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Autore: Damisa    29/06/2018    5 recensioni
Kara sembra ormai convinta di voler tornare sul pianeta dove c'è sua madre. Saluta tutti famiglia e amici, ma nel momento in cui deve dire addio a Lena, qualcosa scatta, ma cerca di non darci peso, perché niente può essere paragonato alle sue origini. Inizia a vivere là, ma non è come aveva creduto. Intanto Lena da quando è andata via la sua migliore amica sembra un'altra. La sua relazione con James non evolve in nessun modo, anzi le pesa terribilmente, perché? Perché tutto sembra pesare da quando non c'è lei?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Madre e figlia si trovavano in cucina a preparare il pranzo, visto che le doti di Kara erano davvero scarse, Alura aveva deciso di aiutarla a migliorare. Quello era il momento di condivisione che più amava la bionda. Forse era anche perché dovendosi concentrare per non far bruciare niente, i pensieri sembravano zittirsi.
«Mon-el mangerà con noi?»
«Non saprei, credo che sia ancora alle prese con quell’aggeggio.», rispose alla madre, continuando a tagliare gli ortaggi che aveva di fronte.
Alura guardò la figlia di sottecchi, «Capisco, quindi è ancora intenzionato a tornare nel futuro?», pose quella domanda con un velato interesse, voleva provocare una qualche reazione in Kara, notando quanto poco loquace fosse diventata, rispetto a quell’esplosione di esuberanza raggiante di quando arrivò. Improvvisamente aveva semplicemente smesso di confidarsi e di raccontarle le esperienze avute sulla Terra. Si bloccava soprattutto se doveva dire qualcosa inerente all’ultimo anno.
«Presumo di sì.», alzò lievemente le spalle, prendendo poi il tagliere per buttare nella pentola quei tocchetti che aveva tagliato con una cura quasi maniacale.
La madre non sembrò demordere, «E a te sta bene?»
A quel punto Kara smise di prestare attenzione al cibo e si voltò verso di lei, sollevò entrambe le sopracciglia, guardandola quasi spaesata.
«Perché non dovrebbe?»
Quella risposta detta con quel tono così ingenuo strappò un sorriso ad Alura, «Allora sarò stata io a fraintendere la situazione.»
La figlia sembrò ancora più sconvolta, rimase con la bocca semi aperta, cercando di capire cosa la madre intendesse.
Alura si portò una mano sul fianco e guardo Kara bonariamente, «Sai mi ha subito colpito il modo in cui vi guardavate… molto intimo per certi aspetti, quindi ho pensato che tra di voi ci fosse stato qualcosa che poteva sbocciare nuovamente e che il suo voler tornare nel futuro fosse la causa del tuo… cambiamento.»
Sbatté più volte le palpebre, continuando ad avere quell’espressione confusa. Sì, all’inizio i suoi sentimenti per Mon-el erano ancora confusi e forse nel suo sguardo si poteva cogliere quell’affetto che ancora provava, ma in quanto amico e ora più che mai ne era convinta.
«Beh… io e Mon-el abbiamo avuto dei trascorsi, ma appartengono al passato, le nostre strade, anche se bruscamente, ormai si sono divise. È stato solo per un caso fortuito che si sono di nuovo intrecciate, gli sarò sempre grata per tutto ciò che ha fatto e lo considererò sempre un buon amico, però è giusto che torni nel futuro dove ad attenderlo c’è sua moglie. Non so di quale cambiamento parli, ma sicuramente non dipende da lui.»
La madre mostrò molta sorpresa nel sentire che il daxamita fosse sposato, perché se la figlia, come diceva, aveva davvero superato la loro storia, non sembrava essere lo stesso per lui. Si avvicinò a Kara e le accarezzò la guancia, «Anche se negli ultimi dieci anni non sono potuta starti accanto e non ho potuto vederti diventare la donna che sei, sei sempre mia figlia e ti conosco. Stai facendo finta che non ci sia niente che non va, mostrandoti sempre sorridente, ma come madre riesco a vedere oltre.», accennò un mezzo sorriso comprensivo, «Probabilmente avrò sbagliato nel dare per scontato che fosse per Mon-el e se non è lui, ci deve essere un’altra persona, perché tesoro mio, hai tutti i sintomi di un… cuore infranto.»
