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“Diamine,
ho già visto questo episodio.” Commentò
Zenigata
seccato.
La tv dell’ospedale
italiano non era niente di che, troppa pubblicità e
programmi stupidi. Si
salvava giusto qualche episodio della Signora in Giallo, o del
Detective Conan.
E non poteva neanche cambiare canale quando voleva, dato che il
telecomando era
evidentemente in custodia di qualcuna di quelle sadiche infermiere, che
quando
non lo punzecchiavano, gli rifilavano quei piatti rivoltanti
all’ora dei pasti.
Sempre meglio delle flebo a cui lo avevano attaccato nei giorni
precedenti.
Non
vedeva l’ora di rimettersi in sesto e di indossare altro
rispetto a quella ridicola camiciona azzurrina, ma stando alla cartella
della
sua prognosi per intossicazione alimentare e inedia doveva rimanere in
quel
dannato ospedale ancora per un bel pezzo, ma almeno era fuori pericolo.
“Paziente
23, Koichi Zenigata?” chiamò affacciandosi alla
porta un’infermiera che evidentemente avrebbe voluto fare
tutt’altro, visto
come arrotolava una colorata rivista di moda e la cacciava nella tasca
del
grembiule.
“É
ora di quella terribile pasta scotta? O ho altre punture
da fare?” si informò l’ispettore, ben
poco ottimista.
“Non
stavolta, hanno portato questo per lei.” risposte, e
l’uomo vide che recava con sé un enorme mazzo di
fiori, che si premurò di
alloggiare in un vaso comune, alla finestra accanto a lui.
“Certo
che sono strani, i suoi amici, non la vengono a
trovare ma le portano i fiori! O sono da parte di qualche amica?” commentò
leggermente incuriosita la donna. Zenigata sollevò
le spalle, fingendo indifferenza.
La
curiosità dell’infermiera svanì veloce
come era comparsa,
e riprendendo dalla tasca la sua rivista, uscì in fretta
dalla stanza del
malato.
Ma
non era affatto passata a Zenigata, che allungando
entrambe le braccia riuscì ad afferrare la boccia e
osservò meglio il bouquet. Giacinti
viola e girasoli? Che razza di accostamento ignorante era? E poi chi
diamine
glieli aveva mandati?
Non
c’era traccia di biglietto legato ai fiori, ma
l’ispettore
notò dei ciuffi particolari al centro del mazzo. Avevano
qualcosa di familiare.
Li
estrasse con difficoltà, e notò che vi era
avvolto un
foglio di carta. Una scrittura a mano tondeggiante diceva chiaramente:
Ehi Zazà! Per ovvi motivi non posso
visitarti all’ospedale ma spero tu
stia guarendo bene!
Sai, all’inizio non avevo un autentico
piano di fuga, e quando siamo
rimasti imprigionati pensavo che avremmo semplicemente tentato di
resistere
fino all’arrivo dei soccorsi. Poi tu ti sei ammalato e mi hai
dato un’idea. Ti
ricordi di quell’infuso che ho iniziato a darti ogni giorno?
Coglievo delle
erbe che crescevano fuori dalla prigione, non proprio benefiche. Non ti
hanno
mai diminuito la febbre. Diciamo che possono dare stato di confusione,
paralisi
e apatia. Però ti hanno aiutato, e paradossalmente eri
troppo confuso per
accorgerti dello scorrere del tempo, e mangiavi molto meno. I
poliziotti che
sono venuti a salvarci ti hanno creduto in fin di vita e sono accorsi
per te,
dandomi modo e tempo per scappare!
Così adesso sono di nuovo libero in giro
per l’Italia, ma aspetterò che
tu ti riprenda prima di architettare un nuovo colpo, va bene? Lo devo
al mio
vecchio compagno di cella!
Quindi
torna presto in salute
che non vedo l’ora di tornare a scappare da te!
Alla prossima, Zazà!!!
P.S. Rebecca e
Fujiko hanno accettato! 💋
Zenigata
rimase un secondo ad osservare il foglio. Poi lo
appallottolò pressandolo con
forza e lo scagliò dalla finestra.
L’ospedale
risuonò delle sue urla rabbiose.
“Beh,
si sta rimettendo in fretta!” commentò
l’infermiera, sfogliando un’altra pagina della sua
rivista nella zona relax.
“Lupin,
questa me la pagherai una volta per tutte!
Aspettami, e ti darò una lezione che non
dimenticherai!” gridò, e finalmente,
dopo tutto quel tempo, si sentì finalmente pieno di energia
e forza, desideroso
di acchiapparlo.
Si
sentì finalmente tornato in sé stesso.
Note
autrice:
Mioddio,
da quanto tempo avevo in mente di
sviluppare questo racconto! Lo avevo iniziato secoli fa e avevo
più o meno idea
di come continuarlo ma non come finirlo! Allora, questa storia riprende
l’episodio
14 della serie “Lupin L’Avventura
italiana”, che è autoconclusivo. Credo basti
sapere anche senza vederlo che la serie è ambientata
solamente in Italia, Lupin
viene catturato da Zenigata e imprigionato in questa prigione-cubo
fatta su
misura per lui, in quello sputo di isolotto, dato che in quelle normali
non fa
che scappare. Nella serie inoltre Lupin è sposato con una
certa Rebecca ma
viene solo citata nella storia. Tutto qui.
Il
katsudon è una ricetta giapponese con cotoletta
di maiale, Zenigata in altre occasioni dice di apprezzare questo
piatto. Le
erbe raccolte da Lupin sono pura invenzione, mentre i fiori portati
all’ospedale sono un accostamento non casuale, nel linguaggio
dei fiori. Il
giacinto viola significa “ mi dispiace!”, i
girasoli possono significare
allegria, vita, ma anche un augurio di guarigione.
Mi
sono presa un paio di licenze narrative, nel
senso che nell’episodio si vede che la porta della prigione
non si chiude allo
scadere del tempo, ma tramite chiave. Inoltre non dovrebbe avere delle
finestre. E Zenigata doveva tecnicamente avere con sé
qualche oggetto utile, ma
quello che volevo fare era lasciarli senza aiuti, sfinirli entrambi. In
effetti
scriverlo ha sfinito anche me (non sono abituata ad avere solo due
personaggi e
praticamente una sola ambientazione), spero di non aver sfinito anche i
lettori. Detto questo grazie per la lettura!