Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: deine    18/04/2018    4 recensioni
Terza classificata al contest "Hotel Supramonte" indetto da id_s sul forum e giudicato da 6Misaki.
L'ultimo anno a Hogwarts di Scorpius e Rose.
Rose è sicura che lo sguardo di Scorpius non si sia mai soffermato su di lei più del necessario. Volontariamente esclusa dalla popolarità dei suoi cugini, vaga per la scuola in cerca d'amore.
Scorpius sa di essere un Malfoy. C'è bisogno di aggiungere altro, quando ci si innamora della figlia di Ron e Hermione?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ron Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

                                                                                                            PRIMAVERA

 

Rose si guarda allo specchio, raccoglie i capelli in una coda, poi li lascia cadere sulle spalle.

Si morde il labbro; solleva di nuovo le ciocche rosse. Sfida il suo riflesso nello specchio e perde. Scombina un po' l'acconciatura, non vuole sembrare troppo formale.

Si strofina forte le guance, cercando di dare loro un po' di colore. La sua pelle, mortalmente pallida ed emaciata, contrasta con gli occhi arrossati.

Grazie al cielo, ho una bocca per bere³, si dice, in un tentativo di patetica ironia. In quei giorni piange tanto e si disidrata. Ha le labbra perennemente secche e la sua tristezza la rende debole. Allunga una mano a prendere gli occhiali, ma all'ultimo momento li lascia sul tavolino ed esce senza.

È il suo compleanno: la vorranno vedere allegra e frivola, la metteranno al centro dell'attenzione e le punteranno addosso un riflettore.

Rose non si sente una stella; non vuole brillare per tutti, no, le basta fare parte dell'immagine. Ha provato a essere diversa, per qualche mese ci è anche riuscita, ma ha capito troppo in fretta che quello non è il suo posto.

Percy⁴, invece, brilla di luce propria; l'ha resa la sua luna e l'ha usata per risplendere ancora di più. È luminoso come il dio Sole, quando stringe la mano di Rose in corridoio, e nessuno può fare a meno di guardarli.

Ma quando sono soli, Percy è solo un ragazzo; quando le porte sono chiuse a chiave e nessuno può sorprenderli, qualcosa scricchiola. Egli è meno affascinante e ammaliante, persino meno bello. La tratta senza delicatezza, come se l'intimità fosse un dovere e le apparizioni in pubblico fossero ludibrio. Fa sesso senza emozione; entra ed esce da lei goffamente e in fretta. Le dedica solo un paio di carezze aride, prima di rivestirsi.

Rose ha imparato dai film e dai libri che l'amore è fuoco e passione e intimità, ma è troppo inesperta e dubbiosa per confrontarsi con Percy. Prende ciò che lui le offre e non chiede nulla di più. Nella sua testa, però, immagina altre mani che la stringono e diversi capelli da accarezzare. Chiude gli occhi ed è con Scorpius, che è tornato prepotentemente a fare da padrone nella sua testa. Si sente in colpa: tradisce Percy con il pensiero di Scorpius, mentre tradisce il pensiero di Scorpius con Percy.

Studia di notte; consegna i compiti in tempo, segue le lezioni, ma passa i pomeriggi con gli amici di Percy, a fingere di essere la fidanzata modello. È popolare, ammirata, copiata, ma infelice.

È una stella.

L'altro giorno ha visto Scorpius in corridoio. Si sente debole, quando lui la guarda anche solo per un attimo, e lei ha paura dei suoi occhi. Non riesce a reggere l'intensità che lui riesce a mettere in ogni singolo sguardo. In quei momenti, non c'è niente di più del rammarico in lei: sa che lui la disprezza di più, adesso che è diventata come i suoi cugini, uno di quelle banderuole dai colori chiassosi che lui odia tanto.

A volte se chiude gli occhi e si concentra molto, le sembra di essere quasi vera e non una bambola costruita ad arte.

Non le importa della falsa felicità, della popolarità per procura che ha acquistato nei mesi precedenti; preferirebbe essere solo una comparsa con Scorpius che una stella al braccio di Percy.

Un dolore autentico o una felicità finta.

Ma sa che la scelta più onesta è anche la più dolorosa. Ha paura di soffrire.

Vorrebbe avere la forza di scegliere la seconda opzione, di tirarsi fuori dalla sofferenza che la sua passione irrisolta per Scorpius è diventata, ma è troppo debole. La sua è una lotta che non può vincere.

Mentre gli occhi di Scorpius tornano a lampeggiarle in mente, pensa che presto dimenticherà questi sprazzi di lucidità; non passerà molto tempo prima che si dimentichi com'era essere, anche se per poco, una Rose diversa.

Non sa ancora se è la sua salvezza o la sua condanna.

 

 

Il coro di “Buon compleanno!” scoppia prepotente nella Sala Grande. Scorpius non ha bisogno di sapere che cosa, o più precisamente chi, l'ha innescato. Prende la sua borsa e si dirige verso l'uscita. È di cattivo umore, come sempre. Lo sguardo fosco non perde di intensità neanche quando passa accanto a Rose e il suo profumo gli solletica le narici. Riesce a non degnarla di un'occhiata e, esultando dentro di sé per la sua forza d'animo, esce.

