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Autore: Evenstar75    04/06/2018    1 recensioni
Di recente, Demi Salvatore ha dovuto fare i conti con due verità sconvolgenti: non solo ha scoperto di essere la figlia segreta di Damon ed Elena ma, come se non bastasse, adesso sa anche di essere la ''Prescelta''.
Intenzionata a sfruttare i suoi poteri per dominare il mondo dei vivi e dei morti, una strega crudele di nome Sophie Deveraux le dà la caccia e vorrebbe costringere lei e Prince Mikaelson (il bellissimo ed inquietante figlio di Klaus) a spezzare la Maledizione della Clessidra.
Gli abitanti di Mystic Falls della vecchia e della nuova generazione, tuttavia, sembrano disposti a tutto pur di impedirglielo.
Accompagnata da Sheila Bennett e Mattie Lockwood, le eredi di Bonnie e di Caroline, ed innamorata di Nick Mikaelson, il figlio di Elijah che ha sacrificato se stesso per salvarla, Demi si ritroverà a combattere per difendere la propria vita e quella dei suoi cari, mettendo a repentaglio tutto quello in cui ha sempre creduto ed aprendo il suo cuore a moltissime nuove, oscure e stupefacenti esperienze.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Shattered ones 

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Sheila: ‘’Il sangue di vampiro è noto per le sue eccezionali qualità rigenerative.’’
Will: Non c’è cura che possa impedire alla sua anima di sgretolarsi,
niente a parte la spada di Luinil.
Con il sangue di vampiro Nick sarebbe più in forze, ma… nulla di più.
*Damon dà comunque il suo sangue a Nick*
 
*Damon, Sheila e Will salvano la strega Liv Parker
dalla campagna di trasformazione in Demoni
messa in atto dalla vampira Alice,
ma è già troppo tardi per il resto della famiglia della ragazza*
 
Alice a Damon: Qualsiasi creatura già magica, Licantropo, Strega o Vampiro che sia, una volta contaminata dal siero dell’Inferno, si trasforma in qualcosa di diverso da un’Ombra.
In un Demone.
Perciò assicurati che le future incubatrici di veleno demoniaco
abbiano in circolo anche solo qualche goccia del nostro prezioso sangue,
così potranno dire addio alla loro anima molto più velocemente.
 
Bastiana *nel limbo*: Il tuo tempo è scaduto, Nicklaus Mikaelson II. Non c’è più alcuna possibilità, per te. D’ora in avanti, sarai vincolato in modo permanente a questo universo di tormento, e ci rimarrai. Sempre. E per sempre.
 
Mattie: C-come farò, Nick? Come faremo ad andare avanti? Senza di te? Cosa dirò a Demi? E a Prince, che cosa dirò a…?
Nick: Di’ loro che li amo… così come amo anche te.
 
*Nick completa la transizione, trasformandosi in un mostro*
 
Jackson: Ma tu avevi preso un’arma stregata. Quando quell’affare ti venne abbastanza vicino, lo infilzasti.
Mattie: Solo per scoprire che fargli fare la fine di uno spiedino non era sufficiente a neutralizzarlo.
 
*Demone-Nick estrae la lama azzurra dal proprio petto, rimanendo illeso,
poi colpisce a morte Mattie ed Eve e sparisce nella notte*
 
*Prince si rende conto che per Nick non c’è più speranza*
Prince: Perché stiamo andando avanti?
Che senso ha aver raggiunto questo posto, ormai?
Chi vogliamo prendere in giro, eh? Sophie ha vinto! Ha già vinto!
Se Eve non ce l’ha fatta, se lei è morta,
vuol dire solo una cosa…
che il tempo è scaduto, che la strega si è presa anche mio fratello,
che in quella Capanna è tutto finito, finito…
*Demi, piangendo, abbraccia Prince*
Demi: La strega, Shane, i loro servi infernali…
li ridurremo in cenere, tutti quanti, fino all’ultimo... io e te.
Capito? Te lo prometto, Prince. Non ci daremo pace. Mi hai sentito?
Ci vendicheremo. La distruggeremo. Te lo prometto.
 
***Un mese dopo***
 
Elena: Non voglio che tu te ne vada. Ti prego, Stefan.
La casa al Lago non ti darà le risposte che cerchi,
finirà solo con l’allontanarci di più…
Demi ha già perso il ragazzo che amava, non può perdere anche te.
In un momento simile, ha bisogno della tua presenza.
Io ho bisogno di te.
Stefan: Io, invece, ti amo. Non lo capisci?
E’ proprio questo il problema, Elena.
E’ sempre stato questo.
 
*Demi vede Elena piangere sul letto*
Demi: Stavo per uscire quando… beh, ho sentito le vostre voci, e io…
non ho potuto evitare di… mi dispiace così tanto.
Elena: Non è importante… devi stare alla larga dalle emozioni negative,
Demi, vattene via, lo Stigma Diaboli potrebbe…
Demi: Il Marchio è inoffensivo, per il momento.
*Demi le mostra il braccialetto blu cobalto che le ha regalato Davina nel Lafayette Cemetery*
Davina: Un dono ospitale per te…
per aver salvato la mia sorellina.
 
Demi ad Elena: Aspettami per cena.
Tornerò con qualcosa di buono dal Grill.
 
*Demi esce in giardino e trova un biglietto sul suo scooter*
Nick: Ti prego, Demi, aiutami.
So perfettamente che tu e Prince mi credete perduto,
ma io sono ancora qui, intrappolato in queste sembianze di Demone.
Ed ho bisogno del tuo aiuto.
Sophie vuole che le consegnate la Piuma Nera, poi mi lascerà libero.
So che faresti qualsiasi cosa per me.
Non puoi abbandonarmi.
Se lo vorrai, io tornerò da te.
Sempre.
 
 
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Caro Nick,
da quando te ne sei andato, il nostro mondo è finito letteralmente in pezzi. Riesci a crederci? IO, Sheila Bennett, ti sto scrivendo per dirti che mi manchi e che era molto meglio quando nei paraggi c’eri tu, amico… insomma, puoi facilmente immaginare quanto le cose si siano messe male per tutti noi!
Demi è un vero disastro, senza di te. S’impegna per non dimostrare la sua sofferenza, ma io la conosco troppo bene... come potrei non accorgermene? La luce nei suoi occhi è non è più la stessa. No, non si è spenta del tutto, è diventata solo più… fredda. A volte, quando la guardo, mi sembra di essere nel bel mezzo di una tormenta, o di avere a che fare con uno spettro evanescente. Dentro il suo cuore, lo so, qualcosa urla a squarciagola ma, almeno all’esterno, lei appare quasi sempre perfettamente calma e padrona di sé. Piange di nascosto, non vuole che qualcuno si addossi la colpa di quanto ti è accaduto, e mi aveva quasi convinta con la sua interpretazione, quando ho scoperto una cosa che mi ha lasciata sconvolta: ha abbandonato il suo diario, la stessa notte del suo ritorno da New Orleans. Capisci? Quegli strambi quadernetti sono sempre stati tutto, per lei. Da quando ha imparato a reggere la penna tra le dita, ne ha sempre avuto uno al quale fare le proprie confessioni o sul quale annotare i suoi pensieri più intimi… e adesso? Il nulla. Credo che, per non impazzire, abbia semplicemente rinchiuso tutto il suo dolore in un angolo remoto dell’anima e che non abbia intenzione di esprimerlo per non distrarsi, per non sprecare tempo… per non deluderti. Tu l’hai salvata, Nick, molto più di quel serpentello mistico che Davina le ha regalato, le hai dato un vero motivo per non arrendersi… ma adesso te ne sei andato. E a noi non è rimasta altra scelta se non quella di continuare a combattere quella che era anche la tua battaglia, provando a ricucire tutti gli squarci che ti sei lasciato dietro...
 
- Bourbon?- quella domanda assolutamente fuori luogo riscosse la giovane Bennett in un modo talmente brusco che la biro con cui stava scrivendo le sfuggì dalle dita e rotolò giù dal suo tavolino, schiantandosi con un tonfo ai suoi piedi. Sollevando appena lo sguardo dalle pagine ancora lucide d’inchiostro, con le pupille rese giganti dalle luci soffuse tipiche della zona più appartata del Mystic Grill, Sheila incrociò l’occhiatina tentatrice di Damon Salvatore e la ricambiò con aria truce:
- Meglio.- commentò allora lui, cogliendo l’antifona ed indirizzandole un brindisi, senza mostrarsi troppo turbato da quel rifiuto.
 
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-… vuol dire ‘’di più per me’’.- sottolineò, svuotando con un sorso il suo bicchiere di cristallo.
- Sappi che sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di scagliarti una bella fattura permanente.- borbottò Sheila minacciosa, recuperando la penna e puntandogliela contro come una bacchetta magica. - E di renderti allergico a quella robaccia che ti piace tanto per tutto il resto della tua immortale vita! Capito?!-
- Se non l’avessi ancora notato, le nostre ricerche sono già un disastro completo, Hermione, a prescindere dal mio livello di sobrietà.- obiettò Damon prontamente, tornando a sfogliare il Grimorio di nonna Mikaelson che teneva sospeso sulle ginocchia e scorrendo l’assurda lista di formule contenute al suo interno con le sopracciglia inarcate. - Non abbiamo fatto un solo passo in avanti in un mese intero… è tristemente chiaro che abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile, o non verremo mai a capo della spinosa questione ‘’cos’ha fermato le spade di Willy-Wonka dal far fuori il Demon-Nick all’istante, quando la nostra Biondalupo preferita ha provato ad infilzarlo, quella notte, alla Capanna?’’-
Allarmata, Sheila gli fece cenno di abbassare la voce e si guardò intorno con circospezione, come se si aspettasse di vedersi comparire accanto il giovane Doge; quello, però, era il suo giorno libero da cameriere ed era proprio per quella ragione che lei e Damon avevano scelto di incontrarsi là, approfittando della sua assenza per confrontarsi sugli infruttuosi risultati delle loro indagini segrete:
- William giura che il materiale magico di cui sono fatte le sue armi è in grado di distruggere senza problemi non soltanto le Ombre, ma anche i Demoni.- ripeté la strega per l’ennesima volta, fissando Damon con palese esasperazione: - La ricetta per la loro creazione è sempre stata la stessa, perciò l’unica spiegazione dev’essere questa: dev’esserci qualcosa di molto particolare nella cosa che Nick è diventato, che ha annullato l’efficacia della lama usata contro di lui, e noi dobbiamo sbrigarci a capire di che si tratta, se non vogliamo mettere in pericolo altr…-
- E se Will stesse mentendo?- suggerì Damon, socchiudendo appena le palpebre, diffidente, e scimmiottandola nel suo tono a tutti i costi accomodante. - Magari stiamo sprecando il nostro tempo. Forse lui ha giocato d’anticipo e ha semplicemente fatto in modo che le sole spade disponibili in casa di Prince al momento del bisogno fossero perfettamente inutili allo scopo… ci hai pensato, a questa possibilità, oppure quel tipo strambo è già riuscito ad fregarti con i suoi patetici tentativi di corteggiamento e quei suoi orridi cappellini?-
- Non trattarmi come se fossi stupida. Perché diavolo avrebbe dovuto fare una cosa tanto meschina, me lo spieghi?- sibilò Sheila, chiudendo di scatto il minuscolo diario che aveva preso in custodia da Demi per continuare ad aggiornarlo al posto suo, come Bonnie aveva fatto per Elena ben sedici anni prima. - I suoi genitori sono stati schiavizzati da Sophie e, se non fosse stato per Eve, anche lui avrebbe fatto la stessa fine. Adesso è morta anche la sua salvatrice e tu… oh, no, tu non puoi addossare a William la colpa di ciò che noi due abbiamo creato!- mentre Damon serrava la mascella, distogliendo lo sguardo da lei, Sheila si sporse in avanti, decisa a riottenere tutta la sua attenzione: - Io ho avuto l’idea di dare a Nick il tuo sangue e tu gliel’hai fornito… qualcosa dev’essere andato storto durante la sua transizione, okay?, per questo motivo lui è rimasto indenne alle ferite che il cristallo magico avrebbe dovuto infliggergli… e il fatto che tu sia terrorizzato al pensiero di ciò che potrebbe accadere a tua figlia se dovesse imbattersi in un mostro che, oltre ad avere le sembianze del suo grande amore, è anche momentaneamente invulnerabile ai nostri colpi, non-deve-impedirti-di-restare-lucido!-
- Dannazione.- protestò Damon, furente, allungando la mano per riacchiappare la bottiglia di liquore come premio di consolazione. - Avrei già spezzato il collo all’armaiolo e rinchiuso Demi nella stanza più remota della torre più alta, se tu non fossi così schifosamente brava con le tue ramanzine.-
Questa volta riempì anche il secondo bicchierino sul vassoio, con l’aria di chi non vuole sentire un ‘no’ come risposta, poi lo porse a Sheila, in segno di pace.
Poco prima che lei potesse accettarlo, però, i due udirono il lieve cigolio che precedeva sempre l’ingresso di qualcuno di nuovo nel pub e, grazie al dolce profumo di mirtilli che non tardò a sfiorare le loro narici, capirono chi era arrivato laggiù ancor prima di girarsi: Demetra, con i bei capelli che le sfuggivano a ciocche dalla treccia ed un abbigliamento interamente nero che metteva in risalto il pallore lunare della sua pelle, apparve ben presto sull’uscio e, senza osare fiatare, sia il vampiro che la sua amica del cuore rimasero ad osservarla da lontano, sentendosi stringere il petto dal dispiacere: il naso della Prescelta era paonazzo e le sue palpebre gonfie di pianto, sintomo che qualcosa di brutto doveva esserle accaduto nelle ultime ore.
- Dev’essere di ritorno dalla Capanna.- sussurrò flebilmente la figlia di BonBon. – Oh, no… Prince deve averla respinta… di nuovo.-
- Chi?!- gufò Damon, raddrizzandosi così in fretta da rischiare di rovesciarsi il liquore sulla camicia. Più la strega si mostrava titubante nel dargli una spiegazione, più il panico sul suo volto marmoreo si allargava a macchia d’olio: - CHE COSA?!-
Sheila alzò gli occhi al cielo, poi, mentre Demi, senza aver notato la loro presenza, si recava mogia mogia al bancone del cibo, per ordinare qualcosa da portare via, strappò dalle gambe di Damon il librone d’incantesimi di Esther:
- Va’ a scoprirlo tu stesso, no? Ah, e ti consiglio di chiedere informazioni ad uno dei diretti interessati… sai perfettamente che non avrai una parola da me! Silenzio stampa. Labbra cucite. Sono la sua migliore amica, e che diamine!- lo incoraggiò, spalancando il volume di fronte a sé e tuffandosi teatralmente in una lettura fittizia, lasciandogli così un’unica via d’uscita possibile: - Coraggio! Tanto fai davvero schifo come aiutante… di sicuro te la cavi meglio come padre.-
 
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I muscoli facciali del vampiro si contrassero all’istante, furenti ed inconsciamente ansiosi, per nulla entusiasti all’idea di rimettersi in gioco, ma, quando la ragazzina bruna annuì in modo definitivo, per indicargli la strada più giusta da percorrere, finalmente si rilassarono, quasi spinti da un involontario moto di fiducia. Da quando il fattaccio di baby-Elijah si era consumato, Damon si era sentito indegno di fare qualunque cosa che non fosse starsene con il naso appiccicato alle cartacce di mamma Originale, ma ammazzarsi di fatica in quel modo così asettico e solitario non era servito ad un granché: l’atroce senso di colpa per il dolore che aveva inconsapevolmente causato a Demetra, accelerando l’orrenda fine del suo fidanzato, proprio mentre lei rischiava le penne per dargli una chance di sopravvivenza, non l’aveva mai abbandonato del tutto e, anzi, lo aveva svuotato sempre più del coraggio di guardare in faccia sua figlia, di parlarle o di donarle conforto. Ma forse non era troppo tardi... poteva ancora fare qualcosa per cambiare la situazione. Sheila, in fondo, gli aveva appena fornito la chiave… anche se, probabilmente, lui non l’avrebbe utilizzata nel più ortodosso dei modi.
Così, rianimato, Damon si alzò per congedarsi dalla streghetta e, sentendo gli occhi attenti di lei bruciargli sulla schiena, continuando a vegliare su di lui, si ritrovò involontariamente a pensare a Ric.
E, senza neanche sapere bene perché, sorrise.
 
