si mise le mani nei capelli. “Feli, vuoi farlo sì o no?”
“Sì, sì!” Feliciano annuì agitato “Voglio conoscere nostro nonno.”
“Allora smettila di fare così tanto casino.” Disse “Andremo quando finirai la scuola, hai tutto il tempo per pensare a questi problemi.”
Feliciano annuì e abbracciò il fratello prima di correre in camera a vestirsi. Lovino rimase ancora un po’ a fumare e ad ammirare il paesaggio di Vienna dalla finestra di quel condominio.
“Fra quanto tempo gliene parlerai?” urlò al fratello.
Feliciano rispose dopo alcuni secondi, urlando dall’altra parte della casa “Il prima possibile!”

***

Inghilterra

Maggio, 1958.

Antonio si lanciò sul divano ed iniziò a guardare qualche programma in televisione per passare il tempo prima che Francis andasse a trovarlo, ovviamente Arthur non ne sapeva nulla. Quest’ultimo però non era ancora tornato a casa, strano. Antonio era andato via e Arthur lo tranquillizzò dicendogli che avrebbe chiuso lui la libreria. Cercò di non preoccuparsi troppo, non era potuto succedere nulla, giusto?
Sentì la porta aprirsi e riconobbe la risata di Arthur, spense la televisione per sentire meglio. Quando Arthur si presentò alla porta della stanza, Antonio disse subito “Ehy, ti stavo aspettando.”
“Ah sì, ecco…” dietro l’inglese apparve una figura.
“Alfred!” Antonio urlò alzandosi in piedi per salutare il ragazzo.
Arthur disse velocemente “Ci siamo incontrati per caso.”
“Sì, sì, per caso!” Alfred arrossì e iniziò a parlare velocemente. Antonio inarcò un sopracciglio e guardò prima uno, e poi l’altro.
“Ok, va bene.” Scosse la testa. “Va tutto bene?” chiese guardando ancora una volta i due amici. Alfred era impettito come sempre, solo con un sorriso nervoso. Arthur guardava il pavimento ed era più nervoso del solito.
“Tutto benissimo! Preparo un thè?”
 “Sì, prepara un thè!”
“Buona idea, buona idea!” iniziarono a farneticare cose del genere, Antonio trattenne una risata.
Il campanello della porta suonò. Arthur, che aveva già passato l’arcata che portava alla cucina, andò verso la finestra per controllare. Antonio corse ad aprire prima che Arthur avesse potuto arrabbiarsi con lui.
Aprì la porta e trovò i riccioli perfetti di Francis, girato di spalle. “Francis?”
“Tony!” quello si voltò, facendo un’entrata teatrale, Antonio rise.
“Devi proprio farlo ogni volta.” Arthur disse in modo cinico “È imbarazzante solo guardarti.” Aveva le bustine per il thè in mano, Francis le notò.
“Oh, grazie! Il thè lo prendo con due cucchiai di zucchero.” Disse con il sorriso smagliante. Antonio si coprì il volto con una mano e cercò disperatamente di non ridere davanti alla faccia rossa per la rabbia di Arthur.
Francis mise una mano sulla spalla di Antonio e andarono insieme verso la cucina mentre chiacchieravano, ma Arthur si piazzò davanti a loro. “Con permesso.” Li superò seguito da Alfred e misero la giacca.
“Dove andate?” Antonio chiese spiazzato.
“A farci un giro.” Disse Arthur sorridendo. Alfred si voltò per fare un cenno con la mano, poi Arthur sbattè la porta in faccia ad Antonio e Francis.
“Ogni volta la stessa storia.” Disse il biondo alzando le spalle “Mi spiace, colpa mia.”
Antonio scosse la testa “Tranquillo.” Andarono a sedersi sul divano uno accanto all’altro.
“Te ne ho già parlato al telefono, però te lo chiedo nuovamente” Francis cominciò “Le condizioni economiche quali sono?”
“Mi serve ancora un po’ di tempo.” Antonio disse subito, non voleva che Francis gli prestasse i soldi, non voleva debiti. “Entro il mese prossimo ce la faremo, te lo prometto.”
Francis sorrise gentilmente “Dobbiamo avvertire Gilbert allora!” rise “Gli manderò una lettera appena possibile.”
Mentre il suo amico esultava Antonio si fermò a ragionare su quello che stava succedendo, sentendosi leggermente perso e stravolto. Era incredibile come tutti stessero comparendo di nuovo nella sua vita mentre di Lovino nessuna traccia.
Non arrivava nessuna lettera da tempo ormai.
Dov’era finito?

