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Autore: lady lina 77    10/05/2018    1 recensioni
"Hai ragione, non puoi più essere la mia serva" - disse Ross, decidendo quasi senza pensarci di sposarla.
E poi, cosa succede fra quella scena e il matrimonio fra Ross e Demelza nella Chiesetta di Sawle? Con un pò di fantasia ho cercato di riempire quel buco di trama che racconta i giorni che hanno portato, da una notte d'amore inaspettata, a un matrimonio riparatore che col tempo si rivelerà la miglior scelta della loro vita, dando inizio a un grande e travagliato amore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino dopo si svegliarono presto. Ross aveva intenzione si sbrigare tutte le faccende burocratiche e pratiche relative al matrimonio quanto prima e il primo passo erano le pubblicazioni di matrimonio dal Reverendo Odgers, alla Chiesetta di Sawle.

Demelza si era svegliata presto come al solito e, quando la raggiunse, era in cucina che svolgeva le normali attività a cui era abituata. La prese in disparte e le disse di prendere il mantello perché avevano faccende da sbrigare e Jud e Prudie, vedendoli uscire insieme a cavallo, non percepirono nulla di strano. In fondo non era così raro che loro due uscissero insieme per delle commissioni.

Come le aveva consigliato, Demelza non aveva aperto bocca coi due servi circa l’imminente matrimonio. A tempo debito ci avrebbe pensato lui a parlarne con loro ma preferiva non farlo con molto anticipo. Jud e Prudie avevano la bocca più larga del loro stomaco e Ross non aveva voglia che tutta la Cornovaglia si intromettesse nelle sue faccende personali urlate ai quattro venti dai due nel giro di poche ore.

Quando furono abbastanza lontani da Nampara, Ross rallentò il cavallo. “Sai dove stiamo andando?”.

No, Sir”.

Ross sospirò. “Ne abbiamo parlato ieri sera, ricordi? Dobbiamo fare le pubblicazioni col Reverendo Odgers”.

Lei deglutì. “E’ dove dovrò firmare?”.

Sì. E mi raccomando, digli che hai già compiuto diciotto anni”.

Ma è una bugia!” – obiettò lei.

Ross ci pensò su. Beh, lo era in effetti ma non mancava poi molto al suo compleanno. “Lo è ma per poco! Se dici che hai ancora diciassette anni, Odgers vorrà la firma di tuo padre sull’atto”.

Nel sentir nominare suo padre, Demelza sbiancò. “Oh no, lui no!”.

Ross la osservò. Aveva i capelli raccolti con una fascia come il giorno prima e indossava il solito modesto abitino giallo. E la trovava adorabile nelle sue paure e debolezze. Nonché nella sua semplicità… E se sposarla fosse diventata la sua fortuna? “Bene, allora hai ufficialmente diciotto anni qualche settimana prima del tuo compleanno e questo segreto resterà solo fra me e te”.

Lei annuì, non del tutto convinta ma dandogli fiducia, come sempre.

Ross guardò l’orizzonte man mano che avanzavano, osservando la Chiesetta che si avvicinava. “Dopo le pubblicazioni, andiamo a Redruth”.

Demelza si voltò verso di lui, forse ricordando che era in quel villaggio e nella sua fiera che si erano incontrati, alcuni anni prima. Un gentiluomo e una monella vestita di stracci col suo cane pieno di pulci… E ora si stavano per sposare. “Perché?”.

Beh, ti servirà un abito per il matrimonio”.

Demelza si guardò, sfiorando la stoffa del vestito che indossava. “Questo non va bene?”.

Gli venne da ridere a quella domanda. Ogni donna sognava un matrimonio con un’elegante abito bianco, ma lei stranamente sembrava non pensarci. “Non è un abito adatto alle nozze. Non sei mai stata a un matrimonio?”.

No Sir”.

Non ne hai mai visto uno? Una sposa?”.

Lei ridacchiò. “Sì certo, a Illugan quando c’erano i matrimoni, si brindava di sera in strada”.