***
 
- Allora, vuole che glieli scaldi, signorina? Emh… s-signorina?!- attraverso il proprio campo visivo appannato come una finestra spruzzata di pioggia autunnale, Demi vide fluttuare un tenue luccichio color carota e si riscosse dai propri pensieri, tornando finalmente a guardare in faccia il dipendente del Grill che, da dietro al bancone degli hamburger, stava smaniando per riconquistare la sua attenzione già da qualche minuto: aveva i capelli arancioni ed una generosa dose di efelidi sul naso, ed i suoi tratti spigolosi le ricordarono in un lampo quelli che il povero Adam Stone aveva posseduto prima della sua metamorfosi in Ombra.
- S-sì… grazie.- gli sillabò in risposta, con le corde vocali che sfrigolavano improvvisamente.
Chissà che ne era stato del bel volto di Nick.
Anche i suoi occhi erano diventati due tunnel crudeli e ciechi, dopo che il veleno di Sophie aveva divorato ogni goccia di umanità presente nelle sue vene? Ed i suoi zigomi, un tempo così alti e fieri, erano stati anch’essi sfigurati dal Male, cancellando la nobiltà dei suoi lineamenti e la prudente dolcezza con cui lui era solito scrutare il mondo attorno a sé?
Demi non lo sapeva.
E una parte di lei si odiava perché, quando tutto era finito, non era stata al fianco di Nick... del vero Nick, per l’ultima volta. A causa di quell’assenza cruciale, nella sua testa, il minore dei Mikaelson continuava ad avere lo stesso, normalissimo aspetto di sempre, e questo la destabilizzava in un modo insopportabile, perché il suo cuore era ancora saldamente legato all’idea di lui, del suo sorriso raro e meraviglioso e della buffa abitudine con cui, certe volte, era solito aggrottare le sopracciglia prima di baciarla, quasi volesse concentrarsi a dovere prima di donarle un po’ di se stesso.
Forse era per questo motivo che la perfida Deveraux, fino ad ora, aveva tenuto la sua arma nuova di zecca nascosta nel suo covo… forse lasciare la Salvatore a languire tra i ricordi e la vana speranza di poter rivedere, prima o poi, un Nick immutato e pronto a riabbracciarla faceva parte del suo piano per distruggerla dall’interno.
A tal proposito, per sentirsi meglio, Demi avrebbe tanto voluto chiedere un parere alla sola persona al mondo capace d’indovinare in anticipo le perverse macchinazioni della megera, ma si dava il caso che Prince si fosse rifiutato di nuovo di concederle udienza, lasciandola ancora una volta, spietato, sola ed in balia di mille dubbi laceranti.
Da quando erano tornati a Mystic Falls, in effetti, la Salvatore non era più riuscita ad avere alcun tipo di contatto con lui, e quella sua assenza così ostinata le faceva molto più male di quanto non fosse disposta ad accettare. Da un mese abbondante, il principe era come sparito nel nulla e, per quanto si sforzasse, lei non riusciva proprio a farsene una ragione: rammentava ancora perfettamente di averlo stretto tra le proprie braccia quando il peso della verità aveva disintegrato il loro universo, e anche la potenza inaspettata con cui la loro disperazione li aveva uniti era assai difficile da dimenticare.
Per quanto assurdo, la semplice presenza del figlio di Klaus, in quei momenti di sofferenza inaudita, era bastata a tenerla insieme, ed il pulsare ritmico e bollente della vena sul suo collo era stata l’ultima cosa reale a tenerle compagnia quando, nel bel mezzo del Lafayette Cemetery, lo Stigma aveva incominciato a nutrirsi della sua prostrazione, e lei si era sentita risucchiare giù, sempre più giù, nel baratro cieco della stessa follia che la Deveraux aveva sempre tenuto in serbo per lei…
- Però… che bel bracciale.- una voce sconosciuta la fece riemergere bruscamente dai propri pensieri e Demi, raddrizzandosi di scatto dalla posizione che aveva assunto appoggiandosi pesantemente al bancone, rialzò rapida la testa, ritrovandosi faccia a faccia con un ragazzo che non aveva mai visto prima: aveva un volto sottile ed appuntito, liscio e vellutato come quello di un bambino, ma i suoi occhi, che erano tutti presi dal monile color cobalto che Davina aveva fabbricato per lei, non la guardavano neanche.
- Grazie.- mormorò la Salvatore, facendo scivolare la manica della felpa sul proprio polso, in modo da coprire alla meglio il gioiello che, splendendo come una stella nella penombra del locale, aveva finito con l’attirare l’attenzione indesiderata di quel tipo. - Anch’io sono molto lieta di conoscerti, comunque.-
Il giovane colse il sarcasmo contenuto in quella frecciata e, nascondendo con una rapidità sorprendente la propria espressione inizialmente delusa, si esibì in un sorriso innocente e candido come un bicchiere di latte appena versato:
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- Oh, ma certo, hai ragione...- si schermì in fretta, porgendole una mano per presentarsi e mostrandosi visibilmente imbarazzato dalla propria mancanza di tatto. Aveva uno strano taglio di capelli ma, tutto sommato, la brillantina sembrava l’unica soluzione possibile per domare quel suo enorme ciuffo castano: -… mi chiamo Malakai. E perdonami ma, con un nome del genere, neanche tu moriresti esattamente dalla voglia di comunicarlo a tutte le nuove persone che incontri.-
Colta alla sprovvista da quella puntualizzazione, Demi scosse appena il capo e si permise di ricambiare il suo sorriso:
- Ho sentito di peggio, credimi.- lo rassicurò, stringendosi nelle spalle e guardando altrove. Il giovane assunse un’aria incuriosita ma non aggiunse altro, interpretando correttamente il linguaggio del corpo della ragazza; tuttavia, nonostante tra loro fosse calato il silenzio, non si allontanò e così la figlia di Elena, spinta per lo più dal desiderio di togliersi dalla testa l’unica persona sulla Terra che avesse un nome più strampalato di ‘’Malakai’’, riprese volontariamente la conversazione: - Sono Demi.- disse, sentendosi un po’ a disagio per il tono nasale che i residui del pianto le avevano lasciato nella voce, e anche per il fatto che stava rivolgendo la propria attenzione ad un perfetto sconosciuto, come ormai non osava fare da tempo immemore: - Demi Salvatore.-
- … o, meglio ancora, Demi ‘’di ritorno dalla palestra e finalmente pronta ad ordinare un hamburger gigante da sgranocchiare senza troppi rimpianti’’. Dico bene?- ipotizzò Malakai scherzoso, osservando i vestiti sportivi di lei e notando anche quanto quell’abbigliamento fosse diverso da quello di chiunque altro, in quel posto.
- Magari.- replicò la fanciulla, stando al gioco. Non riusciva a capire perché, d’un tratto, si sentisse bruciare dalla voglia di chiacchierare con qualcuno che non fosse un membro della sua famiglia o della sua cerchia di amici; forse perché, con tutti loro, si era impegnata fin troppo a fingere una serenità che, dalla scomparsa di Nick, non era mai esistita sul serio, oppure perché non voleva sentirsi giudicata per ciò che realmente provava, e quindi aprirsi con qualcuno che quasi sicuramente non avrebbe mai più rivisto la faceva sentire libera: - Purtroppo il mio personal-trainer mi ha dato buca...- borbottò, mentre le sue povere nocche, graffiate dalle lunghe ore trascorse a bussare alla Capanna, senza mai ricevere risposta, chiedevano a gran voce di essere medicate. O vendicate. -… sai, in realtà, lo fa da settimane… ininterrottamente. E’ un po’ stronzo.- concluse con un sospiro, mentre il petto le si distendeva di botto, alleggerendosi all’istante di almeno una tonnellata dopo quella confessione così naturale e proibita.
Malakai la stava scrutando con uno strano cipiglio, divertito e dispiaciuto insieme:
- Non è un problema così grosso… dopotutto potresti farti allenare da chiunque.- obiettò ingenuamente, cercando di essere ragionevole. - Potresti semplicemente lasciar perdere lui e trovare un personal-trainer che faccia più al caso tuo. Non può essere tanto difficile. No?-
Demi lo fissò, quasi compassionevole:
- Credo che nessun altro vada bene per me.- sussurrò, restando vaga eppure perfettamente sincera.
Non ricordava molto di ciò che era accaduto al Cimitero di New Orleans dopo che Davina aveva confermato a lei e a Prince la verità sulla tragica fine di Nick; non aveva mai perduto qualcuno di così importante, prima d’allora: i suoi nonni materni, i compianti Grayson e Miranda Gilbert, erano rimasti vittime di un incidente quando sua madre e suo zio Jeremy erano ancora degli adolescenti, ed i resti polverizzati dei suoi avi Salvatore riposavano già da secoli assieme a quelli degli altri Fondatori. Certo, aveva appreso con raccapriccio della morte di Tina O’Neil ed assistito, impotente, allo sterminio dell’intera famiglia Stone, ma non aveva mai sperimentato un dolore anche solo lontanamente paragonabile a quello che le aveva squarciato il cuore quando aveva capito che il più giovane dei due Mikaelson non ce l’aveva fatta.
Per lei, era stato come annegare.
Ogni singola cosa nel suo campo visivo – la veste fluttuante di Davina, il bagliore bluastro del talismano offertole da quest’ultima, i cancelli del cimitero ed i piccoli lumi incastonati sulle lapidi circostanti – era diventata liquida ed indistinta, e lei si era sentita sprofondare, come un sasso inghiottito dall’oceano. I suoi sensi avevano smesso di funzionare e tutte le sue vibrazioni vitali erano state attirate, con una scossa violenta ed insopportabile, in un unico punto pulsante del suo corpo… appena sotto l’orecchio.
Non era aveva fatto in tempo a chiedere aiuto, né a resistere in alcun modo all’influsso divoratore del Marchio del Diavolo, perché l’antidoto all’Elixir che Rubyna aveva spalmato sulla punta della sua freccia traditrice, prima di colpirla nella radura, l’aveva già spogliata delle sue ultime difese magiche, e la perdita definitiva di Nick, beh, le aveva inferto il colpo di grazia.
Ma, dopo che la Reggente le aveva agganciato al braccio il suo bracciale magico, come fosse un salvagente capace di riportarla in superficie dall’inferno del Marchio, Demetra aveva capito che non avrebbe mai più voluto sentirsi così impotente, debole ed indifesa, non di nuovo. E così aveva deciso:
- Vedi, soltanto lui può aiutarmi, perché possiede precisamente le qualità che servono a tirare fuori la parte di me che è più adatta a lottare.- spiegò a Kai, cercando di parafrasare il più possibile l’inquietante realtà in cui i due Prescelti della Clessidra erano invischiati per colpa del loro fato avverso: Prince, in quanto Arma suprema, era in grado di provocare in Demi, con un qualsiasi attacco, la più potente reazione difensiva che si potesse auspicare, proprio perché rappresentava il suo nemico perfetto, la peggiore minaccia a cui, secondo la Profezia, lei sarebbe mai potuta andare incontro nel suo cammino. Quindi, per quanto rischioso fosse anche solo pensare di sfidare la sorte in quel modo sconsiderato, la Salvatore era convinta che degli allenamenti corpo a corpo col principe, frequenti, regolari e, per quanto possibile, anche limitati nella loro pericolosità grazie all’azione del bracciale che oramai portava sempre al polso, le avrebbero gradualmente insegnato come gestire i propri superpoteri, fino a poterli un giorno padroneggiare appieno ed infine sfruttare a proprio vantaggio. Allo stesso tempo, quei momenti trascorsi insieme avrebbero potuto contribuire, ne era certa, anche ad accrescere lo scarso autocontrollo che lo stesso figlio di Klaus faceva spesso fatica ad ostentare nei suoi riguardi…
In fin dei conti, da quando Nick le era stato portato via, l’idea di poter sferrare un degno contrattacco alle SS era l’unica cosa capace di darle ancora speranza:
- Ma lui non ha la minima intenzione di vedermi o di parlarmi… insomma, non vuole più saperne di me.- quasi senza accorgersene, Demi abbassò lo sguardo e sentì le proprie ciglia inumidirsi di nuove lacrime trattenute. - Credo che mi odi.- questa volta, pronunciare ad alta voce quella frase colma di amarezza non le provocò alcun sollievo: era davvero difficile per lei accettare la situazione, ma non sapeva più come interpretare il comportamento del principe, se non così.
Ricordava di aver ripreso conoscenza in una stanza spoglia ed immacolata, simile alla sagrestia di un santuario, dopo essere svenuta a causa delle torture inflittele dallo Stigma: qualcuno doveva averla sollevata e trascinata fin lì, adagiandola poi su un letto bitorzoluto, in attesa che le tornassero le forze. Quando aveva riaperto gli occhi, la prima cosa che aveva visto era stato il baluginio dorato di Prince accanto a lei il ragazzo era rimasto al suo fianco, accasciato mollemente su una sedia di legno smangiucchiato e con il volto nascosto dietro una mano tremante, a vegliarla. Sembrava che dormisse, o che pregasse, e solo in un secondo momento Demi si era resa conto che l’altra mano di lui era stretta dolcemente nella sua. Nel percepire quella sua vicinanza così inaspettata, la Salvatore si era sentita soffocare da un improvviso senso di gratitudine e si era mossa per attirare l’attenzione del principe, per dirgli che stava meglio e che lui non doveva più preoccuparsi così tanto; ma quando lui si era riavuto dal proprio stato di trance, mostrandole i propri lineamenti striati da un pianto ormai asciutto, Demi non aveva visto altro che una micidiale freddezza nei suoi occhi.
Soltanto rancore.
E furia.
- In fondo, è stato abbastanza chiaro con me.- mormorò la ragazza a quel punto, tirando su con il naso e cercando di sorridere, quasi per minimizzare.
Il modo violento in cui Prince le aveva lasciato andare la mano subito dopo il suo risveglio, come se si fosse scottato nel toccarla, la feriva ancora. Nella penombra biancastra del loro temporaneo rifugio, senza fiato per lo sconcerto ed il dispiacere, Demi era rimasta a guardare il figlio di Klaus mentre si alzava e le voltava le spalle, trattenendosi sulla soglia solo per avvisare le streghe francesi della sua ripresa, e nulla di più. Poi, senza uno sguardo o una parola, lui era sparito, e da allora la giovane non era mai più riuscita a riavvicinarlo, non sul serio. - Immagino che dovrei smettere di cercarlo e basta.-
- E come mai non ci riesci?- domandò Malakai, che chiaramente aveva aguzzato l’orecchio per riuscire ad ascoltare anche le parole che la giovane si era fatta sfuggire in dei sussurri smorzati.
Ormai era divenuto noto ad entrambi come il soggetto del discorso non fosse più un mero ‘’personal-trainer-assenteista’’ ma, dal momento che non era ancora stato palesato alcun nome, Demi si sentiva tranquilla:
- Non lo so.- ammise, fissando una minuscola bruciatura nel legno del bancone di fronte a loro. Forse era perché Prince era tutto ciò che le era rimasto di Nick. Nonostante le loro divergenze, infatti, restava sempre suo fratello, ed una parte di lei sperava che riuscire a far breccia nella scorza impenetrabile di quel ragazzaccio sarebbe stato come continuare la stessa missione a cui il più giovane dei Mikaelson aveva dedicato l’intera vita… come darle un senso, evitando che rimanesse incompiuta per l’eternità. O forse lei voleva seguire le orme del figlio di Elijah tanto da vicino perché desiderava trovare un modo, per quanto contorto, di tornare a percepirlo accanto a sé, anche se il suo respiro non le avrebbe mai più sfiorato il collo per farle il solletico. Forse era perché sapeva che Prince non aveva più nessuno al mondo, e anche lei non si era mai sentita così sola. Perché lui avrebbe potuto capire il suo dolore meglio di chiunque altro, e Demetra avrebbe potuto cercare di dimenticare il proprio, occupandosi di lui. Perché erano dannati insieme, e qualcosa le diceva che solamente insieme avrebbero potuto cavarsela contro la Deveraux, alla fine di quell’avventura. Forse era perché le piaceva credere che il loro viaggio a New Orleans li avesse legati. Perché lui, raccontandole di Monique, le aveva permesso di vedere ben oltre la facciata. Demi aveva voglia di riudire la sua voce. Aveva voglia di fare squadra, di sudare e di sentirsi utile a qualcosa, sfidandolo a combattere contro di lei per uno scopo comune…
Il punto era che Prince… le mancava.
-… ricapitolando: quattro hamburger con salsa Worcester, di cui uno senza avocado, ma con doppia dose di cheddar. Giusto? Da portar via.- sentendo quella sintesi corretta venir fuori dalle labbra dal giovane cameriere del Grill appena ricomparso, la figlia di Elena afferrò la busta voluminosa e calda che lui le stava porgendo e pagò il conto.
Certo, quella cena era assai più ricca di quella per due persone che, poco prima di lasciare il Pensionato, aveva promesso a sua madre, ma alla Salvatore andava bene così: se solo Prince, quel pomeriggio, avesse accettato di parlare con lei dello strano biglietto ritrovato sullo scooter al momento della sua uscita, forse lei avrebbe seguito l’idea iniziale e non si sarebbe sentita costretta ad invitare qualcun altro per discutere dell’accaduto, ma le cose, ultimamente, non andavano mai come Demi si augurava, e ormai la ragazza aveva preso l’abitudine di non farne un dramma.
E di chiamare semplicemente rinforzi.
- Ora devo proprio andare.- annunciò a Malakai, rivolgendogli un lieve sorriso di congedo prima di girarsi verso l’uscio.
- Anch’io. Sono un po’ stanco.- mormorò il ragazzo, strofinandosi energicamente gli occhi, come se ci fosse entrato qualcosa di fastidioso. In effetti anche Demi cominciava a sentirsi un po’ stordita, ma nel suo caso era quasi sicura che le colpe fossero da imputare ai morsi della fame che, scatenati dal delizioso profumino del suo nuovo acquisto, avevano subito preso ad attanagliarla. - Ti dispiace se ti accompagno?- le chiese Malakai, continuando a sbattere forte le palpebre.
Dopo averlo ammorbato coi propri dilemmi esistenziali, la ragazza sapeva di dovergli molto più di quello:
- Figurati.- gli rispose, avviandosi alla porta in sua compagnia. In un baleno, si ritrovarono nel buio dell’ampio parcheggio del locale, rischiarato fiocamente da una schiera lampioni color ambra, e Demi tirò fuori dalla propria tasca le chiavi del suo motorino: - E’ stato un piacere parlare con te, e grazie per non essere scappato dopo avermi sentita piagnucolare.- disse a Malakai, a mo’ di saluto. - Ci… ci rivediamo in giro.-
Nella fresca semioscurità serale, lui sembrava tornato a proprio agio e le sue pupille scure, straordinariamente dilatate, guizzarono mentre le rivolgeva un cenno convinto:
- Oh, puoi scommetterci.- le bisbigliò, continuando a seguire da lontano i suoi movimenti mentre la Prescelta montava in sella e, dopo aver accenso le luci dello scooter, partiva alla volta del Pensionato, sparendo poi oltre il recinto del Grill.
Rimasto solo nel parcheggio, Malakai si mise le mani sui fianchi ed assunse un’aria assai soddisfatta:
- Mistero risolto, amico.- comunicò prontamente alla notte attorno a sé, mentre l’inchiostro delle sue pupille, come dopo essersi trattenuto a lungo, si riversava anche nei cerchi delle sue iridi, ingoiandoli, e la sua sclera assumeva un’accesa, inquietante tonalità bluastra. Il suo giovane viso glabro, come una maschera teatrale rimossa, svanì in fretta, lasciando il posto ai suoi veri tratti ferini, demoniaci: - Ecco perché il Marchio non le ha fritto il cervello, dopo che il suo adorato belloccio è stato trasformato: Davina Claire ed i suoi Antenati le hanno cucito addosso una bella gemma protettiva, l’ho vista con i miei occhi. Un diamante sinuoso fatto d’Elixir puro al cento per cento, color zaffiro e con un design stupendo, niente da dire. Sophie aveva indovinato, e io mi sono quasi fatto beccare per accertarmene: ad un certo punto ero sicuro che non avrei retto il Camuffamento ancora per molto.-
- Sei un Demone soltanto da un mese, Parker, imparerai meglio ad ingannare gli umani sfruttando il tuo vecchio aspetto come copertura... per adesso, te la sei cavata abbastanza bene.- lodò qualcuno alle sue spalle, con una voce maschile e possente da uomo maturo; sollevando una mano guantata dalla tasca del proprio lungo impermeabile, Atticus Shane diede una pacca sulla spalla a Kai Parker, per congratularsi con lui: - Ah, Alice ha fatto un così buon lavoro con te e con tuo fratello Luke… che peccato che abbiano messo fine al suo talento così presto.-
- Ma adesso che la Prescelta è indenne all’influsso dello Stigma, cosa facciamo?- domandò Kai ansiosamente, come un infante capriccioso che vuole a tutti costi farsi valere. Era stato un tipo molto testardo e volitivo, da vivo, quindi quelle sue qualità erano state amplificate fino all’inverosimile dal siero maligno che lo aveva reso un mostro: - Come possiamo fare breccia nelle sue difese e renderla di nuovo una preda?-
- Ci penserò io.- chiarì un’altra voce nell’ombra. Era vellutata, carezzevole e squisitamente calma, ma tradiva anche una labile sfumatura sadica, simile ad una spruzzata di limone su una ferita aperta.
Nell’oscurità, il pallore quasi lunare di un ghigno sfavillante racchiuso tra due labbra nere come la pece rivelò la presenza, non troppo lontana, di un altro figuro, alto e sottile, con dei bei capelli castani a contornargli il volto crudele:
- Perché credi che le abbia lasciato quel messaggio, altrimenti?- avanzando lento sotto la luce intermittente di un lampione rotto, la versione demoniaca di Nick Mikaelson si mostrò ai suoi complici, bella come un giglio carbonizzato.
 
