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Autore: SherlokidAddicted    14/04/2018    3 recensioni
- John, tu chi sei per me? – Si asciuga le lacrime con il palmo della mano. Mi sembra di guardare un bambino indifeso e impaurito. E quel bambino indifeso ha bisogno di qualcuno che lo aiuti e che lo sostenga, ed anche se non mi riconosce voglio essere io quel qualcuno che lo prende per mano e lo guida. Accenno un sorriso ed abbasso lo sguardo sulla punta delle mie scarpe.
- Vuoi davvero saperlo? – Lui annuisce. Il velo di paura nei suoi occhi sta pian piano svanendo, sembra ricominciare a fidarsi di me. – Ci arriverai da solo, con calma. -
Cosa mi passa per la testa, dite?
Perché non ho semplicemente detto “Sherlock, io sono tuo marito”?
Non lo so. Ho come l’impressione che questo sia il modo giusto per affrontare la cosa. In fondo non sa chi sono, credo che avrebbe reagito male se avesse saputo già da subito la verità. E questo non è mentire! Semplicemente lascerò che sia lui a capirlo… o spero a ricordarlo.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il caso è chiuso
 

Quando apro gli occhi le mie narici vengono invase dall'odore pungente di fumo. Mi ritrovo una testa piena di riccioli poggiata sul petto. Sherlock è disteso orizzontalmente, i piedi escono fuori dal bordo del letto ma è ancora semicoperto dalle lenzuola e dal piumone, posso intravedere che è ancora nudo e mi sfugge un sorriso. Non si è ancora accorto che mi sono svegliato, perché mentre fuma la sua sigaretta guarda il soffitto e dalle sue labbra fuoriescono piccoli cerchi di fumo, tutti uno dopo l’altro.
- Non mi è mai piaciuto che fumassi. – Mormoro con voce ancora impastata dal sonno, facendolo sussultare appena, ma si gira con la testa e mi guarda solo per un momento prima di tornare con l’attenzione rivolta al soffitto, con un minuscolo sorriso sulle labbra.
- Lo immaginavo. – Si limita a dire, ma questa volta non lo rimprovero e lo lascio continuare, seppure io detesti l’odore delle sigarette.
- Come riesci a farlo? – Chiedo dopo l’ennesimo cerchio di fumo che abbandona le sue labbra e sale lentamente verso l’alto.
- Non lo so, non credevo nemmeno di saperlo fare. Lo facevo anche prima? – Chiede invece lui, facendo spegnere il mozzicone contro il posacenere che aveva poggiato momentaneamente sul letto. La sua mano adesso vuota si poggia sul suo fianco, ed io non riesco a fare a meno di guardare quelle lunghe falangi poggiate sulla sua pelle chiara e diafana. Ho l’istinto di allungare la mano per poggiarla sulla sua, per accarezzarlo e guardarlo mentre si riempie di brividi, ma non lo faccio e lascio quella piccola scena nei meandri della mia immaginazione. In fondo ho avuto modo di vederlo rabbrividire mentre facevamo l’amore… e non solo. Quei gemiti mi hanno mandato fuori di testa.
- Non quando ti vedevo io. Probabilmente quando fumavi di nascosto lo facevi. – Lui ridacchia, facendo uscire dalle labbra carnose le ultime nuvolette di fumo, poi si gira sul fianco, in modo da poter essere completamente faccia a faccia con me. Si mordicchia il labbro inferiore. È come se volesse dirmi qualcosa, ma alla poi tace e non fa altro che guardarmi, infine parla, ma è come se avesse cambiato argomento, non è proprio quello che aveva intenzione di dire, ma io lo ascolto comunque.
- Hai dormito tutto il pomeriggio. – Mi comunica lui, portando due dita a carezzare con dolcezza il mio petto, facendomi rabbrividire visibilmente, al che lui solleva leggermente l’angolo delle labbra, ma non è malizia quella che vedo nei suoi occhi.
- Tu no? –