E le spose com’erano vestite?”.

Demelza alzò le spalle. “Con normali abiti. Un po’ più belli di quelli che si usano per lavorare, ma abiti normali. Solo puliti, ecco…”.

Ross sospirò. Santo cielo, lei arrivava da una delle zone più povere della Cornovaglia dove in un matrimonio c’era poco spazio per fronzoli e amenità. Ad Illugan e in tanti posti simili, le spose non indossavano abiti bianchi, il bouquet era composto da fiori di campo e il pranzo nuziale era poco più che un pasto normale, annaffiato da litri di birra scadente. “Beh, non ti sposi con un uomo di Illugan e anche se ho poco denaro e non ho intenzione di fare grandi festeggiamenti, credo che tu possa comprare un abito che ti piace senza pensare a quanto costi e a quanto può essere superfluo. Le spose di solito indossano abiti bianchi”.

Lei ridacchiò ancora. “Il bianco è il colore della purezza, dicono. Non credo sia adatto a me”.

Rimase sbalordito a quelle parole, come spesso accadeva quando si dimostrava più acuta e realista di quanto non dovesse essere alla sua età. Si sentì in colpa per lei, per averle tolto quella purezza in un atto istintivo dovuto a un momento difficile, a cui stava cercando di rimediare con un matrimonio frettoloso e senza l’amore come collante e base. “Mi dispiace” – sussurrò, quasi d’istinto.

Lei lo guardò spaesata, come non capendo subito la natura di quelle scuse. Poi però comprese, assumendo un’espressione seria. “Non dovete chiedermi scusa, Sir. Non mi avete forzata, quello che è successo l’ho voluto io più di voi”.

Ross scosse la testa perché le cose non stavano esattamente così e di nascosto, dentro la sua anima, inconsciamente, già da tempo desiderava averla. E come aveva pensato il giorno prima mentre le chiedeva di sposarlo, sarebbe stata solo una questione di tempo. Se non lo avesse sedotto lei con quel vestito azzurro, sarebbe occorso qualche altro avvenimento a condurli dritti in camera da letto. “Le cose non stanno proprio in questi termini, Demelza”. Fermò il cavallo e saltò giù, aiutandola poi a fare altrettanto, come aveva fatto la sera prima. Erano ormai a pochi metri dalla Chiesetta. “Sei pronta?” – chiese, chiedendosi se fosse pronto anche lui.

Sì Sir, ma…”.

Ma, cosa?”.

Lei si torse le mani con nervosismo. “Il vestito… Se proprio dobbiamo comprare un abito nuovo, non lo voglio davvero bianco. Non lo indosserei più e spenderemmo dei soldi per nulla”.

Che vuoi dire?”.

Demelza sorrise. “Preferisco comprare, se proprio devo, un abito abbastanza bello ma che posso poi utilizzare ancora. Sarebbe un modo migliore per spendere del denaro, no?”.

Rimase stupito, di nuovo. Aveva una notevole maturità e senso pratico e in fondo, viste le sue scarse finanze, poteva pure essere la soluzione ideale per entrambi. Lei non si sarebbe sentita in colpa per un acquisto che riteneva inutile e lui non avrebbe visto ridursi ulteriormente il suo già misero patrimonio per una cerimonia di pochi minuti. “Compra l’abito che vuoi, fa come vuoi. Purché tu sia contenta, a me va bene tutto, anche perché io di queste cose me ne intendo ben poco e in fondo, come te, le giudico di scarsa importanza”. Dicendo quelle parole, si chiese cosa avrebbe fatto Elizabeth, se avesse sposato lei. Si sarebbe accontentata di un matrimonio semplice e senza fronzoli o avrebbe rimpianto di averlo scelto come sposo?

Posso prenderlo del colore che voglio? – chiese lei, con una eccitazione quasi di stampo infantile.