Kara abbassò lo sguardo, iniziando a sentirsi gli occhi umidi, poi si buttò tra le braccia della madre, pianse, scaricando tutto quel malessere che aveva cercato di tenere nascosto.
Alura le accarezzò la testa, «Va tutto bene, tesoro mio.», la lasciò sfogare tutto il tempo che le servisse. Le prese poi il volto tra le mani, le asciugò le lacrime e la fece sedere. La figlia una volta calmata le raccontò di Lena.
«Vedi mamma, quando sto con Lena io mi sento completamente me stessa, riesco ad essere Kara Zor-El, lo so che può sembrare molto strano, considerato che non sa che sono una kryptoniana, ma la Kara che tu hai ritrovato è identica a quella che ha conosciuto lei. I poteri che ho acquisito non fanno parte della mia vera natura, li ho dovuti per forza accettare e crescendo ho sentito che era mia responsabilità metterli al servizio dell’umanità. Quello di Supergirl è un ruolo che per quanto abbia amato, ho dovuto assumere. Forse è per questo che non ho mai voluto svelarglielo, perché con lei potevo essere solo me.», fece una breve pausa, sospirando, «E mi sento male, perché ho bisogno di lei e vorrei che sapesse tutto, ma ormai è troppo tardi.»
La madre ascoltò attentamente, non mostrò alcuno stupore che la figlia potesse provare quei sentimenti per quella donna, anzi dopo tutto quello che le aveva raccontato, era più che normale che l’amasse in quel modo. Quello che non capiva era il motivo di tutto quel disfattismo e pessimismo.
«Perché dovrebbe essere troppo tardi?», domandò perplessa.
«Perché ho reso la verità talmente devastante che fargliela conoscere distruggerà sicuramente il nostro rapporto.»
L’espressione di Alura cambiò, «Quindi preferisci vivere un’esistenza a metà?», le chiese usando un tono quasi di rimprovero.
«Cosa stai cercando di dirmi?», corrugò la fronte.
«Sto cercando di dirti che se davvero desideri che Lena faccia parte ancora della tua vita, devi dirle cosa rappresenta per te, affrontando poi le conseguenze di ciò che hai fatto. Sicuramente lo struggerti rimanendo qua non servirà a niente.», cercò di spiegarsi con quel tono che si riservava ai propri figli, quando faticavano a comprendere qualcosa di molto semplice.
Kara non si aspettava una risposta del genere, o meglio, non si aspettava l’implicazione di quella risposta, «Mi stai dicendo di tornare sulla Terra? Come potrei proprio ora che finalmente ci siamo ritrovate? Mica posso fare un po’ qua e un po’ là, viaggiando continuamente nello spazio.»
La madre le regalò uno sguardo dolcissimo e accompagnò le parole ancora una volta con il sorriso, «Kara, non c’è gioia più grande per un genitore sapere che il proprio figlio sia felice. So quanto sia stato importante per te tornare su Argo, ma se qui non lo sei più, devi inseguire la tua felicità Kara, anche se significasse non poterci più vedere.», rimase per diversi secondi in silenzio, come se stesse considerando qualcosa dopo le ultime parole della figlia, «Poi… credo che il problema della distanza dei nostri pianeti sia risolvibile.»
Kara si alzò di scatto, facendo quasi cadere la sedia, spalancò gli occhi, si sporse verso la madre e le poggiò le mani sulle spalle.
«Come?»
 
 
La madre le spiegò che il padre aveva voluto costruire un teletrasporto per poter salvare quanti più abitanti di Krypton, solo che non era riuscito a terminarlo. Quindi se si fosse riuscito a trovare un modo per farlo funzionare, poteva benissimo fungere da ponte per i loro due pianeti.
Parlò a lungo con Mon-el, mettendolo al corrente delle sue intenzioni. Il daxamita la guardò come se già sapesse da molto che i suoi sentimenti erano rivolti verso qualcun altro e la mora era la persona più ovvia che gli potesse venire in mente.