***

Vienna

Maggio, 1958

Le giornate passavano lente, per lo più le stava passando tutte nella camera del fratello, solo, mentre aspettava che lui tornasse da scuola e finisse i suoi compiti. La sua giornata si svolgeva di nuovo seguendo una routine. Si alzava quando ormai il fratello, Elizabeta e Roderich erano a scuola e a lavoro, mangiava da solo, leggeva qualcosa, disegnava ogni tanto e fumava molte sigarette perché era molto annoiato. Si fermava spesso a pensare a quanto la sua vita fosse noiosa e al fatto che forse avrebbe dovuto scrivere di nuovo ad Antonio, perché gli mancava e si sentiva così solo, ma non aveva la forza di scrivere nulla. Non faceva quasi più nessun sogno, non aveva più nulla da raccontare ormai.
Ancora peggio era quando Feliciano tornava a casa, ma con qualche compagno di classe. La parte peggiore era doversi presentare e spiegare come mai Feliciano avesse un fratello.
Quel pomeriggio Feliciano era a casa di un amico per fare delle ripetizioni. Lovino stava ovviamente fumando alla finestra, quando si voltò e guardò la stanza. “A Feliciano non dispiacerà se curioso un po’ in giro, no?” parlava da solo. Diede un ultimo tiro alla sigaretta e la lanciò dalla finestra. Andò verso i cassetti della scrivania e iniziò a guardare cosa c’era dentro. In quei mobili c’erano praticamente tutti i 18 anni di vita di Feliciano. Lovino si ritrovò a ridere davanti ad alcune foto, lettere, disegni… poi una cosa saltò al suo occhio; Una busta, con fiori disegnati sopra ad acquerello, con scritto “Ludwig”.
Lovino spalancò la bocca. Come aveva potuto dimenticare una cosa del genere? Ludwig e Feliciano si amavano, suo fratello aveva addirittura detto a Ludwig di andare con lui in Austria. Iniziò ad aprire le lettere, in ognuno di essere Feliciano aveva messo un fiore con scritto il significato accanto.
“Ma… cosa…” Iniziò a borbottare. Provo a leggere qualcosa, ma quelle parole smielate gli stavano dando alla testa. Alcune erano datate 1957 e 1958, quindi erano ancora in contatto.
Lovino sentì il portone di carta aprirsi, doveva essere Elizabeta. Poi riconobbe i passi del fratello avvicinarsi alla porta, sembrava sempre che stesse saltellando. Lovino cercò di richiudere tutte le lettere in fretta, stando attendo a non rovinare i fiori secchi, ma… BAM.
Feliciano spalancò la porta e fece sobbalzare Lovino mandando tutte le lettere e i fiori sul pavimento. Ci fu del gelo fra i due. Feliciano guardò con gli occhi spalancati le lettere sul pavimento, poi alzò lo sguardo verso il fratello prima di iniziare a piangere. Lovino si avvicinò e Feliciano corse verso la porta.
“Feli!” urlava, mentre vedeva il fratello allontanarsi verso il portone “Feli! Fermo!” si arrabbiò e alzò la voce “HO DETTO FERMATI!” Feliciano sobbalzò e fece come gli era stato ordinato, poggiando le spalle contro la porta.
“Ti prego… Lovi… io…” Cercò di parlare.
“Io lo sapevo già” Lovino lo tranquillizzò “Lo ho scoperto quando ero all’orfanotrofio.”
“Che?” Feliciano continuava a piangere. “Non vuoi dirlo a nessuno?”
“No.” Disse serio.
“Non vuoi farmi nulla?” Chiese spaventato.
“No…” Lovino rispose “Sono tuo fratello, che domande sono.” Alzò le spalle. Rimasero in silenzio poi Feliciano singhiozzò “Non dirlo a nessuno… ti prego.”
“Va bene.” Rispose semplicemente e tornò verso la camera, guardò passivamente le lettere sparse a terra, tutti quei fiori secchi, realizzando che aveva ancora una volta peggiorato le cose.