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- Non esiste talismano al mondo capace d’impedire ad un cuore sperduto come il suo di finire dritto in trappola… occorrerà solo toccare i tasti giusti, e poi sarà nostra.- sentenziò il guscio vuoto del figlio di Elijah, con una sicurezza che metteva i brividi. - Forse ci vorrà del tempo, ma puoi star certo di una cosa: la servirò a Sophie su un piatto d’argento. E molto presto.-
Malakai inarcò un sopracciglio, ma non osò mostrarsi arrogante nei confronti di Nick; c’era qualcosa, nello sguardo totalmente privo di compassione di quel Demone neonato, che gli ispirava un irresistibile rispetto, nonostante la sua aura d’invincibilità non gli andasse poi troppo a genio.
- E’ confusa e resa fragile ed avventata dal dolore, è vero.- convenne Kai, prudente. - Sta soffrendo molto. Ma persino Sophie sa che non è una stupida. Non lo è mai stata, e adesso sembra più che mai determinata alla rivalsa. Se credi che ti salterà tra le braccia alla sola vista del tuo bel faccino, magari con la Piuma Nera e senza opporre alcuna resistenza, forse dovresti rivalutare le tue priorità.-
- Che mi consegni la spada come richiesto nel biglietto è fuori da ogni probabilità.- ammise Nick, senza scomporsi minimamente. - Non ho certo bisogno delle tue deduzioni, Parker, per saperlo. Non pretendo che mi dia l’arma, mi serve soltanto che voglia cercarmi.- Shane rimase muto in ascolto, mentre il vento faceva sventolare i loro abiti come ali di pipistrello. - La nostra Padrona sospettava del braccialetto perché conosce e teme l’antica magia che lo ha forgiato: nessuno potrà levarglielo, in nessun caso, dal polso, a meno che non sia lei stessa a volerselo togliere. Perciò, tutto quello che dobbiamo fare è metterla nelle condizioni di farlo. Come ho già detto, e si dà il caso che io ritenga umiliante ripetermi, lasciate fare a me.-
- Spero proprio di essere nei paraggi, quando verrà il momento.- sghignazzò il vile Atticus, scatenando immediatamente anche l’ilarità di Kai. - Lo spettacolo potrebbe essere piuttosto divertente, non ti pare?-
Il Demone Nick non rise affatto, ma nei suoi occhi inumani fremette qualcosa di famelico e d’impaziente; poi una civetta tubò, stridula, nell’ombra, ed il suo verso inquietante gelò l’aria, spegnendo ben presto anche i grassi guaiti dei seguaci di Sophie Deveraux e dando inizio al loro piano.
 
***
 
Sgommando senza ritegno, Damon parcheggiò la Camaro all’ombra di un maestoso salice piangente e, dopo essere saltato fuori dall’abitacolo, si richiuse lo sportello alle spalle con un tonfo poderoso. Non appena fuori, però, avvertì il tocco appena percettibile delle fronde di quell’albero sfiorargli la testa in un buffetto, come per rimproverarlo di aver fatto troppo baccano e, improvvisamente, si rese conto di quanto fosse stranamente quieto e silenzioso l’ambiente che lo circondava: le stelle appena spuntate, infatti, imbrillantavano il cielo solo timidamente e perfino le Cascate sembravano molto meno rumorose del solito. E proprio allo stesso modo, senza far rumore, quel panorama gli riportò alla mente tutto il lutto e la desolazione che, circa un mese prima, avevano impregnato l’aria lì intorno come un gas assassino; al momento del suo ritorno dalla tomba di Klaus, Damon aveva visto comparire di fronte a sé una Capanna muta e completamente messa a soqquadro e così, fissandone l’uscio spalancato che danzava in avanti e indietro, scosso dal vento sinistro della notte, aveva capito che il peggio era già accaduto e che lui, come un idiota, non era stato capace di fermarlo:
 
- Posso ripulirlo con la magia in un attimo, Damon… sul serio, non serve che tu lo faccia.- gli aveva sussurrato Bonnie Bennett poco tempo dopo, posando una teiera scheggiata sul piano cottura della casa di Prince ed accennando al sangue rappreso che imbrattava come una colata di vernice gran parte dei muri e delle piastrelle del soggiorno. Erano passate alcune ore da quando Sheila, in piena crisi isterica, si era decisa a chiamare sua madre e Jeremy per avvisarli di quanto era successo nella radura e per aggiornarli sulle tremende sorti toccate a Nick, Eve e Mattie, ma Damon non aveva ancora aperto bocca. Anzi, da quando Alice gli aveva spiattellato in faccia quale terribile ruolo avesse giocato il suo sangue nella trasformazione del figlio di Elijah, era diventato distante e freddo più di un iceberg e l’unica cosa che era riuscito a fare, una volta entrato in quella dimora, era stata spostare il cadavere di Eve e mettersi a lavare via, con straccio e sapone, le tracce rosse del suo massacro, come se in qualche modo quello sforzo manuale potesse schiarirgli un po’ le idee, o smacchiargli la coscienza.
- Lascialo in pace.- aveva bisbigliato il saggio Jeremy alla strega, muovendo solo le labbra, prima di recarsi, reggendo tra le mani un vassoio con quattro tazze di tè fumanti, al divano dov’erano seduti Sheila, Will e l’unica Parker scampata alla campagna di demonizzazione delle SS: Liv. - Se non si terrà impegnato in qualche modo, finirà per mettersi a sradicare uno ad uno tutti gli alberi della foresta per sfogare la sua rabbia.-
Seppur a malincuore, Bonnie aveva dato retta a quel consiglio ma, mentre sorseggiava il suo tè, non era riuscita a smettere di pensare, neppure per un attimo, al dolore che aveva letto sul viso di Caroline quando quest’ultima e Tyler si erano precipitati fin lì per prendere la loro piccola Matilde e riportarla a casa, né a quello che Stefan ed Elena avevano nascosto a fatica quando, al telefono, lei stessa li aveva pregati di tenersi lontani da lì, perché Demi sarebbe potuta tornare da un momento all’altro e forse non avrebbe avuto la forza di affrontare anche la loro apprensione.
Pietosamente, durante quell’interminabile attesa colma d’impotenza, Sheila aveva posato una grossa coperta addosso a Liv, la quale aveva continuato a singhiozzare e a tremare per lo shock di aver perso ogni cosa tanto inaspettatamente, poi tutti si erano riscossi, vedendo delle luci giallastre rischiarare a giorno il cortile selvaggio attorno alla casa, accompagnate dal rombo un po’ ingolfato di un’auto familiare.
 