«Faremo così Kara, tu andrai sulla Terra, mentre io rimarrò qua il tempo necessario per far funzionare il teletrasporto di tuo padre, con le conoscenze che ho accumulato non dovrebbe essere così difficile, almeno spero, poi tornerò a casa.»
Gli occhi della bionda si colmarono di gratitudine, «Faresti questo per me?»
Il ragazzo annuì con decisione, «Vorrei per quest’ultima volta aiutarti a farti avere ciò che vuoi, Kara, perché, come Alura, voglio solo il meglio per te. So di averti messo in difficoltà con la confusione che ho provato nel rivederti e mi dispiace per questo, non avrei dovuto essere così egoista. Non è stato giusto né nei tuoi confronti né, soprattutto, in quelli di Imra che dal momento in cui l’ho vista andare via, ho capito che non la volevo assolutamente perdere.»
«Sono contenta di vedere quanto tu sia cambiato, Mon-el, e spero con tutto il cuore che le cose tra te e tua moglie possano andare per il meglio.»
Dopo essersi messi d’accordo ed averlo salutato, si andò a preparare per il viaggio di ritorno, non indossò il suo costume da Supergirl, ma mise dei pantaloni stretti e una casacca a maniche lunghe lievemente a campana con il simbolo degli El sul petto, entrambi blu scuro.
La madre l’accompagnò alla navicella e prima di salirci l’abbracciò, «Ci rivedremo presto.»
Quando arrivò sulla Terra, prima di poter atterrare, venne contattata e la voce incredula della sorella risuonò in tutto l’abitacolo.
Kara??
Premette il pulsante per le comunicazioni e la salutò raggiante.
Ciao Alex!
Il tono della sorella per quanto ancora sconvolto, aveva una nota commossa quando le rispose.
Cosa diamine ci fai qui?!
Nel mentre riuscì a portare nell’hangar del DEO la navicella e quella loro conversazione continuò dal vivo.
Venne travolta da Alex che prima la strinse tra le sue braccia e poi si accertò che non fosse successo nulla di grave su Argo. Accorsero anche Winn e J’onn mostrando la stessa sorpresa dell’agente.
Kara fece spaziare lo sguardo su tutti loro, «Tranquilli, non è successo niente, ma adesso non ho il tempo di spiegarvi tutto, devo assolutamente vedere Lena.»
Alex rimase per un attimo spiazzata, poi sorrise comprensiva, c’era voluto un viaggio intergalattico per far capire alla sorella cosa provasse realmente per la mora. Le fece spazio, allungando un braccio in direzione dell’uscita, «Cosa stai aspettando allora?»
La sorella non se lo fece ripetere due volte e corse via, mentre lei scuoteva il capo non smettendo di sorridere.
«Lena?», chiese un Winn curioso.
«Non pensarci troppo, Winn, ti dirà tutto lei dopo, sempre che Lena non l’ammazzi prima.»
Era passata per la LCorp e per la CatCo, ma non c’era, volò perfino a casa sua, niente, sembrava essere sparita. Con il cuore pesante decise anche di passare per casa di James, ormai era passato mezzo anno da quando era andata via, la situazione tra i due poteva benissimo essersi evoluta, ma anche là non c’era.
Ritornò alla CatCo non le restava che chiedere direttamente a lui, avrebbe sicuramente saputo dove fosse, atterrò sul balcone ed entrò nell’ufficio dell’amico.
«James!»
 Il ragazzo era appoggiato allo schienale della sedia e aveva i piedi sulla scrivania, quando si sentì chiamare e vide che era Kara, per poco non crollava rovinosamente sul pavimento.
«Quando sei tornata?»
La bionda si avvicinò alla scrivania, posandoci sopra entrambe la mani, mostrando fretta ed impazienza, «Nemmeno dieci minuti fa… Sai dov’è Lena, non riesco a trovarla da nessuna parte.»
