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Autore: Aryan Devatara    16/04/2018    0 recensioni
Alistair era sempre stato perfettamente consapevole di chi fosse e questo, era stato fonte di infelicità fin dalla sua prima infanzia. Costretto ad entrare nella Chiesa come Templare perché sgradito e, probabilmente, considerata una minaccia al legittimo erede, suo fratellastro, vedeva la sua vita da adulto ormai segnata. La Veglia si avvicinava e lui vedeva questo evento come l'epilogo di una condanna. Il Creatore aveva in serbo ben altro per lui e l'arrivo di Duncan, Generale dei Custodi Grigi, sembra esserne un chiaro messaggio a cui gli eventi stessi, devono piegarsi. Le voci di molteplici ammassi di Prole Oscura si moltiplicano, ma ancora non è chiaro cosa stia veramente accadendo. Solo Duncan, nei suoi sogni, nei suoi incubi sempre più ricorrenti, ha intravisto l'inevitabile: è un Arcidemone e il suo nome è Urthemiel. Deve muoversi in fretta e ottenere ad ogni costo ogni aiuto possibile, anche dalla Chiesa di Andraste. Eppure Il Gioco vuole avere la meglio, la bramosia di Potere tenterà di oscurare le menti, rendendo momentaneamente cieche le persone che maggiormente possono contribuire alla causa. Un nuovo Flagello si avvicina e Duncan deve lottare contro il tempo e non solo, per scongiurare un nuovo annientamento dell'umanità.
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Alistair Therin, Altri, Duncan, Teyrn Loghain
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le ombre si allungavano nelle stanze private della Veneranda Madre, la luce naturale non entrava più dalle colorate finestre piombate. Era il momento di chiudere le pesanti tende di velluto crema, di ravvivare il fuoco e far portare altra legna per la notte: presto l’umidità avrebbe impregnato l’aria e il corpo fermo, avrebbe risentito del freddo nella stanza. Inoltre, ci si doveva preoccupare di chiedere il desinare per quella sera, prima che si facesse troppo tardi e il riposo ne risentisse.
La Veneranda Madre Florénce aveva passato le ore che la separavano dal desinare, con la mente divisa in due: una parte, cercava di concentrarsi per gli ultimi preparativi al Torneo, l’altra, aveva un tarlo che portava il nome di Duncan. Gli aveva messo alle costole una giovane Sorella della Chiesa, una novizia particolarmente sveglia che, doveva seguirlo e scortarlo in un ideale percorso scelto da lei e tenerla aggiornata sui movimenti sospetti del Generale dei Custodi Grigi. Ogni volta che ripensava alle pretese che il Generale aveva avanzato su Alistair, gli si dipingeva sul volto una smorfia di disappunto: come poteva anche solo lontanamente pensare, di poter reclutare per i Custodi Grigi, il bastardo di Re Maric? Con quale arroganza, pensava di strappare alla Via Templare, proprio il bastardo reale? La verità, era che i Custodi Grigi si sentivano al di sopra delle parti e in tale modo agivano: avevano diritto durante un Flagello di reclutare chiunque ritenessero necessario, ma non vigeva alcun obbligo di cedere ciò che veniva richiesto, a meno che non fosse invocato il Diritto di Coscrizione. Il Diritto di Coscrizione faceva parte dell’accordo stipulato con tutte le forze in campo e risaliva ai tempi del Primo Flagello: ne facevano parte i Maghi del Circolo, i Templari della Chiesa di Andraste, i Nani di Orzammar e gli Elfi Dalish, oltre ovviamente agli Arle dei territori che venivano colpiti; qualunque città o Arlea o accampamento fosse stato corrotto dal Flagello, era automaticamente coinvolto nella difesa contro esso e un Custode Grigio Veterano poteva richiedere aiuto alle altre parti dell’accordo.
Bastava dare dei nomi, molti nomi, a Monsieur Générale e avrebbe fatto il suo dovere. Da dove cominciare? Aveva già riflettuto in merito e aveva deciso di cominciare da coloro che erano per lei, scomodi, e dispensando favori ai nobili che la sostenevano; ricordava che, fra le reclute, vi era un rampollo di una famiglia che, scioccamente, si stava mettendo contro la vedova Mantillon: era un candidato perfetto per i Custodi Grigi. A seguire, poteva aggiungere entrambi i figli maggiori dei Du Paraquette, ormai in disgrazia. La Veneranda Madre estrasse dal suo secrétaire in caldo legno di rovere con inserti in oro, un foglio di pergamena filigranata, prese il pennino da scrittura semplice e intinse la punta d’oro nell’inchiostro, immergendosi nella nomenclatura che ne stava nascendo. Il fuoco nel camino stava languendo, ma la Veneranda Madre era troppo impegnata per dargli anche solo uno sguardo. Era riuscita a racimolare 10 nomi, più o meno pregiati e conosciuti, accanto cui seguiva una breve descrizione della famiglia d’origine e del candidato; era un documento decisamente esauriente e Monsieur Générale avrebbe potuto disporne come più gli era gradito. Questo, tuttavia, non toglieva affatto il pericolo che lui ricorresse al diritto di Coscrizione per Alistair, ma davvero il Generale era interessato a mal disporsi verso la Veneranda Madre della Grande Cattedrale di Val Royeaux, la persona più vicina alla Divina? No, forse era avventato e inesperto nel Gioco ma non era né sciocco né uno stupido. Si perse per alcuni attimi nel seguire le effimere ombre che, le fiamme del fuoco morente, proiettavano sulla parete al suo fianco: tutto era deformato, tremolante, debole, instabile; la fioca luce delle piccole lingue di fuoco, non permetteva alle ombre degli oggetti di essere nitide e scure, di replicare con fedeltà, gli oggetti che la circondavano. Un brivido le salì lungo la schiena, arrivando sino alla bocca dello stomaco, dove cominciò a provare un vago senso di nausea; le si gelò il corpo, come se la stanza fosse divenuta improvvisamente fredda e inospitale. La sensazione, a cui non sapeva dare un nome, le infondeva un profondo disagio, quasi un’angoscia nascente, come l’attesa di un evento di cui non si conosce l’esito, il principio, la fine. La fine: cosa sarebbe successo, alla fine? I Custodi Grigi sarebbero riusciti, anche questa volta, nel loro compito millenario? Anche senza un valido ed esauriente aiuto da parte sua?