«Scorpius!»

Il suo cuore ha un sussulto, ma egli cerca di metterlo a tacere e di voltarsi piano. Rose è davanti a lui, trafelata ma a disagio. Gli è corsa dietro.

Gli porge un libro. Scorpius riconosce la copertina: è suo, era nella sua borsa.

«Ti è caduto» gli spiega, accennando un sorriso timido. «Grazie» risponde lui. Vorrebbe dire qualcosa per non lasciarla andare via. Il panico inibisce i suoi pensieri, ogni frase che formula nella sua testa suona irrimediabilmente imbarazzante.

«Le affinità elettive. Mi ha sempre incuriosito, ma non l'ho mai letto» dice Rose; anche lei sembra incredula e imbarazzata e Scorpius ne è rincuorato. Forse in lei c'è ancora qualcosa della vecchia Rose.

Senza pensarci due volte, le porge il tomo. «Te lo presto. Io l'ho finito giorni fa» le risponde, troppo frettoloso per riuscire a sembrare a suo agio. Balbetta, quasi.

Rose sorride e prende il libro senza farselo ripetere. Più tardi si chiederà se non sia stata troppo affrettata e temerà di essergli parsa maleducata, ma per ora l'istinto la guida e nel suo intimo esulta.

Lo saluta e scappa, stringendosi il libro al cuore non appena si volta.

Scorpius la richiama. «Buon compleanno!» esclama, quando sono ormai già lontani, senza smettere di camminare.

In un attimo, Rose si sente cadere; la sua libertà è finita per sempre.

È il ventuno marzo e quel pomeriggio, quando Percy, tentando di infilarsi nel suo letto, getta a terra il libro di Scorpius, Rose lo spinge gentilmente fuori dalla porta.

Mentre guarda la primavera sbocciare fuori dalla finestra, pulisce gli occhiali impolverati sulla manica della maglia.

 

Aprile e maggio scorrono come fotogrammi sulla pellicola, in un turbine di fioriture sequenziali e profumate passate inosservate; più di un'esplosione, la primavera è un virus che si insinua nelle ossa e scorre nel sangue fino alle meningi, dove libera la sua tossina.

Non c'è più tempo, il dogma che regola le vite frenetiche degli studenti destinati a lasciare il castello.

Non c'è più tempo, urlano i passerotti e le magnolie agitate dal vento.

Non c'è più tempo, la voce riecheggia tra le torri e si schianta contro i vetri delle finestre.

Essa parla a chi sa ascoltare.

 

                                                                                                                         ESTATE

 

I MAGO cessano di terrorizzare gli studenti del settimo anno quando giugno volge al termine. Rimane giusto qualche notte e qualche giorno di pace, in cui gli studenti, che si sono alienati da tutto e tutti in vista degli esami, riprendono confidenza con il castello e si preparano a dargli il loro addio definitivo.

La malinconia appesantisce l'atmosfera. I più giovani gioiscono per l'inizio delle vacanze estive, si promettono l'un l'altro di scriversi ogni giorno e di vedersi spesso. Hanno il cuore leggero, passano i pomeriggi liberi sdraiati nel parco.

Rose cammina accarezzando i muri; ha sempre le mani sporche di polvere e i polpastrelli arrossati, ma non è la sola a fare strane cose. Ogni studente saluta Hogwarts nel suo modo personale e privato. Persino il clan Potter-Weasley piange in silenzio i membri uscenti.

 

Le valigie sono pronte e alcuni sono anche già partiti. Rose aspetta il treno. Ha salutato i professori, Hagrid, ogni angolo della scuola dove è stata felice. Ha rivolto occhiate amorevoli a tutti i dipinti, ai fantasmi, persino alle armature.

Non piange più; aspetta in piedi nel giardino, incurante del caldo. Ogni tanto si sventola con un pezzo di carta.

Non ha ancora salutato Scorpius. Per una volta in vita sua ha giocato d'astuzia. Ha tenuto per mesi Le affinità elettive sul comodino, pur avendolo terminato in appena una settimana. Non le importa che lui pensi che se ne sia dimenticata, vuole solo una scusa per potergli dire addio.

Non solo si è abituata a lui, ma è assuefatta. Non ha più la speranza che la sua situazione possa cambiare; semplicemente ha atteso la fine del settimo anno con sentimenti contrastanti: desiderando che la sua agonia finisca e che l'assenza di Scorpius le porti sollievo e finalmente la pace, oppure temendo di non vederlo mai più, prospettiva che la terrorizza e la rende triste e ombrosa.

Potrebbe dirglielo adesso. Accarezza l'idea, mentre lo aspetta nel luogo concordato per incontrarsi, davanti al Lago Nero. Deve essere il caldo, pensa, quando l'idea non le sembra più così folle.

È l'ultimo giorno di scuola, probabilmente non lo incontrerà mai più. Potrebbe tentare di invitarlo a cena. No, la cena è troppo impegnativa; magari un pranzo o un caffé in un bar. Si immagina seduta nel dehor di un locale con Scorpius, impegnata in una conversazione o intenta a ridere di una sua battuta. Le sembra un sogno, bellissimo ma irreale. Come al solito dimentica di non essere solo Rose, ma Rose Weasley, e che lui non è solo Scorpius, ma Scorpius Malfoy.