- Cavolo, no! – Dice guardandomi come se fossi impazzito, io sollevo confuso un sopracciglio in risposta e lui si limita a scuotere la testa divertito, poi inizia a fissare un punto indefinito del cuscino, mordicchiandosi ancora il labbro inferiore. Prima dell’incidente non lo faceva così spesso. È adorabile. Istintivamente una delle mie mani si immerge fra i suoi ricci per accarezzarli. – Dopo quello che abbiamo fatto non so come tu sia riuscito a dormire. Io continuavo a pensarci… - Sul suo viso compare immediatamente un sorriso, ma stavolta non è divertito, né nervoso, piuttosto è rilassato, felice, intenerito. – Tutte quelle… sensazioni. Come fai a reggerle? Ora capisco perché ne stavo lontano. – Mormora senza spostare lo sguardo dalla stoffa della federa, un po’ come se stesse rivivendo tutto quello che ha passato questo pomeriggio con me.
Io sorrido, non posso farne a meno quando vedo il modo in cui sembra estremamente rilassato.
- Dalla tua faccia deduco ti sia piaciuto. –
- Non era ovvio? – Inizio a ridacchiare, seguito da lui che solleva il busto e si avvicina quanto basta per poggiare le labbra sulle mie. Dapprima mi ci vuole un po’ per rendermene conto, ma alla fine non riesco a fare altro che ricambiare quello sfiorarsi di labbra, la mia mano che va pian piano ad accarezzare il suo viso, il sorriso che inevitabilmente mi procura quella sensazione. Ci baciamo a lungo e a fondo, le nostre lingue si rincorrono e ci fanno perdere il respiro man mano che continuiamo. Non credo riuscirò mai a farne a meno, e mentre lui si stacca da me d’istinto seguo le sue labbra che si allontanano e lui ride quando afferro quello inferiore fra i denti e lo tiro leggermente. – Non mi ha risvegliato dei ricordi, però è stato… incredibile. – Mormora ancora, il suo fiato mi provoca brividi incontrollati quando mi sfiora la pelle. – Quando lo rifacciamo? –
- Mh? – Mormoro ancora preso da quel bacio, le labbra ancora mi formicolano.
- Intendo il sesso, quando lo rifacciamo? – La mia risata che segue la sua domanda lo lascia confuso, ma mi affretto a lasciargli un bacio sulla guancia per tranquillizzarlo e fargli capire che in quella richiesta non c’è nulla di male, a parte il fatto che Sherlock è sempre stato un tipo molto diretto e coinciso, perfino dopo quello che gli è accaduto.
- Quando vuoi. – Dico io, facendolo sorridere ampiamente, poi sento le coperte spostarsi e mi rendo conto che è Sherlock a farle muovere proprio perché si sta spostando su di me e mi sta sovrastando con il suo corpo statuario e snello. Le mie mani si spostano automaticamente sui suoi fianchi, accarezzandoli con i pollici e sentendo la pelle sottostante ancora calda per via del piumone. Ma anche lui sta rabbrividendo, e mi lusinga il fatto che provi le stesse cose che provo io quando lo sfioro.
- Ma la prossima volta… - Sussurra contro la mia bocca schiusa. – Sto io sopra. – E lo dice con un sopracciglio sollevato, come se non ammettesse che io contraddicessi il suo volere, ma anche il mio sopracciglio si solleva quasi stupito da quella richiesta.
- Tu? – Chiedo divertito.
- Cos'è che ti sconvolge? – Il suo tono è infastidito, oserei aggiungere che lo sta facendo apposta.
- Tu che stai sopra? Vorrei proprio vedere… -
- Infatti. Voglio imparare. - Non riesco a non trattenere una risata, anche se la sua bocca mi impedisce di continuare perché poco dopo non esita a baciarmi ancora e ancora finché non manca il respiro ad entrambi e siamo costretti a separarci. Quello che ci distrae dalle nostre effusioni e il suono del telefono di Sherlock che inizia a vibrare dalla tasca dei pantaloni che si trovano sul pavimento. Lui mugola controvoglia e si accuccia contro il mio corpo, come a farmi capire che non ha alcuna intenzione di rispondere.
- Sherlock? –
- Non voglio. –
- Potrebbe essere il medico. – Lo sento sbuffare contro la mia pelle prima di sollevare il viso e guardarmi scocciato. Lo incito con un’occhiata severa e finalmente si decide a sollevarsi dal mio corpo e raggiungere i pantaloni sul pavimento. Mentre è alla ricerca del suo telefono ne approfitto per stiracchiarmi e sollevarmi appena a sedere, passandomi una mano fra i capelli spettinati, cercando di dar loro una forma che non sia del tutto incasinata come lo è adesso.