Mentre si faceva strada in quel medesimo verde folto e frusciante, a Damon sembrò quasi di assistere nuovamente alla scena che aveva segnato il ritorno dei due Prescelti a Mystic Falls: la Ferrari appartenuta a Nick si era arrestata a poca distanza dalla Capanna e lui, BonBon, Jeremy e tutti gli altri si erano fiondati fuori dall’abitazione col cuore in gola, nella speranza di riaccogliere Demi e Prince sani e salvi. Questi ultimi erano prontamente venuti fuori dalla macchina ammaccata e sporca di terra, strappando ai presenti un lungo sospiro unanime, ma non era stata una riunione felice.
No, di certo.
Sheila era stata più veloce di Damon a correre incontro a Demetra per abbracciarla, mentre il vampiro si era sentito fin da subito troppo sporco e indegno di reclamare qualsiasi diritto sulla figlia; per questo era rimasto muto e in disparte, come Liv, che non conosceva anima viva in quello scenario che doveva sembrarle assurdo, e come Prince, che nessuno aveva trovato il coraggio di avvicinare.
Sbirciando dalle sue parti di soppiatto, come un ladro, Damon aveva notato con sgomento che, mentre il principe guardava la piccola folla accorata stringersi attorno alla Salvatore per accertarsi che fosse tutta intera, ogni oscura somiglianza con Klaus era come svanita dal suo volto: il tormento e la perdita sembravano aver spogliato il biondo della sua corazza velenosa ed avergli restituito la sua età effettiva, ovvero quella di un adolescente confuso, perso e disperatamente solo. Ma quella sua improbabile metamorfosi era durata solo finché Demi non si era girata verso di lui, tenendogli una mano e facendogli cenno di avvicinarsi; a quel punto la faccia di Prince era subito tornata gelida e dura come il marmo di un sepolcro, e lui aveva voltato le spalle ai presenti senza dire una parola, avviandosi a grandi passi nella Capanna e sbattendosi la porta alle spalle con violenza, fino a farla tentennare pericolosamente sui cardini.
Dal canto suo, la ragazza era rimasta a fissare il punto oltre il quale il giovane Mikaelson era scomparso con un’espressione talmente ferita da far attorcigliare le budella del vampiro e, da allora, nessuno aveva più saputo nulla del principe. Non che Damon fosse andato in giro a cercare sue notizie, beninteso. Anzi, il suo categorico rifiuto mentale dell’atroce fine a cui Nick era andato incontro (anche grazie alla sua gentile collaborazione!) andava di pari passo con la sempre più scarsa voglia che il primogenito Salvatore aveva di ritrovarsi faccia a faccia con persone stravolte da quella tragedia. Questo suo atteggiamento fieramente codardo era stato in grado di allontanarlo dalla sua stessa figlia, figuriamoci dal famigerato erede del più letale degli ibridi!
Tuttavia, venire a sapere da Sheila che Demetra non si era affatto arresa con Prince e che aveva continuato, imperterrita, a cercarlo, gli aveva fatto uno strano effetto e gli aveva acceso una lampadina nel cervello, spingendolo ad andare più a fondo nella questione.
Perché mai quel tipo si era insinuato tanto visceralmente dentro di lei? E per quale motivo aveva trascorso l’ultimo periodo a respingerla in ogni modo, mentre lei aveva cercato con altrettanta determinazione di restargli vicina?
La Profezia diceva che i due erano nemici giurati, ma Damon sentiva puzza di bruciato. E l’aveva sentita fin da quando aveva notato lo stravagante abbigliamento con cui i Prescelti erano tornati dalla loro fallimentare missione in Louisiana: entrambi indossavano vestiti candidi, sottili ed evanescenti come il riflesso della luna nell’acqua di un quieto laghetto, ed emanavano un’aria ascetica quasi sacrale, per niente simile a quella di due reduci da una sanguinosa battaglia contro il tempo. Se le loro facce affrante non avessero rivelato in modo inequivocabile il loro reale stato d’animo, sarebbero sembrati più di ritorno da una mistica cerimonia d’iniziazione che da una pericolosa avventura sovrannaturale, visto che i capelli della giovane Salvatore erano stati finemente inghirlandati di nontiscordardime ed ogni traccia di polvere o sudore era stata sciacquata via con cura dalla pelle di Prince. Che cos’era successo, dunque, a New Orleans, dopo il loro arrivo nel Cimitero degli Antenati francesi?
Chi avevano incontrato e come avevano recuperato la famigerata Piuma Nera, rimettendosi poi immediatamente in cammino verso casa?
Damon non aveva osato chiederlo a Demi, per evitare di risvegliare in lei dei pessimi ricordi, ma a giudicare dalle lacrime che aveva visto risplendere nei suoi occhi poco prima al Grill, il principe aveva mandato a monte senza scrupoli il suo piano di lasciarla in pace, e per questo il vampiro non gli avrebbe più concesso un trattamento di favore. No, lo avrebbe spolpato fino al midollo per ottenere le risposte che cercava e, nel frattempo (se l’osso del collo gli fosse rimasto integro per un lasso di tempo sufficiente a portare a termine le sue indagini) avrebbe pensato a quel ragazzo solamente come alla nuova seccatura Mikaelson con cui battibeccare… niente di più.
Basta con la pietà, con il senso di colpa e con il rispetto per la sua drammatica situazione:
nessuno faceva piangere la sua bambina e rimaneva impunito.
Nessuno.
 
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- Apri la porta, principino…- borbottò, concitato, rivolgendosi al legno rugoso dell’uscio e sbatacchiandoci contro con le nocche. -… immagino che non saresti esattamente al settimo cielo se io la buttassi giù, perciò… che ne dici? Cominciamo questa conversazione nel più pacifico dei modi e lasciamoci alle spalle tutti i rancori generazionali… anche se ho sempre avuto un brutto rapporto coi membri biondi della tua famiglia, per te potrei provare a fare una piccola eccezione…-
Dall’interno della casa non provenne alcun suono e Damon, dondolandosi sui talloni prima e sbirciando senza successo attraverso le tende delle finestre poi, incominciò ben presto a spazientirsi:
- Non ho portato Demi con me.- avvisò, alzando di qualche tono la voce per essere sicuro di farsi sentire. - Non mi ha mandato lei… a dirla tutta, non sa nemmeno che sono venuto fin qui.- ‘’N.B.: A farmi sventrare e poi gettare in pasto agli amorevoli pescetti delle Cascate!’’ - Voglio giusto scambiare due chiacchiere con te, fine della storia, nessun trucco... parola di scout.- continuando a sentirsi completamente ignorato, fece una smorfia infastidita e si appoggiò con la fronte alla porta, continuando a battere ritmicamente su di essa col palmo della mano. La sua voce divenne pian piano più sommessa, quasi supplichevole: - Fammi entrare, dannazione. Non so a che gioco tu stia giocando, facendo finta che mia figlia non esista, ma lei non merita di essere trattata così. D’accordo, forse io sì, ma non… n-non Demi. Anche lei ha perso qualcuno che amava. Anche lei è incazzata nera con l’universo, sai? Ma non ha gettato la spugna con te, e questo mi fa credere che tra voi due ci sia qualcosa. Voglio solo capire cosa.-
Silenzio.
Ancora.
Sul serio?!
Il vampiro attese immobile per qualche altro minuto, poi inarcò un sopracciglio, sentendosi profondamente offeso; infine, con un sospiro rassegnato, identico a quello di chi è proprio costretto a comportarsi male, contro la propria integrità morale di solito senza macchia, si scrocchiò all’unisono tutte le dita, provocando un riverbero sinistro. Poi, dopo aver preso una piccola rincorsa, fece partire un unico, leggiadro calcio ben assestato… e sfondò di netto la porta della Capanna.
 

 
-… ed ora, prima che tu decida in quale angolo del tuo soggiorno appendere la mia testa splendidamente impagliata, vorrei ricordarti che io ed il tuo paparino abbiamo avuto i nostri diverbi in passato, è vero, ma che alla fine ci eravamo… emh, simpatici… già! Degli amiconi, sul serio… ovviamente, il buon vecchio ibrido era un soggetto particolare, un tantino fissato con pietre magiche, maledizioni e doppelganger, ma che posso dire? Ormai lo capisco fin troppo bene, ah, povero me…- mentre blaterava a raffica per mascherare la propria inammissibile, segretissima fifa, il fratello di Stefan si fece strada nell’abitazione ed immediatamente si rese conto che qualcosa, laggiù, non andava.
Affatto.
L’aria, congelata e satura di polvere, era talmente pesante da risultare irrespirabile e da fargli arricciare il naso per il fastidio: dove diamine si era cacciato Spruzzetto di Satana, e da quanto tempo non dava una ripulita a quel tugurio?
Damon strabuzzò le palpebre, come per concentrarsi meglio, ed osservò con più attenzione l’ambiente circostante; nei paraggi non c’era traccia d’anima viva, era chiaro, ma il cervello del vampiro registrò quel dettaglio cruciale con una sorta d’inquieta ed esitante lentezza.
Perché?
Perché Prince non si era fatto ancora vivo, ruggendogli contro come una tigre infuriata per aver invaso i suoi spazi e minacciandolo di spennarlo vivo come un tacchino nel giorno nel Ringraziamento? E, soprattutto, come mai ogni cosa, lì intorno, era rimasta esattamente identica a come Damon l’aveva lasciata l’ultima volta che era stato in quella casa, un mese prima?
Che strano.
Il secchio che aveva riempito per sciacquare via le tracce di sangue di Eve dal pavimento era ancora ricolmo e la schiuma, rimasta a lungo in superficie, aveva formato una patina rosata e ristagnante sul pelo dell’acqua; lo straccio sfilacciato che aveva più volte strizzato durante quell’operazione giaceva ancora dove lui l’aveva gettato nella foga di precipitarsi in giardino e anche le tazze da tè servite da Bonnie erano ancora sparpagliate qua e là, in disordine, perché nessuno le aveva rimesse nella credenza. Un sottile strato di sporco ricopriva come un manto i mobili un tempo lucidi ed impeccabili del principe e tutte le imposte erano sbarrate, impedendo a qualsiasi luce esterna di penetrare.
 
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‘’Questa non è una casa...’’ mentre procedeva goffamente verso la schiera di divanetti del salotto, quel presentimento balenò nella mente del vampiro come un fulmine inatteso ed incenerì qualunque cosa al suo passaggio: ‘’… è una tomba.’’
E poi, abbassando istintivamente gli occhi oltre la spalliera di una poltrona, Damon lo vide: c’era un corpo sul tappeto, riverso su un fianco ed inerte, che sarebbe parso addormentato se non fosse stato così perfettamente, atrocemente immobile. L’aureola riccioluta di capelli dorati che gli incorniciava il capo sembrava aver perso ogni antica lucentezza, i suoi abiti bianchi erano stropicciati come dopo una brusca caduta e la mano destra artigliava ancora convulsamente qualcosa che gli sporgeva dal petto trafitto ed imbevuto di sangue rappreso.
Agghiacciato, il maggiore dei Salvatore si sentì trasecolare:
- Baby-Klaus…- balbettò, mentre le sue ginocchia si liquefacevano come burro spalmato su una padella bollente. Con una mossa veloce quanto scomposta, arrancò verso la sagoma irrigidita di Prince e s’inginocchiò accanto a lui, afferrandolo rudemente per un braccio e costringendolo a mettersi supino. Guardandolo dritto in faccia, notò come la pelle del ragazzo fosse cinerea ed innaturalmente tesa sulle ossa degli zigomi, scavata da nervature scure simili a quelle spuntate a Rebekah dopo la sua essiccazione. Poi, sollevando appena con la punta di un dito le sue palpebre, vide che i bulbi oculari del principe erano vacui e vuoti, fissi nel nulla: -… oh, no, no, no…-
Demi.
Mentre scuoteva istericamente, tenendolo per le spalle, il capo ciondolante di quel Prince privo di vita, il vampiro riusciva a pensare soltanto a questo.
Demi.
- E adesso come… come glielo spiego… che accidenti hai fatto, IDIOTA?!- inveì, sotto shock, continuando a bofonchiare altri indicibili insulti tra i denti digrignati: era lampante come dietro a quel delitto non ci fosse un bandito qualunque, perché nessuno al mondo avrebbe mai potuto infilzare e mettere fuori gioco l’invincibile Prince Mikaelson in quel modo, tranne l’invincibile Prince Mikaelson, appunto. E questo particolare faceva imbestialire Damon, se possibile, ancora di più: - Dannazione! Ci mancava solo un suicidio in grande stile... e ora?! Eh?! Oh, fa’ che non si sia premuto nel cuore proprio un paletto di quercia, almeno fa’ che non sia quella quercia, ed io… i-io… ah, berrò soltanto sangue di Bambi per una settimana… niente wiskey, oh no!, neanche un goccio, niente!, solo Bambi… okay?! Però-fa’-che-non-si-tratti- di-quel-dannatissimo-paletto…-
Spostando a fatica le dita indurite del giovane Mikaelson dall’arma che lui stesso aveva usato per trapassarsi lo sterno, il vampiro buttò fuori l’aria in un sospiro fragorosissimo e gonfio di sollievo: per fortuna, non si trattava di ciò che aveva temuto.
Niente stuzzicadenti gigante di candida quercia incastrato nel miocardio, perciò Prince non era morto morto stecchito.
Eppure lo sembrava.
Cosa diavolo poteva averlo ridotto in quelle condizioni pietose, provocandogli un decesso temporaneo quasi identico a quello che annientava gli Originali quando venivano feriti con dei pugnali cosparsi di cenere millenaria?
Damon inspirò profondamente per ricomporsi e decise che avrebbe chiesto le spiegazioni di cui aveva tanto bisogno direttamente al maggiore dei figli di Hayley, subito dopo averlo risvegliato; così acchiappò l’elsa della ricurva e perlacea lama in osso conficcata nella sua carne e tirò con forza per estrarla... ma non ebbe successo.
Seccato, Damon fece per riprovarci, ma si accorse ben presto di non riuscire più a staccare il proprio palmo dall’estremità di quell’arma misteriosa.
COME, PREGO…?!              
Mentre sibilava con disappunto, provando a divincolarsi da quella sottospecie di trappola inaspettata, il vampiro udì un suono bizzarro, simile ad un lesto risucchio, assordargli per un attimo le orecchie, poi perse ogni sensibilità tattile e notò che la realtà intorno a lui stava svanendo turbinosamente, sgretolandosi e trascinandolo altrove, lontano, senza che lui potesse fare assolutamente nulla per evitarlo.
 