L’amico trovato di nuovo l’equilibrio, la fissò piegando le sopracciglia, «Non è qui, è andata a Metropolis per curare personalmente una fusione con un’altra azienda, dovrebbe tornare tra qualche giorno.»
No, non avrebbe potuto aspettare tutto quel tempo, doveva parlare immediatamente con lei.
«Grazie mille!», e così come era comparsa, sparì dalla vista dell’amico.
 
 
Appena mise piede nel suo appartamento, buttò a terra la borsa e la giacca sulla spalliera del divano. Era stata una giornata davvero estenuante, non sapeva chi gliela desse tutta quella forza per continuare ad andare avanti, visto che l’unico suo desiderio era quello di non alzarsi più dal letto per due o tre anni e al diavolo tutti. Raggiunse l’angolo bar per riempirsi un bicchiere di qualcosa che la stroncasse, ma un movimento sospetto alle sue spalle la fece girare di scatto, mentre manteneva il collo di una bottiglia pronta per scagliarla o per difendersi.
Spalancò gli occhi vedendo chi fosse entrato in casa sua, senza alcun permesso, dalla finestra che aveva lasciato aperta. Lo sguardo si soffermò prima su i suoi capelli, erano diventati più lunghi, poi scese fissandosi sullo stemma che aveva sul petto, solo alla fine si posò su ciò che maggiormente temeva, il celeste dei suoi occhi che riusciva ad avvolgerla e farla sentire protetta. Respirò profondamente, non si aspettava di poterla rivedere così presto e questo le stava provocando una serie di sensazioni molto ma molto contrastanti.
«Ciao Lena.»
Una persona stava via per sei lunghissimi mesi, e si poteva dire anche fortunata che non fossero stati anni, e se ne usciva con quella sua voce sempre così melodiosa con un ciao come se niente fosse successo. Lasciò la presa dalla bottiglia e si spostò, allontanandosi da lei, doveva rimettere un attimo in ordine i pensieri e fare chiarezza su ciò che maggiormente stava provando in quel momento. Perché era già tornata? Era volata fino a Metropolis solo per lei? Aveva bisogno come al solito del suo aiuto o c’era dell’altro? Voleva che ci fosse dell’altro? Quanto poteva essere complesso ritrovarsi di fronte a delle situazioni che ci si era rassegnati a non poter più vivere.
«Supergirl… non sapevo che fossi tornata e se ti trovi qui a Metropolis devo dedurre che ti serva qualcosa, ma la prossima volta evita di fare irruzione in casa mia, soprattutto se non sei stata invitata.», non gliel’avrebbe resa facile, questo era sicuro, c’erano troppe cose a cui doveva rispondere.
La freddezza di quelle parole la lasciarono quasi inebetita, ma non poteva più tirarsi indietro era giunto il momento di assumersi quella responsabilità dalla quale inconsapevolmente era fuggita. Fece qualche passo per raggiungerla e le prese delicatamente la mano, tirandola leggermente in modo da farla girare verso di lei.
«Lena…», pronunciò il suo nome con profondo rammarico.
Seguì quel comando implicito, anche se quando si voltò il suo viso non mostrava altro che stanchezza, ma non quella fisica di cui si lamentava in continuazione, bensì una più sfibrante, quella interiore.
«È stata una lunga giornata, quindi ti sarei grata se mi dicessi subito quello che ti serve.», sfilò la mano, incrociando le braccia sotto al petto.
Non voleva più portare avanti quella farsa, stare di fronte a lei e pretendere che tra di loro fosse tutto a posto, perché non era affatto così. Non c’era proprio niente che andasse in tutta quella situazione.
Per quanto continuasse a sentirsi disorientata dall’atteggiamento che stava avendo Lena, era più che comprensibile che la trattasse in quel modo.
«Non sono tornata perché mi serve qualcosa da te. Sono tornata per te, Lena.»
La mora piegò il capo di lato e il suo sopracciglio saettò verso l’alto, palesando tutto il suo scetticismo.
«So che sarà sicuramente troppo tardi e che ho commesso degli errori irreparabili con te, ma prima che inizi ad insultarmi, vorrei poterti parlare per la prima volta senza nasconderti niente.», si fermò, osservando la reazione di Lena, la cui espressione si era addolcita quel tanto che bastava per permetterle di andare avanti.