- Cosa vuoi, Lestrade? – Dice lui non appena risponde. Non era il medico come ho pensato. Non riesco a sentire cosa gli comunica, ma dall'espressione di Sherlock che cambia all'improvviso posso capire senza problemi che è accaduto qualcosa, qualcosa che lui non si aspettava affatto. – Quando? – A quel punto, incuriosito dalla faccenda, mi metto del tutto seduto e lo guardo in attesa. – Va bene, sto arrivando. – Dice mentre si catapulta fuori dal letto e afferra i vestiti dal pavimento per indossarli, nel frattempo chiude la chiamata e lascia scivolare il telefono dal letto, cercando di abbottonare velocemente i pantaloni. Dalla fretta non riesce nemmeno a trovare la zip.
- Che è successo? –
- Ellen è stata arrestata. – Risponde mentre si infila la camicia e comincia ad abbottonarla. Io corrugo la fronte confuso e scosto il piumone dalle gambe per potermi alzare, così da vestirmi molto lentamente rispetto a lui. – I filmati di sorveglianza, li hanno revisionati con più attenzione della prima volta. Stupidi come sono si erano appunto lasciati sfuggire un dettaglio. – Quelle sue parole mi fanno sorridere divertito mentre mi infilo la cintura ai jeans e lo guardo cercare inutilmente di far entrare i bottoni nelle asole. Le emozioni forti lo confondono e di certo non voglio che abbia un attacco isterico dei suoi dovuto a quel maledetto trauma cranico che ancora ha conseguenze sul suo stato di salute. Mi affretto a raggiungerlo e a poggiare le mani sulle sue. Lui si ferma e mi guarda negli occhi mentre sposto le sue mani tremanti e le sostituisco con le mie per aiutarlo a sistemarsi la camicia. Emette un sospiro come a riprendersi e sento il suo cuore pulsare all'impazzata da sotto le dita.
- Va tutto bene, continua. – Gli dico per tranquillizzarlo mentre passo a sistemargli con cura il colletto della camicia. Lui annuisce grato del mio aiuto, poi deglutisce e riprende a parlare solo quando sente di essersi calmato un po’.
- Si sono accorti che dalle sette di sera fino alle otto il video andava in loop, ma hanno controllato i filmati delle videocamere stradali e hanno tracciato un furgoncino bianco che partiva dalla banca fino ad arrivare a casa di Ellen. – A quelle parole sollevo le sopracciglia mentre afferro la sua giacca e lo aiuto ad infilarsela.
- Così è stato facile per loro accusarla ed arrestarla. – Concludo mentre torno a finire di vestirmi. Lui annuisce e prende il portafoglio ed il telefono, infilando tutto in tasca.
- Esattamente. - Dolcemente allontana le mani dalla sua giacca così da poter continuare da solo, nonostante la sua mano destra tremi ancora. - Sono ancora a casa sua, stanno esaminando il bottino nel nascondiglio. Ellen è in custodia in una delle volanti, ammanettata. Lestrade ha pensato che convocarmi sul posto mi avrebbe aiutato. - Non dico nulla e mi limito a portare le mani ai fianchi e a guardarlo sovrappensiero. - Che c'è? - Mi chiede confuso mentre si allaccia l'orologio al polso.
Ho pensato spesso a come sarebbe andata la situazione dopo un eventuale arresto in questo dannato caso. Sherlock crede non sia stata Ellen ma il suo presunto fidanzato che non si sa ancora bene dove sia. Gli credo, gli ho sempre creduto, una prova del fatto che lui abbia ragione è il comportamento che ha avuto pochi attimi prima di venire investito da quel camion: la gioia inaspettata, l'entusiasmo di aver capito qualcosa di nuovo, la corsa giù per le scale e sicuramente quella scintilla negli occhi che solo in quei momenti si impossessava di lui. Ma ora mi chiedo se ci siano abbastanza prove per scagionare Ellen, o semplicemente se è una ladruncola così furba da far credere a Sherlock che una seconda persona sia coinvolta. Poteva aver scoperto questo quel giorno, Sherlock, no? Ovvero che Ellen stava facendo il doppio gioco per depistarci.