POV
Damon Salvatore
 
‘’Dove diavolo sono finito? Ouch, che botta in testa… accidenti a me. Accidenti ai Mikaelson. Accidenti, accidentaccio a tutti quanti…!’’
Questi furono i miei primi ed ingarbugliatissimi pensieri quando atterrai di schianto in un universo parallelo ed appannato, mancando per un soffio un grosso masso conficcato nel terreno e strizzando disperatamente le ciglia nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa di concreto nelle vicinanze.
Bastianna Natale.
Celeste Dubois.
Sabine Laurent.
Josephine LaRue…
Quei nomi del tutto sconosciuti mi danzarono caoticamente davanti agli occhi, a poco a poco sempre più nitidi, fin quando non mi resi conto che si trattava di una serie d’iscrizioni funerarie incise su una schiera di lapidi sbiadite nel crepuscolo.
D’oh.
Perfetto.
Mi trovavo in un cimitero.
E poco lontano da me, risuonavano delle voci vagamente familiari:
- Non avvicinatevi. Non osate.- stava ringhiando Prince Mikaelson, lacero e spiritato come uno spaventapasseri sotto la pioggia, con un tono talmente ostile da costringere la piccola folla che lo circondava a paralizzarsi sul posto, impotente. Sporgendomi oltre quella confusione ed avanzando tra la gente senza urtarla, come immerso in un assurdo sogno incorporeo, mi resi conto che il giovane era chino sull’erbetta rada del cimitero e stringeva tra le braccia una creatura dalla sagoma esile, chiaramente svenuta, facendole scudo col proprio corpo: - State lontani! Nessuno la tocchi. Nessuno…-
Mi ci volle un nanosecondo per capire che Prince aveva la voce spezzata, poi individuai l’inconfondibile chioma di Demetra ondeggiare languidamente oltre l’incavo del suo gomito e, incurante delle sue intimidazioni, mi fiondai come un proiettile verso di loro, talmente in fretta che, se fossi stato solido, avrei falciato via almeno una decina di persone. Tuttavia, nonostante l’apprensione mi stesse mandando in poltiglia il cervello, non potei fare niente di utile per soccorrere mia figlia, perché nessuno dei presenti pareva capace di notare la mia presenza, meno che mai Prince.
Con ogni probabilità ero finito dentro a un ricordo, ad un suo ricordo, ed era tristemente chiaro che nulla di ciò che era già accaduto poteva più essere in qualche modo influenzato dal mio intervento:
- Ancora un attimo e lo Stigma l’avrebbe divorata…- mormorò d’un tratto una fanciulla dai capelli scuri ed ondulati e dall’innata aria regale, mantenendosi apparentemente composta nonostante il tono preoccupato ed accostandosi molto cautamente ai Prescelti, sotto il mio sguardo diffidente. Tutti gli altri spettatori, al contrario, continuarono a fissarla con una specie di ammaliata adorazione e per me fu davvero facile intuire il suo ruolo laggiù: doveva essere lei la Reggente del Quartiere Francese… Davina. - Se non le avessi messo il mio braccialetto giusto in tempo, l’avremmo persa, Prince.- proseguì la strega, accovacciandosi accanto al biondo a distanza di sicurezza, ma con gli occhi lucidi. - Tu… l’hai strappata a Sophie. Ancora.-
 
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- Dimmi.- grugnì il figlio di Klaus tra i denti, stritolando, senza nemmeno rendersene conto, la mano pallidissima di Demi tra le proprie. Il bagliore emanato dal gioiello di Elixir rendeva bluastra e quasi ipnotica, col suo riflesso, la pelle delle loro dita intrecciate: -… dimmi che starà bene. Lei starà…?-
- Per adesso, sì.- annuì Davina, gravemente.
Però.
Mi sembrava proprio che la streghetta ed il biondo si conoscessero da un po’: dalle occhiate che si scambiavano, infatti, s’indovinava senza difficoltà il rispetto che nutrivano l’uno per l’altra, e la Reggente sembrava sinceramente dispiaciuta per la pena che si leggeva a chiare lettere sul viso esausto del fratello di Nick.
- Ora, però, la Chiave ha bisogno di riposare… e noi due di parlare. Seguimi.- gli bisbigliò dopo un attimo, mentre i suoi fedeli seguaci rompevano istantaneamente le file per lasciare aperto, al loro passaggio, un varco tra le tombe austere.
Accennando alle proprie spalle, verso una chiesa dall’aria decadente ed antica come il tempo, Davina si spolverò velocemente il vestito e schioccò le dita per cercare il sostegno dei suoi adepti francesi, ma Prince rifiutò ogni aiuto e si rimise in piedi da solo nonostante tutto, reggendo tra le braccia Demetra e celandola a chiunque altro mentre procedeva nella scia della Reggente.
- Non capisco.- annunciò a quel punto qualcuno, dando miracolosamente voce ai miei pensieri. Frastornato e grato, mi voltai di scatto e notai tre giovanotti starsene in disparte vicino ad un enorme cancello: uno di loro aveva l’aria selvaggia di chi nutre davvero poca simpatia nei riguardi dei barbieri, mentre gli altri due erano accoccolati in un mezzo abbraccio abbastanza eloquente: - Prince, ecco, lui…- osservò cauto Josh, rivolgendosi ad Aiden e a Jackson con tono incerto: -… insomma, visto quello che le leggende più brutali sul loro destino segnato ci annunciano da secoli.. beh, è così strano, ma lui… si comporta come… come se…-
-… come se Demi fosse tutto ciò che gli è rimasto al mondo?- completò il proprietario del Croissant al posto suo, seguendo da lontano i passi dell’amico Mikaelson, ormai pronto ad addentrarsi nel più sacro e tetro santuario di New Orleans, che per tutto quel tempo era stato l’ubicazione segreta ed irrintracciabile della famigerata Piuma Nera.
- Già.- confermò perplessamente Joshua ed io, nonostante la mia schiumante riluttanza, mi vidi costretto a convenire con lui.
 
Poi la scena cambiò.
 
Ora mi trovavo all’interno della maestosa Chiesa di poco prima e, nel mezzo di un corridoio rischiarato da una miriade di candele sospese a mezz’aria e puzzolente d’incenso, Prince si stava sbattendo alle spalle una porta.
Dopo averlo fatto con impeto, come in preda al panico, il figlio di Klaus si appoggiò con la schiena al legno ancora vibrante, poi affondò le mani nei propri ricci inzaccherati di sangue scuro, quasi volesse strapparseli via dalla testa; ben presto, però, una voce femminile si sovrappose a quella più flebile di Demi (che lo stava chiamando disperatamente dall’altra parte dell’uscio, risvegliando il mio istinto di soccorrerla) ed invitò il biondo a levare il capo verso la maggiore delle sorelle Claire:
- Prince.- esordì quest’ultima, mortificata, ma in qualche modo anche impaziente di avere un confronto con lui.
- No.- biascicò il principe, staccandosi subito dalla porta. - Non qui.-
Davina acconsentì a quella sua muta richiesta di discrezione e, scortata da due coppie di servitori incappucciati, lo guidò in un altro stanzone sgombro e quasi interamente privo d’arredamento, perlomeno se si escludeva la moltitudine sconfinata di libri, di certo antichi Grimori, incastonati nelle ampie librerie da parete come gioielli in una corona. Con un cenno, la Reggente congedò le sue guardie del corpo e finalmente puntò i propri occhi sul giovane che le stava di fronte.
Per qualche istante, nessuno dei due aprì bocca, poi la ragazza si schiarì la gola, come per farsi coraggio:
- Tuo fratello…- iniziò, esitante e tiepida come una brezza. -… Monique mi parlava spesso di lui, nei messaggi segreti che ci scambiavamo qualche anno fa. Di quanto fosse buono e intelligente, di come s’impegnasse nel cercare un sistema per toglierti il Marchio, anche se era poco più che un bambino. So che hai cercato di tenerlo fuori dai guai, anche a costo di ferirlo… so che eravate molto legati, e cosa significava lui per te.-
Prince tacque e, guardano i segni delle lacrime ormai secche impressi sulle sue gote, simili ad inutili solchi d’aratro su dei campi destinati a marcire, anch’io mi ritrovai a deglutire a fatica:
- Sarebbe dovuto succedere a me.- disse il biondo d’un tratto, senza particolare sentimento. Pareva annichilito, prosciugato da qualsiasi emozione, lucido, pragmatico. Dio, se era sotto shock. - E’ la frase che ho ripetuto a me stesso per anni, dopo che i miei genitori furono massacrati… ed è ciò che ti dissi anche quando lei morì, non è vero? Monique.- non sapevo di preciso di chi stesse parlando ma, in qualche modo, la perdita annidata nello sguardo di smeraldo del principe mi ricordò me stesso, la notte in cui avevo messo a soqquadro l’universo per riabbracciare Katherine e la delusione assassina che avevo provato nello scoprire che la sua cripta era sempre stata vuota, per cinquecento anni di bugie: - Tu le volevi bene, Davina. Prima che Jane-Anne fosse giustiziata da Marcel e che Sophie la rapisse per istruirla di persona… Monique era la tua amica del cuore. Poi ha incontrato me... ha amato me. Ed è morta. E tu… oh, non potrai mai odiarmi per questo più di quanto io non odi già me stesso.- si strinse nelle spalle per un secondo, come colto da un brivido, poi allargò le braccia e, senza esserne realmente cosciente, scoppiò in una risata tagliente, dissennata: - Ma tanto sono tutti morti, no?! Ed è colpa mia… perché io sono il Distruttore. Sono sempre stato la loro condanna. Questa è la mia maledizione!- la sua voce grossa e rabbiosa, ora, mi faceva rizzare i peli sulla nuca per la sua somiglianza con quella che il suo padre biologico era solito sfoderare nei momenti di più pericolosa follia: - Sono un mostro. Il peggiore. Una sentenza di morte che cammina, una disgrazia, e lo sono fin dalla nascita. Ed è vero, lo sai anche tu, come lo sanno gli spiriti dei tuoi progenitori, meglio di chiunque altro. Da sempre.- quando smise di ridacchiare, Prince sembrò perdere ogni barlume di lucidità ed accartocciarsi su se stesso come un foglietto di carta dato alle fiamme: - Posso salvare la preziosa Demi quante volte mi pare da un esercito demoniaco imbizzarrito, dalla furia dello Stigma e dalla Deveraux in persona, persino da un meteorite pronto a schiantarsi sulla sua testa… ma alla fine non potrò mai, e in nessun caso, salvarla da me.- a quel punto le sue iridi verdognole divennero enormi, come quelle di un animale in trappola che vede arrivare il suo carceriere armato di scure. - E’ così?-
- Sì.- sentenziò Davina, senza poter fare altrimenti. - Sì, è così.-
Io inspirai rumorosamente e Prince, con estrema lentezza, chiuse gli occhi.
 
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Quella doveva essere stata, per lui, l’ultima goccia:
- Devi aiutarmi, Davina.- disse, senza muoversi. Con quella sua nuova, rassegnata flemma, assomigliava sempre più dolorosamente al fratellino ormai perduto: - Quando Monique mi strappò dalle mani l’ultimo paletto di quercia bianca esistente al mondo, mi fece giurare solennemente che non avrei mai più tentato di compiere un gesto tanto estremo. Anche se volessi infrangere quella promessa, adesso, beh, non potrei farlo… perché, prima di fuggire, soggiogai Nick a nasconderlo in un posto in cui non avrei più potuto trovarlo ed ora… lui se n’è andato. Ed ha portato con sé quel segreto.- si leccò le labbra riarse con avidità, come se sperasse di raccoglierci qualche goccia di un veleno letale, poi riprese: - Non saprei dove cercarlo e non ne ho né il tempo né la voglia… ma allo stesso tempo, te lo giuro, non ci riesco.- la Reggente ora lo fissava intensamente, quasi senza mai battere le ciglia, in attesa dell’esplosione. - Proprio non riesco a sopportare ancora la mia esistenza. Non più. Basta. Il dolore… ho bisogno che smetta. Qualcuno… qualcosa… deve farlo smettere. Deve esserci un modo… un modo qualunque per farlo smettere.- mentre farfugliava, allucinato, Prince ebbe uno scatto di violenza incontrollata e colpì col pugno un angolo della libreria a lui più vicina, sfondandolo e provocando un gran fracasso, nonché la caduta di una pioggia di volumi giallastri sul pavimento. Senza nemmeno essersene reso conto, il principe continuò imperterrito a borbottare tra sé, naufragando nella paranoia: - Non posso tollerarlo, no, e non posso fermarlo… mi farà perdere la ragione… ma io non ne posso più, non ci riesco più… devo farlo smettere…-
Allarmate da quel trambusto, le guardie della Reggente spalancarono la porta e balzarono in massa nella camera, ma furono ricacciate indietro dall’onda di cupa energia che si stava sprigionando proprio in quel momento dalle mani del figlio di Klaus e finirono schiantate pesantemente contro il muro, gemendo e crollando faccia a terra.
Fu grazie a quello scoppio secco che, come risvegliatosi da un incubo, Prince capì i danni che il Potere aveva provocato a causa della sua instabilità emotiva e gridò, serrando di botto i bugni e cadendo in ginocchio.
Quel suo ringhio straziato sembrò capace di scuotere l’aria circostante e di colpirmi in pieno, mentre la scena dinanzi a me cambiava ancora una volta e le singole particelle degli oggetti sparsi lì intorno si riassemblavano per formarne una nuova:
 