Le si avvicinò, fiorandole i capelli e la fascia che li teneva a bada. “Fa-come-vuoi!” – rispose, con leggerezza. Poi le tolse la fascia, facendo ricadere sul suo collo quella massa di ribelli boccoli rossi. Ecco, ora non era più Demelza, la sua domestica. Ora era la Demelza appassionata e intrigante che aveva amato due notti prima… Aveva qualcosa di magnetico in lei, un misto di candore e passione che lo attirava come una calamita a cui non si può sfuggire. Era bella, a modo suo… Forse una bellezza non ancora del tutto sbocciata ma che era lì, a due passi dall’essere sua. E questo lo inebriava in un modo che ancora non riusciva a spiegare. “E ora mia lady, che ne dici se andiamo a fare queste benedette pubblicazioni?”.

Lei rise, sentendosi chiamare così. “Sì Sir!”.

Le prese la mano, attirandola a se. “Ecco, chiamami Ross davanti a Odgers. Sarebbe alquanto strano se davanti al Prete che ci sposerà, tu mi chiamassi Sir”.

Si guardarono in faccia e improvvisamente, nello stesso istante, scoppiarono a ridere. Ed era la prima volta da quella notte insieme e dalla tensione che aveva generato… E quello, a Ross, sembrò il momento migliore per chiederla ufficialmente in sposa. E sull’onda di questa improvvisa certezza, d’istinto le diede un lungo e appassionato bacio sulle labbra.

...

Il Reverendo Odgers li guardò storto e il suo disappunto fu soprattutto verso Ross.

Nel suo sguardo, il capitano lesse chiaramente l’avversione per la situazione scabrosa che, immaginava, si era creta fra padrone e servo e soprattutto il rimprovero per la giovane età della sposa. E poi… e poi ovviamente, come avrebbero fatto in tanti, non approvava che due classi sociali tanto diverse si mischiassero con un matrimonio.

E tutto questo, Ross lo trovava estremamente divertente…

Demelza, ingenuamente, non si accorse di nulla. O forse erano l’emozione e la paura a non farle percepire ciò che la circondava.

Il Reverendo Odgers non fece commenti ma si limitò, dopo un’infinita serie di occhiatacce, a far loro le raccomandazioni di rito e a far firmare il documento. La firma di Demelza fu stentata e tremante come si aspettava. Ciò che non si aspettava minimamente era che anche lui, firmando, si trovasse a tremare. Era paura? Emozione? O una presa di coscienza di quello che stava per fare?

Ma firmò e facendolo si rese conto che stava facendo qualcosa di importante. Non era una certezza ma una strana consapevolezza dettata da un sesto senso che, prepotentemente, gli suggeriva che forse non aveva preso la strada sbagliata. Non sapeva dove sarebbe finito né che genere di vita avrebbe fatto con accanto una moglie tanto giovane e tanto diversa da lui, eppure una volta qualcuno gli aveva detto che son proprio i matrimoni fra persone molto diverse, i più riusciti. Faticava a credere che un giorno, forse, Demelza sarebbe stata alla pari di Elizabeth o l’avrebbe addirittura superata ai suoi occhi e nel suo cuore, però… E se fosse successo? Come avrebbe amato quella strana e per certi versi ancora misteriosa ragazzina? E soprattutto, avrebbe rimpianto quell’amore mai consumato per Elizabeth, pur amando un’altra? Poi pensò che doveva smetterla di farsi tutte quelle domande e di non avere troppe aspettative. Stava sposando una ragazzina che non amava, per senso del dovere, per riparare a un errore e per nascondere a se stesso una ferita che non sarebbe mai guarita. Non doveva sentirsi in colpa verso Demelza, non poteva amare qualcun altro che non fosse Elizabeth e dopo tutto stava offrendo a quella ragazzina una vita migliore, affetto e cura. Demelza non poteva chiedere di più!