«Un giorno mi chiedesti se mi piacessero i segreti e ti risposi di no. Ed è vero, per quanto ipocrita fossi potuta sembrare in quell’occasione, li detesto, soprattutto quello che ho dovuto mantenere con te. Doverti nascondere la mia identità è stata una delle cose più complesse da fare, ma anche una delle più semplici…»
Lo sguardo di Lena si infuocò per quell’ultima affermazione, «Mi stai dicendo che alla fine ti stava bene che la situazione tra noi rimanesse così?»
Kara sostenne quello sguardo, assottigliando le palpebre, piegando le sopracciglia facendo formare sulla fronte un cipiglio contrariato, «Non mi pare di aver detto questo, Lena… conoscendoti, lo so che avrai già tratto le tue conclusioni, ma lasciami finire, poi potrai dirmi ciò che vorrai.»
La mora incassò quella sorta di rimprovero, rimanendo poi in silenzio.
«No, non mi stava per niente bene doverti mentire, né come Supergirl, né come…», prese un respiro profondo, era il momento di dirlo una volta per tutte, «… Kara Danvers.»
Lena se mostrò stupore non fu per quella rivelazione, anche se le provocò lo stesso uno scossone emotivo sentirlo dalla sua bocca, ma per essersi resa conto che Kara era davvero andata da lei per dirle tutta la verità… che forse davvero era tornata da quel pianeta per lei. Le braccia le caddero lungo i fianchi.
«Credo di averlo sempre saputo chi fossi, Kara, solo che ho voluto offendere la mia intelligenza e ho portato avanti questo duplice rapporto. Io… non volevo accettare che tu fossi capace di mentirmi così spudoratamente. Trattarmi come hai fatto in veste di Supergirl e poi fare la parte della mia migliore amica come Kara. Non è qualcosa su cui si può facilmente passare sopra.»
Deglutì in preda ad una profonda afflizione, allora già sapeva, poi quel tono così carico di tristezza e rassegnazione di Lena fu molto più atroce di uno carico di rabbia. Rimase talmente disarmata da non riuscire più a proferir parola.
Le labbra della mora si incresparono in un sorriso un po’ spento, «Ma in un certo senso è come se avessi sbagliato anche io, dovevo metterti di fronte all’ovvietà dei fatti, invece ho alimentato questa situazione, convinta che prima o poi me l’avresti svelato. Poi sei arrivata a dubitare di me e per quanto mi è stato detto che voi Super, quando si tratta di kryptonite, diventate decisamente paranoici, mi è quasi crollato il mondo addosso, ho dovuto esasperare la mia mente nel non accomunarvi in alcun modo. Dopo che sei partita, la verità mi ha travolto e non ho più potuto difendermi da essa. Quindi ora ti chiedo, perché Kara? E perché adesso?»
Era strano, pensava che avrebbe avuto una reazione molto più forte, che tutte quelle sensazioni negative prendessero il sopravvento, forse erano davvero sfumate durante quel periodo o forse era lei a non volerle vivere, lasciando che qualcos’altro si facesse spazio.
Kara abbassò lo sguardo, chinando la testa di lato e strinse i pugni. Era stata pessima in tutto e per tutto con lei.
«Non sei tu quella che ha sbagliato Lena, l’ho creato io questo casino, ferendoti più e più volte. Non ho scusanti per come ho agito e per come ti ho trattato, né voglio trovarle, posso solo chiederti perdono e rispondere ai tuoi perché.», gli occhi ritornarono sulla mora che la stava guardando con un’espressione che non riusciva a decifrare. Era arrabbiata? Delusa? Indifferente?