 

Non oso immaginare la reazione di Sherlock nel caso in cui tutto dovesse andare a rotoli.

 

Dovrei portarmi dietro dei tranquillanti.

 

- Nulla, ripercorrevo le tappe del caso nella mia testa. - Mi giustifico, facendo un gesto di noncuranza con la mano. Lui annuisce e sembra credere alle mie parole, perché distoglie lo sguardo da me e si guarda intorno come per vedere se ha dimenticato qualcosa.
- Bene, credo che possiamo andare. - Dice poco prima di oltrepassare la porta, ma poi si ferma poco oltre lo stipite e si gira a guardarmi con un leggero sorriso sulle labbra. - Mi farai vedere l'ultima tappa del nostro gioco un'altra volta. - Non riesco a non trattenere un sorriso, poi annuisco e lo guardo andare via. Non ci metto molto a finire di prepararmi, ma prima di seguire Sherlock apro il cassetto del comodino e afferro il piccolo barattolo arancione di pillole, poi lo infilo in tasca sperando di non dovervi ricorrere.
Ci mettiamo poco a raggiungere l'abitazione di Ellen. Ci sono quattro volanti della polizia con le sirene che illuminano la strada ormai quasi buia. Il sole sta calando e sta lasciando spazio alle tenebre. Lestrade sta parlando con il sergente Donovan, entrambi si trovano accanto a un'auto che come mi aspettavo contiene la povera Ellen.
Mi giro automaticamente verso Sherlock mentre il taxi pian piano si avvicina e cerca un posto dove fermarsi. Sta cercando di sembrare tranquillo ma si sporge continuamente per controllare la situazione, come se non vedesse l'ora di scendere e di entrare in azione.
Greg ci vede da lontano e fa un gesto della mano per salutarci che io ricambio ma che mio marito ignora, come d'altronde mi aspettavo. Finalmente il taxi si ferma e Sherlock si fionda subito giù dalla macchina mentre io lascio i soldi al tassista. Quando ci incamminiamo verso l'ingresso della casa è Lestrade stesso che ci viene incontro con le mani nelle tasche del cappotto.
- Sherlock, è bene che tu sappia una cosa... - Dice Greg con tono calmo, ma Sherlock non ci mette molto a interromperlo.
- I soldi erano nel nascondiglio dietro alla libreria? -
- Sì, erano lì ma... -
- Vado a vedere. - Lestrade non ha nemmeno il tempo di fermarlo che Sherlock si è già precipitato giù per le scale con me e l'ispettore a seguirlo. La rampa è talmente stretta che in due non ci si può passare, questo posto sarebbe l'incubo di ogni claustrofobico. La scalinata conduce a una piccola stanza di circa cinque metri quadrati, ma è piena di valigette aperte e traboccanti di denaro, ce ne sono talmente tante da arrivare fino al soffitto del nascondiglio. Non ci sono interruttori della luce ma la polizia ha installato temporaneamente una grossa lampada in grado di illuminare ogni angolo. Stare lì al buio doveva essere proprio un incubo.
- Però! - Esclamo io sorpreso, per poi osservare Sherlock che accenna un sorrisetto soddisfatto per aver indovinato il luogo in cui i soldi sono nascosti.
- Una donna come Ellen non avrebbe potuto portare tutta questa roba qui dentro. Quanti viaggi avrebbe dovuto fare? Sono pesanti, quindi il vero rapinatore ne ha trasportati più di uno per volta, per questo ci ha impiegato di meno. - Mentre parla sento Greg emettere un sospiro in attesa che Sherlock gli dia retta, ma alla fine decide di interromperlo e di parlare lo stesso.
- Abbiamo ispezionato la stanza e non c'è traccia di impronte. -
- Sicuramente lui ha usato i guanti. -
- È stata Ellen, Sherlock! - Lui ride e scuote la testa, poi si gira e fronteggia Greg. Sono faccia a faccia adesso ed io resto volontariamente in disparte, tenendo comunque le orecchie ben tese.
- Solo perché il bottino è qui non vuol dire che sia stata lei. -
- Lo so, ma lei ha confessato non appena l'abbiamo presa. - Sherlock fa sbattere le palpebre più volte confuso, ed io porto istintivamente una mano in tasca dove ho conservato il barattolo di tranquillanti convinto che di lì a poco avrei dovuto tirarli fuori. I miei dubbi si sono avverati e sento il cuore in gola. Ero davvero fiducioso sul caso e sulle probabilità che aveva Sherlock di risolverlo. Adesso riesco quasi a vedere tutte le sue speranze e le sue convinzioni andare in frantumi come il bicchiere che una volta Sherlock ha scaraventato sul pavimento del soggiorno del 221b.
Non ho il tempo di tranquillizzarlo che è già corso su per le scale ed io mi premuro di seguirlo di corsa senza aspettare che Greg faccia lo stesso. Ho paura possa fare qualcosa di stupido, che possa avere un attacco di panico talmente devastante da distruggerlo. Quando però arrivo fuori casa lo vedo camminare a passo deciso verso l'auto in cui Ellen è sotto custodia. Quasi alza le mani all'agente davanti alla portiera prima di aprirla. Mi avvicino del tutto e finalmente posso capire quali sono le sue intenzioni.