***

Inghilterra

Maggio, 1958

Finalmente il caldo iniziava a farsi sentire, ma questo non poteva togliere ad Antonio la voglia di un caffè caldo. Lasciò Arthur e Alfred, che ultimamente passava davvero troppo tempo con Arthur piuttosto che a scuola con gli altri liceali, nella libreria e andò a prendere un caffè per tutti. Aveva da poco aperto un locale lì vicino e pensò che quello era il momento giusto per provarlo.
Quando entrò nel negozio sentì risuonare nella stanza:
“And when he does his shaky rockin' dance 
Man, I haven't got a chance
I call him, lollipop, lollipop…. ”

Quella canzone sarebbe stata impossibile da togliere per il resto della giornata. Prese tre caffè da portar via e tornò in libreria. La strada sembrava molto affollata quella mattina, succedeva ogni volta che iniziava ad arrivare il caldo.
Cercando di non far cadere i caffè caldi, Antonio spinse la porta con la schiena mentre continuava a cantare “Lollipop lollipop 
Oh lolli lolli lolli, lollipop, lollipop” quando entrò guardò verso il bancone. Alfred si allontanò da Arthur così in fretta che andò a sbattere contrò un piccolo scaffale con dei libri, mentre Arthur si voltò dall’altro lato. Antonio spalancò gli occhi “Ma che diavolo vi prende?”
“Niente!” Arthur urlò. Alfred si ricompose e mise in ordine i libri caduti.
Antonio scrollò le spalle “Caffè?”
Alfred aggiusto i capelli “Lo bevo sulla strada di casa, grazie Antonio!” poi fece l’occhiolino e un cenno con la mano “Ci si vede!”
Antonio salutò e poi chiese “Ma questo ragazzo non va mai a scuola?” diede un sorso al suo caffè “Bleah, abbiamo scambiato i nostri caffè Arthur, il mio è amaro.” Fece una smorfia e poi guardò verso il suo amico. Guardò confuso alla scena che stava assistendo, Arthur stava degustando il suo caffè con tre cucchiai di zucchero con occhi persi nel vuoto e la faccia completamente rossa.
Strano.

***

Giugno 1958

Francis e Antonio si era telefonati tante volte ormai, eppure Antonio aveva paura di aver dimenticato qualcosa. Era tutto organizzato, Gilbert era stato avvertito e fra mezz’ora Francis sarebbe passato a prendere Antonio con la sua auto per andare in aeroporto. Arthur ancora non si svegliava, Antonio era praticamente in piedi davanti la sua porta ad aspettare con la valigia. Ultimamente era diventato strano e ad Antonio si spezzava il cuore a pensare di non poterlo salutare. D’un tratto sentì del frastuono nella camera da letto. Arthur uscì con la camicia del pigiama sbottonata, i due si guardarono.
Arthur sembrava aver avuto una sbornia. “Parti oggi?”
 “Fra poco.” Antonio disse quasi offeso. Che domanda era. Arthur quasi piangeva.
“Mi dispiace… io…” si avvicinò al suo amico “Perdonami.”
“Tranquillo, non fa nulla” Antonio disse guardandosi i polsi stretti insieme. “S-sono un po’ nervoso.”
 Arthur sorrise e gli poggiò una mano sulla spalla tesa “Si vede.”
“Francis sarà qui a minuti.” Antonio iniziò ad agitare la gamba nervosamente.
“Sono sicuro che andrà tutto bene.” Gli diede un pacca un po’ goffa. Arthur non era bravo in quelle cose e Antonio lo sapeva. Sentirono una macchina parcheggiarsi e suonare.
“Deve essere lui!” Antonio si alzò in piedi e guardò verso Arthur. Dietro di lui, attraverso la porta socchiusa, vide la figura di Alfred alzarsi dal letto. “Oh!” esclamò, ma non era davvero il momento di chiedere.
I due inquilini si guardarono per qualche secondo, poi si abbracciarono.
“Grazie mille, Arthur.”
Ancora una volta Antonio doveva dire addio a qualcuno. Guardò ancora una volta dietro di lui e Arthur disse “Ci si vede.”
Antonio sorrise e tirò su con il naso. Chiuse la porta e le grandi sopracciglia e gli occhi verdi sparirono.
“Cavolo.” Sospirò. Guardò Francis nella sua automobile fargli segno con la mano, accanto a lui una ragazza con i capelli corti e castani.
Si ricominciava ancora una volta.










---- Angolo dell'autrice -----
Rip me. Sono passati circa 6 mesi, chiedo venia. Fra computer rotto, compiti, interrogazioni, esame di stato che si avvicina e altri problemi ho finito in ritardo il capitolo. 
Non ho molto da aggiungere, spero solo che continuerete a seguire questa storia che prima o poi giungerà ad un termine. 
Bye!
   
 
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