«Non so quanto tu sappia del mio pianeta natale, ma su Krypton eravamo persone come voi umani, totalmente normali. Quando scoprii che sulla Terra avevo questi poteri, mi sentii quasi un mostro, diventando l’esatto opposto di ciò che sarebbe dovuto essere normale. È stata mia sorella Alex a salvarmi dall’oblio, aiutandomi a diventare per tutti Kara Danvers. Per quanto abbia provato ad adattarmi, facendo nascere anche Supergirl, ho sempre percepito che niente di ciò che mi circondava mi appartenesse, come se la vita che stavo vivendo non fosse realmente la mia e più gli anni passavano, più ciò che ero si perdeva. Poi ho conosciuto te, all’inizio non volevo dirti niente per proteggerti, temendo che potessero farti del male per arrivare a me, però allo stesso tempo, più il nostro rapporto cresceva, più volevo preservare quella parte di me che emergeva solo con te. Non volevo diventare Kara Danvers che in realtà è anche Supergirl, non volevo che tu potessi guardarmi e trattarmi in modo diverso, per questo ho continuato a tacere, fino ad arrivare al punto in cui indietro non sarei più potuta tornare dopo quello che ho fatto, e la paura di perderti ha contribuito a non farmi prendere la scelta giusta.», fece una piccola pausa, mordendosi il labbro inferiore, Lena sembrava una statua di marmo, «Perché adesso? QQQuando sono partita, ho creduto che fosse la cosa migliore sia per me, per i motivi che ti dissi salutandoti, sia per te, così non avrei più potuto farti del male… ma è stato su Argo che ho realmente compreso che tu, Lena Luthor, rappresenti la mia ancora di salvezza quando voglio essere solo me, Kara Zor-El, e non mi importa su quale pianeta mi possa trovare, se ci sei tu con me, io riuscirò sempre a sentirmi me stessa.»
Gli occhi iniziarono a pungerle, non riuscendo a tenere a freno quelle lacrime che si stavano lentamente formando. Il respiro si fece più corto e un forte calore le inondò il petto. Nessuno riusciva a farla sentire come faceva Kara, nessuno mai le aveva dedicato parole del genere e per nessuno lei aveva significato così tanto.
La bionda annullò la distanza che le divideva, poteva addirittura sentire il suo profumo e si guardarono intensamente per una manciata di secondi.
«So che non ne ho nessun diritto, vista anche la tua relazione con James, ma ho bisogno che tu sappia che io… sono innamorata di te, Lena, ed è un sentimento che ho dentro da molto, solo che non ero mai riuscita a capirlo fino in fondo.»
Adesso fu lei a rimanere completamente spiazzata, le labbra si schiusero ma non ne uscì alcun suono. Scoprire i sentimenti di Kara fu qualcosa di sorprendente. Aveva sempre voluto soffocare i suoi per lei, perché sapeva che mai sarebbero potuti essere corrisposti, così aveva deciso che avrebbe accolto tutto ciò che le poteva dare, senza pretendere altro. Si era perfino buttata in una relazione alquanto deludente per provare a se stessa che da lei non desiderava niente che non fosse legato al loro rapporto di amicizia. Aveva fallito miseramente, perché erano sempre rimasti lì, nel bene e nel male, straordinariamente immutati.
«In primis io e James sono mesi che non stiamo più insieme... e in secundis sei una grandissima stupida!», dallo sguardo sbarrato che mostrò la bionda, capì che non si aspettava quell’insulto. Meglio, così sarebbe rimasta un altro po’ sulle spine, male non le avrebbe fatto.
«Non mi avresti mai perso, Kara, non avrei reagito nei migliori dei modi, questo te lo concedo, ma alla fine sarei rimasta al tuo fianco, perché è l’unico posto di cui sento realmente il bisogno, perché non potrei stare in nessun altro, anche se ci ho provato. Per quanto non condivida per niente il modo in cui hai gestito la situazione, perché io mi sarei potuta risparmiare del dolore gratuito, mentre tu… no tu quello che hai provato te lo sei ampiamente meritato, però posso comprenderti…»
A quel punto la mano di Lena si sollevò andandosi a nascondere dietro alla nuca di Kara, intrecciando le sue dita con i suoi capelli biondi.
«… perché per quanto il tuo essere anche Supergirl mi possa piacere, penso di amare molto di più Kara Zor-El.»