Scorpius la sorprende mentre non si è ancora decisa. È accaldato, ma bello: i suoi capelli assorbono la luce del sole e la rigettano tutt'intorno, creando una sorta di alone dorato intorno alla testa del loro proprietario. A Rose ricorda il bambino che ha visto a King's Cross sette anni prima e che l'ha subito affascinata.

Il parco è quasi deserto; tutti gli studenti si sono allontanati a gruppetti verso la stazione, solo loro sono rimasti indietro. La solitudine mette entrambi a disagio. È Rose a rompere il silenzio.

«Ti ho riportato il libro» dice, porgendoglielo. Lui lo prende, ma quasi a malincuore. Rimane nella sua mano che lo rigira, lo sfoglia, tortura le pagine. Poi Scorpius pensa che Rose potrebbe risentirsi, se credesse che lui stia controllando le condizioni del volume, e si ferma.

«Grazie. Ti è piaciuto?» le chiede.

Rose sorride e abbassa gli occhi. «Veramente, no. La fine è... devastante» mormora.

Scorpius, in uno slancio disperato che nemmeno lui capisce, decide di esporsi.

«Finisce male?»

Lei lo guarda stupita. «Pensavo l'avessi letto tutto».

«Non tutto».

Rose arrossisce e risponde: «Non poteva andare altrimenti. Erano... dannati dal principio». La voce le si spezza a metà della frase e un groppo doloroso le schiaccia la gola. Ricaccia indietro le lacrime. Ringrazia le sue lenti spesse, che nascondono tutto, anche i sentimenti.

Scorpius rimane inchiodato sul posto, senza sapere cosa dire, il dolore a intorbidirgli gli occhi azzurri.

Forse non c'è bisogno di dire nulla di più. Rose ha riassunto tutto perfettamente; per questo la ama: spesso è fuoco e vento, lo disturba e lo tortura, ma in alcune rare occasioni riesce a mettere pace nel suo cuore.

Ma l'amore non è pace e non è neanche il silenzio pregno di rimpianto che si instaura tra di loro.

Forse capiscono, mentre si fissano a lungo negli occhi, forse non scalfiscono neanche la superficie.

Si incamminano insieme, senza riuscire a dirsi nulla.

Finalmente, sono in pace con loro stessi e l'uno con l'altro.

Hanno aperto la partita sette anni fa e la chiudono adesso in parità. Sembra giusto che la loro non-storia rimanga tra le mura di Hogwarts: è un amore troppo fragile per sopravvivere al mondo esterno.

Lo affidano con reverenza alla memoria del castello, sapendo che esso non li tradirà.

 

Alla stazione si perdono di vista; sul treno si siedono ai capi opposti della carovana; a King's Cross non si cercano.

Di Rose e Scorpius rimane solo uno sguardo carico d'amore e dolore, sulla riva di un lago in un giorno d'estate, e una frase, implicita ma reale: è troppo tardi.

Ma c'è un albero a Hogwarts, che accarezza con le sue fronde l'acqua del lago e protegge un segreto morto da tempo.

Due costellazioni, tracciate con la punta di un coltello da un giovane innamorato, imbarazzato dalla dolcezza dei suoi sentimenti stessi: le stelle appena abbozzate, le linee di congiunzione storte e calcate. Un ricordo che almeno quell'albero custodirà per sempre, quando gli occhi di chi l'ha vissuto saranno diventati opachi e fissi.

Un particolare sullo sfondo di una fotografia color seppia, un mistero per gli occhi di chi sa cercare.

Ma il sipario si è abbassato prima che gli attori finissero di dire le loro battute e il pubblico si è alzato senza certezze.

Ti amerò per sempre, Rose.

Ti amerò per sempre, Scorpius.

 

 

 

 

¹ Citazione dalla canzone “Hotel Supramonte” di Fabrizio de Andrè.

² Andromeda nella mitologia greca era figlia di Cassiopea, che offese gli dei vantandosi di essere più bella delle Nereidi. Per questo motivo Poseidone mandò sulle coste del regno di Cefeo, padre di Andromeda, un mostro marino per fermare il quale fu necessario sacrificare la fanciulla. Ella venne poi salvata da Perseo, mentre era già incatenata alla roccia pronta a essere divorata. Nella storia Rose è Andromeda perché espia il “peccato” di essere figlia di Hermione e Ron, gli eroi, posizione che la mette in difficoltà con non solo con Scorpius ma anche con gli altri compagni. Inoltre è anche un rimando all'Andromeda potteriana, emblema della rottura delle convenzioni Purosangue.

³ Citazione dalla canzone “Hotel Supramonte” di Fabrizio de Andrè.

⁴ Il nome Percy è un rimando al Perseo mitico, il cognome McLaggen l'ho utilizzato per analogia con i libri originali, in cui Cormac McLaggen dà il tormento a Hermione. L'avevo immaginato come un ipotetico figlio o nipote.

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: deine