- Ellen, ha confessato la rapina all'ispettore Lestrade? - La donna è in manette, ha i capelli scompigliati e il viso stravolto, contornato da occhiaie spaventosamente evidenti. Indossa un paio di jeans e una maglietta azzurra, il tutto abbinato ad un paio di scarpe da ginnastica. Guarda Sherlock come se lo vedesse per la prima volta ma non ci mette molto ad annuire alla sua domanda. - Che idiozia è mai questa? Chi sta tentando di coprire? - A quel punto io stesso cerco di allontanare Sherlock dall'auto ma lui protesta e torna con l'attenzione rivolta alla povera Ellen. - Risponda. Sto cercando di aiutarla e di evitare il suo arresto, deve dirmi la verità. -
- Ho già detto tutto, signor Holmes. - Dice portandosi il dorso della mano ad asciugare quella lacrima che prepotente minaccia di colarle lungo la guancia a bagnare i sedili dell'auto in cui si trova.
- Ellen... -
- Non ho altro da aggiungere. Me ne pento come non mai. Ma... avevo dei debiti, avrei perso la casa presto se non avessi fatto qualcosa. - Sherlock raddrizza la schiena e si regge con entrambe le mani al tettuccio della macchina prima di chiudere gli occhi e fare un respiro profondo. Ellen dopotutto sembra convincente, e perfino lui adesso crede che lei sia l'unica sospettata e colpevole in questo caso.
- Debiti? - Chiedo io confuso, avvicinandomi in modo che lei possa vedere anche me. - Se non mi sbaglio ha un posto fisso in banca. -
- Sono una semplice segretaria, dottor Watson, il mio stipendio è misero. - Mi mordo la lingua e cerco di ragionare a quella risposta. Anche le mie convinzioni adesso si stanno sgretolando come quel dannato bicchiere. - Così ho hackerato le videocamere di sorveglianza e ho preso il furgoncino dei miei genitori. Sapevo del nascondiglio e li ho messi lì... ma il senso di colpa mi divorava. - Mi ritrovo a imprecare mentalmente, poi osservo Sherlock che ha staccato le mani dall'auto e adesso le tiene ben ferme lungo i fianchi. Guarda un punto indefinito di fronte a sè e non dice una parola. Cerco di confortarlo portando una mano sulla sua schiena, ma non appena lo tocco mi rendo conto che sta tremando. - Così appena hanno tracciato il furgoncino e mi hanno trovato a casa ho deciso che dire la verità sarebbe stata la cosa giusta, e che finalmente mi sarei tolta questo grosso peso dallo stomaco. - Quasi non faccio caso alla sua spiegazione. Sherlock è la priorità in questo momento, e quando stringe le palpebre fino a farsi quasi male mi rendo conto che non sta affatto bene.
- Mi scusi, Ellen. - Dico allontanando mio marito dallo sportello, prima di chiuderlo, poi gli prendo la mano e cerco di portarlo fino al marciapiede ma dai suoi occhi percepisco un'improvvisa e furiosa rabbia, ed è difficile per me trattenerlo prima che si lanci a capofitto contro l'auto. Per fortuna Greg e alcuni agenti vengono in mio soccorso per trattenerlo mentre si dimena.
- Lei è una sporca bugiarda, Ellen! - Urla lui, mentre la donna lo guarda terrorizzata da dietro il finestrino. - Capirò chi sta coprendo, dovessi morire nel farlo! -
- Sherlock! - Il mio richiamo non serve a nulla, continua a divincolarsi con tutta la forza che ha in corpo nonostante stiamo tentando di trascinarlo lontano.
- Bugiarda, bugiarda! - Continua a urlare.
- Sherlock, smettila, è finita! - Dico con tono più severo, al che lui smette di dimenarsi, ma continua comunque a gridare insulti alla povera donna rinchiusa nella macchina. - Sherlock, è stata lei, non ci sono dubbi! Smettila! - Urlo infine, zittendolo all'istante. Poi punta i suoi occhi di ghiaccio su di me, mi guarda per un tempo che mi sembra infinito e sento le sue braccia tremare. Non dice altro e i suoi occhi si riempiono di lacrime che lentamente rigano i suoi zigomi appuntiti. - Mi dispiace... - Mormoro senza ricevere niente in risposta.
- John, è meglio se ve ne andate. - Dice Greg che non si è allontanato da noi nemmeno un secondo. Io annuisco, ma Sherlock non sembra essere d'accordo, infatti si asciuga bambinescamente le lacrime con il palmo della mano e protesta immediatamente.
- Questo è il mio caso! -
- Il caso è chiuso, Sherlock. Torna a casa, vai a riposarti. -
- Non avete abbastanza prove! -
- Ha confessato, a noi basta questo. - Sherlock boccheggia incapace di rispondere a quest'ultima affermazione. - Tornate a casa. -