Il volto di Kara si illuminò e i suoi occhi si rispecchiarono in quelli brillanti della mora che ora le sorrideva e colte entrambe dallo stesso desiderio, si avvicinarono, lasciando che le loro labbra si toccassero, che scoprissero la loro morbidezza reciproca. Lena la tirò più a sé e Kara la cinse per i fianchi, si schiusero l’una all’altra, permettendo ai loro sapori inebrianti di fondersi e le loro lingue ne divennero da subito dipendenti.
E fu con quel bacio stracolmo di un amore che poteva finalmente vivere e ardere senza più paure che si legarono indissolubilmente.
 
 
«Quindi tu già sapevi che Lena era a conoscenza di tutto? Perché non mi hai avvisato quando atterrai?»
Kara pose quella domanda piena di genuino stupore, alternando lo sguardo tra la sorella e la mora.
Si erano ritrovati tutti al DEO, dopo qualche giorno dall’arrivo della kryptoniana, Mon-el era riuscito a mettersi in contatto con loro, usando lo stesso dispositivo che gli aveva permesso di comunicare con il futuro. Era riuscito a sistemare il teletrasporto e a momenti avrebbero potuto connettere i due macchinari.
Alex si mise a ridere per quella reazione e diede una piccola spallata alla mora, «Ti sei andata a prendere una caso senza alcuna speranza, ne sei consapevole?», le disse con un ampio sorriso divertito stampato sul volto.
Lena sospirò sonoramente, sollevando lo sguardo verso il soffitto, palesando tutta la sua rassegnazione a riguardo, «Purtroppo sì.», rispose dando man forte all’agente.
Kara si accigliò per quella presa in giro e le additò, puntando l’indice contro entrambe, «Non siete affatto simpatiche!», fece poi una smorfia fingendo di essere risentita.
«Ci siamo viste più volte durante la tua assenza e non mi potrò mai dimenticare il primo incontro.», ricominciò a ridere, guardando ora la mora, «Aveva un’espressione tra l’altezzoso e l’indignato, gli occhi mi inchiodarono subito e con un tono glaciale mi disse che conosceva la tua identità e che quindi non sarebbe stato necessario che mi inventassi, come dicesti… ah sì, stronzate sul tuo conto, anzi era meglio che non toccassimo proprio l’argomento. Devo essere sincera, Lena, mi spaventasti da morire, temevo che avresti ucciso me al posto di Kara.»
Il racconto dell’agente fece ridere anche Lena e assunse poi un’espressione lievemente colpevole, «Beh… non è stato il mio periodo migliore, lo ammetto, sei stata davvero temeraria a continuare a vedermi.»
Alex fece un gesto con la mano come se stesse scacciando qualcosa, «Avevi solo bisogno di smaltire il tutto, sfido chiunque a non avere le stesse reazioni che hai avuto tu, e di avere un’amica accanto, cosa che d’altronde mi ha fatto piacere fare, quindi niente più drammi.», si voltò verso la sorella che continuava a seguire incuriosita quello scambio di battute, «Per tornare a te, dovevi cavartela da sola, sei abbastanza cresciuta per risolvere i casini che combini.»
Kara si portò le mani sui fianchi, piegò la testa di lato e lanciò un’occhiataccia alla sorella, «Poi dicono che si può sempre contare sulle sorelle, dovrebbero sapere che razza di sorella mi ritrovo io.»
«Quanto la fai lunga, alla fine è andato tutto bene, no?»
La voce di Winn attirò la loro attenzione, erano pronti per la connessione. Alex si avviò per prima, mentre Kara si avvicinò a Lena e le prese la mano.
«Non vedo l’ora di farti conoscere mia madre e di mostrarti la mia città.»
Improvvisamente il nervosismo si impadronì della mora che non riuscì a provare lo stesso entusiasmo della bionda, così quasi a disagio si limitò solo ad annuire.
Kara se ne accorse subito da quello sguardo spaurito che aveva, «Ehi… cosa ti sta preoccupando?»
Lena non era mai stata presentata a nessun genitore, era un’esperienza totalmente nuova, «E se andasse male? Se dicessi o facessi qualcosa di sbagliato?»