Queste e mille altre cose pensò, uscendo di Chiesa. Lasciarono il Reverendo Odgers con la promessa di ritrovarsi per il matrimonio il 24 giugno, a scadenza delle pubblicazioni. E poi si diressero verso Redruth. Aspettò Demelza fuori dalla bottega della sarta, arrendendosi davanti all’eventualità che avrebbe dovuto star lì una vita. Tutte le donne, nessuna esclusa, ci mettevano ore per scegliere un abito! E Demelza non avrebbe fatto differenza…

Eppure, ancora una volta, riuscì a stupirlo: infatti, dopo appena mezz’ora, uscì con un abito incartato in una carta bianca, soddisfatta e apparentemente contenta. “Già fatto?”.

Sì Sir, quanto ci vuole?”.

Hai preso il vestito che più ti piaceva?”.

Lei allungò la mano, prendendo la sua e facendovi scivolare delle monete. “Sì e non ho speso molto! Ecco il resto dei soldi che mi avete dato”.

Ross fece tintinnare le monetine nella mano, rendendosi conto che aveva risparmiato molti dei soldi che le aveva dato. “Potevi anche spenderli tutti! E’ il tuo abito di nozze che hai scelto, benché la cosa pare non interessarti”.

Lei saltò sul cavallo con un gesto da perfetto maschiaccio. “Non era necessario, Sir. Non serve spendere tanti soldi per un buon vestito. È un bell’abito, mi piace il colore e la stoffa è bella”.

La fissò per un attimo, rendendosi conto che forse sarebbe diventata un’ottima padrona per Nampara. Era oculata, per nulla capricciosa e aveva sempre il sorriso sulle labbra nonostante le avversità. D’istinto allungò una mano, stringendone una delle sue. “Sicura di essere contenta della tua scelta?”.

Sì”.

Ross saltò sul cavallo, cingendole la vita e sprofondando il viso fra i suoi capelli che profumavano del vento di primavera. “Il 24 giugno saremo marito e moglie, allora. Non manca davvero nulla adesso”.

Demelza si voltò. “Una cosa manca, a dire il vero. Non lo dovete dire alla vostra famiglia?”.

Ross deglutì. Ci aveva pensato ma dirlo, parlarne e affrontare i suoi parenti di Trenwith avrebbe portato a infinite discussioni e ripensamenti, soprattutto a confronto con Elizabeth e coi sentimenti che risvegliava in lui. Era meglio evitare e dir loro tutto quanto a cose fatte. “Non è necessario, preferisco aspettare”.

Demelza non chiese una spiegazione alla cosa, pensando probabilmente che non fossero faccende che dovessero riguardarla. “E a Jud e Prudie?”.

Già, Jud e Prudie… Ecco, aveva ideato un modo per dare un’utilità a quei due fannulloni. “Ti potrebbero andar bene come nostri testimoni, quei due?”.

Jud e Prudie?” – chiese lei, divertita. “Accetteranno?”.

Anche lui rise. “Beh, in teoria dovrebbero eseguire ogni mio ordine. E a breve sarà così anche nei tuoi confronti”.

"Santo cielo! Mi odieranno per questo" – pensò, guardandolo divertita e quasi incredula. “Beh ma quella dei testimoni è una faccenda diversa. Però se accetteranno, per me va bene”.

La strinse a se, teneramente. “Credo sia una buona idea comunicarglielo la mattina del matrimonio. Non voglio dirglielo prima o entro sera lo saprebbe tutta la nazione e preferisco vivermi in pace questi giorni di attesa”.

Va bene” – rispose lei, docile.

Torniamo a casa, Demelza?”.

Lei strinse il pacchetto con l’abito che teneva fra le mani. “Sì Sir”.

La baciò sulla nuca, provando un profondo affetto per lei. Nonostante tutto non poteva dire di non star bene in quel momento e di essere, in un certo senso, felice. “Come ti sembra come data per un anniversario, il 24 giugno?”.

Non lo so, dipende da come la vivremo nei prossimi anni” – rispose lei.

E ancora una volta, in quella giornata, Ross si fermò a pensare a quanto fosse saggia la sua giovane, futura moglie.


  
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