 

Il suo viso sconvolto e distrutto mi fa sentire una schifosa nullità.

 

Greg lo guarda dispiaciuto, consapevole di non poter fare nulla per andargli incontro. Forse anche lui si sente in colpa, ma sa di non avere scelta. Alla fine fa dietro front e si allontana insieme agli altri agenti. 
A quel punto mi sposto davanti a mio marito e gli prendo il viso fra le mani. In quelle iridi leggo la sua delusione. Ci credeva troppo, era convinto che la sua mente fosse pronta ad affrontare di nuovo il suo lavoro, ma a quanto pare è ancora troppo scosso, non si è ancora ripreso dai problemi causati dell'incidente e quella sua convinzione su Ellen ne era la prova tangibile.
- Mi dispiace tanto, Sherlock. - Gli dico, anche i miei occhi si riempiono di lacrime, ora sono lucidi e particolarmente arrossati. Lui si limita a nascondere il viso contro il mio collo e a quel punto scoppia in un pianto disperato. So cosa vuol dire quella reazione: si è reso conto di aver sbagliato.

 

Sta perdendo le speranze sulla sua salute mentale e questo uccide anche me.

 

Lo abbraccio così forte che ho paura perda il respiro, ma lui fa altrettanto, bisognoso di quel contatto, di appigliarsi a qualcosa e lasciarsi andare completamente. Decido di non ricorrere ai calmanti in tasca, forse ha bisogno solo che qualcuno lo compatisca ed io sono pronto a farlo in ogni modo possibile.
- Torniamo a casa. - Dico dopo un po'. Lui annuisce e si stacca da me, cercando di evitare il mio sguardo a tutti i costi per non doversi mostrare fragile ai miei occhi, poi porta un braccio attorno al mio corpo e lentamente ci incamminiamo alla ricerca di un taxi che possa riportarci al nostro appartamento.





Note autrice:

Come ho specificato nello scorso capitolo, ci sono vari motivi per cui vi ho fatti aspettare così tanto, motivi seri che non sto qui a spiegarvi, ma comunque dopo un bel po' di tempo ho deciso finalmente di graziarvi con un nuovo capitolo, sperando che possa piacervi.
Sappiate che comunque mancano pochi capitoli alla fine.
Cosa ne pensate di questa nuova svolta nella storia.
Fatemi sapere nei commenti.
Vi prometto che posterò fino alla fine della storia, dovessero passare mesi, non lascerò che questa long resti incompleta.
Un bacio e alla prossima!

  
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