La bionda le lasciò la mano e le prese delicatamente il volto tra le sue di mani, la guardò negli occhi e le sorrise dolcemente, voleva poter dissipare quell’ansia inutile.
«Non accadrà nulla del genere, è impossibile che tu possa non piacere a mia mamma visto che sei la donna che mi rende felice.», assottigliò leggermente lo sguardo, «Poi credo che nessun incontro possa essere peggiore di tutti quelli che ho avuto io con tua madre.»
Lena iniziò a ridacchiare, scaricando anche quella tensione che provava, «Ma quanto sei scema.»
Il sorriso di Kara si allargò ancora di più, «Lo so, ma almeno ti ho fatta ridere.» e le diede un leggero bacio sulle labbra.
Senza attendere oltre si spostarono nell’area dove era installato il teletrasporto. Winn stava predisponendo il tutto.
«Pronte?», domandò, ruotando il capo verso le tre donne che annuirono.
Il ragazzo poggiò il palmo della mano per attivarlo e immediatamente l’arco della struttura dapprima vuoto, si riempì di fasci violacei.
Kara lo stava attraversando, portandosi dietro Lena, quando si accorse che Alex non era con loro, si voltò di scatto.
«Che aspetti?»
La sorella con entrambe le mani fece il gesto di proseguire, «Vi raggiungo a breve, devo prima fare una cosa.»
Voleva che fosse il loro momento, avrebbe conosciuto Alura più tardi.
La bionda la guardò stranita e poco convinta, ma non replicò niente, girandosi nuovamente per varcare quell’arco.
Si ritrovarono nel laboratorio del padre con Alura ad attenderle. Kara mollò per un attimo la mano di Lena e corse tra le braccia la madre che sorrideva con le lacrime agli occhi.
«Ti avevo detto che ci saremo viste presto, tesoro mio.»
La figlia le sorrise, mostrando tutta la sua felicità, poi si rivolse alla mora che incantata si stava guardando intorno.
«Mamma, lei è la donna di cui ti ho parlato, Lena.»
Sentitasi chiamare, la mora tornò subito a la mente presente a se stessa, visto che stava già fantasticando su quella tecnologia. Deglutì e mandò giù l’imbarazzo che stava percependo, tese la mano alla madre di Kara.
«È un piacere fare la sua conoscenza Mrs Zor-El.»
Alura era al corrente del passato della mora, Kara gliel’aveva raccontato, abbassò per un attimo lo sguardo su quella mano, per poi tornare a fissare quegli occhi così timorosi. Le donò un sorriso materno e l’abbracciò con un gesto del tutto spontaneo, «Non sai che gioia sia per me averti qui insieme a mia figlia, Lena e puoi chiamarmi tranquillamente Alura.», quella ragazza aveva subito così tanto che meritava solo un affetto incondizionato, così continuò a stringerla.
Lena in un primo momento si irrigidì, non aspettandosi un gesto del genere, credendo che fosse semplicemente un abbraccio formale, rimase ferma, ma quella donna non la lasciava e quelle braccia intorno a sé e quelle semplici parole ebbero il potere di farle provare, anche se in piccolissima parte, quello che sarebbe dovuto essere il calore materno. Le braccia erano leggermente tremanti, quando fu lei a stringerla.
«Grazie, Alura.»
Kara osservò quella scena con le lacrime agli occhi e con il cuore gonfio d’amore.
Adesso non c’era altro da fare che vivere la loro vita insieme.
 


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Nota: Buonasera ^^
Questa volta non mi sono fatta attendere troppo. Ho poco da dire, sappiamo tutt* quello che sta succedendo nella serie, lo sfacelo totale in pratica, ho cercato di gestire, per quanto mi sia stato possibile, l’involuzione e i pasticci cosmici di Kara con Lena  e la demenza di quest’ultima per la questione dell’identità di Supergirl. Posso solo sperare che questa mia versione della fine della stagione vi sia piaciuta.
Alla fine siamo qui per sognare no?
Grazie per aver seguito anche questo piccolo viaggio ^^
   
 
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