- Perciò, se il Quartiere Francese non accetterà di trovare una soluzione alternativa al tuo stato… tu spegnerai la tua umanità. Ho capito bene?- stava dicendo Davina, con le punte degli indici unite che le sfioravano la sommità del naso.
Adesso era seduta su uno scranno intarsiato e, dall’altra parte del massiccio tavolo che li separava, c’era Prince, che appariva un po’ più composto di prima, ma comunque assai provato e pallido, quasi malaticcio.
Per rispondere a quella domanda precisa, lui mantenne ostinatamente la bocca contratta ma la Claire, intuendo il suo silenzioso assenso, scosse con decisione la testa:
- No… non posso crederci.- esclamò, sbalordita almeno quanto nel panico. – Sai benissimo cosa accadrebbe se fossi privo della tua capacità di porti dei limiti… sarebbe la fine. Preda degli istinti, lasceresti spalancata la porta all’Arma e, in un attimo, saresti alla completa mercé dei giochetti di Sophie…- continuando a negare a se stessa quella possibilità, Davina lo scrutò esterrefatta: - No… tu non correresti mai il rischio di darle questa soddisfazione, non dopo tutto quello che ti ha fatto… non dopo tutto quello che ti ha tolto!-   
- Forse hai ragione.- concordò Prince, con la tenera pelle del viso tirata fino all’osso. – Ma voglio ricordarti una cosa: mia zia Rebekah si alleò con Sophie e Shane dopo e nonostante questi ultimi avessero ammazzato Elijah.- le sue parole mi agghiacciarono, ma il biondo non batté ciglio e, anzi, artigliò con forza i braccioli della sua sedia: - Per tutta la vita mi sono domandato con quale coraggio avesse potuto farlo, ma credo di capire, ora: cercava solo un rimedio. Al dolore, al tradimento, all’abbandono, alla sua infinita solitudine. Elijah era l’ultimo dei suoi fratelli ancora in vita, il sangue del suo sangue, eppure lei è scesa a patti con i suoi stessi macellai… perché? Voleva soltanto che la sua agonia terminasse. Più di ogni altra cosa, s’illudeva di poter ritrovare la pace e desiderava un sollievo. E nella speranza di ottenerne anche solo una briciola, ha ceduto al male. E per anni lo ha servito.- la sua voce era colma di minaccia, ma era anche stranamente sommessa, supplichevole: - Pur di porre fine a ciò che sto provando in questo istante, Davina, al lutto e al tormento, spegnerei la mia umanità anche qui e subito. In fondo è questo che Sophie ha sempre voluto per il sottoscritto, e vuoi sapere una cosa? Non m’importa più un accidente di darle l’aiuto di cui ha bisogno, non m’importa più di causare la fine del pianeta, di avere sulla coscienza migliaia d’innocenti di cui non conosco neanche il nome, di vedere i tuoi adorati Antenati sprofondare mentre i demoni di Qetsyiah brulicano quaggiù come grassi vermi, nutrendosi di ogni cosa bella che sia mai esistita... sai, forse è per questo motivo che sono un essere così abominevole…- s’interruppe con un ghigno rassegnato e sinistro. -… perché, te l’assicuro, non m’importa più niente di tutto questo.-   
- Avanti, allora, dillo!- sbottò Davina, che stava cominciando a spazientirsi e a spaventarsi. - Cos’è che ancora ti ferma dal passare dalla sua parte, dal realizzare il tuo infame destino? Di che t’importa, si può sapere?!-
Prontamente, Prince la inchiodò con un’occhiata:
- Di lei.- sussurrò, roco. - Ecco di cosa.-
Non pronunciò il nome di Demi, ma sia io che Davina lo sentimmo come se ci fosse stato urlato in faccia. Personalmente, se solo avessi potuto scappare via a gambe levate da quel posto ormai claustrofobico, o ridurre qualcosa in frantumi tra le mie dita formicolanti, o persino appiccare un incendio nelle viscere stesse di New Orleans, per vederla dissolversi tutta quanta in un’enorme nuvola di fumo nero, l’avrei fatto; ma, bloccato com’ero in quei dannati ricordi, potei soltanto rimanere a guardare quanto si stava consumando sotto i miei occhi sbarrati.
- Tu…- mormorò la Reggente, dopo un’interminabile pausa. - Te ne sei… innamorato?-
Non sembrava sorpresa, come se avesse già visto accadere qualcosa di altrettanto folle in passato; dal canto mio, invece, pur tappandomi le orecchie, non riuscii a fare a meno di notare il modo nervoso in cui il figlio di Klaus si agitò sul posto prima di rispondere:
- No.- esalò, monocorde. - Ma Nick l’amava. Mio fratello teneva a lei ed ha rinunciato in eterno alla sua anima, per lei. Come un martire. Si è sacrificato per vederla al sicuro e, per non insultare la sua memoria, non vorrei farle del male, ma se non mi aiuterete… sarà inevitabile che accada il peggio. Con gravi conseguenze per tutti.- si fermò giusto per il tempo necessario a lasciar trapelare fino in fondo le proprie intimidazioni, poi si abbandonò sullo schienale. - Cerca di capirmi, Davina: voglio venirvi incontro e cercare di risparmiarle altre tragedie, ma neanche questo proposito basterà a farmi desistere dal mio intento, se voi non mi sosterrete nel modo che ho richiesto. Non sono abbastanza nobile per un simile gesto. Fratello sbagliato.- il suo tono s’incrinò pericolosamente prima di tornare lapidario: - In un modo o nell’altro, io uscirò di scena. Ma se non mi lascerete altra scelta, qualcosa di tremendo accadrà a Demi Salvatore e, a quel punto, non sarà più colpa mia, ma vostra… soltanto vostra. Sono stato abbastanza chiaro?-
- Sì.- asserì Davina, con un tremito impercettibile nella gola. Il sospiro di Prince fu appena udibile, ma tradì comunque la sua soddisfazione. - Ho capito. Molto bene, allora. Stando così le cose, immagino che…-
 
Non riuscii ad afferrare il resto del discorso poiché, dopo essere stato investito da una raffica di vento improvvisa, ebbi di nuovo la netta sensazione che, in quel mondo, la mia corporeità non contasse un granché e fui proiettato di peso in un nuovo scenario.
   
Stavolta si trattava di un magazzino.
Lo intuii dalla moltitudine di manufatti accatastati intorno a me, ma mi ritrovai ben presto a comprendere che non ero affatto arrivato in un comune sgabuzzino strabordante d’inutili cianfrusaglie: quello era un deposito di oggetti magici.
Nella penombra, infatti, luccicavano file di barattoli colmi di densi liquidi sgargianti, sulla sommità dei quali galleggiavano putride fanghiglie gorgoglianti; lungo degli interminabili scaffali erano impilati teschi umani modellati in ottone, bronzo o cera, le cui orbite cave ospitavano gemme di ogni forma e dimensione. Qua e là erano anche disposte delle sfere di cristallo dal contenuto nebuloso e in perenne movimento e, da un baule abbandonato pesantemente sul pavimento, sbucavano una robusta fune arrotolata su se stessa, simile ad una serpe assopita, dei calici di metallo con iscrizioni runiche a mo’ di decorazione, una bussola che non puntava a nord e anche molte collane intrecciate di conchiglie, piume o piccole ossa di animali. 
- Oh, direi che senz’altro avete qualcosa che fa al caso mio, quaggiù.- commentò Prince di colpo, emettendo un basso fischio ammirato e facendosi scorrere distrattamente tra le dita una stella d’argento che doveva aver sgraffignato in giro. - E così questo è il celebre deposito di oggetti oscuri fabbricati dai Doge, eh?- indovinò, continuando a guardarsi curiosamente intorno, mentre le punte affilate del suo nuovo giocattolo catturavano la luce delle candele con uno sfavillio infido. - Però. Un’antica famigliola laboriosa, la loro. Nevvero?-
- Dovresti dirmelo tu.- replicò dura Davina, come se la faccenda l’addolorasse. - Visto che William Doge, l’ultimo della loro discendenza, è ormai da anni il tuo armaiolo di fiducia e non più un membro della nostra Congrega.-
Fiutando l’argomento scottante come un segugio, feci subito in modo di aguzzare a dovere le orecchie:
- Su, non volermene, Davina.- cantilenò Prince, scagliando in aria la stella, la quale andò a conficcarsi dritta nel petto di un manichino voodoo appeso in un angolo e, magicamente, incise un’infinità di tagli invisibili nella stoffa che lo rivestiva. - I tuoi Antenati potranno pure averti raccontato un sacco di frottole a proposito di quanto avessero a cuore la sorte dei legittimi proprietari di questo posto, ma la verità è che non hanno mosso un solo dito per proteggerli mentre Sophie dava loro la caccia. Alla fine, ovviamente, lei li ha scovati ed Ombrizzati e, giustamente, per il caro Will quello è stato il punto di non ritorno.- rilassato come se stesse conversando del tempo, Prince picchiettò sul cristallo di un’ampolla, poi tornò a rivolgersi alla Reggente. - Quanto a me… beh, sarebbe stato un peccato davvero troppo grave non approfittare del suo innato talento. E, ovviamente, anche degli introvabili Grimori da lui ereditati per via materna… una vera chicca.- 
- I suoi genitori erano stati banditi dal Quartiere, lo sai bene.- protestò Davina, arrossendo.
Cosa?
Doge era dunque il figlio di due fuorilegge mistici?! Ah-ah, beccati questa, Sheila, lo dicevo io che non c’era da fidarsi di quel…!
Mosso da un meschino ed incontrollato sentimento di rivalsa, aprii la bocca per domandare personalmente qualche altra informazione a tal proposito ma, con mio sommo rammarico, nessuno dei due presenti diede segno di avermi sentito o accennò più al motivo dell’esilio dei coniugi Doge, lasciandomi a rimbrottare tra me dalla frustrazione.
- Ma non William.- precisò Davina, stuzzicando peraltro la mia delusione. - Lui non era in alcun modo colpevole dei loro crimini, perciò dovrebbe ritornare al suo posto, tra noi. E’, a tutti gli effetti, una strega francese per diritto di nascita ed il suo importante ruolo…-
-… sarà stato rimpiazzato da qualcuno di adeguato, nel frattempo. Ne sono certo.- la bloccò Prince, mostrandosi impaziente.
Da quando Davina gli aveva garantito il proprio appoggio, mi pareva ringalluzzito e l’ombra sbiadita della sua arroganza aveva ripreso ad affiorare oltre la disperazione, scatenando in me un misto tra divertimento ed irritazione:
- Corretto.- confermò la maggiore delle Claire, inghiottendo a fatica l’acredine e rivolgendo con prontezza lo sguardo alle spalle del principe, verso qualcuno che aveva appena fatto il proprio ingresso in quel prodigioso ripostiglio: - Prince Mikaelson, sono lieta di presentarti il nostro degno sostituto per la carica di Custode degli Oggetti Oscuri, Alphonz Bellatunde Delgallo…- annunciò, allargando le braccia in segno di caloroso benvenuto: -… altresì noto come Papa Tunde.-
Papa Tunde?!
Per riuscire a guardare in faccia il singolare nuovo arrivato dovetti alzare il capo di una decina di centimetri almeno: si trattava, infatti, di un colosso di mezza età, alto poco meno di due metri, dalla corporatura dinoccolata ed il portamento distinto. La sua pelle era scura come cioccolato fondente e, per contrasto, indossava uno smoking di un bianco accecante, arricchito da un papillon giallo appuntato proprio sotto il pomo d’Adamo e da un borsalino inamidato che gli copriva la parte superiore del cranio glabro ed un po’ bitorzoluto.
- Prince.- ghignò Papa Tunde con uno sgradevole accento francese, sollevando leggermente il proprio cappello in segno di saluto. Quasi mio malgrado, mi accorsi che fissava il giovane Prescelto come un falco affamato e che si sforzava di risultare cordiale, nonostante il suo tono continuasse a suonarmi parecchio viscido: - Très heureux de vous rencontrer. La tua fama ti precede, come in fondo accadeva anche per ton père, Klaus.-
Oh, no.
Eccone un altro incazzato col paparino che non vedeva l’ora di prendersela con il figlio.
Magnifico.
- In realtà, l’oggetto che sto per proporti come soluzione di tutte le tue sofferenze era stato originariamente progettato per annientare proprio lui… sai, per fermare la sua tirannia con un’arma quasi all’altezza di un Paletto Originale e privare così Marcel del suo più pericoloso ispiratore.- spiegò lo stregone, lisciandosi fieramente il pizzetto. - Ci lavoro sopra da prima che tu nascessi… e lo considero il mio capolavoro.-
- Beh… vi svelerò un segreto, monsieur Tunde.- gli confidò Prince a denti stretti, fingendo altrettanta affabilità solo per ottenere ciò che bramava. - Dalle profondità della sua tomba, sono certo che mon père Klaus non si offenderà se oggi vorrete consegnare il vostro prezioso trésor a me.-
- Se è la Reggente che lo ordina...- commentò Papa Tunde umilmente, come se la faccenda non gli procurasse alcun piacere personale, poi abbassò le palpebre e cominciò a recitare una pomposa ed intricata litania: - Apparaît poignard de sommeil, lame pointue endormi… apparaît poignard de sommeil…-
Si udì un cupo ronzio prolungato, poi qualcosa di affilato fece magicamente capolino tra le dita sottilissime di Papa Tunde, attirando subito la mia attenzione e quella degli altri due presenti. Nessuna sorpresa per il sottoscritto, ovviamente: si trattava dello stesso pugnale che avevo provato a tirare fuori dal cuore del principe, dopo che questi lo aveva usato per farla finita, solo pochi attimi prima di essere catapultato nelle sue ultime memorie.
 
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Ecco, dunque, come se l’era procurato.
E, soprattutto, perché.
- Ti donerà un sonno molto simile a quello che la pomme empoisonnée diede a Biancaneve.- chiarì lo stregone, facendosi scorrere tra le mani la propria creazione e consentendo a tutti di ammirarne la fattura. - E’ un’arma validissima, ma ancora non del tutto perfezionata: come ti ho detto, avevo cominciato a costruirla per eliminare dalla circolazione l’ibrido Mikaelson, ma quest’ultimo fu sconfitto a Mystic Falls prima che io la ultimassi. Una vera fortuna, perché adesso posso ancora scegliere di rendere te il suo destinatario e scagliare in base a questo dettaglio l’incantesimo che renderà definitivi i suoi effetti.-
- Definitivi.- ripeté Prince, inquieto, come se non osasse sperarci. - Mi stai dicendo che non ci sarà nessun modo di riportarmi indietro? Mai? In nessun caso?-
Ci fu un attimo di trepidante silenzio, poi Papa Tunde strinse la mascella e guardò l’erede del suo antico nemico come se questi lo avesse appena schiaffeggiato:
- Se il tiranno Marcel ci avesse permesso di sfruttare il nostro legame con gli Antenati per compiere magie ancestrali, sta’ certo che, a quest’ora, sarei stato in grado di dare alla luce un pugnale mortale quanto il paletto stregato da tua nonna Esther. O di più.- sibilò furioso, arrossendo. - Ma con le pozioni, le profezie e l’impiego di materiali magici per la forgiatura di manufatti, ovvero con gli unici sortilegi che ci è ancora concesso praticare in questo Quartiere senza rischiare la forca, non c’era modo, per me, di raggiungere un simile scopo. Nonostante mi sarebbe immensamente piaciuto.- specificò, amareggiato. Il principe lo fissò senza dire una parola, in attesa che il monologo di quello strambo fattucchiere con manie di grandezza riprendesse: - Stregherò la lama personalmente, e questo la renderà capace di nuocerti, come desideri. Ma non durerà per sempre: il suo effetto potrà essere annullato, in una determinata circostanza.- mentre ricambiava lo sguardo assetato d’informazioni di Prince, tornò ad inanellarsi fastidiosamente il pizzetto attorno all’indice. - L’unica cosa che posso fare è darti la possibilità di scegliere quale.-
Senza fiatare, il biondo lo scrutò per qualche minuto, forse cercando di capire quale trucco fosse nascosto dietro a quelle parole, poi un’espressione sempre più convinta si fece largo sui suoi lineamenti regali, sintomo che l’idea perfetta gli era appena balenata nella testa.
Ottimo. Pensai, sfregandomi energicamente le mani. E adesso sparala, principino, da bravo, così potrò porre fine a questo casino una volta per tutte…
- D’accordo. Potrei voler tornare indietro solo ad una condizione.- cominciò lui, scoccando un’occhiata penetrante anche a Davina, la quale aveva serrato forte le dita per non lasciar intravedere a nessuno il loro tremito. Prince parve accorgersene comunque, ma questo non bastò a fermarlo: - Ed intendo solo e soltanto se…-