La Veneranda Madre cercò di scrollarsi dalle spalle quell’ombra innaturale e malefica che la rabbuiava fino al cuore: guardò soddisfatta e compiaciuta la sua opera, la cosparse di impalpabile cenere affinché l’inchiostro potesse asciugarsi senza sbavature e piegò il foglio con cura in tre parti; prese da un cassetto, un cilindro di ceralacca parzialmente consumato, aprì uno degli sportellini della lanterna appoggiata alla sommità del secrétaire e ne sciolse la punta, appoggiando la cera morbida sul foglio ripiegato. Prima che la cera si solidificasse nuovamente, la Veneranda Madre vi appose il sigillo che portava al pollice sinistro. Ecco, il documento era pronto: doveva consegnarlo subito e dare a Duncan il vantaggio di sapere che fra quei nomi, non c’era il suo favorito, o aspettare il mattino, al Torneo, in modo che il Generale lo leggesse solo all’ultimo momento? Optò per la seconda soluzione, riponendo il documento in uno scomparto segreto del secrétaire.
Si sentiva di aver compiuto il suo dovere, ma non si sentiva né in pace né vincitrice: la faccenda del Diritto di Coscrizione, sapeva che non poteva darle una vittoria sicura e schiacciante, nemmeno se questo significava causare disdicevoli incidenti diplomatici con la Chiesa di Andraste. E c’erano delle ombre, molte ombre sul suo futuro, sul futuro di tutti i popoli, se la Prole Oscura fosse stata sufficientemente numerosa da invadere la superficie. Infastidita, sentendosi principalmente sciocca, chiamò la sua novizia perché le portasse un pasto leggero, con poca carne e poco pane e riattizzasse il fuoco, portando nuova legna. Quando la novizia tornò, sotto il peso del cesto per rifocillare il camino che le penzolava da un braccio, reggendo saldamente tra le mani il vassoio del desinare per la Veneranda Madre, coperto da un lindo telo di lino, fu informata che l’Alto Comandante de Caumont aveva ufficialmente invitato Monsieur Générale ad unirsi al loro desinare ed era ospite alla tavola alta; la novizia capì dall’incupirsi del volto della Veneranda Madre, che non era una notizia a lei gradita: risparmiò i particolari e i pettegolezzi che aveva udito dai servitori delle cucine, posando sul tavolo di rovere, abbellito da preziosi inserti, il vassoio per la Veneranda Madre e dedicandosi interamente al camino, in silenzio. Fu congedata poco dopo, con uno stizzoso cenno della mano e sempre in silenzio, si ritirò. La Veneranda Madre bevve avidamente metà del calice di vino che le era stato portato, fissando la ciotola di terracotta invetriata bianca che ospitava due grossi bocconi di carne al sugo di bacche e mezza pagnotta di pane ai cereali: l’Alto Comandante era stato un ospite perfetto ed onorevole; come poteva non condividere il suo cibo con il Generale dei Custodi Grigi? Non gli era stato dato alcun avvertimento, ne aveva proibito alcuna confidenza ed era giusto che non l’avesse fatto, tuttavia questo rappresentava un ulteriore vantaggio: Duncan aveva forse parlato con de Caumont di Alistair, o forse, del motivo per cui era lì? Anche se lo aveva fatto, l’Alto Comandante non aveva potere decisionale senza il suo veto, quindi non aveva, in realtà, nulla da temere: anche se de Caumont fosse stato d’accordo con Duncan nel cedere Alistair ai Custodi Grigi, era lei che doveva prendere la decisione e, de Caumont, sarebbe stato ridotto al silenzio. In qualche modo rincuorata, prese con calma le sue posate dai preziosi manici in corno e cominciò a consumare il suo ultimo pasto prima di coricarsi, in attesa del grande evento e di grandi cambiamenti. Le ombre, nella sua camera dalle pareti avorio, si erano fatte più scure, più nitide, più numerose: sembravano rincorrersi sul pavimento, sul soffitto, confondendosi, nascondendosi nelle ombre prive di luce della sua camera da letto. Madre Florénce, anche se scaldata e illuminata dal fuoco, prese la piccola lanterna posta sul secrétaire, posandola vicino al vassoio, fissandone spesso la luce quieta e luminosa, mentre consumava pigramente il pasto frugale della sera. Vi erano molte ombre in quella notte, ma lei era decisa a scacciarle tutte, avesse dovuto farlo una alla volta.
   
 
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