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… allora?
Se?!
Andiamo…
SE…?!?!
Interdetto, strizzai le palpebre più volte e, mentre la bocca di Prince Mikaelson si muoveva sotto i miei occhi per articolare la soluzione al suo problemuccio, provai persino a sturarmi un orecchio con l’indice, ma non riuscii ad udire nulla di veramente distinto venir fuori da quelle labbra. Di colpo, infatti, la testa iniziò a dolermi come se qualcuno mi avesse appena tramortito con un cazzotto ed ebbi l’orrenda sensazione che il mio cervello fosse finito imbottigliato in una boccia per pesci rossi spessa almeno tre dita e ricolma di una densa gelatina opaca che m’impediva di vedere qualsiasi cosa… oltre che di respirare liberamente.
Cosa?!
Coff… coff… coff…
Oh, no!
No, no, no.
L’ho già detto?
NO.
-… fratelli…- afferrai a malapena tra i miei stessi eccessi di tosse, sentendo un formicolio insopportabile farsi strada dalle mie mani fino alle vene dei polsi, ed un acre sapore ferroso scorrermi abbondantemente in gola, provocandomi dei conati. -… insieme… di nuovo… famiglia... solo… svegliarmi… svegliarmi… sve…-
E quiiiiiindi, signore e signori…
Niente chiave dell’enigma, per me.
Solo un altro schifosissimo indovinello.
Urrà!
E dan-na-zio-ne.
Per di più, il mio tempo laggiù sembrava essere decisamente scaduto…
Ed io stavo già tornando…
Sì…
Stavo… proprio… tornando… indietro…
 
***
 
Con un sospiro, Elena riemerse finalmente dall’acqua, poi, con uno zampillare scrosciante di olii profumati di rosa e cannella ad accompagnarla, si tirò su e si sedette un po’ in bilico sul sottile bordo di marmo della vasca da bagno, appoggiando i piedi ancora bagnati sul soffice tappeto che li attendeva proprio lì accanto ed inspirando profondamente.
Ad un certo punto del pomeriggio, rimasta sola in quel Pensionato immensamente vuoto e quasi asfissiante nel suo silenzio, aveva deciso di smettere di piangersi addosso e di seguire il consiglio che la sua Demi le aveva sussurrato all’orecchio prima di andarsene; così, dopo essersi recata di soppiatto al piano superiore, si era fatta guidare dall’istinto e ben presto si era ritrovata di fronte alla vecchia e remota camera da letto di Damon. Non senza che una palpitazione anomala le scuotesse le viscere, aveva abbassato la maniglia di quella porta per anni proibita e, una volta dentro, si era lasciata tentare da un’unica, stuzzicante idea: quella di riappropriarsi della capientissima ed indimenticabile vasca perlacea che si trovava da sempre nel bagno privato del primogenito Salvatore e che per troppo tempo era rimasta confinata lassù, assieme ad una montagna di segreti, mancandole più di quanto non si fosse mai concessa di ammettere.
Senza più esitare, dunque, Elena aveva riposto in un angolo i propri abiti e, dopo averla colmata fino all’orlo, si era tuffata in quella piccola piscina con una gioia quasi infantile, entusiasta, lasciandosi avviluppare dal suo denso e schiumoso abbraccio e sentendo le proprie membra liquefarsi placidamente, simili a miele colato tra le bolle grosse e candide che le danzavano attorno.
La vasca miracolosa, naturalmente, non l’aveva delusa: ogni sua angoscia si era dissolta come per magia, evaporando, e la Gilbert aveva trascorso forse delle intere ore a mollo, mezza addormentata e con la mente incredibilmente sgombra. Soltanto un lieve brivido, dovuto al lento ma inesorabile cambio di temperatura dell’acqua, era stato capace di riportarla alla realtà e così, dopo essersi strizzata i capelli gocciolanti ed averli avvolti con cura in un asciugamano a mo’ di turbante, la vampira si era infilata l’accappatoio che aveva preparato in anticipo ed aveva fissato con un nodo il candido laccio che le circondava morbidamente i fianchi, zampettando poi, scalza, verso lo specchio lì vicino e sbirciandoci attraverso.
Mentre si osservava, Elena notò che i propri occhi scuri erano sorprendentemente dilatati e che le stavano restituendo uno sguardo molto rilassato, assai diverso rispetto a quello che le aveva deturpato il volto l’ultima volta che era stata in quel posto, ovvero quando Damon, costretto dalla compulsione, era scomparso nel nulla, e lei aveva creduto di averlo perso per sempre…  
Quante cose erano cambiate da allora.
In sedici anni, la Gilbert aveva imparato a convivere quasi alla perfezione con i propri fantasmi, a schermare la mente di fronte ai ricordi peggiori e a lasciarsi scivolare addosso le giornate con la stessa flemma con cui adesso stava facendo scorrere il pettine tra le sue ciocche umide. Era diventata una moglie, ed una madre. Aveva vissuto dei momenti di pura felicità, sdraiata sul divano con la sua famiglia a vedere un film ridicolo e a sgranocchiare tiepidi popcorn al formaggio, scambiandosi con Stefan degli sguardi di complicità ed aiutando la piccola Demi a finire i compiti prima di accompagnarla al parco… eppure, più rimaneva in quel posto, più si sentiva assalita dalla sensazione che il tempo non fosse mai trascorso.
Non davvero.
Non per lei.
In fondo, quasi niente, lassù, era stato spostato.
Dopo qualche giorno dal suo rocambolesco ritorno da New Orleans, infatti, Demetra si era finalmente decisa a lasciare la sua stanza silenziosa e si era rintanata in quella di Damon… per rimetterla a nuovo. Tutta sola, armata di scopa e di straccio, aveva spazzato con cura il pavimento, tempestato dai cocci dello stesso specchio che proprio lei aveva mandato a sfracellarsi dopo aver scoperto la verità su suo padre, poi aveva cambiato le lenzuola di seta nera, rifoderato e sprimacciato i cuscini uno per uno, spolverato l’enorme cassapanca nell’angolo ed infine lucidato il bagno fino a farlo luccicare, rendendo di nuovo confortevole quel posto così a lungo dimenticato da dio.
Ma, intenzionalmente, la ragazza non aveva stravolto nulla rispetto all’iniziale disposizione degli oggetti: li aveva accarezzati tutti quanti, certo, per ripulirli dalla patina grigiastra che li striava ed oscurava la loro bellezza, ma poi li aveva riposizionati dov’erano sempre stati, restituendo all’intera camera la sua anima più autentica e lo stile misterioso ed un po’ stravagante con cui Damon l’aveva arredata fin dal primo istante.
Già.
Era assurdo, ma ogni cosa era esattamente dove Elena la ricordava.
Ad esempio, frugando alla cieca in un cassetto nella speranza di trovarci dentro un phon funzionante, la vampira pescò una bottiglia di ottimo champagne ancora chiusa e si tappò la bocca con una mano per non scoppiare a ridere: oh, accidenti! Aveva del tutto scordato la buffa abitudine che Damon aveva sempre avuto, durante i suoi interminabili bagni caldi, di sorseggiare sfrigolanti bollicine da pregiati calici di cristallo, o quella, ancora più assurda, secondo la quale ogni tanto era solito aggirarsi liberamente per casa, ancora tutto ricoperto di schiuma e, per di più, completamente…
La Gilbert richiuse lo sportello dell’asciugacapelli con uno schiocco precipitoso e poi, per distrarsi e scacciare via in fretta il pensiero che le aveva appena sfilato impunemente nella memoria, facendola avvampare, alzò gli occhi verso l’ampia finestra rettangolare ritagliata nella parete e si accorse con stupore che il cielo, là fuori, aveva già assunto le tinte fosche della sera inoltrata… senza che Demetra rientrasse o desse notizie di sé.
Oh.
Oh no.
Quanto tempo era trascorso da quando aveva sentito il portone del Pensionato chiudersi alle spalle di sua figlia? Forse abbastanza da rendere strana o sospetta la sua assenza? Abbastanza per cominciare a preoccuparsi? Qualcosa non andava, ed era per questo che si sentiva di colpo così accaldata, quasi febbricitante… oppure si stava agitando tanto per nulla?
Con uno spasmo d’impazienza, Elena agguantò il cellulare e controllò rapidamente l’orario. Nessuna chiamata persa, nessun avviso da parte della ragazza per avvisarla del fatto che avrebbe potuto fare un po’ più tardi del previsto. Dondolandosi nervosamente da un piede all’altro, la vampira compose a memoria il numero di Demi e si portò il telefono all’orecchio, in trepidante attesa.
‘’Non andare nel panico. E’ solo in ritardo… è solo un piccolo ritardo, sarà a casa presto.’’ si ripeté mentalmente, cercando di non finire in iperventilazione. ‘’Oh, rispondi alla chiamata, Demi, avanti…’’
Era sempre così, da quando la ragazza era stata rapita da Rebekah e poi era fuggita a New Orleans con l’erede di Klaus proprio sotto il naso dei suoi genitori: Elena non riusciva mai a non pensare al peggio. Vista la situazione drammatica e delicata in cui i rapporti suoi e di Stefan con la loro pargola versavano ormai da un mese a quella parte, la Gilbert si era vista costretta ad evitare delle politiche troppo restrittive a proposito di uscite e cose simili, ma questo non le garantiva affatto di restare calma ogni volta che il più vago sentore di un pericolo le solleticava la mente, tutt’altro...
- Demetra…- soffiò Elena a denti stretti, mentre gli squilli disponibili terminavano senza ottenere soddisfazione e la segreteria di sua figlia attaccava con la sua sterile cantilena, lasciandola con un palmo di naso. Mentre riprovava immediatamente a richiamare, Elena si spostò un ciuffo castano che le era piovuto sulla fronte aggrottata e cominciò a riflettere freneticamente: durante l’infanzia di Demi, quando aveva avuto un’assoluta necessità di rintracciare sua figlia, si era sempre rivolta, senza mai sbagliare, a Sheila o a Mattie, ma, di recente, qualcosa sembrava essersi incrinato in quell’inseparabile trio. La dipartita del figlio di Elijah aveva lasciato un vuoto tutto particolare dentro ciascuna di loro e, forse per proteggersi dal ricordo ancora troppo vivido della loro impotenza di fronte ad una simile tragedia, le ragazze avevano allentato di parecchio il loro affiatamento, tanto che Elena era praticamente certa che Demi non fosse uscita per raggiungere nessuna delle altre due, quella sera.
Però le aveva detto che sarebbe passata al Mystic Grill per comprare la cena…
Sì, di sicuro aveva fatto una sosta al Grill…
E se c’era un cliente fisso di quel posto che, con ogni probabilità, poteva averla vista passare di là, quello era…
Beh, era
 
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Elena si mordicchiò furiosamente il labbro inferiore, rigirandosi il cellulare tra le dita per un altro attimo di esitazione, poi si decise ad ingoiare l’orgoglio, il batticuore e l’irrazionale terrore di venire respinta, e cercò in rubrica l’unico numero di cui aveva disperatamente bisogno.
 
***
 
ZZzZZzZZzzzzzzzz.
zzzzZZZZZzzzZZZZZZZZ.
ZZZZZZZzzzzzzZZZZzzzzzzzzzzzzz.
Punzecchiato dall’assillante brusio che proveniva dalla tasca posteriore dei suoi jeans come da uno sciame di calabroni inferociti, Damon si decise a spalancare gli occhi e, con una fatica che sembrò costargli almeno un decennio d’anni di vita, riprese i sensi, accorgendosi con un istante di ritardo di essere finito faccia a terra, come una pera matura caduta di schianto dall’albero, sullo stesso tappeto che ospitava il corpo immobile e freddo di Prince Mikaelson.
Con uno scatto repentino, il vampiro staccò la mano dall’elsa del pugnale di Papa Tunde e ci soffiò ripetutamente sopra, come per spegnere l’incendio invisibile che ancora sentiva ardergli sul palmo ustionato dal quel contatto, poi sentì affiorargli nella memoria, una ad una, tutte le scene a cui aveva appena assistito tramite la coscienza del figlio di Klaus e si sentì invadere da una caterva di sentimenti contrastanti.
Pena. Rabbia. Gelosia. Impotenza. Senso di colpa. Angoscia. Immedesimazione…
Diamine.
La testa gli pulsava come se qualcuno lo avesse colpito in pieno con un randello chiodato e gli ronzava pure tremendamente, o forse…
Un momento… in realtà…
Oh, no, era qualcos’altro che stava vibrando…
Irritato da quel tempismo così inopportuno, il vampiro estrasse il cellulare impazzito dalla propria tasca, pronto a troncare in malo modo qualunque chiamata in arrivo, poi batté le palpebre, inebetito dalla sorpresa, e sentì il suo pollice sfrecciare sul tasto verde più veloce della luce:
-… Damon?- bisbigliò una voce dolce ed inconfondibile dall’altra parte del ricevitore.
In un attimo, il vampiro si sentì svuotare dentro da ogni sensazione che non fosse un puro, incontrastabile ed autentico sollievo:
- Elena.- sospirò, ma quel nome gli venne fuori come un colpo di tosse soffocato. - Coff coff coff… q-qual buon vento?- gracidò, riprendendo fiato con difficoltà. Non si era reso conto, fino a quando non aveva riaperto la bocca, che la sua gola era davvero in fiamme, proprio come nei ricordi di Prince, e gli doleva come se avesse ingurgitato a grandi sorsi un bel cocktail a base di verbena. La Gilbert se ne accorse immediatamente ed il suo tono si fece dubbioso:
- Damon?!- ripeté confusa. - Va… va tutto bene?-
Il vampiro si schiarì sonoramente la voce, poi scoccò uno sguardo in cagnesco a Prince e all’arma in osso ricurvo che spuntava dal suo petto, alla Capanna desolata e al proprio palmo bruciacchiato, e scrollò le spalle:
- A meraviglia.- gracchiò, rauco come un fumatore incallito, raddrizzandosi sulla schiena ed appoggiando pesantemente la fronte indolenzita sul bracciolo di una poltrona lì accanto. - Mai stato meglio.-
- Dove sei?- gli domandò Elena, che non sembrava per niente convinta. - Al Grill?- tentò, anche se la totale assenza di baccano attorno alla cornetta di Damon le lasciava ben poche speranze al riguardo.
- Nope.- replicò lui, stuzzicando con la punta della scarpa le frange del tappeto su cui se ne stava appollaiato. - Ma ci sono passato meno di un’ora fa… perché?- sentendo le budella che gli si annodavano dolorosamente, Damon mormorò: - Volevi vedermi?-
- Volevo sapere se… ecco, se avevi visto Demi.- mormorò lei, camminando avanti e indietro sul pavimento del bagno del Pensionato, con i piedi nudi che diventavano ogni minuto più freddi, mentre le sue guance si facevano sempre più incandescenti. - Non è ancora tornata ed io ho provato a rintracciarla già un paio di volte, ma... beh, il suo cellulare ha squillato a vuoto e così ho subito pensato che magari…-
- Sì, era al Grill.- confermò Damon, cercando di mascherare la propria delusione con tutta la maestria di cui era capace. - Ha ordinato un po’ di panini e stava aspettando che fossero pronti quando me ne sono andato. Nel parcheggio ho intravisto il suo catorcio grigio, perciò probabilmente sta guidando verso casa proprio mentre parliamo, ed è per questo che non ti ha risposto. Capita.-
- Certo.- annuì Elena debolmente, tormentandosi l’anello solare attorno all’anulare, tanto per tenersi impegnata, mentre nel suo cervello qualcosa s’inceppava e le sembrava di udire il riverbero di un allarme rosso assordarle i timpani. - Capita eccome.-
A quel punto, entrambi piombarono nel silenzio più assoluto, senza che nessuno dei due sapesse esattamente cosa dire all’altro.
Damon, dal canto suo, non riusciva a togliersi dalla testa due cose: il meraviglioso, bollente pensiero delle labbra di lei che toccavano le sue durante l’ultima sera in cui si erano trovati faccia a faccia, e l’altrettanto cocente frustrazione che, nell’ultimo mese, aveva provato ogni dannata volta che Elena aveva evitato le sue, di chiamate, tagliandolo completamente fuori dalla propria vita e ricomparendo, adesso, in quel modo così candido, aspettandosi che lui non fosse minimamente...
- Avevo paura che non volessi parlare con me.- bisbigliò proprio in quel momento la Gilbert, interrompendo bruscamente il suo flusso di coscienza e spiazzandolo per la seconda volta in meno di cinque minuti. - Visto come ti ho trattato, se non avessi avuto la minima voglia di sentirmi, lo avrei capito. E non avresti avuto torto.- aggiunse la vampira velocemente, come se temesse che, da un momento all’altro, lui avrebbe potuto sul serio ravvedersi e riattaccare.
- Sì, avrei potuto ignorarti.- convenne Damon con un ghigno rassegnato. - Ma ho passato talmente tanto tempo a scappare da ciò che voglio da bastarmi per tutta l’eternità.- Elena trattenne appena il respiro per assorbire l’impatto di quelle parole, ma lui proseguì senza ulteriori esitazioni: - Perciò ho deciso di smettere di farlo… sai, solo per capire cos’è che si prova nel mentre. In fondo, dev’esserci una ragione se la maggior parte della gente segue il proprio stupido cuore di continuo, e senza troppi rimpianti, no?-
- Immagino di sì.- mormorò la Gilbert incerta, sfiorando inavvertitamente con l’indice il dorso del suo cellulare, come per accarezzarlo. - E allora?- incalzò poco dopo, incuriosita. - Com’è che ci si sente?-
- Vivi.- rispose Damon, con una disarmante semplicità. - Ci si sente più vivi.-
Tacquero di nuovo a lungo, ma stavolta non c’era traccia di ostilità in quel silenzio, fragile e sospeso a mezz’aria come una ragnatela gocciolante di rugiada mattutina.
- Little D conosce molto bene i tuoi gusti, devo ammetterlo.- cambiò radicalmente discorso il vampiro ad un certo punto, ricordando in un breve flash ciò che lui stesso, uscendo furtivamente dal Grill, aveva origliato ordinare dalla figlia al pub. - Ma mi sa che con Stefan ha decisamente toppato… insomma, lui odia la salsa Worcester, visto che Demi ha ordinato quattro panini su quattro farciti con quella roba, credo proprio che non farà i salti di gioia. Per lui, parola mia, sarebbe meglio bere del sangue di puzzola!-
-… Stefan non cenerà con noi, stasera.- lo avvisò Elena, abbottonandosi in vita i pantaloni color crema con la mano libera ed incuneando il cellulare tra l’orecchio e la spalla mentre si chinava per raccogliere le scarpe. Sentiva che se non si fosse tenuta occupata, mentre comunicava quella notizia a Damon, sarebbe scoppiata di nuovo a piangere, e non riusciva a pensare di poter fare qualcosa di peggio, in un momento come quello: - Lui… starà alla casa sul Lago per un po’. Ha deciso che è meglio così. Era… era a pezzi, ma non ho potuto dire nulla che potesse fermarlo. Niente di ciò che ho fatto è servito a trattenerlo.- sottolineò Elena, nella speranza che Damon capisse quanto quella situazione la ferisse e, allo stesso tempo, anche quanto le fosse costato cercare di evitarla.
- Stefan.- commentò l’altro spiccio, come se quell’unica parola bastasse a spiegare tutto a proposito della decisione di suo fratello. Mentre lo diceva, il suo sguardo mesto tornò a posarsi sul cadavere ingrigito di Prince, che aveva preferito quella miserabile condizione di non-vita rispetto a ciò che lo aspettava affrontare senza il suo Nick, e le palpebre presero a bruciargli come se qualcuno ci avesse spalmato sopra del peperoncino. - Forse dovrei parlargli.- rimbrottò, con la voce di nuovo arrochita. - Dovrei andare da lui e parlarci a quattr’occhi.-
- Puoi provarci.- pigolò Elena, legandosi i capelli in una coda. - Magari avrai più fortuna di quella che sta avendo la nostra bambina con il figlio di Klaus.-
Damon non poté trattenersi dal grugnire e dal trapassare con un’occhiata assai meno compassionevole il biondo riverso per terra. Cos'avrebbe dato per poter ritornare a detestarlo come prima di mettere piede in quella Capanna e di conoscere i suoi retroscena!
- Cosa ne sai tu di quella storia?- indagò, cercando di sembrare vago e non melodrammatico.
- Sono settimane che Demetra esce di casa vestita come una guerriera e svanisce per intere ore, nel pomeriggio. Sul pavimento, al suo ritorno, spesso ho trovato piccole tracce di foglie, sabbia e fango, quindi credo proprio che se ne vada a gironzolare dalle parti delle Cascate, dove, guarda caso, vive quel ragazzo. E la sua espressione, quando crede che nessuno la stia guardando, è sempre così afflitta… mi spezza il cuore.- spiegò Elena, ripiegando un asciugamano umido e sentendosi invadere dal dispiacere. - L’ho sentita parlare con Sheila al telefono, qualche giorno fa, e le stava confessando che Prince non voleva saperne di darle ascolto, ma che lei non avrebbe smesso di presentarsi alla sua porta… non le importava quanto ci sarebbe voluto per convincerlo, ma non poteva abbandonarlo.-
- Ma magari è lui che ha mollato.- suggerì Damon, deglutendo e massaggiandosi le tempie coi polpastrelli, mentre cercava di mettere ordine tra i propri pensieri, soprattutto alla luce della sua più recente e macabra scoperta. Chissà se avrebbe mai avuto abbastanza fegato e faccia tosta da far passare quel dramma come una fuga volontaria, come un atto di pura vigliaccheria, come una diserzione poetica, perfino, pur di toglierlo dalla testa di Demi una volta per tutte... chissà se esisteva una buca abbastanza profonda in cui seppellire Prince Mikaelson ed il suo segreto potenzialmente letale senza scatenare un cataclisma cosmico nella nuova generazione: - Forse ha gettato la spugna, e grazie tante! Perché no? Forse non si fa vivo perché… perché se n’è andato dall’altra parte del mondo ed ha deciso di trascorrere la sua esistenza a non farsi mai più rintracciare né da Demi, né da Sophie, né da nessun altro… AH! E se così fosse? Sarebbe davvero una perdita così grave? L’ho incontrato di persona, il tipo, e credimi se ti dico che ho visto brillare nei suoi occhi la stessa sfavillante luce da psicopatico di papibrido. In più, secondo la Profezia, lui è destinato a ridurre nostra figlia in mille pezzi, è nato praticamente solo per questo, ma no! Ovviamente lei si ostina a tenerci! Se si mettesse l’anima in pace, invece, te lo dico io, tutto sarebbe molto più…-
- Nostra figlia è un osso duro.- lo interruppe Elena, intontita da quel discorso strampalato ma ben ferma su un unico punto fondamentale: - Come te. Perciò non si arrenderà. E ti dirò una cosa: non sono sicura di volere che lo faccia.- confessò d’impeto, col cuore che le si gonfiava per l’orgoglio. - Forse non voglio che Prince continui a restare fuori dalla sua vita.-
- Insomma, si può sapere da che parte stai?- sbottò Damon, ormai paonazzo. - Arma Letale che si leva di torno sarebbe una manna dal cielo!- a questo punto non ci credeva neanche lui, ma tanto valeva tentare: - O no?-
- Demi era innamorata del figlio di Elijah.- gli rinfrescò la memoria la Gilbert, senza troppe cerimonie. Damon arricciò istintivamente il naso in una smorfia ma, poi, non poté far altro che chinare il capo. - E l’ha perso, in modo orribile. Io so cosa vuol dire sentirsi strappare via qualcuno che ami senza poterlo impedire, solo perché qualcun altro l’ha deciso al posto tuo… può mostrarsi forte quanto vuole, ma sono convinta che Demi stia cercando soltanto un modo per non affondare, e quel modo è aggrapparsi a Prince Mikaelson. Forse ci trova qualcosa in lui, o forse non è semplicemente pronta a lasciarlo andare… non adesso, non dopo quello che le è capitato. Forse arrendersi con Prince ora che l'altra ferita è ancora così fresca ed aperta sarebbe troppo da pretendere, perfino per una tosta quanto lei. Perciò no, io spero vivamente che quel ragazzo non decida di sparire nel nulla e trovi il coraggio di rimettersi in gioco, perché, qualunque cosa succeda, nostra figlia non smetterà di sentirsi legata a lui.-
Damon si batté con una mano la fronte, scuotendo la testa disperato, ma si violentò per non emettere nemmeno un fiato al riguardo: finché non gli fosse venuta in mente qualche idea geniale per salvare la giornata, nessuno doveva sapere la verità sulla grande rinuncia di Prince.
- Perciò anche tu, se scoprissi che il caro principino ha avuto un contrattempo, decidendo di ritirarsi dalle scene per un po’…- ipotizzò Damon candidamente, coi denti che stridevano nello sforzo di non lasciar sfuggire il suo ruggito interiore. -… proveresti a rimetterlo, emh, in pista? Giusto? Nessun dubbio?-
- Se anche Demi non ci tenesse tanto, dovrei tentare l’impresa, sì.- fece Elena, gravemente. - Abbiamo giurato al fantasma di Elijah, tutti quanti, che avremmo tenuto d’occhio i suoi ragazzi... ed abbiamo già fallito una volta.-
Damon gemette ma il suo verso fu fortunosamente coperto dal campanello del Pensionato che risuonò fino al piano di sopra, facendoli sobbalzare entrambi.
- Chi sarà?- mormorò la vampira turbata, sfrecciando verso la stessa finestra di poco prima per dare una sbirciatina al cortile semibuio del Pensionato. Demetra, fosse ringraziato il cielo!, aveva appena fatto il suo ingresso oltre il cancello, con i fari del suo scooter che le facevano largo fendendo le siepi ben potate… ma non poteva essere stata lei a suonare il campanello, non da quella distanza! - C’è un pick-up parcheggiato vicino al nostro garage. E due file di orme che arrivano fino agli scalini del portone…- notò Elena a bassa voce, avviandosi di corsa verso le scale. - Che strano… Demi non mi aveva avvisata che avremmo avuto degli ospiti, deve essersi inventata un cambio di programma subito dopo essere uscita di qui, perché non mi ricordo affatto di averla sentita dire che…-
- Credo proprio che sia arrivata l’ora, per te, di scoprire l’identità segreta degli altri mangiatori di hamburger alla salsa Worcester che vi faranno compagnia per cena, stasera. Ricorda, quattro panini.- la rimbeccò il vampiro di rimando, ascoltando i passi della Gilbert solleticargli delicatamente l’orecchio e sentendo un inevitabile sorriso fargli capolino sulla bocca. - Buona fortuna.- le augurò, mentre si sgranchiva teatralmente le dita della stessa mano che aveva usato, poco prima, per teletrasportarsi nella coscienza di Prince, come per prepararla ad un nuovo e più efficace assalto: - Anch’io devo andare. Salutami la piccola peste… dille che si sistemerà tutto, presto o tardi, che deve solo essere forte e continuare a non mollare la presa su ciò che è importante per lei. Farò in modo che le cose vadano meglio, d'ora in poi… farò qualunque cosa in mio potere, perché tutto diventi più facile.-
- Amo così tanto il modo in cui sei protettivo verso di lei.- gli sussurrò Elena con tenerezza, costeggiando l’enorme camino del salotto per avviarsi nell’ingresso principale.
- Io amo te.- disse Damon di slancio, prima di riuscire a frenare la lingua.
Poi, senza lasciarle il tempo di replicare, di colpo, riattaccò.
 
***
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
 
ZANZANZAAAAAAAAAAN.
ZANZANZAN.
ZA’.
Buonasera, miei adorati, non ci speravate più, vero?! E INVECE, anche se con un ritardo che farebbe impallidire anche quel cattivone di G.R.R. Martin, finalmente sono riuscita ad aggiornare. Che dire? Dall’ultima pubblicazione la mia vita è stata un po’ un disastro, una giostra senza controllo di guai e di nuove esperienze, motivo per cui ho praticamente visto la mia ispirazione farmi *ciaociao* con la manina e svanire per mesi e mesi (E MESI… MASSI’, RIGIRIAMO PURE IL COLTELLO NELLA PIAGA!).
Giuro che è stata una sofferenza condivisa.
Sono davvero refrattaria ai cambiamenti, io, e di strane novità, in questo arco di tempo disgraziatamente ampio (CATTIVO DOBBY, CATTIVO! #LOL), ce ne sono state davvero a bizzeffe. Per fortuna, per me, il ‘’DD’’ rimane sempre una costante, una specie di un porto sicuro dove far riposare la testa quando è eccessivamente impegnata in altre faccende… e voi tutti, come al solito, restate un’importantissima fonte di conforto per la sottoscritta.
Questo capitolo è stato un po’ un punto di partenza rispetto a ciò che avverrà nella seconda parte del Diario… ho messo un sacco di carne sul fuoco, ma spero di avervi regalato anche qualche bella emozione… il nostro adorato mini-Elijah se n’è andato e la prima a dover fare i conti con la sua perdita sono proprio io! Tutti i personaggi stanno cercando, a loro modo, di sopravvivere alla voragine che lui si è lasciato dietro, e questo, naturalmente, è un momento di passaggio assai difficile e doloroso per ciascuno di loro… ma la storia sta andando avanti e le svolte ed i pericoli sono sempre dietro l’angolo!
Riuscirà Damon a risolvere l’enigma di Papa Tunde e a riportare da noi il principe?
Vi aspettavate ciò che lui ha fatto?
Pensate che, per Demi, riavere indietro la sua controparte sarà la cosa migliore?
Chi mai sarà arrivato a bussare alla porta del Pensionato… e perché?
Che effetto vi ha fatto vedere ‘’l’eroe senza macchia’’ in quelle terribili vesti da Demone? Sarà rimasto qualcosa di buono in lui, oppure tutto è perduto?
Come al solito, se volete fare un favore a me e soprattutto alla storia, inseritela tra i preferiti o tra i seguiti, passate parola, recensite, commentate, seguite gli aggiornamenti in bacheca e sulla pagina ufficiale… insomma, tenetemi compagnia nel tempo che impiegherò a scrivere la prossima avventura!
Con un grazie infinito per la pazienza, vi mando un enorme abbraccio eeeee…
Alla prossima! <3
Evenstar75
  
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